Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi torniamo tra i banchi di scuola con tre anime ad ambientazione scolastica: Double J, EF - a tale of melodies e Seito kaichou ni chuukoku.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


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5.0/10
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"Double-J" è un anime composto da undici episodi della durata di quattro minuti circa ognuno in cui vengono raccontate le vicende degli strani componenti del "Club per la conservazione delle arti tradizionali". Nato con il compito di tramandare nel tempo quelle arti che rischiano di essere dimenticate dalla società moderna, in realtà questo club si rivelerà essere il ritrovo di una serie di soggetti l'uno più strambo dell'altro che daranno vita a situazioni che contribuiranno davvero poco a quello che è il fine ultimo che ci si era prefissi.

Si tratta di un anime a contenuto sperimentale, con disegni che si muovono su sfondi reali come la fotografia di un aula, di un tempio o di una scalinata. I vari personaggi, in particolare, non hanno grande facoltà di movimento ma sono piuttosto statici, limitandosi a cambiare espressione ogni tanto: il presidente, in particolare è una figura stilizzata creata con l'intento di ricordare lo stile grafico dei primi storici anime.
Il genere è quello demenziale e, in quanto tale, l'anime dovrebbe avere il compito primario di far ridere; dopo i primi episodi, abbastanza divertenti, la sua carica comica tende a scemare fino a crollare completamente negli ultimi noiosissimi episodi. E se questo elemento viene a mancare non c'è giustificazione che tenga: né la voglia di sperimentare nuovi modelli di animazione, né il tentativo di creare una storia originale, né tanto meno il lodevole (ma noiosissimo) intento di raccontare il lavoro di un vero artigiano giapponese.

In conclusione la mia valutazione sarà proporzionale al numero di episodi che ho trovato divertenti; e, pur elogiando tutto quanto è stato detto in precedenza, il mio voto non può raggiungere la sufficienza anche se credo che come filone sia percorribile, ma deve cercare di trovare argomenti un po' più convincenti rispetto a quello della conservazione delle arti tradizionali. Non so se il fatto di essere italiano mi abbia reso più insensibile verso quest'argomento (probabilmente sì); però non credo che lo stesso soggetto, se basato su un contesto tutto nostrano, potesse avere un impatto migliore sul sottoscritto.



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Nemesi di "EF - A Tale of Memories", questo sequel riprende e conclude, al termine di un percorso circolare, la saga animata targata Shaft: grazie allo scambio di ruolo tra comprimari e protagonisti, in "EF - A Tale of Melodies" si dà finalmente completezza a ciò che non era stato definito precedentemente, ponendo gli ultimi tasselli necessari a comporre, secondo un'armonia prestabilita, quel mondo che appariva ancora frammentato nella duplice città di Otowa.
Lo schema narrativo è identico a quello del primo capitolo della saga: due storie indipendenti - stavolta lontane anche nella collocazione temporale - le quali hanno in comune solo alcuni personaggi, che l'intreccio alterna tra la ribalta e lo sfondo di un'unica, sontuosa rappresentazione teatrale.

Va immediatamente osservato come in questa nuova produzione gli autori enfatizzino maggiormente l'elemento tragico, allontanandosi dai campi - anch'essi tormentati, ma già battuti - delle pene amorose, per spostarsi su quelli più amari dei drammi della vita umana, con il carico di dolore e sofferenza che comportano.
Da una parte abbiamo Mizuki, studentessa innamorata del violinista Kuze, la quale deve affrontare la spiazzante prospettiva di un destino che non lascia scampo, di un male oscuro che inaridisce il cuore e che spinge chi è amato a isolarsi dal mondo, facendosi scudo di un'ipocrita apatia, ben simboleggiata dalle maschere tanto care alla letteratura pirandelliana.
Dall'altra Yuuko, una moderna - in chiave meno pessimistica - Tess of the d'Ubervilles, la cui vita, costellata di sventure, trova uno spiraglio di luce nel complicato rapporto con l'introverso Homura, anch'egli segnato da dolorose vicissitudini personali.
La regia non fa sconti nel mettere in scena sofferenza e sentimenti ossessivi, non solo avvalendosi dei collaudati artifici visivi che già avevano ben impressionato nella prima serie di EF, ma proponendo anche allo spettatore riflessioni filosofiche e dialoghi dal contenuto crudo, a volte veri e propri pugni nello stomaco.
L'indugiare su questa sofferenza non è comunque un esercizio fine a se stesso, quanto piuttosto il necessario preambolo al suo superamento, al rinascere di una speranza frutto di un consapevole percorso di affrancamento, il cui ultimo approdo è una liberatoria redenzione terrena (non a caso, nella sigla di apertura, Homura è simbolicamente raffigurato come Cristo in croce).
Un veemente inno alla volontà, che si contrappone allo strisciante fatalismo di fondo.

