Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Per la rubrica di oggi volgiamo l'attenzione a titoli appartenenti, più o meno, al genere Majokko: Heartcath Precure, Sailor Moon (il manga) e Puella Magi Madoka Magica.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


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Anzitutto, una premessa: per provare ad apprezzare quest'anime bisogna farsi forza e adeguarsi al chara design. Il responsabile del CD stavolta è lo stesso di 'Ojamajo Doremì' e questo stacca molto 'Heartcatch Precure!' sia dalle prime cinque stagioni sia dalla appena precedente 'Fresh! Precure'. Superato lo scoglio della grafica, possiamo affrontare la trama.
Tsubomi Hanasaki, timida e introversa quattordicenne, si è appena trasferita nella città dove si trova l'orto botanico curato dalla nonna materna e dove i suoi genitori hanno intenzione di aprire un negozio di fiori, che sono anche la sua passione. A scuola incontrerà Erika Kurumi, estroversa ed esuberante, praticamente l'opposto di lei e, grazie agli spiritelli Coffret e Cyphre, avremo così la coppia di Pretty Cure che agirà nei primi 22 episodi della stagione: Cure Blossom e Cure Marine.

Diversamente dalle stagioni precedenti e dalla seguente Suite, stavolta non ci sono mondi fantastici che chiedono l'intervento delle leggendarie guerriere. Tutto ruota intorno alla Terra e all'albero Kokoro, un albero millenario che vaga nel cielo sulla sua isoletta di terra. L'albero è responsabile della buona salute dei "fiori del cuore" delle persone, tutti diversi e rappresentanti ciascuno, attraverso il linguaggio dei fiori, la caratteristica fondamentale della persona cui appartengono. Sembrerebbe un plagio da 'Sailor Moon S', ma è più corretto parlare di citazione - e Heartcath è piena di citazioni, riferimenti, prese in giro di altre serie, 'Sailor Moon' compresa.
Distruggere l'albero, fare avvizzire i cuori e tramutare così la Terra in un deserto è lo scopo dei Messaggeri del Deserto, che da centinaia di anni provano ad attuare il loro piano, ostacolati dalle Pretty Cure. E questo è un altro punto di originalità di Heartcatch: certo, fin dalla prima stagione le Pretty Cure sono definite "leggendarie", ma a conti fatti le uniche guerriere erano le protagoniste. Qui invece la leggenda, le Pretty Cure del passato, le consegne tra una generazione e l'altra di guerriere sono decisamente rilevanti.

L'ambientazione, dopo l'irrealtà della quarta e della quinta stagione, torna a essere abbastanza realistica, e, anche se l'attenzione degli sceneggiatori si concentra molto sulle protagoniste, c'è comunque modo di conoscere i personaggi secondari: genitori, compagni di classe, le persone coinvolte dai nemici in ogni puntata. Attenzione particolare viene data a Istuki, presidente del consiglio studentesco, e a Yuri Tsukikage, amica della sorella maggiore di Erika. Motivo? Bisogna raggiungere rispettivamente le puntate 12, 23 e 34 per scoprirlo.
La protagonista, Tsubomi Hanasaki, si stacca dalle caratteristiche delle precedenti. Non è l'asso dello sport o dello studio, non è la forza che trascina il gruppo, non è la più forte delle Pretty Cure. Anzi, tra le due (o forse più) guerriere è la più debole sia caratterialmente sia fisicamente. Una scelta che permette di assistere, nel corso delle 49 puntate, alla sua crescita; gestita bene, senza power up assurdi o cambiamenti repentini e irreali.
Erika, al contrario, è fisicamente forte, decisa, piena di vitalità. Peccato che anche lei abbia le sue grane: è infatti tremendamente gelosa di sua sorella maggiore, famosa modella.

Dall'altro lato della barricata ci sono i tre Generali del deserto Sasorina, Kumojacki e Cobraja; il professor Saabaku e Dark Pretty Cure; e, per finire, Dune, re dei messaggeri. Le psicologie dei tre generali e i motivi per cui combattono ci vengono rese note e grazie al cielo esulano dal "faccio il male perché sì". Sono motivi puramente egoistici, come le guerriere non mancheranno di fare notare loro, ma sono desideri umani e su questi i tre personaggi vengono costruiti in modo sufficientemente coerente. Decenti sono anche la caratterizzazione di Dark PreCure e il suo odio per la Pretty Cure precedente, Blossom, e Marine, Cure Moonlight. Meno approfondito è il professore, protagonista di un colpo di scena nelle ultime puntate che però, oltre a gridare a 'Star Wars', è un po' tirato via nella spiegazione. La psicologia di Dune invece è inesistente: cattivo perché sì, ed è un peccato.

