Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Proseguiamo con gli appuntamenti a tematica libera, con Shiranpuri, Mirai Nikki e Mononoke.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


Per saperne di più continuate a leggere.


8.0/10
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Shiranpuri (しらんぷり): far finta di non vedere, indulgere in un atteggiamento omertoso - quello che i più disincantati chiamano istinto di conservazione, per intenderci, quando in realtà si tratta di una scelta che, pur non essendo sempre cristallina a chi la compie, ha l'inconfondibile sapore della deliberazione. E dove pensate che un bambino possa vedere per la prima volta un meccanismo sociale così atavico e complesso applicato su larga scala? A scuola, ovviamente, in risposta a un altro fenomeno a dir poco detestabile: quello del bullismo. Questo corto, che fa parte dello Young Animator Training Project, ha per l'appunto come io narrante un ragazzino delle elementari che, pur volendo intervenire a favore di suo compagno preso di mira da dei prepotenti, stenta a decidersi per paura di ritrovarsi a prenderne il posto.

Quale che sia (o sia stato) il vostro ruolo all'interno della catena alimentare scolastica non vi sarà difficile riconoscere il pattern comportamentale in corso. In caso contrario non ho che due spiegazioni, peraltro - e di questo mi scuso - una più tendenziosa dell'altra: o siete voi stessi dei bulli, non importa se dentro o fuori dei banchi di scuola, o non avete ben chiara la differenza tra ciò che è socialmente accettabile e ciò che non lo è. Moltissimi genitori e insegnanti, del resto, esitano a prendere dei provvedimenti in tal senso proprio perché ritengono che certi episodi, per quanto sgradevoli, facciano parte della vita, e che pertanto spetti all'interessato tirarsi fuori da una situazione che gli è stata soltanto imposta - interessato che però potrebbe interpretare questo rifiuto a prendere posizione come un'accusa nei suoi confronti, con il conseguente pericolo di una sua risposta estrema.
Il piccolo protagonista senza nome di "Shiranpuri" non ha dubbi: quello che sta succedendo al suo compagno è sbagliato, ed è sbagliato non fare qualcosa per aiutarlo. Ma come impedire ai bulli di rifarsela con lui una volta che li avrà denunciati? E se per caso dovessero stufarsi del capro espiatorio del momento prima che ciò accada, chi gli assicura che non sarà proprio lui, per qualche motivo, il prossimo sulla lista? Lascio che siate voi a scoprire come andrà a finire, ma vi prego di tenere a mente una cosa: stiamo parlando di un ragazzino che si ritrova, in così giovane età, di fronte a un dilemma capace di mettere in crisi qualsiasi adulto dotato di un minimo di etica e di empatia.

Visivamente l'anime si discosta enormemente dai suoi contenuti, accentuandone l'impatto sullo spettatore. Siamo infatti di fronte ad una grafica infantile, spensierata, quasi sprezzante nei confronti degli schemi a cui si attiene la maggior parte delle opere odierne, tant'è vero che la sensazione è quella di vedere proiettati i propri ricordi d'infanzia; si ha infine l'illusione che il sonoro, a confronto, giunga alle nostre orecchie in forma quasi ovattata. La scena più suggestiva è quella della recita scolastica, che ci fornisce le basi per decodificare le varie dinamiche a cui assistiamo nel corso di questi ventiquattro minuti. È davvero così utopico sperare nel tramonto della più abominevole legge non scritta mai concepita dall'uomo, vale a dire quella del più forte? E di quali strumenti può avvalersi l'oppresso per far valere le proprie ragioni?

Così come può essere difficile individuare il confine tra una bravata e un atto di violenza fine a sé stessa, così può capitare di scambiare la mancanza di fronzoli per sciatteria o, al contrario, la pigrizia di un autore per ricercatezza. Nel caso di "Shiranpuri", tuttavia, è chiaro che il suo punto di forza è proprio la disarmante semplicità con cui, senza giudicare chicchessia, racconta una storia tristemente familiare ma che non per questo siamo legittimati a considerare normale.



