Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Quest'oggi apriamo una "finestra" sul genere sentimentale con tre opere a tema: Hanbun no Tsuki ga Noboru Sora, Kimi ni todoke 2nd Season (dal manga di Karuho Shiina) e il celebre Clannad After Story.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

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Una delle ossessioni dell'uomo moderno è il valore del tempo. In molti affermano che ciò è dovuto ai ritmi frenetici della vita moderna che non consente pause se non si vuole restare indietro nella lotta quotidiana per l'affermazione personale. Non importa cosa una persona decida di fare della propria esistenza, resta il fatto che deve farlo di corsa; ed è per questo che si coniano continuamente frasi come "mi spiace non ho tempo", "ho i minuti contati", "chi ha tempo non perda tempo" e così via.
Questa convinzione è, a mio avviso, vera solo in parte.

L'altra parte è che tutti siamo ben consci di poter godere solo di una piccola porzione di tempo della vita dell'universo e siamo tormentati dall'idea di non riuscire a "succhiare" da essa i frutti migliori che ha da offrirci.
Per Yuuichi il frutto migliore si materializza improvvisamente in una camera d'ospedale ed è costituito da Akiko, una bellissima coetanea con gravi problemi di salute. Improvvisamente il tempo diventa maledettamente breve per un ragazzo di soli 17 anni che nemmeno si era mai posto il problema della fine della vita. A quell'età la speranza è un fuoco che ti divampa dentro: la troppa luce, però, equivale al buio perché finisce per accecare e non lascia vedere le cose così come sono veramente. Ed è questa la verità che Yuuichi impara nei suoi giorni d'ospedale, ponendo così fine prematuramente alla sua adolescenza: deve scegliere una vita senza sofferenze ma costruita sul rimpianto di quei pochi anni che avrebbe potuto trascorrere assieme alla sua "felicità", oppure abbandonarsi all'amore e rinunciare a tutto il tempo restante, da vivere in assenza di Akiko.

Hanbun no Tsuki ga noburu Sora pone quindi un interrogativo molto forte: a quanto tempo siamo disposti a rinunciare per un breve periodo di vera e piena felicità? Un giorno? Un mese? Un anno? Tutta la vita?
Da questo ne deriva un altro: possono quei pochi attimi dare un senso a tutta una vita e a non farla ritenere sprecata?
Si sarà capito che la mia valutazione di questo anime è molto positiva. Niente di troppo originale per la verità: l'evolversi della storia è un po' scontato (anche se, devo ammetterlo, non pensavo finisse così) e gli stessi personaggi si muovono in modo abbastanza prevedibile. Gli spunti di riflessione che offre però sono molti e tutti molto impegnativi; in più l'ho trovato, nel suo complesso, molto poetico e questo non fa mai male.
Consigliatissimo a chi ama le storie che fanno pensare; per gli altri fateci un pensierino lo stesso, in fondo sono solo sei episodi.



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<b>ATTENZIONE: SPOILER SULLA TRAMA (?)</b>

Prima di partire con una recensione che, lo so, tirerà fuori il peggio di me, vi prego di capire una cosa: io non ce l'ho con le storie romantiche, ok? Sì, amo per lo più gli shounen dove c'è movimento, sangue, morti qua e là e tante battaglie e, se proprio devo buttarmi sul romantico, preferisco le cose allegre e non da endovena - per carità, basta la vita a far schifo di suo! - però, no, non odio le serie "rommmmmmantiche", piene di cuoricini. Ci sto lontana, se posso, ma non le odio a prescindere, altrimenti non avrei visto questa, no?

La prima serie di "Kimi ni todoke", che vidi perché tutti ne parlavano bene, perché il manga è pluri-apprezzato e premiato, perché, in sostanza, mi aveva incuriosita, mi era, in fondo in fondo, piaciuta. Beh, oddio, non nego che la protagonista a volte facesse cascare le braccia con la sua lentezza, ma in fondo mi sono affezionata a quella impedita di Sawako che in 25 puntate non riesce a concludere assolutamente nulla, tanto che, alla fine, quando ho scoperto che ci sarebbe stata la prevedibilissima seconda serie, ho deciso di vedere come sarebbe andata a finire tra lei e Kazehaya.

