Nonostante la qualità tutto sommato modesta del primo Hyperdimension Neptunia (2010), quella di raffigurare la console war in chiave moe fu un’idea tanto idiota quanto accattivante, considerata anche la penuria di vere e proprie “parodie” nel mercato videoludico. Il giovane team Compile Heart si è così creato un suo piccolo impero, fatto di sequel, remake, anime e improbabili spin-off, supportati in questi quattro anni da un silente ma significativo numero di appassionati, in Giappone come in occidente, dato che Nippon Ichi Software o chi per loro non perdono una singola occasione per esportare le avventure di Neptune e giochi similari (si veda Mugen Souls).

Per fare un paragone cinematografico, laddove per il genere di appartenenza i Final Fantasy si potrebbero considerare i blockbuster hollywoodiani, i giochi Compile Heart sono l’equivalente delle commedie anni ottanta con Alvaro Vitali: titoli dal basso budget, ma che come detto hanno saputo crearsi una fetta di seguaci grazie a mosse azzeccate di design e marketing. Quando un giorno però i Compile Heart decidono di fare “il salto”, realizzando un RPG non parodistico ma con una narrazione vagamente più normale e “seriosa”, mantenendo nel contempo la stessa (o quasi) struttura e gli stessi mezzi di Neptunia, il risultato che ne scaturisce è una cosa chiamata Fairy Fencer F.
 
 

Eoni fa, una dea benevola e un “Vile God” combatterono per il destino del mondo, ma la loro forza era equivalente e i due finirono per sigillarsi l’un l’altro conficcandosi decine di armi dal grande potere magico, rimanendo così sopiti nei secoli. Tali armi leggendarie sono oggi chiamate Fury e rimangono sparse per il mondo: ognuna di esse contiene una Fairy (fata), e di tanto in tanto capita che queste scelgano umani meritevoli, detti Fencer, donando il loro potere allo scopo di raccogliere le altre Fury e risvegliare la dea benevola. Esistono ovviamente esseri umani dagli intenti meno nobili che mirano al risveglio dell’altra divinità, quella maligna, tramite lo stesso procedimento.

La nostra storia vede come protagonista Fang, un ragazzo svogliato all’inverosimile con la passione per il buon mangiare come unica ragione di vita, al punto che il gioco inizia con lui in prigione per furto di cibo. La Fata Eryn va a scegliersi come Fencer proprio un tipo del genere, il quale pensa più alla “faticaccia” che dovrà fare per ritrovare tutte le Fury piuttosto che al resto, e il rapporto con quella che sarà la sua partner di certo non inizia nel migliore dei modi. Ben presto però Eryn si accorge della malleabilità di Fang, basta infatti la promessa di un buon buffet per farlo smuovere e su ciò la ragazza punterà per tirar fuori il suo entusiasmo in quei suoi momenti di cronica svogliatezza.


A loro due si aggregano ben presto altri alleati uno più strambo dell’altro, a partire da Tiara, colei che completa il “triangolo” di protagonisti, e che troviamo a bere tranquillamente il tè nel bel mezzo di un dungeon. Fencer dai modi educati ma con un lato nascosto decisamente particolare, Tiara è un personaggio chiave dai molti misteri e non mancherà di stupire il giocatore più volte nel corso dell’avventura: da tenere costantemente d’occhio. Si continua poi con Harley, altra Fencer con non tutte le rotelle al proprio posto: più che alle armi è interessata alle fate a appena ne vede una muore dalla voglia di “studiarne” il corpo, con le ovvie reazioni che questo comporta. Prosperosa e prorompete, le sue rispettabili forme pettorali sono sorrette da un misero fazzoletto, considera i vestiti un “inutile peso” e ha il vizio di spogliarsi senza preavviso. Gald è il secondo maschio del gruppo, nel doppiaggio giapponese parla con l’accento del Kansai e la sua Fairy lo tratta come un bambino. Prova inoltre una certa ammirazione per Fang e questo la dice lunga sulle sue facoltà intellettive, ciononostante è un personaggio vivace e sorridente, il che dona quella allegria in più al gruppo. Sherman è invece un Fencer nobile, di bell’aspetto nonché eroe della comunità, il cui fascino farà breccia sia su Eryn che su Tiara, con il povero Fang messo a confronto come modello di eroe insignificante.