Sul piano dei combattimenti, vengono equilibrati i colpi in tempo reale, molto numerosi, l'agilità e la forza fisica delle guerriere con conseguenti calci e pugni e gli attacchi finali, in coppia o singoli, in cui le ragazze fanno uso di scettri come dalla quarta stagione in poi.
Non l'avrei mai immaginato, ma a vent'anni suonati mi è piaciuta una stagione di 'Pretty Cure', per di più quella che reputo la peggiore dal punto di vista del chara design. Tenendo conto che è un maho shoujo commerciale, per ragazzine, un otto non glielo toglie nessuno.



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Atteso per anni, conteso tra case editrici, il manga di Sailor Moon giunge in Italia in quel di Lucca Comics 2010 e attira la massa come nessun altro manga vecchio di 20 anni potrebbe fare, numeri da far impallidire le Perfect Edition di Star Comics. La piccola casa editrice GP Publishing, l'ultima arrivata, la sfigata di turno, per dodici mesi ha guardato i colossi dell'editoria dall'alto verso il basso: "Noi abbiamo Sailor Moon", e a ragione - poi sul dopo son problemi loro.

Ma cos'è Sailor Moon? L'Italia ha sempre pensato al titolo come all'anime simbolo degli anni '90, del pomeriggio con pane&nutella e cinque sigle della D'Avena, Game Boat e album di figurine ad accompagnarci per oltre 200 episodi. Quando ancora Dragon Ball era relegato a Jtv i maschietti di allora di fronte a una tale mercanzia in gonnella si ritrovarono catturati anche loro in questo che è a tutti gli effetti uno shoujo, ma non uno shoujo qualunque.

Riguardo all'origine cartacea, è indiscutibile la sua enorme innovazione per il genere al quale appartiene: fondere il majokko con i super sentai (squadre di eroi in costume nati proprio in Giappone negli anni '70) fu con molta probabilità l'idea del decennio. Eppure l'allora giovane Naoko Takeuchi iniziò con l'eroina solitaria, tale Sailor V, ma evidentemente l'idea di affiancare a essa un team di guerriere convinse molto di più gli editori di allora. L'energica ma perfettina Minako divenne una delle cinque guerriere Sailor di "base", Sailor Venus, mentre la nuova protagonista doveva apparire più normale, goffa, scema, ma irresistibilmente simpatica e con una caratteristica acconciatura. Nasce Usagi Tsukino.

Il manga, proprio come la serie animata, si suddivide in cinque saghe ben distinte tra loro. La prima è composta da 14 capitoli. Buona parte di essi ha ovviamente lo scopo di presentare i personaggi principali, e infatti nei primi capitoli si ha la sensazione di leggere un "the best of" dell'anime, sensazione che però sparirà ben presto.
Già in questa prima fase i colpi di scena non si faranno attendere, ma è con la seconda serie Black Moon e con l'apparizione di un personaggio chiave quale Chibi-Usa che la storia entra nel vivo. I primi cinque volumi si leggono con estremo piacere con un certo equilibrio tra capitoli di vita quotidiana e battaglie ai limiti dello spazio-tempo.

La saga Infinity vede l'entrata in scena di altre guerriere. Non starò certo a elencare le - innumerevoli - differenze tra anime e manga; per questo c'è Wikipedia, ma è qui che si nota il maggior distacco tra il Sailor Moon cartaceo e quello televisivo.
Sailor Saturn è sempre stata la mia preferita tra tutte le guerriere Sailor: il suo sguardo profondo e malinconico, il suo corpo fragile unito a un potere enorme hanno da subito catturato la mia attenzione anche in questa nuova edizione del manga, elevando così la terza serie sopra tutte le altre grazie anche a un'atmosfera cupa e cittadina priva di viaggi iper dimensionali e lunari.

Ricordavo la quarta serie di Sailor Moon, "Il mistero dei sogni", come la più brutta, piena di filler e con la storia incentrata principalmente sulla piccola Chibi-Usa. Al contrario nel manga essa si svolge in 11 capitoli con una certa fretta, forse anche troppa. Non mi faccio problemi ad ammettere la mia necessità di rileggere il volume 10 per comprenderlo in pieno.
Ciò non toglie che con la saga Dream il manga perde colpi per coinvolgimento e scorrevolezza, i numerosi dialoghi e i continui cambi di scenario soffocano letteralmente i personaggi, in particolare quelli secondari, e gli eventi di vita quotidiana unita a storie sentimentali tipiche di uno shoujo sembrano un lontano ricordo.

