Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi appuntamento mahou shoujo, con Pretear, Pretty Cure All Stars DX 2 e Okusama wa mahou shoujo.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


Per saperne di più continuate a leggere.


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Pretear, a una prima occhiata, sembra il classico anime tratto da un otome game, in cui la protagonista è circondata da tutta una serie di bei ragazzi che si "contendono" il suo amore.
La protagonista, Himeno Awayuki, si trasferisce dopo il matrimonio di suo padre nella casa della ricca matrigna, dove non ha vita facilissima. Viene infatti ignorata da tutti, sia a casa sia a scuola, dove circola voce che suo padre si sia sposato solo per soldi. Il suo morale viene però risollevato dall'apparizione di sette cavalieri provenienti da un mondo parallelo che cercano proprio lei. Inizia così una trama un po' fiabesca e un po' majokko durante la quale Himeno dovrà aiutare i sette ragazzi nella lotta contro la misteriosa Principessa che sta cercando di distruggere il mondo di origine dei sette...

E' un po' difficile catalogare Pretear. E' un misto fra un otome game, un majokko e uno shoujo; possiede infatti elementi caratteristici di tutti i generi. I sette cavalieri sono per lo più bei ragazzi, a parte tre di essi che sono solo dei bambini e che aggiungono un tocco "carino" alla storia. Le vicende romantiche si orientano quasi subito verso uno solo dei cavalieri, ma non mancherà qualche sorpresa e qualche colpo di scena nella parte finale dell'anime. C'è anche un vago elemento majokko, essendo la protagonista in grado di trasformarsi con costumi diversi a seconda del cavaliere con cui combatte.
I personaggi nel complesso sono relativamente ben delineati, anche se non tutti riescono ad avere lo stesso spazio nel corso dei 13 episodi. Vengono caratterizzati principalmente la protagonista e i due cavalieri più grandi, essendo i più coinvolti nelle vicende amorose che si sviluppano nella serie. Gli altri restano più sullo sfondo, brillando a tratti. Tutti gli altri fanno semplicemente da sfondo e non risaltano mai.
Dal punto di vista tecnico, Pretear è un anime relativamente ben realizzato, che non raggiunge altissime vette di qualità tecnica ma che si mantiene sempre gradevole alla vista. Il comparto audio non è eccezionale, ma abbastanza in tono con le vicende narrate.

In definitiva assegno a Pretear un 7 e mezzo. Quest'anime ha il pregio di essere meno noioso e scontato di altri anime simili, tuttavia non bisogna aspettarsi nulla di eclatante. Sono 13 episodi da guardare tanto per passare il tempo se si è in cerca di qualcosa di poco impegnativo ma non troppo scontato. Sconsigliato a chi non sopporta le scene sdolcinate e una buona dose di buonismo e carineria.



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Accanto ai classici film cinematografici tratti dall'annuale serie Pretty Cure, dal 2009 si accosta un nuovo filone di prodotti per il cinema ispirati alla saga. La serie "Pretty Cure All Stars" presenta delle trame fuori continuity in cui tutte le protagoniste, i folletti, i cattivi e/o i personaggi delle varie serie possono incontrarsi fra loro e unirsi per fronteggiare un nemico comune.
Il secondo film di questa sottoserie ha come protagoniste Tsubomi ed Erika, le Pretty Cure della settima serie, le quali si recano insieme ai loro folletti Coffret e Shypre in una sorta di magico luna park dove i folletti delle varie dimensioni e gli esseri umani possono divertirsi insieme.
E' l'occasione per dare inizio a una nuova battaglia contro un nemico ancora più grosso e fumoso, una battaglia che riunirà ancora una volta le guerriere protagoniste delle varie serie.

