Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

Dedichiamo questo appuntamento ferragostano ai sequel di alcune serie. Prese in considerazione sono state Ghost in the Shell 2.0, Kuroshitsuji II e Black Lagoon Second Barrage.

A seguire il conclusivo appuntamento con il sondaggione setimanale.

Per saperne di più continuate a leggere.


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Solitamente i film riciclati, ovvero quelli composti da significative porzioni di una precedente opera, realizzati solitamente in funzione riassuntiva (o integrativa se presentano scene inedite), non sono ben visti: d'altronde come si potrebbe intendere qualcosa che sfrutta i punti di forza di un suo predecessore, magari illustre, se non come una furbata spudoratamente commerciale? Posto quindi che questa categoria di lungometraggi si porti dietro un non leggero fardello sul piano intenzionale, credo però che ostracizzarli a priori, come spesso accade, non sia corretto. Nel valutare questi lavori, solitamente tengo conto di quanto l'opera originale sia stata rispettata, e se gli eventuali cambiamenti e rielaborazioni si siano inseriti con efficacia nella matrice originaria: in altre parole se il risultato, pur dovendo sottostare allo sgradevole nominativo di pellicola riciclata, si dimostra infine appagante, è per me condizione necessaria e sufficente per considerare il film meritevole - come <i>Evangelion: Death & Rebirth</i> e i due film di <i>Gurren Lagann</i>, che apprezzo sinceramente.

Tutto questo discorso serve a rendere più chiari i motivi della valutazione da me attribuita al qui recensito <i>Ghost in the Shell 2.0</i>, che di primo acchito pare niente di più di un capriccio del regista Mamoru Oshii, reo di avere profanato il suo capolavoro conferendogli una veste grafica più al passo con i tempi ma lasciando pressochè immutato tutto il resto, spinto da un impulso creativo di poco conto o magari dalla possibilità di racimolare qualche quattrino in più. Indicativamente l'opera a cui <i>2.0</i> può essere accostata più facilmente è <i>Evangelion 1.01</i>, con la differenza che, mentre il primo capitolo del <i>Rebuild</i> presentava un restyling grafico piuttosto intenso e qualche piccola differenziazione narrativa, <i>2.0</i> non solo non ha il minimo elemento di novità nella trama e nei personaggi, ma la modernizzazione visiva che lo caratterizza è tutto sommato marginale. Character design e storyboards sono gli stessi, quello che cambia è la stesura del colore e la gestione delle ombreggiature, e ultima ma non meno importante la presenza massiccia della computer graphics, utilizzata nelle luci, nelle ambientazioni e ovviamente negli effetti speciali.

Diciamolo chiaro: questo è <i>Ghost in the Shell</i>, né più né meno, graficamente potenziato, certo, ma in soldoni siamo di fronte a un film parassita... Però è un gran bel film. Non soltanto perchè chi è rimasto fedele all'originale può ritrovare qui intatto tutto quello che aveva amato di esso, ma anche per la mirabile assimilazione tra il gentile ritocco estetico apportato e tutto il resto. Certo, l'abbondante utilizzo della CG non risparma qualche scivolone, in particolare in due scene realizzate interamente a computer, sulle quali bisognerebbe stendere un velo pietoso per la loro grettezza e l'assoluta incapacità d'integrazione con le sequenze 2D che le circolandano; tolte quelle però, il risultato è davvero sopraffino, in grado di rendere più morbidi e meno brutali gli scorci sulla cupa realtà di New Port City pur mantenendo intatti tutta la freddezza, il distacco e l'alienazione che da sempre hanno contraddistinto il <i>Ghost in the Shell</i> di Oshii.

<i>2.0</i> è in fondo un film sul quale c'è poco da dire e tutto da vedere: non pretende di essere depositario di chissà quali cambiamenti, bensì è un tanto piccolo quanto convincente restauro del suo antesignano, luccicante in superfice e solidamente fedele a se stesso nella sostanza. La visione è ovviamente sconsigliata a chi cerca qualcosa di veramente inedito sull'universo cinematografico di <i>GITS</i>: a tal proposito consiglio caldamente <i>Innocence</i>, seconda divagazione oshiiana sugli spunti del mangaka Masamune Shirow. Nessun problema invece per chi si affaccia per la prima volta sulla seminale saga cyberpunk, essendo come ho già detto <i>2.0</i> equivalente al primo film, e allo stesso modo lo consiglio senza ripensamenti anche a chi è già esperto in materia: dopotutto è una buona occasione per rivedersi <i>Ghost in the Shell</i>...



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Dopo avere molto apprezzato la prima serie, mi sono avvicinata a Kuroshitsuji II con non pochi pregiudizi, perché convinta, come molti utenti hanno scritto, che in genere le seconde serie non siano mai all'altezza delle prime.
Tuttavia ho dovuto ricredermi: ho gradito questa serie anche se il mio voto è più basso. Il motivo non risiede nella storia, che a mio parere è sufficientemente verosimile, bensì nell'andamento del racconto narrativo e nell'aggiunta di alcuni elementi che nella prima serie quasi mancano.