Lo stesso si può dire dell'ultima saga, Stars, incentrata esclusivamente su Sailor Moon e sulla sua battaglia personale con Galaxia. Faranno qui la comparsa una marea di personaggi in soli 2 volumi. Il poco spazio che l'autrice concede a ognuno di loro fa rabbrividire, vanno e vengono come postini del lunedì mattina. Ciononostante il finale è epico e tutto da gustare.

Perfetta è l'edizione GP, curata fin nei minimi particolari in questa che è a tutti gli effetti una nuova versione di Sailor Moon riveduta e corretta dalla stessa autrice, modernizzata dove non serve (il floppy di Ami diventa un cd-rom, nella prossima edizione sarà una penna USB?), dato che esteticamente Sailor Moon è un manga anni '90, arricchito di numerosi particolari in costumi e accessori.
Ma Naoko Takeuchi prima ancora di essere mangaka è un'artista: i suoi disegni sono divini, ogni tavola pare un'illustrazione, ricca com'è di effetti vari, sfumature, lunghi capelli ondulati che sembrano muoversi tra le vignette, magnifico.

Chi si aspetta un manga di battaglie rimarrà deluso: i nemici muoiono con un colpo e i dialoghi-flashback-viaggi mentali durante i combattimenti abbondano. Sailor Moon-manga non ha i ritmi televisivi della Sailor Moon animata, non troverete le pose e le continue trasformazioni che l'hanno resa celebre. Tutto ciò che rimane è una strana storia, assurda ma a tratti avvincente, diversa sicuramente da qualunque altro manga esistente, dove storie di amore e amicizie intergalattiche si fondono in scenari apocalittici popolati da nemici tanto grandi e spaventosi quanto deboli e stupidi. Quasi si dimenticano i difetti e le incongruenze di sceneggiatura dinnanzi a una storia d'amore, quella tra Usagi e Mamoru, che trascende lo spazio e il tempo, oltre i millenni e oltre la vita terrena.
Sailor Moon è questo, un affresco tanto caotico quanto affascinante, di indiscutibile bellezza.
Da avere.



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Onestamente non so se classificare questa recensione tra quelle che riservo ai titoli che vedo dopo il grande successo e le grandi discussioni che suscitano oppure se aggregarla al gruppo degli anime che ripercorrono la storia del genere majokko dagli anni '90 ai giorni nostri. Questione difficile. Sostienimi dunque, o Musa, e aiutami nella strada a dipanar l'arcano.

Stiamo parlando ora di Puella Magi Madoka Magica, una storia di maghe, ragazze che acquisiscono dei poteri magici e con essi combattono le loro nemesi identificate con le "streghe". Poteri che arrivano dopo la stipula di un contratto dall'esimio notaio Kyuubee, essere dall'aspetto inoffensivo proveniente da chissà quale dimensione.
In un certo senso potremmo fermarci qui nell'analisi del tema centrale dell'anime. Da che mondo è mondo infatti le eroine del majokko si battevano per una certa causa che più o meno consisteva sempre nell'aiutare il prossimo nella quotidianità o mediante il combattere una qualche forza malvagia. Madoka Magica invece sposta il problema sul cosa voglia dire o che conseguenze abbia l'essere maga.
Conseguenze che ovviamente non sono proprio positive...

A dissertare sul meccanismo del diventare maghe mi allungherei e farei anche spoiler, cosa che di solito non gradisco. Meglio parafrasare e non dire... Non dire come viene fatto in Madoka Magica.
Ebbene sì, perché quest'anime non si basa su cosa viene detto, ma su cosa invece non viene detto. È una strategia per creare atmosfera, hype o quello che volete. La narrazione procede a strattoni, immersa in un'atmosfera occulta e con le rivelazioni strappate con le pinze a dare regolarmente una nuova spinta. Tra queste la più chiacchierata è il famigerato terzo episodio "che ha shockato il Giappone" (come recitava lo spot degli episodi su Popcorntv), il quale onestamente non mi ha colpito molto, forse per inclinazione personale o forse perché l'arrivo dello shock è "sgamabile" da minuti prima che esso avvenga - e lo spettatore attento vi riesce.
Non si dice neanche sulla protagonista Madoka Kaname. Essa è soggetto o oggetto del racconto? La cosa è ambigua anche qui, forse sta all'interpretazione di ognuno. Personalmente ritengo Homura la protagonista della storia e Madoka ciò di cui essa racconta.

