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Adotta un titolo 1Adotta un titolo 2Titoli poco conosciuti, passati in sordina all'epoca dell'uscita o dimenticati col tempo... su AnimeClick.it abbiamo migliaia di schede anime e manga senza alcuna recensione, privando quindi i lettori di uno dei principali punti di forza delle stesse.
Per cui, ad ogni appuntamento di questa rubrica vi proporremo alcuni di questi titoli, con la preghiera di recensirli qualora li conosciate. Tutti gli utenti che recensiranno le opere proposte entro la scadenza assegnata riceveranno l'icona premio Scheda adottata. Per le regole da seguire nella stesura delle recensioni rimandiamo al blog apposito, che vi preghiamo di utilizzare anche per commenti, domande o tenere traccia dei premi (non commentate l'iniziativa in questa news).

I titoli al momento disponibili sono:

[ANIME] Dokidoki Precure (Scadenza: 4/1/2015)

[ANIME] Madonna (Scadenza: 7/1/2015)


Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi appuntamento libero, con gli anime True Tears, Kamisama no Inai Nichiyoubi e L'isola del tesoro.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


Per saperne di più continuate a leggere.


8.0/10
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True Tears è il primo lavoro prodotto integralmente dallo studio P.A. Works. La base di partenza è la visual novel omonima e come nel caso di Clannad - altra serie derivata da un gioco di questo tipo - i ritmi sono piuttosto lenti; questo però non deve essere considerato come un difetto, perché si ha la possibilità di assaporare meglio i piccoli particolari che rendono più incisive le situazioni narrate.

La storia non si discosta molto da quella dei classici anime scolastici/sentimentali: Shinichiro è un ragazzo timido che ama trascorrere il tempo libero creando delle storie illustrate. Il ragazzo è innamorato di Hiromi, sua amica d'infanzia che da un anno - dopo aver perso entrambi i genitori - vive nella sua casa; un giorno Shinichiro incontra Noe, una ragazza piuttosto scorbutica che è convinta di riuscire a far volare una delle galline ospitate nel cortile della scuola. Il loro primo incontro assomiglia a una dichiarazione di guerra: Shinichiro prende in giro Noe e lei lo maledice. Quando Shinichiro si accorge che le parole di Noe sembrano avere effetto si precipita da lei chiedendole scusa; da quel momento Noe inizia a vedere Shinichiro come una persona di cui fidarsi e gli confida che da molto tempo ha smesso di piangere. Noe ha "donato" le sue lacrime a una persona speciale, e si è promessa di non piangere fino a quando non troverà una persona altrettanto speciale per cui versare le sue lacrime.

Dopo questo inizio, simile a quello di tante serie scolastiche, si ha l'impressione che anche True Tears si incanali nei binari dell'harem - anche se limitato a sole tre ragazze che sembrano provare un'attrazione particolare verso il protagonista. Basta attendere i primi episodi e ci si rende conto che, fortunatamente, i personaggi hanno delle storie personali molto interessanti e profonde da raccontare che riescono a catturare l'attenzione più dei soliti turbamenti amorosi degli adolescenti.
Noe, con la sua filosofia del "volare come simbolo della realizzazione dei propri desideri", può sembrare alquanto strana, ma incarna alla perfezione lo spirito - tipicamente nipponico - dell'impegnarsi duramente per realizzare quello che desideriamo e dell'essere fieri delle scelte che facciamo. Molto particolare il racconto dell'amore che la lega alla nonna, il suo "diventare forte" - come dice di lei il fratello Jun - e il riuscire a vedere in tutti le potenzialità nascoste.
Hiromi porta con sé un mistero: come mai la madre di Shinichiro è così risentita verso di lei? Perché la tratta con astio? Cosa le ha fatto la madre della giovane? A queste domande, forse, nessuno sarà in grado di dare una risposta: quel che è certo è che le scene in cui le due si ritrovano faccia a faccia creano una notevole tensione. Stupisce il cambiamento di carattere che la vede protagonista negli ultimi episodi: pare quasi che, dopo aver subito per lungo tempo le angherie della madre di Shinichiro, non trovi di meglio che usare lo stesso rancore verso Noe che vede come una possibile rivale.
Shinichiro è il classico ragazzo che non riesce a dichiararsi per via della timidezza e che, a causa di nuove conoscenze, inizia a frequentare una ragazza diversa da quella che ama. Molto belle le scene dove - con la scusa di creare la storia per il suo libro - analizza i suoi sentimenti e arriva a scegliere la ragazza da frequentare. Ho apprezzato molto la caparbietà nel volere realizzare a tutti i costi la sua storia illustrata, e l'impegno messo nella danza per dare il suo contributo alla riuscita del matsuri.

