Prosegue la rubrica a cadenza mensile in cui andare a presentare i manga più apprezzati dalle recensioni della nostra utenza. Per ovvi motivi, la maggior parte dei titoli qui presentati sarà una selezione di quanto pubblicato ufficialmente dagli editori italiani, con ben poco spazio per gli inediti.
In questo quarto appuntamento, ritardato di una settimana per lasciar spazio a Lucca, si andranno a prendere in esami gli shounen 1990-1999: dopo una classifica dei primi 30 posti si darà spazio ad una serie di recensioni utente su alcuni dei titoli della classifica meno noti al grande pubblico – oltre, ovviamente, al podio.

Buona lettura!

P.S. Specifichiamo per chi ancora non lo sapesse che shounen, shoujo, seinen, josei sono categorie create per le riviste contenitore e poi di riflesso applicate anche ai manga ivi contenuti; come confermato anche da tutti gli studiosi, professori ed esperti sull'argomento, quindi, la rivista di pubblicazione originale sarà l'unico ed il solo parametro con cui catalogare i manga. Per cui, lamentele come “questo manga è troppo maturo per essere uno shounen” o simili sono da ritenersi irrilevanti e verranno pertanto ignorate.


1 Slam Dunk 9,367
2 GTO 9,111
3 Shonan Junai Gumi 8,920
4 Ushio e Tora 8,824
5 Saiyuki 8,813
6 Rookies 8,714
6 Chrono Crusade 8,714
8 One Piece 8,610
9 Kenshin, samurai vagabondo 8,609
10 Hunter x Hunter 8,514
11 Hoshin Engi 8,412
12 L'emblema di Roto 8,400
12 Keiji 8,400
14 Bad Company 8,333
15 Hikaru no go 8,294
15 Samurai Deeper Kyo 8,294
17 Arms 8,250
18 Detective Conan 8,189
19 Love Hina 8,156
20 I''s 8,154
21 Il violinista di Hamelin 8,125
22 H2 8,000
22 Noritaka – Il re della distruzione 8,000
24 Harlem Beat 7,917
25 Naruto 7,911
26 Record of Venus Wars 7,900
26 Trigun 7,900
28 Le bizzarre avventure di JoJo – Vento Aureo 7,889
29 Generation Basket 7,875
30 Keroro 7,870


>>Tutti gli shounen manga degli anni '90<<

10.0/10
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"La pallacanestro è uno sport da gentiluomini", diceva la mia prof di Educazione Fisica, "perché ti insegna un nuovo modo di percepire i propri e gli altrui confini." A noi studenti, però, la faceva praticare così di rado che non abbiamo mai avuto modo di riflettere sul senso delle sue ispirate dissertazioni. Leggendo "Slam Dunk" questo pensiero, che il tempo aveva finito per seppellire sotto a uno strato di ben più significative reminiscenze, è lentamente riemerso in superficie, e anche se a mio modo di vedere non c'è uno sport più formante di altri credo di aver finalmente capito cosa volesse dire.

Nella vita c'è chi si fa largo a suon di gomitate e chi preferisce usare la testa... letteralmente. Hanamichi Sakuragi - grande, grosso, litigioso ma anche un bel po' giuggiolone - appartiene a quest'ultima categoria, ma a giudicare dall'aria mesta con cui pascola per i corridoi dell'Istituto Shohoku si direbbe che sia molto più bravo ad incassare i pugni che i due di picche. Soltanto la parola "basket" ha il potere di destarlo dall'abbrutente torpore nel quale è precipitato dopo l'ennesimo rifiuto, ma a meno di non coltivare pensieri suicidi è meglio astenersi dal pronunciarla in sua presenza.
Haruko Akagi ha due soli interessi: il basket e Kaede Rukawa, super matricola con orde di ammiratrici e occhi per nient'altro che il pallone. A riprova che l'amore può essere ancora più beffardo del destino - oltre che dotato di un discutibile senso dell'umorismo - di chi mai potrebbe invaghirsi Hanamichi se non lei?
Sulla carta il piano per conquistarla è semplice: millantare delle velleità da cestista, iscriversi al club di basket e infliggere a Rukawa, da lui bollato come un esibizionista, una sonora e insindacabile sconfitta. Ma quella bugia dettata dal desiderio di fare colpo gli cambierà per sempre la vita.

Una volta esaurito il cerimoniale di premesse che sanciscono l'ingresso del nostro beniamino nella squadra dello Shohoku - la necessità di ottenere e preservare la benevolenza di Haruko, dimostrare di meritare un posto nel club etc. - viene quasi da pensare che Inoue ambisca a creare qualcosa di diverso rispetto agli spokon "a squadre", pur conservandone pressoché inalterate la struttura e le componenti principali. Ciò che manca è quell'assoluta nettezza di confini che, nel bene e nel male, ha fatto di opere come "Captain Tsubasa" un classico del loro genere, e questo costituisce un cambiamento assai gradito per chiunque voglia misurarsi con un titolo dal taglio un po' meno semplicistico. Se pensate che sia impossibile stipare così tanta vita in soli quattrocentoventi metri quadrati - area di un campo da basket regolamentare - non vi resta che leggere per credere.