Chiudono Ethel, la classica ragazzina taciturna e dall’alto quoziente moe come ce ne sono tante, ma che in battaglia saprà farsi valere, e Pippin, semplicemente un qualcosa di indescrivibile. Molto più avanti nella storia si potranno reclutare altri due alleati, ma per questi andranno soddisfatti determinati requisiti; il “party” di Fairy Fencer F si presenta così abbastanza variegato e grazie all’alta presenza di dialoghi il gioco darà ampio spazio ad ognuno di loro. Al netto di un incipt davvero banale e che pesca un po’ da tutte le parti (l’idea delle ragazze-armi potrebbe ricordare ad esempio Elemental Gerad), l’intreccio narrativo prosegue dando ampio spazio all’umorismo in pieno stile giapponese (presente la classicissima scena alle terme), ma azzardando anche qualche colpo di scena di un certo impatto. Da questo punto di vista Fairy Fencer F è indubbiamente un’evoluzione rispetto alla saga di Neptunia, grazie anche ad un vero e proprio plot twist narrativo che scaturisce intorno alla dodicesima ora di gioco, dopo il quale nulla sarà più come in precedenza, alleati e nemici compresi. Davvero interessante, purtroppo il lato negativo di questa “trovata” si abbatte sul gameplay e sulle ambientazioni, come vedremo più avanti.


L’ossatura del gameplay, come si diceva nell’introduzione, è prelevata di peso da Hyperdimension Neptunia. Si combatte a turni e in arene tridimensionali nelle quali è possibile muoversi entro un certo raggio (in caso non abbiate presente i Neptunia, pensate al battle system di Valkyrie Profile 2): se siete sufficientemente vicini ad uno o più nemici, potrete colpirli con attacchi normali o speciali, in caso contrario sarete costretti a passare il turno in qualche altro modo, curandovi o stando fermi. Le abilità e le magie a disposizione possono colpire un singolo bersaglio oppure avere un voluminoso raggio d’azione permettendo di colpire più nemici contemporaneamente: vi sono per esempio skills che colpiscono a cerchio intorno al personaggio, altre con una gittata in linea retta avanti a voi, e via dicendo. Magie e skills consumano però un certo quantitativo di SP, ed è qui che entra in scena un sistema di combo per i normali attacchi tanto semplice quanto funzionale, che ai più navigati potrebbe ricordare quello riuscitissimo visto in Legend of Legaia (1998). Le combo sono totalmente personalizzabili dall’inventario, e i vari colpi (di 3 tipologie, potenza, precisione e proiezione) sono sbloccabili tramite i punti WP ottenibili in battaglia, gli stessi con i quali si aumentano parametri e si imparano nuove abilità. Nel complesso, tutto il sistema di sviluppo di Fairy Fencer F è ben fatto e potenziare il proprio party è uno degli aspetti più appaganti del gioco.

Tornando in battaglia, il fulcro di Fairy Fencer F è la presenza del comando Fairize: nel momento in cui la relativa barra raggiunge il livello necessario, questa permette al personaggio di fondersi con la propria arma eseguendo una spettacolare trasformazione. In modalità Fairize il Fencer, oltre ad avere a disposizione una ulteriore devastante tecnica personale, vede aumentarsi tutti i parametri e tale condizione si dimostra assolutamente necessaria per abbattere i vari boss del gioco. La trasformazione scompare qualora il personaggio incassa un certo numero di danni.
In combattimento quindi Fairy Fencer F funziona, nonostante un livello di difficoltà tendenzialmente troppo basso per appagare i più esperti: il Fairize è infatti davvero potente e per buona parte del gioco basta trasformarsi per risolvere ogni problema, rischiando così di cadere nella monotonia, nonostante tutte le buone cose che il battle system ha da offrire. Tuttavia per una certa tipologia di giocatori questo può essere più un pregio che un difetto, rendendo l’ultima fatica Compile Heart adatta a coloro in cerca di sfide più abbordabili, nel mentre che si gustano la storia.
 


