Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Appuntamento dedicato all'horror, col manga Vanished e gli anime Vampire Hunter D e Another.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


Per saperne di più continuate a leggere.


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Il solitario D è un dhampir, un mezzo-vampiro nato da madre umana. Vaga nelle lande desolate di un futuro post-apocalittico in groppa al suo destriero: la sua missione è quella di uccidere vampiri, il lavoro che svolge ogni qualvolta è assoldato. La sua strada incrocia quella della giovane Doris, abitante di un piccolo villaggio che l'ha appena ripudiata dopo che la fanciulla è stata morsa dal millenario conte vampiro Magnus Lee, interessato a renderla sua moglie. D decide di entrare nel castello del conte per salvarla...

Non fosse per l'assenza della compositrice Michiru Yamane, non avrei avuto dubbi nel vedere "Vampire Hunter D" come una trasposizione animata di un qualsiasi episodio di Castlevania. Scopro invece, con questo cult movie basato sulla lunga saga di romanzi del maestro dell'horror giapponese Hideyuki Kikuchi, che è probabilmente la saga videoludica Konami a dovere ben più di una semplice ispirazione all'immaginario dell'autore, che partorisce il primo romanzo del ciclo addirittura nel 1983, tre anni davanti al primo capolavoro videoludico uscito su NES. Numerosi sono i tratti uguali sputati: l'eroe deve fronteggiare il Dracula/Magnus della situazione salvando anche una bella (canovaccio di una delle tante incarnazioni della serie videoludica, basti pensare a "Rondo of Blood"/"Harmony of Dissonance"), entra nel castello del vampiro e massacra tutti i suoi sgherri prima di affrontarlo nello scontro finale. Non mancano neppure, tanto per gradire, fruste usate come arma e insospettabili legami di sangue dell'eroe con illustri antenati - "Symphony of the Night" ante-litteram? Grazie quindi al regista Toyoo Ashida per averci delucidato sulle influenze di Konami dietro la realizzazione di uno dei suoi brand più rappresentativi, l'unico motivo per cui si può soprassedere all'ora e mezza della propria vita spesa a guardare un filmetto dove a stupire sono più le illogicità di trama che le atmosfere goticheggianti.

"Vampire Hunter D" ha dalla sua tre grandi pregi: è visivamente impeccabile, scorrevole e dura poco. Il migliore dei tre è sicuramente il primo, traducendosi nel favoloso adattamento animato riservato agli schizzi di Yoshitaka Amano, già illustratore dei romanzi originali di Kikuchi e che il giorno dopo (!) l'uscita del film acquisterà ancora più notorietà con l'indecifrabile "Angel's Egg" di Mamoru Oshii, prima di raggiungere la fama internazionale con il chara design della saga videoludica "Final Fantasy". Il tratto onirico e art noveau dell'illustratore si esprime in disegni dall'impeccabile eleganza, sospesi tra realtà e sogno negli sguardi, nelle fisionomie e nell'abbigliamento - i capelli "impossibili" di D e i suoi sguardi passivi -, a comunicare una dimensione fantastica surreale e seducente che colpisce i personaggi quanto i fondali. Uno sfarzo grafico che vale da solo il prezzo del biglietto. L'interesse per la visione si ferma proprio qui visto che, a parte l'entusiasmo che potranno avere solo i fan di Castlevania, non c'è niente altro che vale la pena salvare.

Premessa: la trama è di una banalità sconcertante, e la cosa andrebbe benissimo se almeno tenesse fede alle sue premesse di azione totale, disimpegnata e 'splatterosa'. D è il solito eroe silenzioso e invincibile, ronin del futuro che tanto piace al pubblico dagli occhi a mandorla, vuole salvare Doris e allora entra nel castello del vampiro a distruggere tutti. Andrebbe anche benissimo, dicevo, se solo lo sceneggiatore Hirano non avesse sentito il bisogno di diversificare l'azione infarcendo la "trama" di ogni più ridicolo espediente narrativo à la "Twilight". Largo quindi a vampire complessate, malvagi pretendenti alla bella da salvare, servitori inutili del boss e sfigati vari che finiscono vampirizzati, un buon nugolo di sotto-trame insignificanti e tratteggiate così male da far schifo, tanto che è tangibile, tanto è imbarazzante il patetico saltare da una scena all'altra con stacchi improvvisi e i peggiori dialoghi possano venirvi in mente. Sequenze dialogiche davvero poco credibili, spesso ridicole, ben si sposano con azioni, commesse dai personaggi, volentieri prive di logica, messe lì perché non si sa cosa inventare per giustificare sviluppi successivi - perché il mutante Rei Ginsei deve tagliare il braccio a un cadavere? O perché salvare un bambino di cui non gli interessa assolutamente nulla vista la sua indole malvagia?