Lo storia si dipana attraverso il più classico degli scenari spokon, quello dell'eroe che entra a far parte di una squadra a cui mancano le capacità e/o i mezzi per raggiungere il livello agonistico desiderato. Quali che siano le ragioni del divario tra le aspettative e la realtà dei fatti, egli è destinato ad abbatterlo grazie alle sue innate qualità umane e agonistiche, lanciandosi infine, assieme ai suoi rinfrancati compagni, nella conquista di questo o quel titolo al grido di "Uno per tutti e tutti per uno".
Sì, beh, non in questo manga. Sakuragi possiede indubbiamente il fisico, ma non la mentalità di uno sportivo. Non è abituato a fare sacrifici per ottenere ciò che vuole - vale a dire nulla, a parte una ragazza fissa - e non ha la più pallida idea di cosa significhi cooperare - a parte forse quando c'è da picchiare qualcuno, ma questa è un'altra storia. Gli allenamenti atti a prendere confidenza con i rudimenti del basket? Roba che può andare bene per un vanaglorioso raccattapalle come Rukawa, ma non per un genio del suo calibro. Haruko lo considera il tipico diamante grezzo che, opportunamente lavorato, potrebbe salvare lo Shohoku dallo spettro dell'anonimato, ma la domanda è: lo Shohoku vuole farsi salvare da lui?

Talvolta la squadra in cui approda l'eroe, oltre che iellata, è un tantino disfunzionale. Lo Shohoku non fa eccezione, ed anzi può vantare una ragguardevole pletora di disadattati più o meno latenti. Niente che non si sia già visto altrove, beninteso, ma bisogna riconoscere ad Inoue il merito di aver saputo gestire le dinamiche che intercorrono tra di loro senza scadere nell'ovvio o nel melodrammatico. Epifanie gratuite? Ma anche no, grazie. E sì, l'amicizia c'è, ma non è una panacea. Il successo dello Shohoku dipende da una convergenza di obiettivi più o meno simili, non da un ideale condiviso e perseguito in egual misura da tutti i suoi componenti; si tratta, in altre parole, di una sinergia dettata dalle circostanze, ed è proprio questa sua natura accidentale che che la rende qualcosa di unico. Tranquilli, però: è tutto molto meno squallido e più umano di quanto possa sembrare.

Negli spokon, si sa, la rivalità si propaga più rapidamente di qualsiasi malattia infettiva nota al genere umano. Tecnico contro Interprete, Interprete contro Interprete, Tecnico contro Tecnico: ce n'è per tutti i gusti, insomma. Nel caso specifico, laddove alcuni personaggi possono essere agevolmente inquadrati nell'uno o nell'altro gruppo, per altri siffatta classificazione è molto meno intuitiva. Molti di loro, infatti, si collocano esattamente sulla linea di demarcazione tra le due tipologie, scegliendo di ricoprire l'uno o l'altro ruolo a seconda dell'esigenza o dell'inclinazione del momento.
Versatilità o pura e semplice pigrizia? Al lettore l'ardua sentenza. Una cosa però è certa: non c'è spazio in questo manga per le "smancerie" tipiche di certi spokon vecchio stampo nei confronti del proprio avversario, non solo perché ci sono molte più api che farfalle, ma anche perché queste ultime non si fanno scrupoli nel tirare fuori il pungiglione qualora la situazione lo renda necessario - magari con un affabile sorriso sulle labbra, come l'asso del Ryonan Akira Sendoh.

Il finale ha ricevuto parecchie critiche, forse più per il modo in cui è stato gestito che per il suo contenuto. Atto premeditato o variante in corso d'opera? Difficile dirlo, soprattutto a più di vent'anni di distanza. Personalmente ne ho apprezzato molto il realismo e la sua totale mancanza di malizia, inoltre non mi pare che lo spirito dell'opera ne abbia risentito in qualche modo. Non nego che al pari di molti altri mi sarebbe piaciuto poter continuare a ridere e ad emozionarmi con Sakuragi e compagni ancora per un po', ma non abbastanza da voler correre il rischio di vedere, un giorno, il manga diventare una fiacca e annacquata parodia di se stesso.

L'opera è caratterizzata da una prominente vena demenziale, in particolar modo nei primi volumi. Tra folli macchinazioni, equivoci paradossali, esilaranti rodomonterie e confronti surreali, tuttavia, non mancheranno momenti di raccoglimento altrettanto memorabili.
Nel complesso l'impianto narrativo si presenta organico e ben orchestrato, seppur non esente da sbavature. È rigoroso, ma non inflessibile; ricco, ma non soffocante. Se volete farvi un'idea di quanto duramente abbia lavorato Inoue per migliorarsi sotto questo aspetto provate a leggere "Kaede Purple" (sì, proprio lui), la one shot con cui vinse il Premio Tezuka nel 1988: a livello contenutistico potrà sembrarvi familiare - anche troppo, forse - ma stilisticamente la differenza è tale da strappare un sorriso a metà tra l'indulgenza e l'imbarazzo.

