Titoli poco conosciuti, passati in sordina all'epoca dell'uscita o dimenticati col tempo... su AnimeClick.it abbiamo migliaia di schede anime e manga senza alcuna recensione, privando quindi i lettori di uno dei principali punti di forza delle stesse.
Per cui, ad ogni appuntamento di questa rubrica vi proporremo alcuni di questi titoli, con la preghiera di recensirli qualora li conosciate. Tutti gli utenti che recensiranno le opere proposte entro la scadenza assegnata riceveranno l'icona premio Scheda adottata. Per le regole da seguire nella stesura delle recensioni rimandiamo al blog apposito, che vi preghiamo di utilizzare anche per commenti, domande o tenere traccia dei premi (non commentate l'iniziativa in questa news).
I titoli al momento disponibili sono:
[ANIME] Mitsuwano (Scadenza: 28/1/2015)
[MANGA] Astroboy Remake (Scadenza: 1/2/2015)
[ANIME] Gugure! Kokkuri-san (Scadenza: 4/2/2015)
Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Oggi appuntamento libero, con gli anime L'attacco dei giganti, Mashiro-iro Symphony The Color of Lovers e Ao Haru Ride.
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
Per saperne di più continuate a leggere.
L'attacco dei giganti
6.0/10
Una breve ma doverosa premessa prima di iniziare a dar fuoco alle polveri: non ho familiarità alcuna col manga di Isayama. Ne conosco la trama, ma non le modalità, ragion per cui potrei involontariamente attribuire all'anime - che comunque mi risulta abbia avuto la sua benedizione - dei difetti non suoi. Ciò detto, una parolina per chi, trovandosi nelle medesime condizioni, temesse di non essere sufficientemente preparato alla visione di questo suo parziale adattamento animato: non correte pericolo di venir lasciati indietro, perché non solo i personaggi principali ne sanno meno di voi, ma la narrazione procede a un ritmo che definire bradipesco è farle un complimento, con tanto di riassunti a prova di pesci rossi, eyecactch espositivi - gli unici davvero interessanti - e supercazzole pseudo-esplicative come se fosse antani. Sì, insomma, 'na goduria. Un atto di tafazzismo in venticinque comode rate. Ma la cosa che ti fa davvero esclamare: "Oh, rabbia!" è che al di là di questi inspiegabili e reiterati tentativi di rovinarsi con le sue stesse mani questo "Shingeki no Kyojin" un suo perché ce l'ha. Cos'aspetti a tirarlo fuori è un mistero - l'ennesimo e senza ombra di dubbio il più snervante di tutti. Ma magari la colpa è mia che ho sbattuto le palpebre una volta di troppo e mi sono persa il momento.
Da cent'anni l'umanità vive entro i confini di tre alte cerchie di mura: Maria, Rose e Sina. Questo esilio tutt'altro che volontario si deve alla comparsa dei Giganti, misteriose creature perlopiù non iscrivibili tra i "soggetti senzienti e pensanti" (cit.) il cui unico scopo si direbbe quello di far di noi povere formichine ambiziose il loro fiero pasto. Si vive bene, in questa gabbia dorata multistrato; non proprio equamente, certo, ma se non altro le mura sono abbastanza alte da tener fuori i mostri. Ma per confortevole che possa essere una prigione rimane una prigione, e a Eren Jaeger di far finta che vada tutto bene proprio non va. Che ne è della sovranità dell'uomo? Che ne è del mondo là fuori? Ma soprattutto, chi l'ha detto che questa sorta di tregua armata durerà per sempre? La risposta a quest'ultima domanda non si farà attendere a lungo: la città di Shingashina, propaggine meridionale del Wall Maria dove vive il ragazzo, viene presa d'assalto dai Giganti, l'arrivo dei quali coglie in contropiede sia la popolazione che, cosa ancor più grave, il cosiddetto Corpo di Guarnigione, intitolato a proteggerla. Sopravvissuto per un pelo alla mattanza, a seguito della quale ha perduto la madre, Eren giura vendetta ed entra nell'esercito assieme agli amici Mikasa e Armin. Il suo obiettivo è quello di diventare un membro del Corpo di Ricerca, specializzato nel combattere i Giganti nel loro territorio allo scopo di contenerne l'avanzata e acquisire nel contempo quante più informazioni possibili sul loro conto.