I disegni mantengono, e a volte superano, i buoni livelli di "EF - A Tale of Memories", e lo stesso discorso vale per i dettagliati e suggestivi fondali; più spinto invece l'uso della CG, ma tale da non risultare mai invasivo (di notevole effetto, peraltro, per quanto riguarda la raffigurazione dei cieli nuvolosi).
Piacevoli e orecchiabili sono le musiche, ingarbugliate in un'affascinante compilation multilinguistica: la opening è cantata in inglese, le diverse ending in giapponese e, di queste, una è corredata dal testo tradotto in tedesco; notevoli pure gli accompagnamenti, tra cui spicca la triste melodia suonata da Kuze, autentico fil rouge che abbraccia e amalgama tutti gli eventi narrati.

"EF - A Tale of Melodies" conferma dunque quanto di buono aveva saputo offrire il suo predecessore, ponendosi - pur con qualche forzatura nella trama - come un punto di riferimento nel panorama degli anime sentimentali tratti da visual novel, adattissimo a chi, di fronte a una produzione animata di ottimo livello, ha voglia ancora di riflettere ed emozionarsi.



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Non so perché abbia dovuto provarci due volte, a guardarlo. In fondo, non è peggio di tanti altri titoli del genere. Si tratta di una miniserie in due OVA.
I disegni sono carini, anche se, per essere così recenti, presentano arti lunghi in maniera sconcertante, specie in relazione al gruppo etnico di cui dovrebbero far parte i protagonisti. Sorvoliamo poi sul fatto che, praticamente in ogni storia di questo mondo, si trovi almeno un personaggio biondo. Facciamo finta che sia un immigrato di origini svedesi e tiriamo avanti.
Per quanto riguarda le animazioni, sono invece abbastanza carenti, nel senso che si fa spesso uso di fermo-immagine. Però, non trovandoci di fronte a una pretesa di capolavoro, ci può anche stare.
La musica non è di disturbo e, in considerazione della struttura della serie, non credo si possa pretendere di più. Diciamo che non è la parte fondamentale.

Chiga è un bellissimo ragazzo biondo, spigliato e ricercatissimo dalle ragazze, mentre Kokusai è il tenero e puccioso presidente del Consiglio studentesco. Tanto puccioso e ingenuo che tutti si approfittano di lui, prendendosi dei "passaggi", sia sui treni sia nelle stazioni, con ogni pretesto possibile.
Il nostro Chiga si troverà, inspiegabilmente, a provare sentimenti di protezione per l'indifeso Kokusai e, tentando in tutti i modi di proteggerlo dai maniaci e renderlo un pochino più conscio delle sue avvenenza e ingenuità, finirà per innamorarsene. Trama più che classica, quindi.

Quello che è meno classico è che, qui, l'aspirante seme arrossisce quanto e forse anche più del tenero uke… Mai viste tante guance rosse in tutta la mia carriera di utente di contenuti yaoi!
Ci sono alcune scene di contenuto erotico abbastanza spinto, pur senza arrivare a eccessi, e troviamo pure un abbozzo di approfondimento caratteriale dei personaggi. C'è una piccola componente di mistero, che mi pare non venga però spiegata, e la storia ha una propria conclusione.

Tutto sommato, "Seito kaichou ni chuukoku" è una visione abbastanza gradevole, adatta più che altro agli amanti del genere, in quanto non presenta particolari voli di fantasia, pur pescando abbondantemente in tutti i cliché dello yaoi. Ottimo per sorridere, con il cervello rigorosamente in posizione off.
In realtà, il voto sarebbe un 6,5, ma i mezzi voti, come ben sappiamo, non sono implementati. Il 7, però, a mio parere non lo merita, per cui, a malincuore, mi attesterò sul 6.