Poiché non c'è nulla di più melenso, didascalico, volgare, tedioso e vano di un recensore che si produce in un lungo soliloquio sulle emozioni che l'opera in esame dovrebbe tassativamente suscitare, mi limiterò a dire di essere rimasta piacevolmente sorpresa dai sensori di "Slam Dunk". Si tratta di qualcosa di diverso dal semplice coinvolgimento emotivo, qualcosa di cui uno spokon non può fare assolutamente a meno: esso deve risultare fruibile tanto agli appassionati della disciplina in questione quanto a coloro che ne sono digiuni.
Nel Giappone ancora intento a scrollarsi di dosso le ultime eccedenze degli Anni Ottanta pubblicare un manga sul basket era un azzardo, soprattutto se si pensa all'estrema competitività di una testata come "Jump" e al parterre di autori su cui poteva contare a quei tempi. La vera sfida non era abbattere il cosiddetto Quarto Muro, bensì assottigliarlo il più possibile.
Tsubasa Ōzora "parlava" una "lingua" che tutti potevano capire, e lo faceva con squisita eloquenza; la sua passione era pura, ma tutt'altro che inaccessibile. Se è vero che il basket cambia il tuo modo di rapportarti ai confini naturali tra le persone, il calcio - tremila anni assai ben portati - è così profondamente radicato nella cultura di molti popoli da avere il potere di annullarli. Difficile, se non impossibile, per uno sport nato nel Diciannovesimo secolo come alternativa alla ginnastica competere allo stesso livello. Occorreva quindi un approccio diverso, qualcosa capace di andare oltre l'educato interesse che poteva suscitare un'opera con simili premesse; e manco a dirlo quel qualcosa, o meglio quel qualcuno, era proprio Sakuragi, con la sua ignoranza e con i suoi propositi comprensibilissimi ma non molto ispirati. Non era una scommessa facile da vincere, né a breve né a lungo termine, ma Inoue ci è riuscito grazie alla sua bravura nel dare voce ai pensieri e alle emozioni dei propri personaggi. Ciascuno di loro - chi più e chi meno, chi alla luce del sole e chi un po' in sordina - compie una precisa evoluzione in nome di un amore, quello per il basket, senza il quale le loro esistenze sarebbero probabilmente prive di significato. Potrei apportare svariati esempi a supporto di questa tesi, ma a parer mio la prova regina è costituita da coloro che, al contrario, non prendono parte al processo. Si pensi gli amici di Sakuragi, incapaci di trarre uno stimolo concreto dalla sua stupefacente metamorfosi; ad Ayako, che da brava "mamma" del team sa bene di non poter mai vacillare; e alle seguaci di Rukawa, che non esiterebbero a scaricarlo qualora trovassero qualche altro belloccio da idolatrare.

Inizialmente il tratto presenta svariate incertezze e imprecisioni, ma una volta presa confidenza con i personaggi e loro vastissima gamma di espressioni - eccezion fatta per Rukawa, la cui fissità è da considerarsi canonica e che solitamente "parla" con lo sguardo o con il linguaggio del corpo - la mano di Inoue si fa più sicura e i disegni sempre più dettagliati. Dopo la praticità di Toriyama, gli efebi di Kurumada, la morbidezza di Katsura e gli steroidei eroi di Buronson e di Araki il suo stile realistico ma sempre molto equilibrato rappresentava, all'epoca, il giusto compromesso tra le aspettative del pubblico maschile e le esigenze di quello femminile, per il quale cominciava ad aprirsi qualche timido ma inequivocabile spiraglio. Non è un caso che alcune tra le mangaka più famose nel panorama BL, come Ayano Yamane e Fumi Yoshinaga, abbiano mosso i primi passi nell'industria con delle doujinshi ispirate alle coppie che più avevano stuzzicato il loro lato fujoshi - con risultati che, secondo il mio parere da profana, vanno dall'esilarante al grottesco, e non certo per una questione di gusti personali o sessuali.
Ma naturalmente il comparto grafico di "Slam Dunk" non si basa soltanto su ragazzi perlopiù ben messi e piacevolmente sudaticci (non sarò una fujoshi, ma ho pur sempre gli occhi per vedere). Molto popolare è l'utilizzo del superdeformed nei momenti comici, che ne sottolinea in maniera egregia l'assurdità. Quanto alla regia delle tavole, essa si rivela sempre all'altezza della situazione, garantendo un livello di coinvolgimento costante e scongiurando il rischio di tempi morti. Deliziose, infine, le illustrazioni di fine capitolo.

Lo ammetto: pur con le sue pecche, o forse anche un po' a causa loro, "Slam Dunk" mi è entrato nel cuore come mai avrei creduto fosse possibile. Lo avevo sottovalutato, convinta di trovarmi di fronte a un titolo che avrei letto sì con piacere, ma di cui a lungo andare non avrei conservato che un ricordo nebuloso. Forse è presto per dirlo, visto che l'ho terminato da poco tempo, ma ho come l'impressione che non sarà così.


10.0/10
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G.T.O. alias Great Teacher Onizuka è un manga in 25 volumi di genere azione e scolastico scritto e sceneggiato dal mitico sensei Toru Fujisawa.

G.T.O. racconta le avventure di Eikichi Onizuka, un ventenne sbandato con un ex passato non troppo lontano da teppista in cui ne ha fatte di tutti i colori, che decide di intraprendere la dura carriera dell'insegnamento.
Dopo aver conseguito una laurea in un'università di infimo livello in cui un suo sosia gli sosteneva gli esami, decide quindi di iniziare il periodo di tirocinio come teacher presso una scuola media, dopo una lunga serie di colloqui e quindi insuccessi.
Caratteristica fondamentale per Eichiki è quella di essere onesto con se stesso e con gli altri a tal punto da inserire nel suo curriculum tutte le sbandate compiute da giovane con annesse e connesse le piccole denunce per schiamazzi, molestie in luogo pubblico, pestaggio, guida in controsenso con motocicletta senza patente e altre bravate.
Ovviamente di queste cose lo deridono i dirigenti scolastici che lo ammoniscono di non trovare mai un lavoro se inserisce tutte le sue scaramucce avvenute contro la legge e la polizia, insieme a fargli notare il suo bianco e vistoso completo indossato che assomiglia più a quello di uno yakuza.
Alla fine Eichiki riesce ad ottenere un posto come tirocinante nella cui scuola sono presenti altri tirocinanti fra i quali un poco di buono il cui scopo è solo divertirsi e abbordare quante più studentesse possibili.