La parte grafica è molto curata, degna degli alti standard qualitativi ottenibili con i mezzi moderni. Negli episodi è facile imbattersi in vedute, scorci o particolari degli interni che - quasi come se fossero delle sapienti pennellate del pittore - valorizzano i momenti più intensi della narrazione. La neve che cade, gli spruzzi del mare che si infrange sul molo, il vento gelido che scombina i capelli dei personaggi o i loro abiti in una fredda giornata autunnale... questi elementi, così come le lunghe sequenze sui disegni creati da Shinichiro - molto azzeccato quello dell'occhio piangente messo in alto nel cielo al posto del sole - danno un tocco di poesia alle situazioni mostrate.
Il character design rispecchia quello delle serie moderne: molto gradevole, ma i personaggi ormai si assomigliano un po' tutti e non ci sono grandi elementi di novità. Unica piacevole eccezione è Noe: quando si sceglie di non far piangere una ragazza ci si "tagliano" tutte quelle espressioni che permettono di rendere facilmente la commozione o la gioia immensa, sentimenti che le ragazze provano frequentemente. Gli autori hanno fatto un lavoro egregio nel trasmettere le forti emozioni provate da Noe con i suoi sguardi, i suoi gesti, le parole che sceglie e il tono della sua voce.
La colonna sonora è avvolgente, svolge alla perfezione il suo compito di coinvolgere e appassionare lo spettatore enfatizzando i momenti salienti. Molto bella la sigla iniziale Reflectia degli eufonius - già apprezzati con le sigle di Clannad e Noein - che unisce una intensa parte grafica a una musica toccante; più leggera la sigla finale Sekai no Namida, caratterizzata dalla presenza di tutti i personaggi in versione chibi ai quali si aggiunge il divertentissimo fantasma di Raigomaru, la gallina che Noe voleva far volare.

Finale tenero, dove gli eventi che tormentavano i personaggi si risolvono e lasciano presagire per tutti un futuro pieno di speranza. Non so dire se è "giusto" o meno, chi ha visto la serie potrà rispondere a questa domanda sulla base delle proprie impressioni e sulla simpatia provata per i singoli personaggi; a me non è dispiaciuto, ma sono rimasto un po' spiazzato dalla brusca caduta di tensione e suspense che ho provato all'inizio dell'ultimo episodio - quando la serie sembrava incanalarsi verso un finale dove tutti escono con delle ferite al cuore, per poi rientrare nello schema tipico degli anime scolastici/sentimentali.

Serie intensa e ben realizzata, che propone una storia un po' diversa rispetto a quelle che normalmente si trovano in altri anime dello stesso genere. I tredici episodi si lasciano guardare con estremo piacere, e invogliano lo spettatore a proseguire la visione per scoprire gli sviluppi della trama. Consigliata a chi, pur rimanendo nel genere scolastico, cerca qualcosa che sia un po' più profondo del solito racconto del primo amore dei protagonisti di turno.



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"Kamisama No Inai Nichiyobi" è un anime uscito nel 2013 e composto da 12 puntate. Lo stile è interessante e fonde in sé il bello di un genere fantasy e la trama intrigante di un soprannaturale/mistero, smorzando così i toni che, altrimenti, sarebbero risultati un po' troppo fiabeschi.
Penso che sia proprio questo il pregio di quest'opera, la coesione di molteplici elementi che permettono una buona armonia tra una storia interessante e un silenzioso segreto, celato dietro a paesaggi luminosi, sconfinati e troppo maestosi per un mondo così desolato.
Come vedremo in seguito, la trama è tutt'altro che allegra, eppure, nonostante questo velo drammatico, la tristezza non sembra mai prevalere in maniera così predominante sugli altri temi, scegliendo invece di mantenersi nelle retrovie, al fine di farsi sentire solamente nel "momento del bisogno". Tale malinconia potrebbe, a tutti gli effetti, essere rappresentata come una nebbiolina leggera che si posa sul mondo in una fredda mattina invernale: non così densa da creare problemi, ma nemmeno talmente flebile da non essere percepita.