In realtà questo è più che altro un antipasto di quel che andremo effettivamente a vedere, perché dei cinque anni che intercorrono tra l'offensiva dei Giganti su Shingashina e la fine dell'addestramento di Eren e compagni ci viene mostrato ben poco: qualche (buona) riflessione di gundamiana memoria sulle brutture della guerra, un paio di scazzottate tra reclute, fiacche strizzatine d'occhio a "Full Metal Jacket" - con il Sergente Hartman che dall'aldilà ricambia con uno sputo -, siparietti comici che c'entrano come il cavolo a merenda, salti temporali di comodo e una caratterizzazione dei personaggi molto all'acqua di rose. Poi iniziano gli scontri coi Giganti e da lì in avanti è una melina continua. Per interi episodi ci si agita sulla sedia per l'irritazione di essere costretti ad assistere a scene dilatate fino all'inverosimile, con Eren che cincischia mentre attorno a lui amici e colleghi cadono come mosche. Panico? Rigurgiti di pacifismo? Macché: non c'è nulla che lo renda più felice di pestare i Giganti tipo acini d'uva. E li pesta, eh? Eccome se li pesta. Ma prima che entri in azione ci vuole una vita, cosa che specialmente nella seconda parte causerà ai suoi commilitoni ancora più problemi di quelli dovuti dalla sua natura di cane sciolto. La spiegazione che viene data in-universe, e cioè che ha bisogno di un motivo, rivela tutta la sua volatilità durante l'arco del Gigante Femmina (chi sarà mai "El Barto"?), di cui nemmeno l'Avvocato Messina di Fiorello potrebbe mai assumere la difesa; ciononostante ci vorrà del bello e del buono per convincere Eren a fare qualcosa, come se in precedenza non avesse dato prova di poter scattare per molto meno. E no, non si tratta di character development, quanto piuttosto di vaghi sprazzi non contestualizzati di umanità.
Qual è il problema, mi domando? La troppa o troppo poca fedeltà al manga? Un numero troppo esiguo di capitoli da adattare? È vero che stiamo parlando di un titolo a cadenza mensile, ma non mi pare che la carne al fuoco gli faccia difetto. E allora perché questo stillicidio? Non è uno slice of life, questo. Non è di arrivare in ritardo a scuola o di farsi notare dal senpai di turno che questi ragazzi si devono preoccupare, ma della loro stessa vita. E non è facendoli parlare gli uni addosso agli altri - quanti di coloro vengono provvisti di favella, cioè - che se ne delinea la psicologia.
Ecco, appunto, la psicologia dei personaggi. Del terzetto principale l'unico a salvarsi è Armin, che magari sarà anche un po' piattola, non dico di no, ma se non alto ha cuore, oltreché testa. Mikasa invece non sarebbe malaccio se solo non fosse così ridicolmente efficiente nei combattimenti e interessata unicamente a Eren, le cui evidenti turbe psichiche - non è un'iperbole, quel ragazzo ha veramente qualcosa che non va ai piani alti - non sembrano impensierirla affatto. Molto "meh" anche i loro compagni di brigata, eccettuati Annie, Marco e Jean, l'unico nel quale sia ravvisabile il compimento di un qualsivoglia percorso. Per quanto riguarda gli ufficiali è inutile dire che quello che spicca maggiormente è il capitano Levi, ma sono tanti quelli che meritano una menzione speciale, dal suo superiore Smith a Rico del Corpo di Guarnigione passando per Hanji, che pur mostrando un entusiasmo decisamente fuori luogo per il suo mestiere rimane uno dei personaggi più caritatevoli e facilmente accessibili in circolazione. Nel complesso poteva andare peggio, ma la mancanza di un protagonista-eroe - non sono la stessa cosa, non mi stancherò mai di ripeterlo - si fa sentire in maniera oserei dire drammatica: non si può esserlo soltanto a targhe alterne, non in un mondo tanto crudele e bisognoso di qualcosa, o meglio qualcuno, in cui poter credere.