Inizia quindi la grande odissea del pazzo, pazzo, pazzo professore che affronterà problemi scolastici di tutti i generi dai problemi familiari degli studenti, ai problemi personali e di carattere per arrivare ai problemi dell'intera classe ma ciò che lo contraddistingue sono i metodi decisamente poco ortodossi.
Infatti Onizuka contrappone metodi piuttosto shockanti, divertenti pur arrivare a minacciare violenza come ultima spiaggia ai suoi studenti o a chi fa loro del male o ai loro cari: ed è questo il suo metodo rivoluzionario, prima rompe il muro di ghiaccio che lo separa da loro, per poi capire i loro gusti e le loro paure in modo da entrare in empatia con loro e fare in modo che vengano accettati dal mondo per quello che sono.
E' un po' come un angelo custode, un amico più che un insegnante, che ti fa vivere la scuola in modo divertente e spensierato, visto che lui dà più importanza alle esperienze vissute che alle materie studiate e apprese, dopo averti aiutato, averti capito ed averti accettato per come sei.
E una volte che il muro viene infranto da Eichiki non ci si può divertire con lui, ma GTO non è solo spensieratezza poichè gli eventi drammatici accadono e grazie al continuo intervento del professore che si getta a capofitto senza pensarci troppo nel pericolo e nelle situazioni disperate si riuscirà a vedere la luce del giorno successivo.
Anche il finale è decisamente degno di Eichiki e non può non far sorridere il lettore che avrà ormai raggiunto un elevato grado di empatia col prof già dopo pochi numeri: si sorride perchè certe cose può farle solo lui non le persone normali e si sorride perchè un po' si vorrebbe essere un eroe come lui o averne uno vicino nella realtà.

Il disegno e il tratto sono decisi ma non spigolosi e nemmeno dolci, gli scenari sono dettagliatissimi e, insieme a molte battute, contengono un sacco di riferimenti alla cultura giapponese del momento e di qualche anno prima come gerghi, modi di dire, allusioni, telefilm, live action, manga, anime e videogiochi.
La caratterizzazione dei personaggi è veramente eccelsa, i personaggi appaiono quasi tutti incerti, scoraggiati o delusi dal mondo, ma dopo avere incontrato Eichiki come un sole ritrovano loro stessi e la vita perduta; ma Eichiki non è un Dio, anch'egli soffre e si sconforta in alcuni momenti ma proprio le persone che ha aiutato gli ridonano la speranza e il sorriso credendo in lui e nei suoi forti ideali.
La storia è abbastanza originale anche se si rifà all'opera precedente di Fujisawa, Shonan Junai Gumi, con la quale ha in comune solo il protagonista Eichiki Onizuka e alcuni suoi amici che interpreteranno solo ruoli secondari come Ryuji Danma e lo sbirro corrotto nonché ex-teppista anch'egli.
Le tematiche in esso contenute sono una critica alla società giapponese con le sue manie sul sesso, sul consumismo, sulla crisi e l'economia, sulle mancanze dei genitori verso i figli e scaricando le colpe verso gli insegnanti, sull'incapacità dei giovani di farsi largo nella società e le loro strade sbagliate verso il teppismo e la violenza.
Ma oltre alle critiche GTO vuole essere una luce, un piccolo barlume di speranza in una società che ha mille problemi perchè anche il battito di una piccola farfalla può scatenare un uragano e se si instilla una piccolissima goccia di fiducia e autostima nelle persone esse saranno in grado di risorgere dalle proprie ceneri come un piccolo fiore rinsecchito che riprende pian piano a vivere bagnato dalla rugiada.

Non posso che consigliarlo a tutti, anche se ormai in pochi non conoscono GTO, in particolare agli amanti della serie TV, che è incompleta, degli shonen ma anche le ragazze possono essere in grado di apprezzare un personaggio così particolare e unico quale Eichiki Onizuka è.
Il pregio di un'opera del genere è di restituire il sorriso anche al lettore che si divertirà un sacco con le asinate del GTO, ridendo, soffrendo, emozionandosi ed esaltandosi insieme a lui. Il massimo dei voti è il minimo per un'opera simile.

Voto: 10.


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La prima opera del maestro Fujisawa, prequel di G.T.O, è un vero capolavoro. Se si vuole capire la trama basta fare riferimento alla traduzione del titolo, ecco perché si avrà una trama ricca di scazzottate e di bande condite da un'amore puro che solo i giovani possono dare.
Purtroppo per il lettore odierno leggere un'opera che porta sulle sue spalle più di 15 anni può suscitare alcune perplessità. Primo fra tutti il disegno. Se si confronta il primo numero con il quindicesimo si nota la grandissima differenza di "stile". Infatti Fujisawa nel corso della serializzazione di questo manga cresce, definendo così lo stile che lo renderà famoso.
Secondo, per come il filone narrativo viene sviluppato. Se questo manga viene letto in modo spassionato ciò che il lettore percepisce sono tanti episodi di scazzottate e di amori giovanili in un contesto che poteva essere il Giappone degli '80. In realtà i tanti episodi proposti sono una riflessione alla vita presentata sotto il punto di vista che i due giovani protagonisti, Onizuka e Danma, vogliono narrare senza censure.
Le varie storie s'incastrano l'una nell'altra, anche l'episodio che può sembrare più demenziale ha in realtà un certo spessore nella storia. Così come i vari episodi, anche i personaggi che vengono presentati non sono mai lasciati da parte ed interagiscono nella successione degli eventi.

Passando alla edizione italiana c'è da definire se la "mania" delle traduzioni sia un bene o un male: spesso vengono tradotte le insegne dei negozi e addirittura le giacche dei moto teppisti, lasciando non poche volte "spiacevoli sbavature".
Carine le sovracopertine, sulle quali vi sono sia le cover della prima che della seconda ristampa giapponese.
Consiglio questo manga anche a chi non conosce nulla di G.T.O o che non è proprio abituato a questo tipo di genere. Nulla è lasciato al caso e sicuramente una lettura di SJG ha un valore pedagogico, in grado di arricchire i lettori e di trasmettere lo spirito dei due giovani protagonisti.


