Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi ci dedichiamo ai mecha di ultima generazione, con Votoms Pailsen Files, Sfondamento dei cieli Gurren Lagann e Valvrave the Liberator.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


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Astragius History, anno 7112. Yoran Pailsen è processato dalla corte militare di Gilgamesh per i suoi crimini (narrati su "Roots of Ambition"): Fedok Wokkam, sottosegretario all'Intelligence e membro dell'Organizzazione Segreta, riuscirà a sospendere il giudizio della corte, trattenendo l'imputato nel centro medico del pianeta Kuzsuk. Qui Wokkam e i suoi uomini interrogheranno Pailsen in merito ai cosiddetti "Pailsen Files", risultati delle ricerche condotte su Chirico contenuti all'interno di un dischetto rovinato, allo stesso tempo perseverando a indagare sul ragazzo.

"Pailsen Files" rappresenta la rinascita del franchise Votoms, dopo la lunga pausa di 15 anni che lo aveva colto con "The Heretic Saint", che sembrava averne scritto la fine. Rappresenta un nuovo tassello del passato di Chirico, ripartendo esattamente da dove terminava "Roots of Ambition", con Pailsen davanti alla corte marziale per avere distrutto la base Gilgamesh di Odon. Da qui in avanti la storia è una riproposizione, senza molta fantasia, di tutto ciò che s'è visto in passato: per la durata della serie Chirico e la sua squadra dovranno affrontare numerose prove in cui rischieranno la vita (solitamente operazioni di guerriglia contro Balarant), venendo continuamente analizzati dall'Organizzazione Segreta, fino allo scontato, tragico epilogo nel quale il cerchio si chiude e nuovi tasselli del mosaico verranno svelati, come il modo in cui Pailsen è entrato ai massimi vertici dell'esercito di Gilgamesh, che ruolo ha avuto Rochina in esso, e di come si sia tentato di creare, per la prima volta, un soldato artificiale. Nulla di necessario per comprendere i futuri sviluppi dell'avventura di Chirico, ma paradossalmente, con uno degli script meno interessanti della saga, s'è creato uno dei migliori "Votoms".

Pur realizzato spudoratamente al risparmio per lucrare sui fan di vecchia data - non si spiegherebbe altrimenti l'uso, prima volta nella saga, di pacchiana ed economica CG per creare e animare gli AT -, "Pailsen Files" è l'episodio più spiccatamente moderno, con tutti i pregi e difetti che ne derivano. I primi rintracciabili nel ritmo decisamente più spigliato, con tempi narrativi meno diluiti che fanno finalmente passare in secondo piano la controversa regia esageratamente "reale" di Ryousuke Takahashi, i secondi nella patinatura grafica che, se da un lato ha reso meno datati i disegni, dall'altro ne ha distrutto l'identità, rendendoli generici e troppo perfettini - non fosse per i credits, neanche riconosceremmo Shioyama. Una storia semplicistica forse non sarà il massimo della vita, e narrata attraverso ben 12 episodi potrebbe pure sembrare l'apoteosi del banale, eppure questa serie OVA è ben fatta e piacevole, grazie a numerose sequenze di battaglia (tra la squadra di Chirico e l'esercito di Balarant) così spettacolari e sontuose da donare emozioni indescrivibili.

Con un gusto registico dal sapore cinematografico ed effetti sonori stupefacenti Takahashi filma scene di guerra che ricalcano le migliori pellicole di genere: basterebbe il solo primo episodio, lo sbarco di plotoni AT di Gilgamesh nella baia Taibas, rilettura fantascientifica dello Sbarco in Normandia con migliaia di mecha al posto di esseri umani, per rendersi conto dell'ingegno del regista nell'evocare scene di distruzione di massa che meravigliano per epicità e costruzione scenica. E non siamo che all'inizio: nel corso dell'avventura diverse saranno le operazioni militari dirette in questo modo superlativo. Meritevoli di menzione, in questo caso, l'attacco notturno alla base Balarant posta su un grand canyon, il claustrofobico attacco subito da Chirico e co. dentro un velivolo distrutto, o la splendida battaglia sui ghiacci di Galeade, con tanto di spaventoso fenomeno atmosferico di maxi grandinata. Meraviglioso.