Il mondo di "Kamisama No Inai Nichiyobi" è un mondo di morti…letteralmente. Dio ha abbandonato gli uomini, avverando però il loro ultimo e perverso desiderio: vincere la morte. Tuttavia questa nuova immortalità non sarà proprio un dono piacevole, in quanto, una volta morti, gli uomini torneranno in vita, perdendo però, con il passare degli anni, la loro umanità.
In un primo periodo il pianeta è stato percosso da tormenti e avversità notevoli, dovute a questa nuova esistenza e al fatto che, quelli ancora in vita, incominciavano ad avere il terrore dei non-morti. Solamente con gli anni si è riusciti a raggiungere una situazione di stallo, anche grazie alla comparsa dei "Guardiani delle tombe", strani esseri dalla forma umana, che hanno il compito di scavare fosse per i morti. Solo sfruttando queste sepolture gli umani avrebbero potuto riposare veramente in pace, privi del rischio di diventare zombie.
Ma, come è facile pensare, il mondo non riuscì a tornare veramente felice e, la stessa Ai Astin, piccola protagonista della nostra storia, dovrà fare i conti con questa realtà. La sua esistenza di Guardiana di tombe sembra procedere in maniera pacifica e serena, vivendo in un piccolo paesino isolato, composto da contadini gentili e lavoratori. Il loro cuore sembra essere buono e tenero, tanto da prendersi cura di Ai dopo la morte della madre di quest'ultima.
Eppure…qualcosa cambia. Un uomo dal nero mantello e dai capelli argentati giunge inaspettatamente al villaggio e, con serena pacatezza, uccide tutti gli abitanti, vecchi, donne e bambini compresi. Uno sterminio? Così pensò Ai alla vista di quel misterioso individuo, ma i suoi atteggiamenti sembrano tutt'altro che malvagi. Anzi, sembra avere lo stesso nome del padre che, anni or sono, è scomparso, lasciandola sola con la madre: Hampnie Hambart.
Chi sarà? Quale oscuro mistero era celato dietro quel pacifico paesino di campagna? E, soprattutto, quale sarà il destino di Ai?

Non solo ho trovato quest'anime estremamente interessante per i personaggi che presenta, ma anche per una storia intrigante, originale e ricca di misteri. Ai Astin è una ragazzina gentile e dal cuore grande, piena di vitalità e, soprattutto, desiderosa di scoprire un mondo a lei ignoto.
D'altro canto Hampnie Hambart è l'anima della storia (o almeno, a me è piaciuto tantissimo come personaggio): triste e pieno di malinconia, ma, in fin dei conti, buono. Il suo animo è profondo e, durante la storia, si avrà la possibilità di conoscerlo meglio. Tuttavia non sono solo questi i personaggi dell'opera, anzi, con il passare degli episodi verranno introdotti un gran numero di individui dal carattere differente. Di fatto la storia è organizzata in tre archi narrativi e ognuno di essi presenta protagonisti propri, fatta eccezione per il gruppetto principale, formato da Julie Sakuma Dmitriyevich, Scar e Ai.
Nonostante questa partizione, la vicenda scorre in maniera fluida, senza salti, donando così un senso di leggerezza a tutta la storia.

La grafica è bellissima, ricca di colori brillanti e leggiadri, come il rosso del tramonto che danza sulle vaste praterie di questo mondo dimenticato da Dio (letteralmente). I toni non sono propriamente felici, ma neanche tetri e macabri, insomma, mantengono un po' lo stesso livello della storia, cercando di far coesistere il bello di un fantasy e il mistero di un soprannaturale.
Anche le musiche sono molto interessanti e, soprattutto, riescono ad esaltare le emozioni nel corso dei vari momenti. Il doppiaggio è ben fatto e le voci sono, nel complesso, appropriate ai vari personaggi.

Quando ho incominciato questa serie ne sono rimasto estasiato, non solo per i contenuti, ma anche per i forti messaggi che vogliono comunicarci. Alle volte un bell'anime può apparire vuoto di contenuti e, anche se non mi dispiace più di tanto, può sembrare comunque un limite notevole. In questo caso invece ogni azione concorre a spedire nel nostro cuore piccoli suggerimenti, messaggi di speranza, tristezza, dolore, che permettono di farci immedesimare alla perfezione con i protagonisti del racconto.
Il finale è bello, ma lascia in bocca un sapore agrodolce, proprio per il fatto di dover interrompere l'anime sul più bello, senza aver raggiunto un vero e proprio obiettivo.
Ci sarà un seconda serie? Chissà. Momentaneamente non ci sono annunci di tal genere, ma sperare non fa mai male e una seconda stagione sarebbe qualcosa di veramente incredibile.
Forse "Kamisama No Inai Nichiyobi" è passato un po' in secondo piano come anime, non facendo tutto il successo sperato. Eppure, a mio avviso, un possibile successo sarebbe stato più che meritato e, proprio per questo motivo, ho tenuto particolarmente a mostrarvi, in questa recensione, un piccolo frammento di quest'opera.

Voto finale: 8… e mezzo!