Si può dunque dedurre che Madoka Magica non è un anime facilmente inquadrabile. Esso vive di contrasti: primo fra tutti è quello che c'è tra ciò che di solito propone il genere (messaggi positivi per un pubblico giovane) e gli avvenimenti molto drammatici che ci propone; oppure tra il design dei personaggi (moe al massimo, vedi il recente Saimoe) e l'asprezza del contesto. Ma anche le ardite architetture disposte tra sfondi e locazione o le musiche varie e dai registri contrastanti composte niente meno che dalla sempre ottima Yui Kajiura, contribuiscono al clima surreale che esalta i suddetti contrasti.
Nonostante sia una strategia piuttosto furba da parte degli autori, io non posso valutare positivamente tutto ciò: ritengo sia una furbata in malafede a danno soprattutto del pubblico più "ingenuo", ma soprattutto verso chi non conosce il genere majokko.

Occorre ora fare una digressione temporale: inizialmente vidi solo quattro episodi di Madoka avendone delle impressioni positive. Poi mi sono fermato, ma nel frattempo ho iniziato a vedere (finalmente) un certo Mahou Shoujo Lyrical Nanoha. Ebbene, vedendo il primo episodio di questa saga ho di fatto visto una seconda volta la prima puntata di Madoka Magica. Qual è il problema? Nanoha è datato 2004.
Incuriosito da ciò, iniziate le trasmissioni in streaming ufficiale, ho fatto un po' caso qua e là a pescare altre cose ottenendo una pesca abbastanza grossa.
Non solo lo svolgersi della prima puntata, ma anche molti elementi della magia sono stati ricalcati tal quali da Nanoha; la storia di Homura in pratica è la riproposizione dell'Endless Eight di Haruhi; lo stesso finale lo associo ai tipici risvolti da caos quantistico presenti nelle malinconiche avventure della Suzumiya; la battaglia del penultimo episodio e le sue esplosioni paiono saltate fuori da un certo Evangelion; "The World, che il tempo si fermi!" (citazione...); lo stesso rito del contratto a me ora sa tanto dello scambio equivalente di due ben noti Alchimisti - sia grazie a te, o Musa, per avermi suggerito questo dettaglio.
A me sembra un efficace minestrone di roba già fatta da altri, non mi sorprende che l'otaku medio giapponese sia andato in brodo di giuggiole di fronte a questa subliminale reunion dei cult dell'animazione giapponese e abbia saccheggiato i negozi dei DVD o Blu-ray dell'anime...

Delle cose buone tuttavia Madoka Magica ne lascia comunque in consegna. Di architetture e musiche avevamo già detto, ma altro troviamo nel gruppo delle maghe protagoniste: dei personaggi ben caratterizzati che fanno valere le loro forze e le loro debolezze. A me è piaciuta in modo particolare Kyoko, per il suo carattere e la sua evoluzione nella storia - io un po' ci ho visto Asuka di Evangelion, sarò fissato. Eludo volutamente Madoka in quanto per me oggetto e non soggetto di quest'anime.
La vera invenzione resta però Kyuubei, lucido esempio di una fredda caratterizzazione di un personaggio che in realtà carattere non ne ha in quanto privo alla base di emozioni di sorta. Al regista è piaciuto così tanto metterlo in controluce e in primo piano che ha esteso indiscriminatamente la pratica a tutti gli altri personaggi.

Mi congedo ora da te, o Musa, ringraziandoti per l'ispirazione e dicendoti che colloco ora Puella Magi Madoka Magica nella prima delle due categorie cui accennavo all'inizio. Esso non è un majokko: se invece delle maghette fosse stata messa qualunque altra cosa, il meccanismo funzionava lo stesso, ma si è voluto furbescamente giocare con i contrasti e con i gusti del pubblico.
Come anime mi è anche piaciuto, è stato un buon intrattenimento. Mi si permetta però di lanciargli un personale anatema per il suo aver aggregato idee qua e là in modo indiscriminato, ma soprattutto per aver associato, e fatto associare, mascherandola a molto pubblico - ho sentito parlare di "majokko alternativo"... bah! -, un'opera che di tutt'altro tratta con un genere quale il majokko, che negli anni ci ha regalato veri cult dell'animazione.