9.0/10
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La vita di Ushio Aotsuki, studente più o meno come tanti, viene sconvolta quando, in maniera del tutto accidentale, libera Tora, potentissimo demone che dormiva nel tempio di famiglia, ed entra in possesso della Lancia della Bestia, un’arma mistica che ha il potere e il compito di sterminare i mostri malvagi.
A partire da questa premessa, l’autore Kazuhiro Fujita ci regala una storia lunga e molto articolata, che vedrà Ushio, accompagnato da un reticente Tora, intraprendere un cammino che lo porterà a combattere miriadi di creature orribili e spietate e a conoscere innumerevoli personaggi, che saranno suoi preziosi alleati, amici o terribili avversari, questi ultimi capitanati dal demone più potente, subdolo e malvagio di ogni altro, una creatura che il giovane affronterà in una lotta scritta nel destino.

Ushio e Tora è una storia molto lunga e complessa, che inizialmente si articola in capitoli autoconclusivi ma ben presto rivela una trama di fondo più particolareggiata in cui praticamente tutti i personaggi incontrati dal ragazzo con la lancia e dal demone tigrato che lo accompagna giocheranno un qualche ruolo, ora minimo ora importante. È una vicenda piena d’azione, elementi fantastici e orrorifici e combattimenti, che pesca a piene mani dal folklore giapponese presentando diverse creature, credenze e culti provenienti dalla tradizione popolare, inglobando tutto questo in una storia ricchissima di colpi di scena, avvincente, adrenalinica ma anche, inaspettatamente, riflessiva e completa di una profonda analisi psicologica della maggior parte dei personaggi che la vivono. I mostri creati da Fujita non sempre sono belve sanguinarie, ma capiterà di trovarne infatti alcuni che soffrono, amano, combattono la solitudine, si interrogano sul rapporto che li lega agli umani, provano gratitudine e avranno un valido motivo che giustificherà le loro azioni. Lo stesso varrà per i personaggi umani, i cui caratteri e trascorsi sono sempre finemente descritti, e per gli stessi protagonisti Ushio e (soprattutto) Tora, che attraverseranno un curatissimo percorso di formazione e crescita durante la vicenda, tra una battaglia e l’altra.

Ushio e Tora è una storia molto cruda, che non si risparmia scene molto forti o macabre, né diversi drammi lungo la strada, ma che lancia comunque un messaggio di speranza e fiducia nel prossimo e nel futuro nonostante questo, appassionando il lettore che sarà spinto a conoscere il proseguimento delle vicende e a vedere personaggi così azzeccati alle prese con avventure sempre nuove o anche solo con normalissimi episodi di vita scolastico/quotidiana che diano spazio ad un loro approfondimento psicologico. Fujita inserisce un po’ di tutto nella sua storia, rendendola completa: ottimi combattimenti, una solida storia di base, una moltitudine di personaggi splendidamente caratterizzati che non vengono mai dimenticati o sopraffatti dalla storia, numerosi colpi di scena magnificamente gestiti che si incastonano come tasselli di un puzzle a comporre una bellissima trama, scene d’azione di grande impatto, sentimento e momenti di rara bellezza.
Lo stile di disegno dell’autore è molto particolare, sporco e sgradevole, ma dotato di grandissimo vigore e sorprendentemente efficace nelle scene più d’azione, orrorifiche o di maggiore impatto emotivo. Disegni e trama si fondono perfettamente in un insieme di gran fascino, che renderà la lettura inaspettatamente piacevole.

L’opera di Fujita si conferma come uno dei più avvincenti shonen manga mai apparsi sulla scena. Una storia che parte in sordina ma diventa estremamente avvincente nel corso del suo proseguimento e riesce sempre a mantenere altissimo l’interesse del lettore, che si affeziona ai personaggi e si ritrova dispiaciuto di lasciarli al termine della lettura.
Non è un manga famosissimo, ma si può vedere come sia ottimamente congegnato e come moltissimi manga successivi più popolari come Inuyasha, Tenchi Muyo o Bleach abbiano ripreso da qui diversi elementi. Leggere Ushio e Tora sarà una bella, bellissima esperienza che consiglio dunque a tutti gli appassionati di shonen manga d’azione con elementi fantastici o agli appassionati di mitologia giapponese, che troveranno qui ottimo pane per i loro denti. L’edizione Star Comics è un po’ sgangherata, ma è un pezzo di storia del manga nel nostro paese e indubbiamente, in attesa di un’ipotetica ristampa futura, merita un recupero.


10.0/10
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Rookies (Novellini) è un manga scritto e disegnato da Masanori Morita, già autore del poco conosciuto "Rokudenashi Blues" (inedito qui da noi), che con quest'opera conferma tutto il suo talento nel raccontare storie di passioni sportive e clima scolastico insieme.
Koichi Kawato è un giovanissimo professore di Lettere che viene licenziato per aggressione ai danni di uno studente dall'istituto in cui insegna. Tuttavia il preside del liceo Futakotamagawa decide di dare un'altra possibilità al giovane insegnante integrandolo nel proprio istituto come professore di Giapponese e, sorprendentemente, come coordinatore del club di baseball, fortemente compromesso da un evento di violenza tra studenti accaduto poco tempo prima durante un match tra scuole avversarie. I ragazzi dell'ex squadra di baseball boicottano gli allenamenti, e in più costituiscono il gruppo di bulli, maleducati, sbandati della scuola: per questo sia gli studenti che i professori ritengono ormai morto quello sport, almeno nel loro liceo. Ma Kawato, insegnante amato da tutti gli studenti che lo hanno conosciuto, con la sua intraprendenza, ilarità, perseveranza e determinazione farà di tutto per riportare la squadra del Nikogaku agli antichi splendori, anche a costo di andare contro i pregiudizi, le avversità e persino il completo rifiuto dei ragazzi stessi.

