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“Tutti ti valutano per quello che appari. Pochi comprendono quel che tu sei.” (N. Machiavelli)

Ammetto che dopo la visione dei primi due episodi della serie "The dangers in my heart" ero rimasto perplesso per l'atteggiamento piuttosto "particolare" del protagonista della serie che dava l'impressione di vivere nella classica situazione del solito "disadattato" che vive una sorta di realtà virtuale commistionata con quella reale.
Tema molto caro e sentito negli anime, soprattutto quelli con ambientazione scolastica e/o con protagonisti adolescenti, che trattato nel modo presentato a inizio serie non mi entusiasmava: il protagonista della serie, Kyoutarou Ichikawa, studente di scuola media molto introverso e schivo, immagina scene thriller/horror ispirate dalle letture che conduce nel suo tempo sulla compagna di classe Anna Yamada, per cui nutre al pari di tanti altri compagni, un certo interesse romantico per la sua avvenenza di modella/attrice, sebbene studentessa delle scuole medie.

Ma la parte sulle strane "fantasie" scema nel giro di un paio di puntate perché Kyoutarou inizia casualmente a incontrare a scuola Anna in biblioteca (e poi anche in altre location) e a conoscere lati della personalità completamente diversi da quelli che si era immaginato della compagna di classe.

Inizia così un viaggio lungo 25 episodi in cui Kyotaro si rende conto che la sua compagna di classe popolare è in realtà una ragazza semplice, un po' lunatica, timida, simpatica, per nulla sofisticata e/o artefatta e che soprattutto "non se la tira" per il successo che raggiunge al di fuori della scuola.
In particolare scopre un lato anche "adorabile": il suo infantilismo che si manifesta nella incapacità ad affrontare e capire certe situazioni e la sua golosità do dolcetti e merendine che sbrana in ogni momento della giornata, anche in quelli meno opportuni.

Il tema dell'apparenza vale, al contrario, anche per Anna nei confronti di Kyoutarou: il ragazzino timido, schivo, in apparenza antipatico, "strano", poco conforme al trend prevalente e poco socievole, incapace di interagire con i compagni ed in particolar modo con le ragazze, con le quali arriva al limite della balbuzie, appare agli occhi di Anna come un ragazzo sensibile, gentile e buono di cuore, con le sue fissazioni ma sempre attento e disponibile, soprattutto ad accettarla ed apprezzarla per quello che veramente è e non per quello che la sua immagine di bella ragazza vincente le impone sempre di recitare.

Di sicuro il luogo poco frequentato o meglio "appartato" (la biblioteca della scuola) rappresenta l'elemento catalizzatore della loro frequentazione e della loro reciproca conoscenza che, altrimenti, non si sarebbe potuta manifestare vista la loro profonda diversità di personalità e di frequentazioni.

Ma Kyoutarou e Anna sono quanto di più opposto possano essere anche a livello fisico: il primo è minuto, un po' sgraziato, pieno di complessi e paranoie su tutto e tutti; la seconda è oltre una spanna più alto di lui, molto femminile senza esagerare nella ricercatezza o nello stile, solare, estroversa.
Insomma due ragazzi delle medie che iniziano ad imparare a conoscersi, scoprendo che sotto la "maschera" che adottano c'è una persona che progressivamente iniziano ad apprezzare sempre di più, fino ad arrivare a non riuscire a fare a meno l'una dell'altro.

Per certi versi e sotto l'aspetto della grande differenza di altezza tra i due, la serie in recensione tende ad assomigliare a "Lovely complex" e le somiglianze sono evidenti non solo per l'aspetto fisico. C'è anche un minimo di componente "comica", non esasperata ed esilarante come "Lovely complex": d'altro canto osservare Anna che squadra letteralmente dall'alto in basso in varie circostanze Kyoutarou fa decisamente sorridere e che, come Risa di "Lovely complex", anche lei è piuttosto ingenuotta e a tratti impacciata (soprattutto quando è in tensione con Kyoutarou) crea situazioni non propriamente definibili come "originali".

