Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi appuntamento libero, con gli anime Sekai Seifuku Bouryaku no Zvezda e Space Dandy ed il manga Virtus.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


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Scappato di casa e senza un posto in cui tornare, il comune studentello Jimon Asuta incontra una bambina dai lunghi capelli e l'aspetto da lolita, imbronciata e capricciosa, che gli si presenta come futura conquistatrice del mondo. La piccola Kate Hoshimiya, conosciuta come Lady Venera, dice infatti di essere a capo di un'organizzazione segreta, chiamata Zvezda (dal russo, "stella"), un'accozzaglia di personaggi piuttosto sui generis: fra le sue fila troviamo una timida robottina, un ex mafioso col suo picciotto, una ragazza mestruata con la benda da pirata su un occhio, una scienziata pazza vestita da streghetta e un infinito numero di palline colorate. Con la promessa, una volta conquistato il mondo, di offrirgli un luogo al quale appartenere, Kate inizia Asuta alla vita della Zvezda, attribuendogli il nome di Dva, che in russo significa "due", quasi a volerlo nominare suo braccio destro nella missione che si è proposta. Con Asuta, lo spettatore entra a far parte di una famiglia dalle abitudini alquanto stravaganti, che abita in una base segreta simile al Castello Errante di Miyazaki, e che vuole, contro tutto e tutti, conquistare il mondo.

Passato abbastanza inosservato nella ricca stagione invernale 2014, Sekai Seifuku: Bouryaku no Zvezda riesce, con piccoli particolari e personaggi piuttosto carismatici, a trascinare lo spettatore in un mondo colorato e carico di idealismo. Molto curato dal punto di vista tecnico, si presenta come un anime a tratti strano, a tratti incomprensibile; con una comicità agevole cerca di approfondire tematiche importanti. Seguire le avventure della Zvezda, se da un lato diverte e intrattiene, dall'altro incuriosisce e lascia un senso di perdita, la convinzione che non si è svelato tutto e che dietro questo grande caleidoscopio ci sia molto altro. In tal caso, le parole di Kate nell'epilogo sono abbastanza illuminanti, per fornire una prima lettura dei molteplici significati che si possono dare (o non dare, questo sta alla persona) alla serie:

Se vogliono un'utopia facile da ottenere, possono pure rinchiudersi nel loro mondo.

La stessa protagonista di Sekai Seifuku: Bouryaku no Zvezda, quindi, definisce la sua un'utopia. Le opere utopiche si prestano sempre a molteplici letture e non si riesce mai a comprendere fino in fondo cos'è che l'autore vuole dire; a volte si tende a voler vedere troppo in un'opera artistica, caricandola di significati che in origine non ha. Eppure sono convinta che nel caso di quest'anime, tramite citazioni e riferimenti immediati a situazioni attuali, ci siano effettivamente dei significati che vadano oltre l'apparenza iniziale, un po' infantile e marcatamente idealistica. D'altro canto, è facile inseguire il sogno di conquistare il mondo quando si è piccoli, e molti eroi o grandi personaggi letterari sono nati proprio con quest'ambizione. E' però altrettanto semplice demolire il desiderio di un bambino di essere accettato dal mondo e di trovare, forse alla guida di esso, il proprio posto, in un universo che troppo spesso trascina l'identità in un flusso continuo di false realtà.
Nel suo essere fortemente visionario, Sekai Seifuku: Bouryaku no Zvezda riesce a coinvolgere lo spettatore nella conquista del mondo da parte di una misteriosa organizzazione segreta, a tratti terroristica, guidata da una bambina con al seguito una manica di figure piuttosto bizzarre. Le armi di cui si serve la Zvezda sono diverse e dal fascino magico, come per esempio Galaktika, un peluche rosa molto simile a un heartless di "Kingdom Hearts", dal quale viene fuori un pugno gigante che timbra, nel vero senso del termine, la nuova conquista; oppure piccoli animaletti di tutti i colori, chiamati Kuru Kuru, a forma di dolcetti, morbidi e informi, dalla vocina squillante e il visino carino, che quando si uniscono tutti insieme danno vita a un mostro cibernetico. Dunque, attraverso una serie di elementi che richiamano la sfera dell'infanzia e del gioco, Sekai Seifuku propone una visione del mondo che fa della fantasia il suo cardine principale. Attraverso la favola della piccola Kate, la quale sogna di poter guardare negli occhi e parlare con ogni persona della Terra, si propone una realtà alternativa alla nostra, che ancora conserva l'innocenza dei bambini, ma che in sé ha già un seme di maturità.
Perché la Zvezda dovrebbe essere vincente? Perché una loli girl, che non sa andare in bicicletta e che fa il sonnellino pomeridiano, dovrebbe poter conquistare il nostro mondo? E' ancora nelle parole della dolce Kate che troviamo una risposta:

Riesco a sentire le urla del mondo, sta gridando per essere conquistato.