"Pailsen Files" ha personaggi piacevoli e una storiella onesta, ma la racconta dannatamente bene. E sopratutto tiene avvinghiati alla visione, con un ritmo narrativo lento ma imparagonabile agli eccessi autoriali del passato. Unici nei che impediscono all'opera di mirare troppo in alto, ovvio, sono la tendenziale semplicità della storia e sopratutto la già citata pessima idea di realizzare in completa CG i mecha: quest'ultima è veramente una scelta antipatica, inquadrabile anche come una forma di non rispetto per chi spenderà soldi nell'acquistare "Pailsen Files". Ignobile anche perché da sempre "Votoms" è sinonimo di mecha design fisico e realistico, con i disegni a mano animati in modo straordinario; qui il computer è perfettino ma freddo e incolore, incapace di dare l'impressione di annusare l'odore dell'olio degli AT come in passato.

Non si può comunque essere troppo severi con quella che è una buona produzione, ottimo trampolino di partenza per le nuove leve al mondo di "Votoms" e un felice ritorno per i fan storici, non solo celebrativo ma anche di un certo interesse per la continuity. Visti le puntate successive che verranno realizzate negli anni a seguire, infine, si può dire con buona certezza che "Pailsen Files" sia in assoluto l'ultimo Votoms degno d'interesse.



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Secondo l'opinione di chi scrive Sfondamento dei cieli Gurren Lagann è senza dubbio una delle migliori serie animate degli anni Duemila, se non altro perché si tratta di una commistione originale di stilemi classici dell'animazione nipponica e soprattutto perché non si appoggia su alcuna controparte cartacea (che anzi è stata prodotta sulla scia del successo dell'anime). Prodotto dallo studio Gainax, responsabile di alcune delle mie serie preferite (come Fushigi no umi no Nadia e Neon Genesis Evangelion), Gurren Lagann mi ha colpito per una serie di espedienti narrativi davvero atipici per gli standard degli ultimi anni; a questi si sommano diverse trovate geniali e divertenti che, cercando di fare l'occhiolino agli appassionati di serie anime degli anni Settanta-Novanta, non annoiano mai. Giusto per fare un paio di esempi, il mecha design è di nagaiana memoria, così come le "corna" a mezzaluna del Gurren Lagann (questo per l'appunto il nome del robot protagonista della serie) sono un palese omaggio a quelle dello Zambot di Yoshiyuki Tomino.