Alla regia ritroviamo Testuro Araki, e già da questo ci si può fare un'idea di ciò a cui andiamo incontro; in una parola, anzi, tre, spacconate a non finire. Sia chiaro, non è un male, anche perché una storia di questo tipo di presta molto bene allo scopo. Il problema sono i continui cali di tensione a cui va soggetta la sceneggiatura. "Ma almeno così il budget è salvo, no?". Eh, mica tanto. Passi qualche espressione infelice di tanto in tanto, passino un paio di sequenze non proprio ispirate, ma il riciclo no, quello mi fa girare le scatole. Il character design è un pelino incostante, ma tutto sommato abbastanza ben fatto; quanto ai Giganti, in generale rendono bene l'idea, ma alcuni, come quello moe e il sosia di Freddie Mercury, risultano improbabili anche per gli standard di questo show.
Io ho seguito il doppiaggio giapponese, e devo dire di averlo trovato piuttosto interessante. Ho apprezzato in particolar modo Marina Inoue nei panni di Armin e l'accoppiata Ono-Kamiya su Erwin e Levi, ma mi sento di promuovere un po' tutti, non foss'altro che per ricompensarli di tutti gli sbadigli immeritati. Tuttavia il vero fiore all'occhiello del comparto tecnico è l'OST, variegatissima e di un'espressività più unica che rara; molto adrenaliniche le due opening, sofisticata la prima ending, ampiamente collaudato ma ben riproposto il concept della seconda.
Per concludere, per me che prima ne conoscevo soltanto i meme un pregio quest'anime ce l'ha, vale a dire che mi ha fatto venire voglia di dare un'occhiata anche al manga. Ma a che prezzo, Frits mio d'oro, a che prezzo!
Da cent'anni l'umanità vive entro i confini di tre alte cerchie di mura: Maria, Rose e Sina. Questo esilio tutt'altro che volontario si deve alla comparsa dei Giganti, misteriose creature perlopiù non iscrivibili tra i "soggetti senzienti e pensanti" (cit.) il cui unico scopo si direbbe quello di far di noi povere formichine ambiziose il loro fiero pasto. Si vive bene, in questa gabbia dorata multistrato; non proprio equamente, certo, ma se non altro le mura sono abbastanza alte da tener fuori i mostri. Ma per confortevole che possa essere una prigione rimane una prigione, e a Eren Jaeger di far finta che vada tutto bene proprio non va. Che ne è della sovranità dell'uomo? Che ne è del mondo là fuori? Ma soprattutto, chi l'ha detto che questa sorta di tregua armata durerà per sempre? La risposta a quest'ultima domanda non si farà attendere a lungo: la città di Shingashina, propaggine meridionale del Wall Maria dove vive il ragazzo, viene presa d'assalto dai Giganti, l'arrivo dei quali coglie in contropiede sia la popolazione che, cosa ancor più grave, il cosiddetto Corpo di Guarnigione, intitolato a proteggerla. Sopravvissuto per un pelo alla mattanza, a seguito della quale ha perduto la madre, Eren giura vendetta ed entra nell'esercito assieme agli amici Mikasa e Armin. Il suo obiettivo è quello di diventare un membro del Corpo di Ricerca, specializzato nel combattere i Giganti nel loro territorio allo scopo di contenerne l'avanzata e acquisire nel contempo quante più informazioni possibili sul loro conto.
In realtà questo è più che altro un antipasto di quel che andremo effettivamente a vedere, perché dei cinque anni che intercorrono tra l'offensiva dei Giganti su Shingashina e la fine dell'addestramento di Eren e compagni ci viene mostrato ben poco: qualche (buona) riflessione di gundamiana memoria sulle brutture della guerra, un paio di scazzottate tra reclute, fiacche strizzatine d'occhio a "Full Metal Jacket" - con il Sergente Hartman che dall'aldilà ricambia con uno sputo -, siparietti comici che c'entrano come il cavolo a merenda, salti temporali di comodo e una caratterizzazione dei personaggi molto all'acqua di rose. Poi iniziano gli scontri coi Giganti e da lì in avanti è una melina continua. Per interi episodi ci si agita sulla sedia per l'irritazione di essere costretti ad assistere a scene dilatate fino all'inverosimile, con Eren che cincischia mentre attorno a lui amici e colleghi cadono come mosche. Panico? Rigurgiti di pacifismo? Macché: non c'è nulla che lo renda più felice di pestare i Giganti tipo acini d'uva. E li pesta, eh? Eccome se li pesta. Ma prima che entri in azione ci vuole una vita, cosa che specialmente nella seconda parte causerà ai suoi commilitoni ancora più problemi di quelli dovuti dalla sua natura di cane sciolto. La spiegazione che viene data in-universe, e cioè che ha bisogno di un motivo, rivela tutta la sua volatilità durante l'arco del Gigante Femmina (chi sarà mai "El Barto"?), di cui nemmeno l'Avvocato Messina di Fiorello potrebbe mai assumere la difesa; ciononostante ci vorrà del bello e del buono per convincere Eren a fare qualcosa, come se in precedenza non avesse dato prova di poter scattare per molto meno. E no, non si tratta di character development, quanto piuttosto di vaghi sprazzi non contestualizzati di umanità.