Se quindi Fairy Fencer F mostra il meglio di sé nel mezzo dell’azione, lo stesso non si può dire per le fasi esplorative. Chi conosce i Compile Heart bene o male sa già cosa aspettarsi: una sola città, assolutamente non esplorabile ma composta di schermate fisse (assente di essa qualsivoglia realizzazione poligonale), basta infatti selezionare le varie locazioni (la base, i negozi, la piazza) per recarvici, quindi parlare con i vari NPC presenti, comprare armi e oggetti oppure prelevare qualche informazione. Stesso discorso per la mappa del mondo, ché poi chiamarla mappa “del mondo” è alquanto generoso dato che si presenta come una regione abbastanza contenuta e delimitata da invalicabili montagne, sembra più che altro la provincia di Udine.

Nel momento in cui selezioniamo un luogo da esplorare la situazione non è che migliori, anzi. Fairy Fencer F attesta di aver frequentato il corso “L’esplorazione secondo Final Fantasy XIII” e di aver anche ascoltato bene la lezione: i dungeon sono piccoli e di una linearità assoluta, può capitare che nel giro di 10 minuti siate già arrivati alla fine. Ogni tanto si salta e si raccolgono cose, ma di certo questo non è un gioco per chi ama perdersi in location sconfinate o scrutare bellissimi orizzonti, e considerato che dovrete ripetere questi dungeon privi di qualsivoglia level design più volte nel corso del gioco, finirete per odiarli molto, ma molto velocemente. Lo stesso monster design lascia a desiderare in quanto a varietà e inventiva, se almeno nel citazionistico Hyperdimension Neptunia poteva capitarvi di combattere contro i tubi di Super Mario o i blocchi del Tetris, in Fairy Fencer F ritroverete a vostra opposizione una modesta varietà di “normali” mostri privi di originalità e che vengono presto a noia.

Fortunatamente per rendere il tutto meno tedioso e dare un po’ di varietà al selvaggio backtracking, è possibile “influenzare” un dungeon aggiungendo ad esso dei parametri aggiuntivi, come un maggior guadagno di esperienza o denaro per le battaglie, o addirittura modificarne la fauna di mostri. Come? Con le Fury raccolte e opportunamente potenziate, ognuna delle quali aventi incorporati degli Shaping Effect. Occhio però, dato che ad ogni effetto positivo ne abbiamo come opposto anche uno negativo: per esempio prima di avventurarvi in un dungeon potete decidere di aumentare la vostra forza di attacco, ma al contempo diminuire la difesa magica, oppure guadagnare il 50% del denaro in più ma il 50% degli EXP in meno, e via discorrendo con altre possibili combinazioni. Un’aggiunta tutto sommato gradevole e con diversi impieghi strategici in base alle esigenze del giocatore in un determinato momento. Presenti all’appello le immancabili quest secondarie, ma queste, praticamente di due sole tipologie (caccia e raccolta), scadono prevedibilmente e abbastanza presto nella ripetitività, mentre i cacciatori di trofei di platino si divertiranno un mondo ad accumulare la bellezza di 100.000.000 di Gold.
 



Il budget a disposizione di Fairy Fencer F non è stato certo astronomico, e si vede. Graficamente siamo ai livelli dell’ultimo Neptunia o giù di lì: le ambientazioni si presentano agli occhi del giocatore davvero spoglie e realizzate con una colpevole svogliatezza, mentre il gradevole design moe e armonioso dei personaggi si impegna a mascherare delle animazioni da era PS2. Come se non bastasse nelle fasi di esplorazione il frame-rate cala vistosamente al punto che in certi frangenti l’ambiente intorno a voi appare sfocato, segnale di una ottimizzazione del motore di gioco non ottimale. In battaglia il gioco si mostra per fortuna nella sua forma migliore: i combattimenti sono fluidi e resi spettacolari grazie alle vestizioni in stile Saint Seiya e alle tecniche speciali che faranno felici i voraci lettori di shounen, le quali possono essere saltate con un comodo tasto nel caso vengano a noia dopo averle viste per la duecentesima volta.