La nostra storia ha inizio in un futuro imprecisato in un villaggio del sottosuolo. Gli esseri umani hanno dimenticato la superficie e per qualche motivo si sono abituati a vivere in gallerie sotterranee sapientemente costruite. Il protagonista, il giovanissimo Simon, è uno scavatore come tanti che però, diversamente dagli altri, è animato da una spiccata curiosità e dalla voglia di vedere la superficie. Nel villaggio nessuno però è interessato a cambiare vita, eccezion fatta per Kamina, un vero e proprio trascinatore di folle che subito stringe amicizia con Simon, incoraggiandolo a non abbandonare i suoi sogni. Improvvisamente la comunità subisce l'attacco di una creatura meccanica mai vista prima, insieme alla quale sopraggiunge Yoko, una ragazza proveniente dalla superficie. Il pendaglio a forma di trivella trovato da Simon in uno dei suoi scavi intanto entra in risonanza con un piccolo mecha nascosto tra le rocce. Una volta attivatolo, la vita di Simon cambia per sempre. Seguiremo le sue vicende fino alla fondazione della brigata Gurren, le molteplici battaglie contro gli uomini-bestia che infestano la superficie, ci commuoveremo alla morte dei personaggi (uno dei punti di forza della serie sta proprio nel non farsi scrupoli nell'uccidere anche dei comprimari) e ci esalteremo per il grande coraggio di Simon e dei suoi amici, in una spirale ascendente di stupore e divertimento. Ecco, Gurren Lagann è questo, una spirale vera e propria in cui gli episodi sono un continuo crescendo di situazioni sempre più critiche e risoluzioni ai problemi sempre più strabilianti. A condire il tutto, una serie di bizzarri quanto interessanti personaggi protagonisti (oltre ai già citati Simon, Kamina e Yoko, come non menzionare il folle ma leale Kittan e le sue sorelle, o lo scatenato Attenborough che adora premere i tasti d'attivazione dei cannoni, o l'effeminato e geniale scienziato Leeron o, ancora, la dolce ma forte Nia?) e antagonisti (Genome è un cattivo più complesso di quanto non sembri; Viral e i Quattro Re Celesti sono geniali, ognuno con le sue peculiarità; e altri nemici davvero ben concepiti di cui non posso parlare senza fare spoiler). Insomma, ce n'è davvero per tutti i gusti.

Per quanto riguarda l'aspetto puramente tecnico, eccezion fatta per alcuni episodi graficamente sottotono (si veda il quarto e in parte il nono), per il resto la serie risalta per l'ottima qualità grafica: si è investito molto in animazioni fluide (sia nei combattimenti che in un po' di fanservice tipici dello studio Gainax) e colori sgargianti, nonché su una colonna sonora varia, spumeggiante e moderna (si spazia dall'ambient, all'orchestrale, al rap e all'hard rock). In generale, sebbene l'epilogo della storia possa lasciare interdetto chi è abituato a finali completamente positivi, consiglierei la visione di Gurren Lagann davvero a chiunque. Ventisette episodi di puro divertimento ed emozioni.



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Il binomio Sunrise (tra i più famosi studi d'animazione nipponici) e mecha è da più di un quarto di secolo sinonimo di storie epiche e avventura. Dal leggendario "Mobile Suit Gundam" all'indimenticabile "Daitarn 3", arrivando ai recenti successi come le due serie di "Code Geass". Dopo le ennesime riproposizione gundamiche degli ultimi anni (ultima in ordine cronologico gli OAV di "Unicorn" nel 2012), nella primavera del 2012 Sunrise sembra voltare pagina e presentare finalmente un titolo mecha completamente nuovo: "Valvrave the Liberator".
L'intento è da subito chiaro e attuato in puro stile Sunrise, e cioè quello di riadattare per l'ennesima volta il genere che ha fatto la storia di questo studio e rapportarlo al nuovo decennio, in modo da essere apprezzato anche dalla generazione che sta crescendo con smartphone e tablet, e non solo dai nostalgici anni '70/'80/'90. Un'operazione di svecchiamento giudicata evidentemente necessaria, tanto da giustificare l'impiego di uno staff che esprima buona parte del meglio che può offrire oggi questo studio, lasciando mano libera a quell'Ichiro Okouchi, già dietro titoli come "Code Geass" e "Planetes".

Queste le premesse per spiegare come si è arrivati a questo titolo, ma quello che davvero interessa se state leggendo questa recensione è se valga la pena visionare questo mecha del nuovo decennio. Il mio personalissimo parere, da appassionato "vintage" cresciuto a pane e robottoni quando era piccolo e che non disdegna ritornare ai vecchi amori a patto che ne valga la pena, è quello di valutare cosa effettivamente si cerchi in "Valvrave the Liberator"; se siete infatti degli appassionati del genere, se avete visto tutte le infinite serie dei vari universi gundamici e siete alla ricerca di un titolo mecha "adulto" degno del meglio dei titoli Sunrise del passato, allora smettete di leggere qui e subito. Questo titolo non fa per voi!
Se invece siete in cerca di un prodotto per puro intrattenimento, magari uno "scolastico" condito con altra salsa, allora date pure una chance a questa serie. "Ma non era un mecha?", direte voi. In realtà, come ormai è consuetudine di queste ultime annate, "Valvrave the Liberator" non è altro che un commistione di generi diversi, cosa che in alcuni casi (vedi "Madoka Magica") genera qualcosa di interessante, ma in questo risulta piuttosto forzoso e mal gestito. La trama parte su un impianto narrativo collaudato, e ovviamente è quello di stampo gundamico.