“Diventiamo ridicoli solo quando vogliamo apparire ciò che non siamo.” (G. Leopardi)

La serie è ambientata nelle scuole medie: un'età di 14-15 anni in cui la componente "timidezza" domina in modo quasi assoluto.
Cercare di apparire "adulti" o perlomeno più grandi e maturi inizia proprio nell'adolescenza e in modo sinusoidale continua per anni fino a quando si matura (non sempre...) una vera e propria consapevolezza di se stessi.

La serie, come uno slice of life, documenta l'evoluzione dei due protagonisti in un percorso lungo, ricco di cliché e deja-vu del genere rom-com scolastico. Nel momento in cui Anna e Kyotarou intuiscono che tra loro due riescono ad essere se stessi senza necessariamente sembrare altro (Anna solo la ragazza popolare, bella e vincente nel campo della moda e della recitazione, Kyotarou il personaggio scostante, fuori dagli schemi che non "deve chiedere mai"), inizia la vera e propria fase "sentimentale", prima "clandestina" (non nel senso risolutivo di formazione della coppia, quanto nell'essere se stessi solo tra loro due senza che altri possano vederli) poi progressivamente sempre più alla "luce del sole", tanto che sia le rispettive famiglie, sia i compagni e amici si accorgeranno della situazione tra loro e in qualche modo li provocano un po' ad essere più "intraprendenti".

Ad onor del vero, c'è una certa "asimmetria" dei momenti in cui i due interessati iniziano a considerarsi sotto "un'altra luce". Ma il tutto è funzionale allo sviluppo di una scenggiatura piuttosto lenta, progressiva ma anche realistica nelle quale oltre all'aspetto commedia e comico si aggiungono i soliti sospiri, batticuori, equivoci fondati sul non detto, in un inesorabile avvicinamento tra i due.

Forse questa seconda fase della trama è quella meno "impattante": "The dangers in my heart" ha il suo punto di forza nel narrare l'evoluzione e la crescita dei due personaggi che viene un po' meno quando la trama diventa oltremodo scontata nel rappresentare i continui tentativi (mancati) di avvicinamento dei due anche solo per parlare e dirsi qualcosa.
Fino all'ultimo episodio, la serie keeps the audience hanging on in attesa di un happy ending che mi è sembrato oltremodo forzato secondo uno stile "idealizzato" e quasi "stilnovistico".
Ci potrebbe anche stare, vista l'ambientazione di età della serie, ma che mi è sembrato un po' "cerebrale" e "arzigogolato" se vissuto da due ragazzini delle medie.

Considerati comunque i due personaggi, in un certo senso "unici" nel senso di non essere per forza conformi alla mentalità prevalente e alle aspettative tipiche per restare nell'"originalità" coerente alla loro visione delle cose e ai loro caratteri piuttosto candidi e dolci, il finale rappresenta l'apoteosi del romance puro...

"The dangers in my heart" è una serie di 25 episodi a cura dello studio Shin-Ei Animation tratti dall'omonimo manga di Norio Sakurai ancora in corso e attualmente al 10° volume (dal 2018).
Il reparto grafico e audio è piuttosto curato ed azzeccato: chara design pulito, piacevole, armonioso e discretamente dettagliato con animazioni fluide, fondali ricchi di dettagli e con colori molto vividi e saturi. Sonoro con opening e ending molto orecchiabili (la opening del secondo cour molto coinvolgente), doppiaggio riuscito e ben caratterizzante i due personaggi principali.

"The dangers in my heart" si è presa un rischio piuttosto rilevante: tentare di rivisitare la storia già vista del ragazzo impedito e "impopolare" che si redime con la ragazza "popolare”. Ma è un'apparenza parzialmente fuorviante.
La sostanza meno evidente è quella di un anime in cui i due protagonisti intraprendono un viaggio di crescita in cui la parte romance scaturisce dal non volersi fermare all'apparenza e ai pregiudizi.
"The dangers in my heart" lo racconta un po' nel solito modo ma tutto sommato lo fa anche discretamente bene.