I menu del gioco, vivaci ma senza fronzoli, sono realizzati tutti molto bene, così come gli artwork dei fondali e dei vari personaggi. In generale, gusti personali a parte, tutto l’apparato bidimensionale di Fairy Fencer F esibisce una certa cura artistica e sa bene a quale pubblico rivolgersi, anche se viene da chiedersi dove sia finito il tocco di Yoshitaka Amano, citato come concept designer fin dai primissimi trailer quando lo stile dominante è palesemente quello di Tsunako (Neptunia). In realtà il coinvolgimento del Maestro ben conosciuto dai fan di Final Fantasy (e non solo), è stato alquanto marginale, avendo in pratica disegnato le due divinità conficcate dalle spade, e poco altro.

Stesso discorso per l’altro altisonante nome sbandierato nei crediti, quel Nobuo Uematsu artefice di alcune delle più indimenticabili soundtrack dell’epoca d’oro Squaresoft. Il Nostro ha composto per il gioco Compile Heart due singoli brani, su un totale di 40 tracce, ovvero il tema principale e il secondo tema di battaglia, il resto è tutta farina del sacco di altri membri della sua band (gli Earthbound Papas): tenga l’assegno signor Uematsu, grazie per il suo nome e arrivederci.

 
Mero marketing a parte, musicalmente Fairy Fencer F si comporta abbastanza bene, soprattutto quando i toni della storia si fanno più seri, e le due insert song (Full Contact e All Our Might Tonight) che attaccano quando i personaggi effettuano il Fairize, aggiungono quell’enfasi in più alle battaglie che non guasta mai. Curiosa e inaspettata poi la presenza dell’Aria sulla quarta corda di Bach (lui non accreditato), meno incisive invece le musiche ambientali, le quali scadono presto nel tedioso, come a voler sottolineare ancora una volta di quanto le fasi esplorative siano in assoluto il punto debole del gioco.


Per quanto concerne il doppiaggio, inutile dire che la traccia originale sovrasta quella inglese sotto ogni punto di vista, e non è una questione di purismo o che altro, ma di ovvia qualità interpretativa: Fairy Fencer F vanta alcune giovani ma già affermate seiyuu come Kaori Ishihara (Aladdin in Magi) e Nao Toyama (Chitoge di Nisekoi) e sarebbe un vero peccato perdersele, a maggior ragione su un titolo così spiccatamente nipponico. Il software come di consueto per la NIS non è stato tradotto in italiano, ma i dialoghi sono in un inglese per nulla complesso.

Se andasse a scuola, Fairy Fencer F sarebbe il classico studente che si impegna quel tanto che basta a maggio per prendere tutti 6, senza eccellere in una materia particolare. Quando un aspetto del gioco sembra colpirti positivamente, ecco che poche ore dopo ne scopri un punto debole: i personaggi sono validi, ma la storia sul finire lascia una sensazione di frettolosità, nonostante i 3 finali; il sistema di sviluppo e i combattimenti sono sufficientemente profondi, ma il gioco è talmente facile da limitarne il pieno sfruttamento; tecnicamente come detto ha pochi alti e molti bassi, conseguenza di un budget limitato. Insomma Fairy Fencer F è un continuo sali e scendi, di soddisfazioni e di delusioni, adatto a coloro che hanno giocato ad un paio di Final Fantasy e sono desiderosi di approfondire il genere con un titolo più di nicchia, mentre è sconsigliato al veterano che ne ha finiti a decine ed è in cerca di esperienze diverse dai soliti ragazzini che salvano il mondo. Sotto molti aspetti è un passo avanti rispetto alla saga di Neptunia, ma Compile Heart ne deve fare ancora di strada per entrare nel ristretto club dei migliori sviluppatori di RPG in circolazione.