Innanzitutto la storia è ambientata sempre in Gran Bretagna, presenta lo stesso scenario già noto di una sfarzosa residenza inglese e lo schema dei personaggi si ripete: un nuovo efebico "bocchan", Alois Trancy, questa volta biondo e con gli occhi azzurri; un nuovo maggiordomo infernale con il quale ha suggellato il contratto, Claude; e una servitù sui generis, i cui componenti in realtà sembrano soldati travestiti.
E soprattutto non manca il reale motore di tutta la storia, che analogamente alla serie precedente è quello della vendetta. Le vittime della vendetta di Alois sono i Phantomhive, contro i quali i Trancy si sono sempre scontrati a causa della contesa del titolo di "cane da guardia" della regina. Questo rappresenta l'espediente che riporta in scena Sebastian e Ciel ai quali, dopo una prima puntata introduttiva sui Trancy, viene riservata tutta l'attenzione nel corso degli episodi. Già questa modalità sottolinea il primato che ha la storia di Ciel sull'altra e in un certo senso soddisfa anche le aspettative dello spettatore nostalgico, che si era affezionato a lui.
Alois non può essere definito una sorta di sosia di Ciel, perché ha una personalità completamente differente: è capriccioso, violento, cinico, ma anche insicuro e affettivamente fragile. Come Ciel, anche lui è reduce da un passato tremendo, fatto di abusi e di abbandoni, ma al contrario del primo è un personaggio più umano, che mostra le sue debolezze e dà sfogo alla sua emotività più e più volte.

L'ingresso del secondo demone Claude, nonché antagonista di Sebastian, aggiunge a quest'anime una buona dose di scene di combattimenti eccezionali tra i due e mantiene alta l'adrenalina. E non solo: tra loro inizia un vero testa a testa, fatto di continui sgambetti e d'inganni, che derivano dal desiderio di entrambi di appropriarsi dell'anima di Ciel. Ciò imprime una grande spinta all'azione, che procede in modo dinamico e vivace. In questo modo la tensione è sempre viva puntata dopo puntata e ciò va assolutamente apprezzato.
Invece non ho gradito la struttura narrativa, perché il racconto prosegue in modo abbastanza discontinuo e talvolta diventa persino confuso. Infatti, la storia si alterna tra l'azione, che va avanti, e i continui flashback - numerosi anche nella prima serie -, che man mano chiariscono le intenzioni e le motivazioni che inducono i protagonisti ad agire in un certo modo. Tuttavia, tutto ciò spezza la linearità e la piacevolezza, che invece emergono nella prima serie.

Altro elemento che non ho gradito è l'inserimento di un fanservice gratuito e immotivato che si esplicita con il personaggio di Hanna, la cameriera di Alois, che inoltre all'inizio è una sorta di remissiva vittima sacrificale sulla quale viene esercitata un'esagerata violenza dal suo padrone.
Al di là di tutto, Kuroshitsuji II resta comunque un anime dalla grafica di buonissima qualità e dal character design seducente, anche se, come ogni seconda serie, sottrae sempre quel qualcosa d'indefinito alla storia che si è tanto amata.
Con il finale secondo me c'è un calo di tono della vicenda, oltre al fatto che esso lascia uno spiacevole retrogusto amaro.



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Tonnellate di piombo e litri di sangue ricompaiono su schermo in una delle serie d'azione più 'tamarre', ma allo stesso tempo godibili, degli ultimi anni, vale a dire <i>Black Lagoon</i>. La seconda stagione, nominata <i>The Second Barrage</i>, non fa altro che riprendere il singolare tran tran quotidiano della Lagoon Company, la cui 'raison d'être' sembra basarsi su mille e uno modi di procacciarsi denaro (ovviamente sporco).
Le missioni narrate in questa serie sono soltanto tre, due delle quali snodatesi nella prima metà e ambientate nella città immaginaria di Roanapur (<i>un posto meraviglioso in cui puoi spazzar via qualsiasi cosa senza andarci troppo per il sottile</i> - dice Benny); i restanti sei episodi sono invece ambientati in Giappone e racchiudono probabilmente il meglio delle vicende dell'opera.

<i>Second Barrage</i> non propone - giustamente - niente di nuovo rispetto agli esordi, tuttavia, rincarando la dose di violenza, rendendo ancora più scurrili i dialoghi e più forti i messaggi politici/sociali, pare che gli autori siano riusciti a fare centro. Anche a distanza di pochi mesi dal rilascio della prima stagione, non si fatica a constatare che alcuni passi avanti siano stati fatti, soprattutto nella caratterizzazione dei personaggi secondari - se escludiamo nomi come Shenhua e Sawyer -, su tutti, la coppia formata da Hänsel e Gretel, i due micidiali gemellini incontrati nella prima parte. Ma sono ben tratteggiati anche Yukio Washimine, figlia di un boss della yakuza, e la sua guardia del corpo, Ginji Matsuzaki, noto per l'uso straordinario della katana, un'arma alquanto infrequente in <i>Black Lagoon</i>.

Tra i personaggi principali troviamo invece una Balalaika in grande spolvero e una Revy molto più affabile che in passato, soprattutto nei confronti del collega nipponico, Okajima, qui colto più che mai dalle incertezze (restare a Tokyo o lasciarsi definitivamente alle spalle il passato?), ma in evidente crescita dal punto di vista dell'arguzia e della determinazione.
In definitiva <i>Second Barrage</i> non delude le attese dei fan, tenendo fede alla solita miscela esplosiva, spassosa e travolgente, supportata da un comparto tecnico sfarzoso e non priva di lezioni di vita.



IL SONDAGGIONE


Per l'ultimo appuntamento con questa serie di sondaggi vi chiediamo una sorta di feedback ad ampio spettro sugli aspetti maggiormente graditi (o all'occorrenza sgraditi) della rubrica.
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