Logon centro italiano Fukuoka

Se la maggior parte degli utenti di Animeclick è iscritta a questo sito è anche perché ama il Giappone e la sua cultura, che ha imparato ad apprezzare proprio vedendo anime e manga. Sappiate però che il vostro "amore" non è univoco. Infatti nel Sol Levante esistono moltissime persone che amano l'Italia allo stesso modo.
E noi di Animeclick abbiamo avuto la fortuna e l'onore di allacciare un sincero rapporto di amicizia e collaborazione con un'associazione che cerca proprio di far conoscere il Bel Paese.
Si tratta del Centro Italiano di Fukuoka che dal 1981 si occupa dell'insegnamento della lingua italiana ai giapponesi e dell'organizzazione di eventi culturali dedicati all'Italia.

Il suo presidente, nonché professore di lingua italiana per giapponesi, Doriano Sulis ha accettato di concederci un'intervista.

Benvenuto su Animeclick, Sig. Doriano!
 
Intervista Doriano 01

Innanzitutto da quanti anni vive in Giappone? E come mai ha scelto questo paese?
Sono in Giappone dal 1974. Fanno 40 anni. Quando sono arrivato avevo 27 anni. Se ne deduce la mia eta'. Non posso dire di aver scelto questo paese. Ho scelto una persona, una giapponese conosciuta a Roma. Abbiamo vissuto insieme a Roma per circa due anni e poi ci siamo sposati. Sono venuto in Giappone senza pensare ad un trasferimento definitivo, pensavo ad un periodo di 6 mesi, massimo un anno. Solo dopo, passati sei mesi, ho capito che non sarei più tornato a vivere in Italia.

Qual è stato il primo impatto con un paese così diverso dall'Italia?
All'epoca il Giappone veniva mostrato dai nostri media in maniera molto negativa. Alla televisione mostravano operai che la mattina, prima di entrare in fabbrica, facevano ginnastica e cantavano in coro l'inno dell'impresa; larghe masse popolari in giacca e cravatta che si recavano al lavoro in metropolitana, stipati come sardine e spinti dentro da appositi inservienti spingitori; capitalismo e società dei consumi portati all'esasperazione. Insomma una sorta di terzo mondo sviluppato senza regole e quindi caotico. L'ignoranza sul Giappone era quasi totale ed io non non posso dire di essere venuto qui senza preconcetti. L’immagine che io avevo allora del Giappone può  sintetizzarsi in una sorta di succursale (se non addirittura colonia) statunitense.
Il primo impatto è stato quindi molto positivo. Appunto perché non era assolutamente come lo immaginavo. La stessa Tokyo mi era sembrata un luogo vivibilissimo e con un’aria molto più respirabile di quella di Roma. Anche se i media la dipingevano come una delle città più inquinate del pianeta. Forse lo era stata negli anni sessanta e nessuno si era preoccupato di aggiornarne l’immagine. Che dire poi della gentilezza e disponibilità della gente?! Anche se da molti venivano poi erroneamente viste e interpretate come servilismo.
Posso dire che con il Giappone è stato un amore a prima vista e, visto che perdura tuttora, non credo che si sia trattato di un superficiale infatuamento. Chiaramente, come in tutti gli amori degni di questo nome, c’erano anche momenti di sofferenza, di tristezza che interagivano con i momenti di gioia e di felicità.


Lei ha attraversato diversi decenni in questo paese: quanto è cambiato il Giappone in questi anni?
A livello estetico è molto cambiato in quanto molte zone delle città, sorte quasi come baraccopoli dopo le immani distruzioni dell’ultima guerra, hanno cambiato completamente faccia e ora sono più belle e vivibili delle equivalenti zone di periferie delle città europee e americane.
A livello umano, insegnando in varie università da oltre 30 anni, quindi in contatto stretto di anno in anno con la nuova generazione, posso dire che i cambiamenti che noto sono solo superficiali. Chiaramente, la moda che cambia porta molti a cambiare colore ai capelli, a bucarsi orecchie e naso, a tatuarsi ecc, ma ripeto, sono dei cambiamenti, a mio parere, solo superficiali.


E' possibile integrarsi perfettamente in Giappone? Lei come si sente?
Penso di sì, certo dipende molto dalla persona; uno che giudica tutto con il metro occidentale si sentirà sicuramente, a livello più o meno inconscio, superiore. Questo è spesso un fatto che crea problemi di adattamento. Quando uno viene in Giappone, è portato a guardare, scrutare, sperimentare e anche giudicare tutto e tutti, non pensando o dimenticando tutti i difetti del proprio paese. Difetti che poi saltano agli occhi quando si ritorna a casa.

Ha girato per il paese? Da quanto tempo vive a Fukuoka? Perchè ha scelto proprio questa città?
Credo di aver girato un po’ dappertutto. Penso comunque che le differenze tra una città e l’altra siano di gran lunga minori a quelle che separano tra loro le città italiane. Ma se si pensa che l’Italia è un paese nato solo 150 anni fa da paesi di diverse culture, la poca differenza tra loro delle varie città giapponesi diventa più che ovvia.
La scelta di Fukuoka è stata casuale, nel senso che, essendo la città di mia moglie, non è stata una vera e propria scelta. Comunque sono contento di essere qui perché è una città che amo particolarmente.