Rookies è un manga a mio avviso meraviglioso, commovente, spiazzante, indimenticabile: in una parola un capolavoro, e ciò per diversi motivi. Ciò che va evidenziato è che in Rookies i ragazzi sbandati non vengono tanto delineati e visti dai loro compagni e dai professori semplicemente come dei "cattivi" e "violenti",quanto come una sorta di reietti, di disgraziati, di uomini senza speranza, senza futuro, senza sogni. Proprio aspetti sui quali Kawato batterà più e più volte per convincerli a riprendere a giocare a baseball con serenità e fiducia ed essere così finalmente accettati non solo dagli altri studenti e dagli insegnanti, ma anche dal resto del mondo e da sé stessi in modo da trovare la pace interiore attraverso la cooperazione, il gioco di squadra, l'allenamento arduo e il sogno della vittoria. Questo ultimo aspetto del manga è reso meno scontato di quanto si pensi dal fatto che Kawato impiega davvero tanto (e quindi tanti volumi!) per convincere tutti i ragazzi ad entrare nuovamente nel club, anche a costo di affrontare la loro aggressività (i pugni non mancano!).

Un altro aspetto interessante di Rookies è sicuramente rappresentato dai personaggi: nessun comprimario di questo manga finisce mai inosservato o nel dimenticatoio, ognuno ha un carattere diverso, peculiare, che lo rende indimenticabile e impareggiabile, in primis i ragazzi della squadra, ciascuno con il proprio carattere, la propria storia, il proprio livello di testardaggine, di aggressività repressa e di sensibilità.

In più, dato che di baseball si parla, in Rookies tante pagine e tanti volumi (massimo quattro o cinque) sono dedicati ad intere partite, ciò non significa comunque che in questi frangenti si sbadigli di noia: io stesso ne sapevo poco di questo sport, nonostante questo gli incontri non mi sono risultati pallosi poiché i termini tecnici vengono spiegati e l'azione non manca, quindi ci si abitua presto al ritmo degli incontri e ci si appassiona anche.
Nel complesso il plot secondo me non appare per nulla scontato e gli avvenimenti, tra gag davvero divertenti (si ride di gusto) e diversi colpi di scena, scorrono piacevolmente come in pochi manga si riesce a sperimentare.

Il tratto grafico di Morita è davvero spettacolare, molto curato, che a volte fonde un delicato deformed al quale ci si abitua presto e che risulta poi piacevole; sono notevoli in particolare certe scene di combattimento corpo a corpo (zuffe,insomma!) e inquadrature durante le partite di baseball.

Rookies nel suo insieme è un manga che non mi stancherò mai di dire quanto sia bello, un vero gioiello che purtroppo ha ricevuto un tiepido successo, davvero incomprensibile a mio parere. È semplicemente da leggere, da scoprire anche solo per provare l'emozione del sogno di questi ragazzi che ritrovano la retta via attraverso il baseball.
In Italia è stato pubblicato da Star Comix in edizione standard da 3,90 euro. Le pagine sono un tantino trasparenti, ma poco importa di fronte alla validità del manga.

Storia:10 Disegni:10 Qualità/prezzo:8


10.0/10
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Come altri lettori suppongo, ho scoperto Chrono Crusade quasi per caso e dopo aver già visto l'anime. È stato un desiderio improvviso che mi ha convinto a leggerlo, e anche l'obbligo di sapere, capire e vedere a fondo ciò che l'anime non mostrava.
Chrono Crusade tradotto letteralmente significa "La crociata di Chrono" e Chrono che nella mitologia greca è il dio del Tempo, qui invece è un demone pentito. Ho sempre ritenuto che la scelta del nome non fosse casuale né immotivata. Un nome è qualcosa che ti caratterizza, ti dà un'identità precisa e ti distingue da qualcun altro e questo così come nella vita reale vale anche in quella irreale e fantastica della carta stampata e dell'inchiostro. Non si potrà mai dare un appellativo perfetto alla nostra anima, il cuore e l'essenza che ci identifica, ma approssimativamente sì. Quella semplice parola infatti ci accompagnerà fedele per tutta la vita ed oltre, è l'unica cosa che davvero possediamo e ci appartiene, che è nostra di diritto, un'etichetta che ci bolla e ci marchia. Per Chrono è così. Oltre il nome e i ricordi sfocati di un'eternità spesa nel male, nel compimento di stragi, morti e distruzioni, il trascorrere di una notte senza fine che lo ha visto crudele e sanguinario carnefice, non ha nulla. Non gli resta altro che un'anima sbrindellata e l'eterno castigo per la sua fuga, secondo altri aspetti esilio, dall'Inferno.
A salvarlo dalla perdizione e della dannazione, trascinandolo a forza nel mondo reale, fuori da quello mero e illusorio dei ricordi, ma soprattutto dallo stato di prostrazione e abbattimento in cui si trova da secoli, sono Rosette Christopher e il fratello Joshua, due ragazzini orfani che lo aiutano a riconquistare la vita che aveva perduto e ritrovare la serenità. Si scoprirà solo in seguito il motivo che spingerà Rosette ad entrare nell'Ordine di Maddalena come suora e insieme ad esso verrà svelato anche il passato oscuro del demone e rivelati i segreti che uniscono i due compagni, demone e suora nella ricerca disperata di ciò che è stato loro brutalmente strappato. Per Rosette il caro fratello che tanto ama (Joshua, rapito dal nemico Aion, demone come Chrono e un tempo suo compagno d’armi), per Chrono forse anche il tempo passato insieme, un fugace attimo di felicità che è costato a tutti e che stanno pagando a caro prezzo.
Odio e amore, pace contro guerra, caos e ordine, dolore e spensierata allegria, la classica lotta tra Bene e Male che qui diventa qualcosa di ben più profondo e complicato, una battaglia ancestrale tra ciò che vi è di giusto e sbagliato, tra la luce luminosa e le tenebre dell’oscurità. E se tra le file dei Buoni sono schierate anche forze del Male, esseri redenti, ma solo a metà, tutto diventa ancora più pericoloso e interessante. Chrono, il peccatore dalla figura bambinesca alternata nelle sue trasformazioni a quella di angelo vendicatore, e Rosette, l’esorcista che, nonostante l’aspetto vagamente angelico, è tutto fuorché un personaggio semplice da comprendere e sottomesso al fato che la attende e che lei già conosce. Rosette è matura, consapevole di ciò che la aspetta alla fine del suo percorso, si crea il proprio destino da sé, sa bene cosa fare e come comportarsi, il gioco che va condotto e il ruolo che deve rivestire. Ha fermezza e coraggio, è determinata, volitiva, schietta e appassionata. È proprio questa passione a renderla tanto cara al lettore, questo slancio e impeto, questa sana forza ed energia che sprizza dovunque e con chiunque. Una vitalità che non conosce freni e confini e sembra quasi un paradosso procedendo con la lettura.
Ciò che lega i due compagni infatti non è solo il comune intento e un sentimento intenso e ben delineato già nei primi approcci per quanto è chiaro, ma qualcosa di ancor più intimo e radicato, nocivo.
Un vincolo che allaccia la vita di Rosette al potere di Chrono, dove il tempo sotto le ben conosciute sembianze di orologio con i suoi rintocchi regolari scandisce il progressivo avvicinarsi alla soluzione e alla fine della crociata... Crociata che non si sa però se avrà un finale positivo o meno.
Combattimenti violenti, scontri deleteri per il fisico e l’animo, perdite da ambo le parti e infine il climax. Il Pandemonio.
Chrono Crusade è un capolavoro, niente di più niente di meno, un distillato di promesse foriere di buoni e cattivi auspici ed è la dimostrazione che la scintilla della speranza è sempre accesa e può divampare in ogni situazione e ardere.
Benché a tratti possa sembrare confuso in realtà non si tratta che di una confusione generale, creata appositamente per essere in accordo con lo stato sconvolto dei protagonisti, per dare origine a quell’angoscia e quell’ammasso turbinoso di tumulto che tanto avvicina a questa realtà. Quella dei “Ruggenti Anni” ’20, quella di Chrono e Rosette, di un demone e di una ragazza e del loro amore che vince il Male e abbatte anche il tempo e lo spazio.