Davvero buone sono la colonna sonora spettrale di Tetsuya Komuro e il comparto tecnico generale, ma perché le sequenze d'azione sono realizzate così male? Perché l'eroe, visti i suoi incredibili poteri e il suo atteggiarsi a figo, sa muovere solo qualche fendente con la spada in inquadrature statiche e prive di dinamismo? "Vampire Hunter D" è il classico titolo dove conta più l'estetica dei contenuti: può starci, ma è grave che tutto il fanservice si basi sui soli disegni e basta, in un action-horror, animato tra l'altro molto bene, dove di azione ce n'è poca e realizzata male, in cui, ogni scena, viene da pensare che la si sarebbe potuta filmare meglio.

Per carità, c'è ben di peggio di questo lungometraggio che, a guardarlo con spirito cazzaro, può anche divertire nella sua innocua ridicolaggine, ma stupisce vedere tanta cura nel realizzare un filmaccio simile, senza contare lo spreco di un artista come Yoshitaka Amano, anche se solo alle bozze del chara.
Molto, molto meglio il sequel, che verrà realizzato svariati anni dopo da Yoshiaki Kawajiri: al costo di rinunciare al tratto sognante di Amano si potranno assaporare avventure dell'eroico dhampir molto più consone, meglio girate e che sfruttano, una volta tanto, benissimo il loro budget. Proprio per conoscere il personaggio e bearsi dell'arte di Amano, in definitiva, mi viene da consigliare pure questo "Vampire Hunter D", anche solo per la sua grande fama. Basta ricordare che il "vero" D è quello di Bloodlust.



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Il mercato italiano dei manga è abbastanza scarso per quanto riguarda gli Horror, ovviamente se si va a cercare ogni manga che viene catalogato con questo genere si trovano molti titoli, ma quelli veramente Horror, capaci di farci rizzare i capelli sulla nuca, son veramente pochi. Vanished è uno di quelli.

Il titolo originale “Oyayubi Sagashi” significa “La ricerca del pollice” ed è di questo che si parla nella storia, cinque bambini spensierati ed alle prese con i primi amori che decidono di prestare attenzione ad una leggenda metropolitana.
Questa leggenda racconta che riunendosi in cerchio e prendendo in mano il pollice della persona alla propria destra si viene trasportati all’interno di una villa disabitata, dove anni prima una ragazzina era stata squartata brutalmente, ma non si era più trovato il pollice sinistro, così se qualcuno riesce a ritrovarlo vedrà esaudito un suo desiderio, ma bisogna stare attenti: se si sente qualcuno che ti picchia due volte sulla spalla non devi voltarti, altrimenti…
Le leggende son formate da fatti reali e di fantasia, ma come si fa a sapere quali sono le parti vere?
Così i poveri ragazzini si ritrovano all’interno di una villa, ma mentre cercano il famigerato pollice sentono qualcuno picchiargli sulla spalla! Decidono così di fuggire immediatamente, ma al loro risveglio un’amara sorpresa li aspetta. L’allegra ed esuberante Yumi è svanita nel nulla e nessuno la rivedrà più… forse…
Ed eccoci al presente, sette anni dopo, quando i ragazzi si riuniscono per tentare di trovare quel pollice per fare tornare Yumi con il desiderio, ma su di loro sta per abbattersi una grande sventura.

I disegni sono molto d’impatto, Kirihito Ayamura ha già confidenza con il genere (infatti gli sarà affidato anche il ruolo di disegnatore della versione manga di Red Garden) e compie scelte stilistiche perfette, non avremo retini, quindi niente grigi, solo ed esclusivamente nero su bianco, steso con maestria, ogni ombreggiatura sarà eseguita a mano, ogni tavola sarà frutto di un accurato studio della disposizione delle vignette, avremo tante inquadrature ad effetto, non annoierà mai l’occhio e terrà sempre alta l’attenzione, un lavoro ottimo.
Senza contare che saprà regalare una notevole quantità di paura “psicologica” grazie a ciò che obbligherà il lettore a pensare, sarete li pronti a terrorizzarvi ad ogni tavola grazie a particolari giochi di prospettiva che non faranno altro che aumentare la pressione sul vostro subconscio, riuscendo a spingervi sempre di più nel turbine di terrore… spettacolare.
Se avete lo stomaco debole state alla larga, avremo numerosi e copiosi spargimenti di sangue, gente sezionata in modo brutale... Insomma, dovete essere fan dell’horror, altrimenti queste cose non vi piaceranno!