Se anche voi siete qui perché siete stati affetti da questa morbosa curiosità che non vi fa dormire la notte, accettate un mio consiglio: per sapere come si concludono le mirabolanti (?) avventure di Sawako, guardate giusto gli ultimi cinque episodi della serie.
Ma come, sento alcuni di voi giustamente chiedersi, da quando in qua basta vedere quattro episodi alla fine per capire una storia? Da quando nei primi suddetti episodi non succede assolutamente niente. Sì, avete capito bene: avete presente che vuol dire niente? Vuoto assoluto? Ecco, quello. In realtà, qualcosa potrebbe pure accadere, come l'arrivo di un famigerato rivale per Kazehaya. Che praticamente non serve a nulla per tre quarti della serie (e alla fine fa solo un grosso casino che si ridurrebbe al nulla, se solo in questa serie i personaggi facessero una cosa semplice semplice come il parlarsi), tranne a farci capire che Kazehaya è geloso di lui. Toh, che scoperta!
Per il resto, c'è la solita Sawako che si fa le solite paranoie che si faceva più o meno durante i primi episodi della prima serie. In pratica, in 37 episodi, lei non ha imparato assolutamente niente né su Kazehaya né sui rapporti interpersonali. Confortante, eh!

Memorabile è senza dubbio lo scambio di battute più indecente dell'animazione giapponese, che la dice lunga su cosa andrete, in caso, a guardare:
«Ti voglio bene», dice Kazehaya in una certa puntata (facendoci sperare che finalmente accada quel qualcosa che aspettiamo da eoni), consapevole dei propri sentimenti verso Sawako, sicuro che la ragazza non provi le stesse cose per lui - chi gliel'ha detto è un mistero! «Ma non è lo stesso che intendi tu, vero?».
«Sì» annuisce lei, consapevole anch'essa dei propri sentimenti per lui, ma sicura che lui la veda solo come un'amica.
Ora, ditemi voi se tutto ciò non è da gente da far visitare, e pure di corsa.
Comunque, nonostante queste felici premesse, come vi dicevo, un finale - udite udite! - esiste! Sì, ok, essendo il manga ancora in corso non è proprio il finale-finale; però, c'è da dire che per i masochisti fan della serie gli autori hanno almeno avuto la bontà di creare una specie di lieto fine - più per premiare la loro costanza che per altro, secondo me. Ovviamente, non iniziate a sperare chissà cosa, eh: come dice una mia amica «Quei due si baceranno quando io sarò nonna e i miei nipoti, forse, li vedranno andare oltre. Forse.».

Per quanto riguarda i disegni, siamo sullo stesso livello della prima serie - e quindi del manga: tinte pastello, molto dolci, in linea con la serie stessa; anche la sigla finale è in linea con la dolcezza delle immagini - forse anche troppo, ma qui si tratta di gusti personali. Completamente diversa, invece, è la sigla iniziale, molto più allegra e movimentata: un sadico specchietto per le allodole per spingere i più restii a sperare in qualcosa di più attivo, suppongo...
Per concludere: se vi è piaciuta la prima serie o se siete amanti del genere "romantico-lento-da-parto", questa serie ve la consiglio caldamente, perché fa decisamente per voi; se invece vi siete avvicinati solo per la famosa curiosità di cui sopra, seguite il mio consiglio, anzi, lasciate proprio perdere, ché fate decisamente meglio!



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Amo gli anime perché dopo oltre vent'anni che li seguo con passione riescono ancora a stupirmi, in positivo e in negativo, ma sul finire della visione di questa serie ho sentito per la prima volta l'impulso di prendere il monitor fullhd e sbatterlo a terra.