"Pretty Cure All Stars 2" è, ancor più del suo predecessore, una grandissima festa a cui sono invitati tutti i fan della saga, che si troveranno perfettamente a loro agio e si divertiranno parecchio nel vedere ancora una volta personaggi appartenenti alle varie serie interagire insieme sul grande schermo.
Azzeccatissima intuizione del lungometraggio è, infatti, il far tornare in vita, per contrapporli nuovamente alle guerriere, gran parte dei nemici affrontati da ogni gruppo di eroine: (ri)avremo Uraganos della seconda serie, Kintoresky, Shitataare, Moerumba e Karehaan della terza, Arachnea e Hadenya della quarta, Mucardia della quinta e Northa della sesta, ancora più agguerriti e comici, pronti a darle ancora di santa ragione alle variopinte eroine, ostacolandone il cammino verso il luogo dove è custodito il magico Rainbow Jewel di cui l'anonimo cattivone della pellicola vuole impossessarsi. Non a caso gran parte dei nemici vengono da "Pretty Cure Splash Star", che aveva gli avversari più carismatici e divertenti.

Gran parte del film è costruita come una corsa contro il tempo, scandita da una sorta di Meridiana dello Zodiaco in stile "Saint Seiya", in cui le varie guerriere delle serie precedenti spianano la strada a Erika e Tsubomi. Purtroppo, probabilmente a causa della difficoltà di gestire un così gran numero di personaggi nel limitato spazio di un film per il cinema, gli scontri risultano essere tanto spettacolari quanto brevi e poco incisivi, anche se più o meno tutte le guerriere riescono ad avere il loro piccolo o grande spazio e non mancano diverse scene divertenti con tutti i cattivi.
La parte del leone è qui svolta da Erika e Tsubomi, che godono di un buon approfondimento psicologico. Sono ben rappresentati i loro tormenti, nati dal fatto di essere le ultime arrivate - che, diciamocelo, sono due bimbe sciocchine colorate con l'evidenziatore e con lo scettro che lancia fiori, è ovvio che nel vedere le protagoniste delle serie precedenti prendere i mostri giganti a pugni, sganassoni e prese di wrestling si sentano inferiori a loro. Ma esse non riescono (fortunatamente) a rubare la scena alle precedenti protagoniste, ben più piacevoli a livello di caratterizzazione grafica, uditiva e di poteri.

Una grande festa per i fan delle Pretty Cure, si diceva. In "Pretty Cure All Stars 2" c'è, in effetti, tutto ciò che un fan della saga può desiderare: luci, colori, musiche esaltanti, botte, attacchi energetici, mostri giganti, folletti carini, ragazze dai costumi variopinti, amicizia, coraggio, valori positivi, pathos e sentimento. Chi ha seguito con passione tutte le serie del franchise ritroverà con piacere tantissimi piccoli rimandi alla saga delle leggendarie guerriere, dal momento che faranno la loro comparsa più o meno grande tutti i folletti visti nelle serie e nei film cinematografici, gran parte dei cattivi e persino svariati personaggi secondari.
Tuttavia, le aspettative generate dall'avere così tanti elementi delle varie serie Pretty Cure tutti insieme in un solo film forse erano troppo alte, e sono state in parte deluse.
Non vi è, infatti, la possibilità di assistere a tutte le trasformazioni (con relative, splendide, musiche) delle guerriere, come nel film precedente, perché l'onore della trasformazione sarà riservato solo alle eroine della sesta e della settima serie.
Non si sono neppure colti, purtroppo, degli ottimi spunti comici che era scontato trovare, in una grande festa a tema Pretty Cure come questa, e che gli autori avrebbero dovuto cogliere, come una gag comica basata sul fatto che il doppiatore Wataru Takagi dà voce sia a Uraganos sia a Bumbee (un ex cattivo di quarta e quinta serie, qui presente sfortunatamente solo come comparsa), o una maggiore interazione fra i due "colossi con i baffi" Uraganos e Kintoresky. Probabilmente, una durata maggiore ci avrebbe donato diverse chicche che qui mancano e sarebbe riuscita a dare una caratterizzazione più approfondita al cattivo del film, che è solo una massa scura e informe.