Questo manga è veramente bello, anche perché prende la chiave narrativa dell’horror classico, non assisteremo ad un’intera storia ma solo ad un pezzo formato dalla disavventura di questi ragazzi, sapremo l’inizio di questa lunga leggenda, ma ne ignoreremo molte parti e soprattutto la fine, assisteremo quindi ad una parte di una lunga storia, inoltre l’autore fa una scelta encomiabile non donando un seguito a quest’opera, così eviterà di fare un prodotto già visto e dal sapore insipido che farebbe perdere solo qualità al tutto decadendo nella banalità.

Personalmente ho cominciato a leggerlo pensando di finirlo più tardi, ma non ci sono riuscito. Una volta partiti non potrete più fermarvi, le spire della suspense vi avranno già preso, la storia corre veloce, senza perdersi in troppi fronzoli, parte diretta e dice quello che deve dire senza divagare troppo, sarete sottomessi dalla raffica di scene inquietanti che vi regaleranno una pelle d’oca di prima qualità!
Poi ci saranno colpi di scena a non finire dove ad ogni tavola vi aspettate di vedere un’oscura ombra uscire da ogni angolo ed anche se sapete che accadrà lo farà in un modo inaspettato!
Ma ovviamente questo manga non contiene solo paura e terrore in dosi massicce, avremo ovviamente un lato più malinconico per una storia amara.

Il mio consiglio finale?
Per 5,90 € potete portarvi a casa un corposo volume unico di rara maestria, capace di fare felici i fan dell’horror più esigenti, ma che potrebbe essere gradito anche da chi non è fan grazie alla tensione narrativa che scaturisce con il proseguire della storia.
Compratelo e prestatelo o regalatelo, un'opera così ben fatta dev’essere conosciuta il più possibile!



5.0/10
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Gli appassionati di storie dell'orrore di matrice asiatica (coreana e giapponese soprattutto) sapranno sicuramente quanto un'ambientazione scolastica di base possa ritenersi valida nella pianificazione di un progetto che coinvolga un gran numero di personaggi in un'altrettanto corposa rete di avvenimenti misteriosi, senza rinunciare ad espedienti cruenti. Se lungometraggi come Death Bell, D-Day, Whispering Corridors, Battle Royale, Suicide Circle, e sulla stessa scia una serie di tanti altri titoli, trovano nel binomio scuola-morte un pretesto per turbare lo spettatore ma al contempo indirizzarne l'attenzione a un implicito messaggio critico di tipo sociale, sarà meno ipotizzabile ricavare un secondo scopo in un'opera d'animazione, destinata principalmente all'intrattenimento. In Another, adattamento di una light novel del 2009, il fine unico sembra quello di raffigurare una storia che, adornandosi di elementi che rievochino perfettamente le atmosfere e gli schemi di un film horror, invogli il pubblico a lavorare di mente, a porsi nuovi dubbi con il passare degli episodi e ad auspicarsi che anche la minima situazione sia buona per sfociare nel consueto bagno di sangue.

Da un lato bisogna riconoscere che Another rievoca veramente bene lo stampo delle opere del filone, riprendendone sia i pregi (prevalentemente tecnici) sia i difetti (legati alla narrazione). Encomiabile è innanzitutto la pulizia grafica che caratterizza le figure in superficie e i fondali, ma i meriti maggiori sono da attribuire ai direttori artistico e del suono, che non sbagliano una mossa contribuendo alla percettibilità di un clima di tensione degno delle produzioni cinematografiche del genere. Da queste ultime, come ho già accennato, l'anime eredita un po' irresponsabilmente la struttura narrativa: la trama inizia a raccontarsi, lentamente, silenziosamente, facendo sì che il giallo, a piccole dosi, s'infittisca, per poi essere sbrogliato in un colpo solo, nelle puntate decisive. La serie si congeda fragorosamente, nel caos, in modo opposto rispetto a come s'era presentata: una procedura classica, quella della deflagrazione finale, che tuttavia non funziona a dovere quando la mole straripante di dubbi svelati non sopperisce a incongruenze e forzature anteriormente individuate, tanto meno se la credibilità dei personaggi stessi mostra fin dall'inizio plateali carenze.
Another potrebbe in breve descriversi come un teen slasher scolastico in cui a fare la parte del killer è principalmente una maledizione, dotata per giunta di tanta fantasia - i decessi sembrano usciti da Final Destination o 6:66 Death Happen.