9.0/10
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La prima cosa che mi viene in mente è: guardatelo.
E come sempre, andiamo con ordine.

Grafica e design: nessun rilievo particolare da fare sull'impianto grafico di Mirai Nikki. Gradevole e piuttosto standardizzato. Davvero godibile il repertorio di espressioni facciali di Gasai Yuno, grazie alla sua natura di yandere, dal dolce e languido al maniaco assassino.

Personaggi: uno dei punti forti di questo anime è proprio la caratterizzazione dei personaggi. Per quanto rispondano a categorie abbastanza ricorrenti, Mirai Nikki ha contribuito sicuramente a rappresentare una di queste categorie; non per niente Gasai Yuno è detta anche "yandere queen", ed è diventata il simbolo - nel mondo degli anime - dell'amore morboso e della fragilità mentale. Ma la co-protagonista non è l'unico carattere a spiccare in questa produzione: i vari concorrenti del deathmatch per la corsa alla divinità mostrano personalità ben sviluppate, in particolare fourth, eight e ninth. Rimane forte, dopo la visione della serie, l'affetto per Uryuu Minene (ninth) e per la sua storia di amore e odio.
Oserei dire che il "peccato" sia la pietra angolare nello sviluppo dei personaggi di Mirai Nikki, ognuno dei quali affronta i propri demoni. Questo è abbastanza comune per un anime con un minimo di contenuto psicologico, ma peculiare qui è la persistenza nel peccato, l'accettazione del male, direi la resistenza alla redenzione. Yuno non è una povera tenera ragazza con i genitori cattivi, è una morbosa killer mentalmente spostata, eppure questo non ci impedisce di innamorarci di lei e di pregare per la sua salvezza. Uryuu Minene non è solo una giovane dall'infanzia difficile, è una terrorista che gode nel far esplodere le aule di una scuola colma di studenti indifesi, eppure questo non ci trattiene dal fare il tifo per lei appena cominciamo a conoscerla meglio. In poche parole, se in questi personaggi il male è profondo e radicato, altrettanto profondo e radicato è il bene: l'amore, la capacità di sacrificarsi, la forza di volontà.
Come spesso accade, un poco ci delude il protagonista Amano Yukiteru, che si riscuote dal suo torpore (nella sigla stessa è definito "pitiful bystander") solo negli ultimi episodi.
Un ultimo appunto per una delle coppie di amanti più bella che finora abbia incontrato in un anime: Marco Ikusaba e Ai Mikami (che formano il settimo concorrente come coppia), la loro storia vi scioglierà.

Trama: la trama di Mirai Nikki si rivela una piacevole sorpresa. Forse ci aspettavamo uno scolastico sentimentale pepato con un po' di sangue, ma ecco che all'improvviso compaiono sconvolgimenti temporali, domande sull'identità individuale e un po' di metafisica spicciola a condire il tutto. Inutile fare spoiler, Mirai Nikki va guardato, e dalla metà in poi sarete col fiato sospeso a chiedervi "what next?".

Ultime osservazioni: concludendo, Mirai Nikki è uno degli anime che mi sono trovato ad apprezzare maggiormente tra quelli che ho visto. Qua e là qualche punto debole, ma decisamente una produzione di alto livello, con un finale abbastanza soddisfacente che lascia tuttavia aperta la possibilità di sviluppi futuri. In effetti a breve (26 luglio) l'uscita giapponese di un seguito manga, probabilmente da non perdere.