Nel futuro l'umanità vive in colonie spaziali, dentro enormi biosfere orbitanti intorno al Sole. Tra due grandi potenze in lotta per la supremazia totale c'è anche il piccolo stato neutrale di Jior, che riesce a vivere prospero e pacifico fino a un'inevitabile aggressione da parte di Dorsia, un impero antidemocratico basato sulla forza militare. Gli unici a contrastare l'invasione sono gli studenti della scuola superiore Sakimori High School, facenti parte della biosfera orbitante "Module 77". Il giovane Haruto, infatti, riesce a impadronirsi di un robot antropomorfo venuto alla luce durante i bombardamenti, il Valvrave, e come nei buoni vecchi robotici (vedi appunto "Gundam" o "Mazinga") riesce subito a comprenderne il funzionamento e a sconfiggere i nemici, anche se, senza fare spoiler, in questo caso ci sono delle ragioni per questo. Ne segue un susseguirsi caotico di azioni e avvenimenti che, tra alti e bassi, rasenta a volte il paradossale, se non il trash, per ritornare poi (anche se per poco) nell'alveo di una trama mecha standard fatta di roboanti battaglie spaziali. Di solito, se la trama non brilla, a tirar su una serie del genere è un protagonista ricco di carisma, ma non è proprio questo il caso, dato che il povero Haruto pare essere succube di sé stesso, della situazione e dell'immancabile triangolo amoroso che viene a crearsi. Qualcosa di interessante sembra offrirla l'altra importante figura maschile, il dorsiano L-elf, ma poi finisce per perdersi nello stereotipo cucitogli addosso. Le figure femminili invece sono praticamente non pervenute, dalla intraprendente Shoko, che attraverso proposte sempre più strampalate riesce a farsi seguire da tutti, alla idol Saki Rukino, che non è neanche lontanamente l'ombra delle eroine "cantanti" della saga "Macross", a cui sicuramente è ispirata. Per quanto riguarda le figure di contorno, come spesso accade in questi casi, si è voluto eccedere, presentando un numero eccessivo di personaggi addensandoli in sole dodici puntate, con il risultato che praticamente tutti vengono dimenticati abbastanza velocemente senza grande rammarico.

Dal punto di vista estetico si rimane nella media di oggi, chara ordinario e animazioni standard, ma più che sufficienti nelle scene di battaglia. Il design del Valvrave, invece, mi è piaciuto molto, è stato addirittura uno dei motivi che mi ha spinto a visionare questo titolo, e anche le canzoni originali mi hanno colpito positivamente, in particolar modo la opening "Preserved Roses", davvero di impatto. Il mio voto finale però, nonostante una trama altalenante e dei personaggi inconsistenti, non è al di sotto della sufficienza e questo perché, dopo un disorientamento iniziale, ho ricalibrato le mie aspettative al puro intrattenimento che in fin dei conti questo titolo offre. Mentre viene annunciata una ovvia seconda stagione, dato il finale aperto e le poche spiegazioni di questa, che si spera alzi il livello generale dell'opera, al momento, a essere positivi, questo "Valvrave the Liberator" può essere considerato un "entry level" al genere robotico per le nuove generazioni, nella speranza che da questo poi possano passare a titoli di altro spessore e caratura.