La Zvezda raccoglie l'urlo disperato di un'umanità arida, incapace di guardare al futuro con ottimismo, troppo presa dal denaro, dal consumismo, e dall'ego dell'individuo attratto dal potere, troppo ripiegata su sé stessa, chiusa nella quotidianità del sistema. Lady Venera e i suoi sottoposti rompono gli schemi, cercano di toccare, coi buoni sentimenti, il cuore delle persone, combattendo, dove occorre, anche contro le forze dell'ordine, le White Light, che a dispetto del nome che portano, vivono della luce riflessa dalla stella Zvezda.

In un'utopica conquista del mondo da parte di una bambina, lo spettatore si ritrova confuso e spiazzato; non sa se prendere le parole di Kate come stimolo e monito, come motto di vita o grande verità, oppure se invece deve bruciarle assieme al suo peluche rosa e alle altre grandi stupidaggini che appaiono sullo schermo. Per non perdermi in altre cervellotiche elucubrazioni, insomma, Sekai Seifuku: Bouryaku no Zvezda può essere sia la nota stonata nel coro sia un faro abbagliante dai colori accesi. Non mi sento di consigliarlo a tutti, perché davvero il confine sul quale si muove è così sottile che facilmente si può cadere giù. Inoltre, sembra essere rimandato tutto a una seconda serie, che spero ci sarà per completezza, avendo lasciato molti punti interrogativi scoperti di un significato. In ogni caso, per me è un bel 7, perché a modo suo, in maniera a volte contorta, a volte più immediata, mi ha comunicato qualcosa.


8.0/10
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Opera del maestro Gengoroh Tagame, questo manga si differenzia dai suoi soliti lavori per via di una trama maggiormente sviluppata e una violenza meno eccessiva, che lo rende adatto alla lettura di un pubblico non avezzo alle sue normali pubblicazioni, che solitamente trattano di dominazione sessuale e sadomasochismo.
La storia, ambientata nell'antica Roma, parla della vita di due gladiatori, Gaius il novellino e Crescents il campione, opposti nel carattere quanto nel modo di agire. Crescents nota subito in Gaius debolezza e una totale mancanza di voglia di vivere e lo sottomette alle sue voglie sessuali; il malcapitato cercherà allora di sopravvivere e divenire più forte nel combattimento in modo da potersi vendicare, ma procedendo nella vicenda il loro rapporto si evolverà, nonostante un'altra persona brami Crescents e faccia di tutto per averlo con sè.
Decisamente un manga ben disegnato; ho apprezzato il tratto deciso e pulito dell'autore che spesso enfatizza la virilità nei suoi personaggi. I suoi uomini sono realistici, hanno corporature diverse, lineamenti decisi e, cosa difficile da vedere in altri manga, barbe e peli un po' ovunque.
Le ambientazioni invece in questo caso sono un po' spoglie, limitate a qualche vignetta giusto per descrivere la scena.
Altro elementi che avrei voluto vedere più approfonditamente sono i combattimenti, che non vengono mostrati del tutto.
La ricostruzione storica mi sembra comunque piuttosto approfondita, anche solo nel mostrare varie tipologie di gladiatori, nell'utilizzo dei termini in latino e nelle differenze tra le classi sociali romane, ma personalmente non sono un'esperta.
Nel manga sono ovviamente presenti scene di sesso anche un po' brutali, ma come già puntualizzato non eccessive; sono funzionali alla storia e al contesto in cui è ambientata la vicenda (tranne una di esse, un po' shockante, che gli editori hanno fatto benissimo a censurare).
In definitiva è un manga che consiglio a lettori amanti di storie con rapporti omosessuali o comunque dalla mente "aperta" su tali temi; essendo inoltre un bara piuttosto che uno yaoi il pubblico a cui è indirizzato è prettamente maschile.
L'edizione ben curata giustifica il prezzo un po' alto.