9.0/10
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Alzi la mano chi, come la sottoscritta, ha pensato che un manga basato sul Go - gioco da tavolo strategico assai popolare nel continente asiatico - fosse tedioso e poco emozionante. Ebbene, con grande sorpresa e stupore del pubblico nipponico ed europeo, "Hikaru no go" si è dimostrato un titolo interessante quanto atipico, il cui genere shonen/spokon ha ancora qualcosa di affascinante ed innovativo da raccontare.
Il manga, pubblicato tra il 1998 e il 2003 da Shueisha, viene edito dalla Panini Comics nel lontano autunno del 2005 in collaborazione con due federazioni italiane di Go. L'edizione nostrana ha subito variazioni di prezzo ed interruzioni durante la sua pubblicazione; inizialmente distribuito anche nelle edicole, le copie furono poi limitate solo nel circuito delle fumetterie. In Italia non ebbe il successo sperato, probabilmente per la scarsa considerazione dei lettori italiani riguardo un tema ostico nonché incomprensibile quale è il Go, portando così il manga a tutte le condizioni sopracitate.
Piccola premessa: non è necessario conoscere le regole e le tecniche del Go per essere coinvolti nella lettura, si riesce ad apprezzare il manga anche essendo inesperti del suddetto gioco. Superato codesto ostacolo, tutto sembrerà meno complesso e sgradevole, anzi, una volta iniziata la lettura del primo volume si entra in assuefazione.

Mille anni fa, in Giappone, precisamente nel periodo Edo, Fujiwara no Sai era conosciuto come l'istruttore di Go dell'Imperatore. A causa di un imbroglio da parte di un altro maestro, Sai fu costretto a degradare per sempre dalla corte, suicidandosi e non raggiungendo così la perfezione nel gioco, l'obiettivo che ha sempre ambito. 
Siamo nel presente. Rovistando nella roba della soffitta del nonno, Hikaru Shindo, ovvero il protagonista, uno scolaro assolutamente normale, trova un globan (tavolo da gioco) ove risiede lo spirito di Sai. Attraverso Hikaru, Sai ha la possibilità di giocare nuovamente al Go che tanto ama.

In un primo arco, Hikaru funge da marionetta nelle mani di Sai che gli indica le mosse da compiere.
Successivamente, Hikaru, non gioca più per compiacere il fantasma, ma per se stesso, nella volontà e speranza di raggiungere colui che ha fatto scaturire la passione per il Go, Akira Toya, a cui dà la caccia da sempre, suo coetaneo e figlio talentuoso di Meijin Toya, il più forte giocatore. Un nuovo mondo si apre per Hikaru, che dovrà vedersela con aspiranti professionisti in cerca di titoli, professionisti riconosciuti e giocatori dotati da tutto il mondo.
Il go fa da contorno come mezzo per narrare la crescita di Hikaru e dei suoi amici. Una lenta crescita che viene raccontata passo per passo, tra amicizie e rivalità, tra imparare e disimparare, tra vincite e sconfitte, tra rinunce e perdite, tra forza e sconforto.
Il finale lascia un bellissimo messaggio non indifferente: il gioco passa attraverso le generazioni, una connessione fra passato, presente e futuro, tutti in cammino verso uno stesso traguardo, assieme per lavorare, collaborare e aiutarsi reciprocamente a crescere.