8.0/10
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È una serie molto particolare "Mononoke", sicuramente legata alla cultura giapponese in tutto e per tutto, come si può immediatamente notare dai colori sgargianti e dallo stile grafico simile a delle pitture di Hokusai in movimento. Acconciature tradizionali, geishe, samurai, demoni volpe, incensi, origami... Il tutto crea una commistione particolarissima, guardare per credere: l'apparato grafico di questo anime è assolutamente unico, e curatissimo nella ricerca dei dettagli. Questo ovviamente potrebbe piacere o non piacere: "Mononoke", come ogni opera d'arte che si rispetti, è un'esperienza puramente soggettiva.

Nel Giappone antico un misterioso farmacista/ psicoterapeuta/esorcista vaga alla ricerca dei Mononoke, spiriti maligni generati dalle emozioni negative delle persone (per la maggior parte donne: poi vi spiego il perché). Quando egli si imbatte in degli individui problematici, che hanno inconsciamente generato tali spiriti, avvia una sorta di anamnesi in cui cerca di individuare "Form", "Truth" e "Regret", ovvero la forma, la verità e il pentimento. Questi tre attributi sono indispensabili per effettuare l'esorcismo del Mononoke, che equivale allo stesso tempo ad una coloratissima e inquietante seduta psicoanalitica dei malcapitati. La guarigione, o "regret", corrisponde alla presa di coscienza dei personaggi dei loro errori, o delle circostanze esterne che li hanno spinti ad esternare, o diventare, il Mononoke.

Spesso il Mononoke ha a che fare con la femminilità e con la frustrazione delle donne giapponesi, sottomesse completamente dall'uomo, che le tratta semplicemente come oggetti di piacere. Il patriarcato giapponese è ancora oggi molto rigido, e l'indipendenza della donna è un cambiamento ancora in corso, che non è ben visto dalla società conservatrice. Un esempio lampante di questo fatto sono le ultime puntate della serie, in cui avremo a che fare con un caso di omicidio di una giornalista in carriera (la narrazione si sposterà avanti nel tempo proprio per poter affrontare il tema della donna giapponese moderna e del disagio dalla sua condizione).
Verrà anche affrontato il tema dell'invecchiamento della donna, con relativo svisceramento della psicologia femminile riguardante la percezione della degradazione del proprio corpo da oggetto di desiderio a oggetto di indifferenza. Oltre a questo, in un arco di "Mononoke", verranno fuori altri temi cari alla cultura giapponese, già trattati nel "Gosenzosama Banbanzai!" di Oshii: i legami di sangue e l'incesto.

"Mononoke" è quindi un'opera culturale e psicologica, che si concentra sopratutto sulle passioni umane, nel contesto di una cultura molto diversa dalla nostra. I richiami al buddhismo sono evidenti: "Form", "Truth" and "Regret", ovvero corpo, mente, consapevolezza, e quindi illuminazione/risveglio, che può avvenire solamente con l'unione di mente e materia, degli opposti nella totalità, Yin e Yang, maschile e femminile. Non per nulla l'aspetto del farmacista/redentore è volutamente androgino.

Passando agli aspetti puramente tecnici devo ammettere che mi ha stupito l'utilizzo di tecniche registiche abbastanza sofisticate, come il grandangolo e la traslazione della telecamera e la ripresa di particolari apparentemente insignificanti, nel contesto di una grafica volutamente "piatta". Le animazioni vanno un po' a scatti, ma questa è una scelta del regista per creare lo stile tipico di "Mononoke", assolutamente originale e fuori dai canoni classici dell'animazione.
Pe certi versi alcune scelte stilistiche mi hanno ricordato vagamente Ikuhara ("La rivoluzione di Utena", "Mawaru Penguindrum"), grande pioniere della trasposizione della psicologia femminile in animazione.

In conclusione "Mononoke" è sicuramente un'opera di nicchia, la cui visione deve essere fatta a cervello acceso. Personalmente, mi ci è voluto un po' prima di entrare in sintonia con lo stile di quest'anime, sicuramente molto fine a sé stesso e poco coinvolgente. Tuttavia ne sono uscito soddisfatto. Provare per credere!