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"L'isola del Tesoro", di Robert Louis Stevenson, è un romanzo che ha avuto decine di trasposizioni, in tutte le forme: radio, TV, cinema, animazione, sia occidentale che giapponese. Qui recensirò la serie anime del 1978 realizzata da Osamu Dezaki (alla regia) e Akio Sugino (direttore delle animazione e chara designer), l'inconfondibile duo che ha realizzato alcune tra le più celebri serie degli anni Settanta. I due si sono incontrati ai tempi della Mushi Productions, sotto la guida di Tezuka e hanno continuato a lavorare insieme fino a tempi recenti, separati solo dalla morte prematura di Dezaki. Tutte le loro opere sono di altissimo livello, anche se devo ammettere di essere diventato un loro ammiratore solo da adulto e non da bambino. Anche "L'isola del Tesoro", da me vista nei primi anni Ottanta, non mi aveva lasciato molto. Ormai non ne ricordavo più nulla, tranne che non mi era sembrata un granché. Rivista da adulto, invece, ho apprezzato grandemente l'eccellenza del chara design e della regia, come pure il magistrale ritratto del pirata Long John Silver. Probabilmente questo è il destino di una buona parte opere di questi due grandi autori: indirizzate a un pubblico infantile sono state battute in popolarità dai robottoni, salvo poi essere rivalutate da quegli stessi bambini diventati adulti.

"L'Isola del Tesoro" è a mio avviso una delle opere meno riuscite del duo, penalizzata da certi compromessi volti a soddisfar il pubblico infantile, senza comunque riuscirci. Mi riferisco per esempio alla figura di Bambo, il cucciolo di leopardo compagno di Jim: totalmente inutile ai fini della trama e non presente nel romanzo originale, si trova lì soltanto perché ai tempi si pensava che un ragazzino dovesse sempre avere un animale mascotte. Che Bambo fosse inutile lo dimostra il fatto che io stesso, bambino all'epoca della mia prima visione, non lo ricordassi per niente. Mi riferisco poi a personaggi di scarso spessore come il grasso signor Trelawney, finanziatore della spedizione verso l'isola del Tesoro, oppure alcuni pirati, più macchiette che altro. Il punto più basso della serie si trova poco dopo la metà, quando i pirati si ammazzano l'un l'altro sotto gli occhi di Jim, non si capisce bene perché. Sia ben chiaro, sono scene che si trovano nel romanzo originale (l'anime vi è piuttosto fedele, anche se Dezaki ci mette del suo e per arrivare a ventisei puntate si prende alcune libertà e aggiunge materiale non presente nel romanzo), quindi la mia critica non è tanto alle scene in sé, ma a come sono realizzate. L'errore è stato voler tenere insieme un registro drammatico con uno più leggero, adatto ai piccoli spettatori. La serie non riesce a trovare un giusto equilibrio. Dezaki è chiaramente più a suo agio con serie per adolescenti ("Rocky Joe", "Jenny la Tennista") che per bambini, e a mio avviso avrebbe dovuto puntare sul registro drammatico senza inutili titubanze.

"L'isola del Tesoro" non si può dire del tutto riuscita nella parte centrale, mentre è ottima la parte iniziale, caratterizzata da buoni personaggi come la madre di Jim e il pirata Billy Bones. Nel finale poi, a sorpresa, la serie decolla, sorretta tutta intera dal carisma di Long John Silver, il pirata. È Silver la figura dominante di tutto l'anime, molto di più del giovane protagonista Jim, simpatico ma tutto sommato privo di ogni originalità. Silver al contrario è un personaggio che, come si direbbe in gergo televisivo, "buca lo schermo". Silver non ha paura dei fantasmi, non crede in nulla, è furbo, astuto, all'occorrenza spietato, brillante, pieno di inventiva, dotato di vitalità sovrumana e infinite risorse, ostinato, tenace, impervio alle avversità e in grado di cavarsela in ogni evenienza, anche quando la sfortuna si accanisce su di lui. Nel finale Silver diventa quasi una figura mitica e l'ultima puntata in cui Jim, ormai adulto e divenuto ufficiale di marina, vaga per il mondo alla sua ricerca, è indimenticabile. Perché Silver è, sì, un malvagio pirata, ma è anche allegro, chiacchierone, simpatico e sinceramente affezionato a Jim, che salva in più occasioni a rischio della sua stessa vita. Silver è per l'orfano Jim Hawkins un vero e proprio padre putativo, un esempio di perfetta virilità, che ha più a che fare con la leggenda che con il realismo. Il carattere simbolico e metaforico di Silver lo si vede anche nelle sue caratteristiche, in primis l'assenza di una gamba, handicap terribile in una persona normale, ma per Silver quasi una descrizione del suo stato d'essere, uomo fuori dalla normalità, in periglioso equilibrio tra bene e male, tra forza e debolezza; Silver sopperisce alla mancanza della gamba con un pappagallo, Flint, essere in grado di volare così come simbolicamente lo è Silver, pronto ad attraversare mare e terra per recuperare il Tesoro, scopo della sua vita, eppure alla fine meno importante per lui di quanto non lo sia Jim.

Alla luce del carisma di Silver, dell'eccezionale chara design e del valore delle ultime puntate, mi parrebbe un delitto assegnare un voto inferiore all'otto, quindi arrotondo il mio 7,5 per eccesso. Ecco come sono le opere minori di Dezaki e Sugino.