8.0/10
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Prima metà dell'anime

Parliamo di uno di quegli anime (molti, in realtà) che possono anche piacerti, provocarti sorrisi o gran risate, lasciarti con la lacrimuccia o lieto e sollazzato, ma che, alla fin fine, non sono recensibili perché poco c'è da dire.

Al contrario di altri lavori prodotti con Watanabe come personaggio di spicco, ossia "Cowboy Bebop" e "Samurai Champloo" (ma fra i due soprattutto il primo), "Space Dandy" non rappresenta qualcosa di davvero memorabile, inducente riflessione e tale che senti la prorompente voglia di dir la tua al riguardo - non relativamente alla tua interpretazione di un qualcosa, dacché non parliamo di anime psicologici o enigmatici - o almeno di far sapere a tutti e anche a te stesso, in forma scritta, quanto hai goduto assistendo a quel capolavoro.
Ricordo bene ciò che provavo durante e alla fine di "Cowboy Bebop". È quel qualcosa che ti rimane dentro per diverse settimane dopo la fine della serie, quel qualcosa che "Space Dandy" non offre. D'altronde parliamo di un'opera di stampo comico, che è prodotta genuinamente, con un'ottima grafica e musiche interessanti, ma non di egregio livello. Non si può dire che il protagonista e il resto siano un'innovazione: il Dandy ha atteggiamenti tipici dei personaggi fujisawiani, con quel tocco di aggressività alla teppista nipponico anni '80. I co-protagonisti alla fine fungono da colonne supportanti il Dandy, ma non assurgono a quel ruolo che avevano gli altri in "Cowboy Bebop" e, magari, anche in anime come "Ergo Proxy". L'ultimo episodio tenta, strenuamente, di concentrare l'attenzione sul piccolo robot, ma, a mio avviso, fallisce abbastanza mostrandosi come una sorta di copia di "Futurama"-"Evangelion" (o magari è solo una mia impressione e gli autori non avevano alcuna intenzione di riferirsi ad essi). Gli altri personaggi sono così di sfondo che non si può dir nulla al riguardo. Relativamente all'ambientazione, è la solita spaziale. Ci sono decine di anime simili, al riguardo, "Cowboy Bebop" compreso, alla fin fine.
La nota positiva è che fa il suo buon lavoro nell'intrattenere, riesce sempre a strapparti il sorriso, se non più, come nell'episodio relativo all'alieno camaleontide, e raramente annoia.

Seconda metà dell'anime

Non avrei mai immaginato che "Space Dandy" avesse una continuazione. Quei tredici semplici episodi, sostanzialmente fini a sé stessi nella propria simpatia e nella propria vitalità, sono divenuti ventisei. Credo, però, ci sia una sostanziale differenza: mentre nella prima parte la serietà era bene o male un'eccezione, ora diviene molto più presente, le storie risultano molto più spesso del passato ben costruite, con significati più tenaci e meno non-sense. Per ben due volte, ad esempio, si cerca di costruire un episodio attorno a una storia amorosa coinvolgente Dandy, cosa impossibile da fare nella prima serie, data la frivolezza sostanziale che sprizzava. Inoltre appare anche una certa volontà da parte dei produttori di unire e compattare i temi di "Space Dandy", vale a dire dare un significato all'autoconclusività delle storie, alla loro separatezza e all'apparente (ma reale) mancanza di concatenamento fra passato, presente e futuro: il fatto, per esempio, che il Dandy dell'episodio 8 paia sostanzialmente immemore di ciò che ha fatto nell'episodio 3 può essere dovuto meramente alla 'conclusività' degli episodi, nondimeno i creatori hanno avuto la brillante idea di dare alle puntate finali il compito di spiegare tutto ciò tramite il Pyonium - ovviamente una risposta ascientifica, ma con un capo e una coda e una certa serietà, sebbene frammista a sprezzante ironia.

A mio parere, in conclusione, "Space Dandy" è un'opera di altissimo livello, stando ai livelli degli ultimi anni. Lo spettatore ha a disposizione ben ventisei storie differenti, alcune memorabili, altre obliabili, alcune comicamente serie, altre comicamente comiche. Soddisfa, insomma, tutti i gusti, usando stereotipi antichi, ma sempre funzionanti, richiami a vari anime del passato e manifestando una roboante vitalità ed energia à la "Gurren Lagann".
Probabilmente un'ulteriore stagione sarebbe stantia, ma una parte di me si augura che i livelli possano rimanere così alti per più di ventisei episodi.