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Riprende la collaborazione tra AnimeClick.it e Una Stanza Piena di Manga, blog dedicato al fumetto giapponese, che, pur dando un'indubbia importanza ai “classici del manga”, presenta anche approfondimenti dedicati a titoli più recenti.
In questa rubrica aperiodica andremo a riportare le analisi di questi manga, per la maggior parte inediti in Italia, così da far conoscere ai nostri lettori alcuni titoli di sicuro interesse, benché forse poco noti, e magari convincere qualche editore italiano a curare un'edizione per il nostro Paese.
Alcune di queste analisi potrebbero contenere spoiler più o meno pesanti sulla trama dell'opera analizzata (finale compreso), per cui all'inizio di ogni recensione verrà segnalato il “livello” di spoiler presente.

P. S. Gli interessati possono seguire Una Stanza Piena di Manga anche su facebook.
 
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L'appuntamento odierno è dedicato ad Hot Road e contiene lievi spoiler sulla trama. Vi segnaliamo, per inciso, che dal manga originale è stato tratto un adattamento cinematografico dal vero, distribuito nelle sale giapponesi nell'estate del 2014.
 
Autore: Tsumugi Taku
 
Anno di pubblicazione: 1986
 
Numero di volumi: 4
 
Edizione consultata: Margaret Comics
 
Editore: Shūeisha
 
Le strade blu
al sorgere del sole,
i fanalini rossi,
i profili di spalle,
sottili, che si allontanano.
Ancora una volta,
vorrei poter incontrare i ragazzi di allora…
ancora una volta… (da: Hot Road)
 
Hotto Rōdo (Hot Road, 1986) non è soltanto il fiore all’occhiello della produzione di Tsumugi Taku (n.1964), ma è anche lo shōjo manga cult per eccellenza degli anni Ottanta. Fenomeno commerciale da oltre sette milioni di copie, Hotto Rōdo è stato pubblicato sulle pagine di «Bessatsu Margaret» dal settembre del 1986 al maggio del 1987. Ambientato nella regione del Kantō, tra Yokohama e Shōnan, il manga racconta la storia di Miyaichi Kazuki, una studentessa di quattordici anni in preda a un non ben definito disagio esistenziale.

Dopo la morte del padre, la ragazza sente di essere diventata un peso per la madre e, ancor di più, un ostacolo alla sua felicità. Quest’ultima, dal canto suo, è troppo debole per affrontare la figlia e si chiude in un ostinato silenzio che Kazuki interpreta come la riprova dei suoi dubbi. A scuola Kazuki conosce Eri, una studentessa trasferitasi da un altro istituto, che la introduce nel mondo delle corse notturne delle bande di motociclisti. Ed è proprio in una di quelle sere che Kazuki incontra Haruyama Hiroshi, carismatico e scostante leader dei Nights. In cerca di qualcosa a cui le stessa non riesce a dare un nome, Kazuki abbandona la scuola, scappa di casa, si trasferisce da un’amica, si tinge i capelli e diventa “la donna del leader”. Scopre l’amore, ma si ritrova ancora una volta a fare i conti con la sofferenza, la solitudine e la separazione.
 
Gli anni Ottanta hanno rappresentato un momento di svolta per lo shōjo manga. Abbandonate le ambientazioni straniere, le autrici hanno tentato di virare sul quotidiano, convinte che un contesto più reale avrebbe potuto innescare un processo di immedesimazione da parte delle lettrici. Gran parte dei best seller di quegli anni sono ambientati nei licei (si pensi ai lavori di Ikuemi Ryō e Takaguchi Satosumi) e prediligono tematiche inerenti la sfera affettiva (amicizie, innamoramento e primi rapporti sessuali), ma non disdegnano quelle più problematiche (incomunicabilità e dissapori con le figure genitoriali) e controverse (insofferenza nei confronti del sistema scolastico).
 
In Hot Road, Tsumugi Taku è riuscita a raccontare tutto questo attraverso una delicata storia di formazione intrisa di lacrime e sofferenza. Il suo sguardo non si sofferma soltanto ad analizzare il complesso rapporto che lega Kazuki a Hiroshi, ma indugia anche nelle vite degli altri protagonisti. Nessun filtro, nessuna voglia di idealizzare la giovinezza. Al contrario, Tsumugi tenta di raccontare il vero, la realtà di un mondo (quello delle bande di motociclisti) che lei ben conosce. Affronta il tema dell’aborto, delle droghe, della prostituzione, del suicidio, della violenza, ma lo fa sempre in punta di piedi. Delicatamente. Più di un critico ha parlato del “ruolo catartico” di questi suoi fumetti, come se fossero una sorta di “terapia”, un rimedio che, se opportunamente assunto, può far stare bene e rigenerare lo spirito. I suoi personaggi sono il simbolo di una disubbidienza portata avanti attraverso precisi codici comportamentali (fumare, andare in moto, saltare le lezioni, accovacciarsi senza sedersi per terra) ed estetici (tingersi i capelli, farsi la permanente). Ecco perché questa loro insoddisfazione - verso la famiglia, verso la società -  non può che esprimersi  in atti di aperta ribellione, in comportamenti da yankee.
Nonostante il catalogo delle sue opere non sia vastissimo, Tsumugi Taku è riuscita ugualmente a imporsi come una delle maggiori artiste degli anni Ottanta grazie al suo stile personale e fuori da qualsiasi schema: tavole destrutturate, personaggi disegnati con pochi tratti, linee leggere e contorni sfumati, quasi eterei. Inoltre, il suo stile narrativo meriterebbe un elogio a parte, perché con quel misto di dialoghi e monologhi è riuscita a dar voce, senza urlare, alla solitudine e alla rabbia di una generazione incompresa.