'Clannad After Sory' segue gli eventi della prima serie del 2007, anime gradevole al quale però diedi un appena sufficiente per vari motivi che evito di elencare nuovamente. Qui buona parte dei difetti e delle banalità della serie precedente vengono risolti, in particolare nella tanto santificata seconda parte.
I primi sette episodi sono infatti una fotocopia di 'Clannad' con i soliti archi narrativi, questa volta più brevi, dedicati a un personaggio, tre episodi per la sorellina di Sunohara, due per la storia sui teppisti e altri due dedicati all'amministratrice del dormitorio, con la solita lacrimuccia forzata nel finale e un pizzico di paranormale (il gatto, le fugaci apparizioni di Fuko-chan).

Con il diploma e ciò che ne consegue 'After Story' entra nel vivo, Tomoya non ha le idee ben chiare sul suo futuro ma la relazione ormai consolidata con Nagisa, costretta a ripetere l'ultimo anno scolastico per motivi di salute, spingerà il ragazzo a trovarsi prima un impiego, poi un appartamento con il desiderio di viverci in seguito con la sua amata.
Le difficoltà sono molte, il lavoro scelto da Tomoya è massacrante e lo impegna per buona parte della giornata, Nagisa nella sua nuova classe non conosce nessuno e il club di teatro da lei fondato l'anno prima chiude i battenti ma nonostante ciò i due riusciranno a superare queste avversità e a sposarsi.

Tutto in questa fase accade con una velocità fulminea, la lentezza della "School Story" e i suoi inutili siparietti sono ormai un lontano ricordo, 'After Story' narra solo avvenimenti fondamentali, di quelli che cambiano l'intera esistenza del protagonista.
E infatti il climax della serie tocca i vertici con l'evento che non ti aspetti - o forse sì? Più che altro speravo che non accadesse, è diverso, poco importa comunque - e qui si entra nella terza fase con un Tomoya distrutto da questa tragedia e che deve trovare la forza di rialzarsi, o meglio, un motivo. Lo trova anni dopo, gli episodi che seguono sono il punto più alto di tutta la serie, che a questo punto fa davvero vibrare le corde del cuore, stavolta non sono lacrime telefonate di eventi assurdi come nella prima serie e la scena sul treno dell'episodio 18 mi ha toccato come poche altre, tutto grazie anche alla splendida colonna sonora - la Dango Daikazoku assume qui un significato ben diverso, bellissimo.

Con l'ennesimo dramma la serie si avvia alla conclusione, mi chiedevo a quel punto cosa potesse accadere ancora ed è qui che 'After Story' decide di stupirmi davvero, con un finale ai limiti della decenza umana. Il "capolavoro" che letteralmente va a farsi fottere grazie all'ultimo, sciagurato episodio che rende vano non solo l'insieme degli episodi precedenti (tutti) ma anche i significati che l'opera poteva trasmettere: un affresco sui drammi familiari, il rialzarsi dopo una tragedia, trovare una persona da proteggere e dare tutto per lei ecc. Tutto è mandato all'aria dato che con questo finale Clannad non significa un emerito niente.
Complimenti, geni.

Ecco che mi sono quindi sentito letteralmente preso per i fondelli, fosse stata una serie di 13 episodi probabilmente me la sarei presa fino a un certo punto, ma qui si parla di oltre 40 puntate, escluse le side story, difficile quindi contenere la rabbia, o meglio, il disgusto nel constatare che tutte le emozioni che 'After Story' ha tentato - e certe volte ci è riuscito - di trasmettere non valgono più nulla.
Se la serie si fosse conclusa con lo splendido episodio 18 avrei dato un bel 9 qui sotto, ma purtroppo finisce alla 22 (i restanti, come nella prima serie, sono storie alternative), tutto è vano, il voto assegnato è il risultato del rapporto tra la realizzazione tecnica di indubbia qualità e il nulla assoluto del senso di 'Clannad After Story'.