Al di là di questi piccoli difetti, "Pretty Cure All Stars 2" intrattiene, diverte ed esalta, anche in virtù di una realizzazione tecnica sempre ineccepibile sul lato grafico - fortunatamente, Erika e Tsubomi sono state ridisegnate togliendo loro per quanto possibile lo sgradevole design che avevano nella serie di provenienza, assai stridente con lo stile di disegno degli altri personaggi -, delle musiche (se si esclude la triste assenza di molti temi delle trasformazioni) e del doppiaggio - che piacere risentire i doppiatori dei vecchi cattivi!.
Come tutti i film di questo tipo, nasce per il cinema e perde moltissimo se visto su uno schermo più piccolo (e senza Miracle Lights da agitare in sala per esortare le eroine durante i loro momenti di crisi), ma per i fan della saga Pretty Cure, e solo per loro, sarà una festa che li divertirà comunque.



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Come tutti ho visto la mia dose di maghette dai capelli rosa nell'infanzia, ma non sono mai stato particolarmente attratto dal genere e non posso certo dichiararmi competente in materia. Negli ultimi anni, per motivi di completezza, ho cercato di colmare questa lacuna, tuttavia è abbastanza difficile trovare mahou shoujo pensati per un pubblico maschile e adulto. Okusama è uno di questi. Quando ho sentito della sua esistenza su AnimeClick ho pensato di dargli un'occhiata. L'idea sulla carta era interessante (una mahou shoujo di 26 anni e sposata) ma ho preso la decisione di vederlo soltanto dopo aver visto la bocciatura di chi si lamentava che non fosse una commedia ecchi, come pure le apparenze parrebbero indicare.

È meglio mettere le cose in chiaro: chiunque pensasse di trovare in Okusama un ecchi dozzinale prenderebbe una sonora delusione: mascherato sotto la patina superficiale di un ecchi, che però sparisce quasi subito, si nasconde un anime sentimentale di vecchia scuola. Non ci sono perversioni ma buoni sentimenti, spirito di sacrificio per gli altri e una buona dose di pianti, il tutto nella classica tradizione giapponese, quella che va scomparendo negli anime più recenti. La componente ecchi ha la funzione di sdrammatizzare un anime che altrimenti potrebbe apparire troppo serioso. Il chara design volutamente simile a quello di molti hentai, le inquadrature inguinali, le porno-trasformazioni, anche i gelati mangiati dalle nostre eroine e che lasciano intendere ben altro, sono strizzatine d'occhio al pubblico adulto, unico destinatario di questo anime e le approvo tanto più quanto disapprovo le scene troppo allusive che si trovano in molti mahou shoujo contemporanei destinati ufficialmente all'infanzia. Le scene ecchi di Okusama sono a scopo ironico molto più che erotico: del resto sono del tutto giustificate visto il tema portante dell'opera, che è quello del rifiuto dell'età adulta che passa attraverso la metafora del rifiuto del sesso.