 
Intervista Doriano 02


Quando e perchè è iniziata l'avventura del Centro Italiano?
Dopo quasi 4 anni passati come discepolo di un maestro liutaio (Biwa), senza alcun contatto con l’Italia o con altri italiani (all’epoca rarissimi), ho sentito il bisogno (e un po’ anche il dovere) di far conoscere il mio paese, la mia cultura, in questa parte del Giappone dove l’immagine dell’Italia era quasi solo spaghetti, pizza e canzone. Più mi addentravo nella cultura del Giappone, piu’ la voglia di far conoscere l’Italia si faceva impellente. Nacque allora l’idea di un centro culturale italiano autofinanziato tramite una scuola di lingua italiana.

Perchè i giapponesi amano tanto l'Italia?
Oltre alle ovvie ragioni di amore per le bellezze artistiche e architettoniche delle nostre città, credo che abbiano anche una curiosità riguardo al nostro carattere, il prendere con filosofia tutti i problemi che abbiamo, la grande pazienza con cui affrontiamo tutte le difficoltà giornaliere tra scioperi, malfunzionamenti e arroganze varie. Tutte cose che in un paese come il Giappone dove tutto funziona come un orologio vengono viste quasi come folclore.

L'italiano viene visto in Giappone come una sorta di Girolamo Panzetta?
No, non credo che il fenomeno Panzetta sia simbolo di uno stereotipo. Forse è  più legato alla moda. Molti, tra le persone che leggono le riviste di moda in cui Panzetta è spesso presente, sono stati in Italia e sanno che Girolamo non rappresenta la massa. E che la massa non veste Armani, né Ferre’ e né Versace.

Quali sono gli stereotipi verso di noi che non accennano a sparire?
Non credo che oggi si possa parlare più di stereotipi in generale. Anche gli stereotipi si sono evoluti e diversificati a seconda della tipologia delle persone che ne fruiscono. Lo stereotipo sull’Italia della casalinga non è lo stesso di quello di un impiegato o di uno studente o di un operaio, anche a livello di simile ignoranza sul nostro paese.
Gli stereotipi vengono creati dai media e quindi i programmi televisivi più seguiti da una casalinga propongono stereotipi diversi da quelli dei programmi televisivi seguiti, per esempio da un impiegato medio quarantenne.
Se la prima guarderà all’italiano come un uomo un po’ sfrontato con le donne, mammone, buongustaio, gran bevitore di brunello e barolo, il secondo avrà una visione meno romantica, più legata ai problemi sociali e politici di cui trova spesso riscontro nei giornali, riviste e programmi di informazione. Si tratterà spesso di un'immagine legata a Berlusconi, agli scandali, alla cialtroneria, alla furbizia, ma anche rispettosa verso le espressioni artistiche e culturali dell’Italia.

 
Intervista Doriano 03

Com'è insegnare l'italiano ai giapponesi?
E’ molto stimolante. Innanzitutto per le inaudite somiglianze tra le due lingue. Somiglianze non solo di pronuncia ma anche di grammatica e sintassi. Due lingue che sembrano quasi agli antipodi, ma che invece hanno molti punti in comune.
A livello di pronuncia, tranne le differenze tra "erre" e "elle", tra "bi" e "vu", poco recepibili ad un orecchio giapponese e le "acca" aspirate e le vocali lunghe e corte altrettanto poco recepibili ad un orecchio italiano, non esistono quasi problemi di fonetica, suoni impronunciabili o altro. Più complesso è parlare però delle similitudini vere e proprie tra le due lingue in una breve intervista e mi astengo.


Cosa ama dei giapponesi e cosa, dopo tanti anni, fa ancora fatica ad accettare/comprendere (se c'è qualcosa ovviamente)?
Questa è una domanda un po’ difficile. E’ un po’ come chiedere a un uomo o a una donna, che cosa ama della persona amata. Ma sicuramente tra tante altre cose amo la loro disponibilità, curiosità, ingenuità, mancanza di furbizia, anche se ciò non andrebbe chissà quanto generalizzato. Parlo chiaramente del Giappone che io conosco e con cui mi trovo giornalmente a contatto. Quindi quando mi capita (raramente per fortuna) di incontrare una persona furba, arrogante e sgradevole, provo sicuramente più fastidio di quando ero in Italia.

E dell'Italia? Le manca qualcosa in particolare?
Sì, la bellezza delle città, le spiagge in estate, i paesini sperduti, i miei fratelli e qualche amico e i fichi d’India.

Cosa consiglierebbe a un italiano che volesse trasferirsi in Giappone? E soprattutto glielo consiglierebbe?"
E’ impossibile rispondere ad una domanda cosi generica. A volte, incontro italiani che hanno portato qui in questo paese tutto il loro background di scaltrezza e furbizia e ne provo un grande fastidio. Potrei consigliare il Giappone a quegli italiani che hanno la sensibilità e l’umiltà di poterlo capire ed apprezzare per ciò che merita. E io sono convinto che meriti molto.


Grazie mille per il suo tempo e la sua disponibilità Sig. Doriano!