C'è da dire che leggendo il manga in maniera continua, senza intervalli eccessivamente lunghi da un albo all'altro, si riesce a cogliere maggiormente la meraviglia di tale gioiellino: la lettura infatti è stata estremamente piacevole e scorrevole. Non è stato pesante seguire le partite di Go, che peraltro sono abbastanza brevi, e tutte le battaglie, anche le più insignificanti, appassionano e catturano l'attenzione persino dei profani. Dietro ogni partita c'è un ragionamento, una spiegazione, delle nozioni importanti - non solo del mondo goistico - a cui il lettore può interessarsi e di conseguenza riflettere; pertanto la lettura è consigliata preferibilmente a coloro che prediligono la logica piuttosto che l'azione.

I personaggi sono tra i punti forti del manga, ben caratterizzati e singolari, che non è cosa da poco tenendo conto delle molteplici presenze all'interno della storia. Quello che cresce di più è indubbiamente il protagonista, è incredibile come si sia formato professionalmente nonché umanamente nel corso di questi ventitré albi: da ragazzino puerile e privo di determinazione e comprensione si fa maturo e tenace. La crescita di Hikaru è gran parte merito di Sai, che rappresenta per il ragazzo un maestro e al tempo stesso un amico, ma è anche tramite la sua rivalità con Akira che Hikaru progredisce.
Siccome i personaggi sono innumerevoli, alcuni di loro che dapprima vengono introdotti e analizzati completamente, proseguendo vengono messi un po' da parte da altri nuovi personaggi, finendo per essere dei cammei, ma ciò non è per nulla fastidioso in quanto rimangono tutti memorabili e caratteristici. 

Le illustrazioni sono a cura di Takeshi Obata, celebre per "Death note" e il più recente "Bakuman". I disegni sono formidabili e adatti per raccontare una storia di formazione come questa, si nota benissimo l'evoluzione del tratto del sensei, riuscendo a raffigurare Hikaru e gli altri coprotagonisti da un'età infantile ad una più adulta. Per coloro che hanno ammirato i disegni delle sue altre opere, non potranno che rimanere incantati da quelli illustrati in "Hikaru no go".
La sceneggiatura è di Yumi Hotta, il cui rincorrente angolo dello storyboard svela interessanti informazioni e curiosità che si celano dietro il lavoro intenso di "Hikaru no go". 
I due autori hanno ricorso al supporto del quinto Dan Yukari Umezawa, che fa da supervisore all'intera opera.

Grazie all'enorme successo ottenuto in patria, la serie ottenne una trasportazione animata composta da 75 episodi molto fedele alla versione cartacea, a cui si aggiungono svariati special.
È davvero un peccato che nel nostro Paese, "Hikaru no go" sia poco conosciuto. Si tratta di uno shonen che non ha bisogno di fanservice, mazzate, volgarità e quant'altro per risultare avvincente, lo è di suo, con dei personaggi magnificamente umani e soprattutto risplende per la sua originalità.


8.0/10
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Questo è purtroppo uno dei manga più sconosciuti e sottovalutati del nostro paese. Venuto alla ribalta solo negli ultimi anni con l'avvento in Italia della serie animata di Yamato Video (arrivata nel nostro paese col titolo di Project ARMS), la serie ha acquistato un po' più di visibilità agli occhi degli otaku nostrani, tuttavia se vi siete appassionati all'anime e ancor di più, se non l'avete apprezzato, leggetevi il manga che è infinitamente meglio.

Personalmente, ritengo che a causa della complessità della trama e del registro dei dialoghi, la serie possa tranquillamente venire considerato un seinen a dispetto di uno shonen. Infatti, in ARMS, seguiamo le avventure di quattro ragazzi sconosciuti e solo all'apparenza come tanti altri, in realtà. Infatti, rispettivamente nel braccio destro, sinistro, nelle gambe e negli occhi, Ryo Takatsuki, Hayato Shingu, Takeshi Tomoe e Kei Kuruma hanno celati degli ARMS, incredibili e potenti nanomacchine in grado di trasformarsi e aiutarli nei momenti di difficoltà, così come in potentissime armi militari che una volta scatenate potrebbero portare il mondo di fronte ad un conflitto mondiale. Perché gli sono state trapiantate? Chi lo ha fatto? Riusciranno i nostri a tornare dei comuni esseri umani? Questo è davvero una briciola dell'incredibile plot narrativo che contraddistingue la bellissima e lunga storia di ARMS.

Se la sceneggiatura non stanca mai e riuscirà ad emozionare, coinvolgere e rapire i lettori con colpi di scena, combattimenti mozzafiato e un ritmo frenetico tutt'altro che prevedibile, lo stile di disegno adottato da Minagawa (lo splendido Spriggan, l'interrotto D-Live, il godibile Kyo), non è per tutti: sfugge dal canonico ed è piuttosto spigoloso e poco particolareggiato dal punto di vista della caratterizzazione visiva, per quanto si concentri maggiormente e diventi ancora più godibile sui fondali, veicoli e concitate scene d'azione che fanno sicuramente il loro dovere.

Se tuttavia siete in grado di passare sopra il mero gusto estetico, riuscirete nel tempo non solo ad affezionarvi allo stile di disegno, ma anche ad appassionarvi alla stupenda storyline che offre personaggi estremamente dettagliati, una fitta rete di sottotrame, enigmi, misteri e colpi di scena in grado di far impallidire i migliori prodotti statunitensi del genere sci-fi, action e thriller.

Va specificato che il manga racchiude principalmente due saghe: la prima in 20 numeri e l'ultima in 2, mai adattata in animazione.