La protagonista, Agnes, è una mahou shoujo che non vuole ammettere di essere cresciuta e vuole continuare a vivere come una maghetta. Questo però è chiaramente impossibile e visivamente il concetto è reso efficacemente disegnandola con un corpo da maggiorata e un'abbigliamento corrispondente: non c'è dubbio che Agnes sia adulta e sviluppata, non una bambina. Sebbene anni prima abbia trovato l'amore e si sia sposata, Agnes si è sempre rifiutata qualunque intimità perché il primo bacio significherebbe la perdita dei poteri magici. Chiaramente il suo rifiuto ha messo in crisi il matrimonio con Tamotsu: tanto più che lei si è sempre rifiutata di rivelarsi come mahou shojou e di spiegargli le sue ragioni; non sorprende quindi che il marito se la sia presa molto a male, che viva separato dalla moglie e che si sia ridotto anche ad avere una sordida relazione extraconiugale - sviluppo ben giustificato dal target seinen dell'anime. In questo contesto vengono a situarsi gli altri due personaggi principali: il giovane Tatsumi, appena trasferitosi in casa di Agnes, che gli affitta una stanza, e la ragazza magica Cruje, mandata dal consiglio del Regno della Magia per prendere il posto di Agnes, ormai troppo vecchia per il posto che occupa. Cruje è un personaggio speculare ad Agnes: così come Agnes si sente più giovane di quanto realmente non sia, Cruje si sente più adulta: ha 12-13 anni, ma vede i suoi coetanei come bambini, si sente grande, conosce già i primi turbamenti amorosi e si innamora di Tatsumi, che però la ignora. Sfrutta allora i suoi poteri per crescere - come tutte le maghette degli anni settanta e ottanta - e farsi notare da Tatsumi; in un certo modo ci riesce, ma non dico di più per lasciarvi vedere da soli come si risolveranno i triangoli sentimentali incrociati tra Cruje, Agnes, Tatsumi e Tamotsu. Aggiungo solo che Tatsumi si trova a lavorare per Tamotsu, il marito di Agnes, persona molto percettiva e che ama ancora la moglie e non è esente da gelosia.

In mezzo a tutto questo scorrono le vite di altri personaggi, mahou shojou ormai adulte, uomini di vari generi e professioni, i bambini compagni di classe di Cruje. È che chiaro che Okusama si rivolge esclusivamente a un pubblico adulto: di più a un pubblico che ha abbandonato da un pezzo l'adolescenza, tanto che io lo sconsiglierei agli adolescenti o a chi è uscito dall'adolescenza da poco. La parte miliore dell'anime, a mio avviso, è quella centrale, imperniata sui triangoli sentimentali, che è gestita piuttosto bene; nella parte finale invece l'anime si trasforma in un mahou shoujo nudo e puro, con le eroine che devono salvare il mondo grazie ai buoni sentimenti, i soliti di queste produzioni: l'amicizia, l'amore e la fiducia verso il prossimo e per la propria città. Tutto regolare e mi parrebbe scorretto criticare un mahou shoujo per essere tale: del resto si rivolge a persone che sono cresciute con quel genere e lo vogliono così com'è; tuttavia mi pare che il rispetto della classicità abbia fatto perdere delle potenzialità che c'erano. Ho trovato 13 puntate un po' poche, c'erano dei personaggi interessanti tra i compagni di ufficio di Tatsumi e le amiche di Agnes che non sono stati sfruttati completamente. Lo stesso si può dire per il personaggio della nonna, dotato di altissimo potenziale comico, ma non sfruttato a sufficienza, proprio per l'esiguo numero di episodi.

Sono ottimi sia il chara design che le scelte cromatiche, che si risolvono in un tripudia di rosa confetto e di cuoricini, sequendo l'iconografia classica del genere. Naturalmente non bisogna dimenticare che in Giappone i film a luci rosse si chiamano "pink eiga" e che il rosa è il colore dell'amore, non solo dell'infanzia. Si poteva probabilmente fare di più: raddoppiare il numero di puntate, aumentare la parte umoristica e ecchi, che finisce un po' troppo presto, dare più spazio a Tamotsu, il marito di Agnes, che è il mio personaggio preferito; Tatsumi è il solito ragazzo buono di tutti gli anime, non antipatico ma comunque stereotipato, e avrei preferito che la sua storia sentimentale finisse in altro modo. È comunque un anime che mi ha intrattenuto piacevolmente, specialmente nella parte centrale, sicuramente molto più interessante dei moderni harem scolastici, così concitati e pieni di scenate, tsundere e personaggi strampalati. Al contrario Okusama è un anime lento, di vecchia scuola, che spende puntate a parlare di antiche tradizioni giapponesi e di celebri insegnanti dell'era Meiji e che dà adito a qualche riflessione interessante. Per questo lo premio e arrotondo il mio 7,5 per eccesso. Osando di più avrebbe potuto essere un 8 pieno.