Qual è il problema, mi domando? La troppa o troppo poca fedeltà al manga? Un numero troppo esiguo di capitoli da adattare? È vero che stiamo parlando di un titolo a cadenza mensile, ma non mi pare che la carne al fuoco gli faccia difetto. E allora perché questo stillicidio? Non è uno slice of life, questo. Non è di arrivare in ritardo a scuola o di farsi notare dal senpai di turno che questi ragazzi si devono preoccupare, ma della loro stessa vita. E non è facendoli parlare gli uni addosso agli altri - quanti di coloro vengono provvisti di favella, cioè - che se ne delinea la psicologia.
Ecco, appunto, la psicologia dei personaggi. Del terzetto principale l'unico a salvarsi è Armin, che magari sarà anche un po' piattola, non dico di no, ma se non alto ha cuore, oltreché testa. Mikasa invece non sarebbe malaccio se solo non fosse così ridicolmente efficiente nei combattimenti e interessata unicamente a Eren, le cui evidenti turbe psichiche - non è un'iperbole, quel ragazzo ha veramente qualcosa che non va ai piani alti - non sembrano impensierirla affatto. Molto "meh" anche i loro compagni di brigata, eccettuati Annie, Marco e Jean, l'unico nel quale sia ravvisabile il compimento di un qualsivoglia percorso. Per quanto riguarda gli ufficiali è inutile dire che quello che spicca maggiormente è il capitano Levi, ma sono tanti quelli che meritano una menzione speciale, dal suo superiore Smith a Rico del Corpo di Guarnigione passando per Hanji, che pur mostrando un entusiasmo decisamente fuori luogo per il suo mestiere rimane uno dei personaggi più caritatevoli e facilmente accessibili in circolazione. Nel complesso poteva andare peggio, ma la mancanza di un protagonista-eroe - non sono la stessa cosa, non mi stancherò mai di ripeterlo - si fa sentire in maniera oserei dire drammatica: non si può esserlo soltanto a targhe alterne, non in un mondo tanto crudele e bisognoso di qualcosa, o meglio qualcuno, in cui poter credere.
Alla regia ritroviamo Testuro Araki, e già da questo ci si può fare un'idea di ciò a cui andiamo incontro; in una parola, anzi, tre, spacconate a non finire. Sia chiaro, non è un male, anche perché una storia di questo tipo di presta molto bene allo scopo. Il problema sono i continui cali di tensione a cui va soggetta la sceneggiatura. "Ma almeno così il budget è salvo, no?". Eh, mica tanto. Passi qualche espressione infelice di tanto in tanto, passino un paio di sequenze non proprio ispirate, ma il riciclo no, quello mi fa girare le scatole. Il character design è un pelino incostante, ma tutto sommato abbastanza ben fatto; quanto ai Giganti, in generale rendono bene l'idea, ma alcuni, come quello moe e il sosia di Freddie Mercury, risultano improbabili anche per gli standard di questo show.
Io ho seguito il doppiaggio giapponese, e devo dire di averlo trovato piuttosto interessante. Ho apprezzato in particolar modo Marina Inoue nei panni di Armin e l'accoppiata Ono-Kamiya su Erwin e Levi, ma mi sento di promuovere un po' tutti, non foss'altro che per ricompensarli di tutti gli sbadigli immeritati. Tuttavia il vero fiore all'occhiello del comparto tecnico è l'OST, variegatissima e di un'espressività più unica che rara; molto adrenaliniche le due opening, sofisticata la prima ending, ampiamente collaudato ma ben riproposto il concept della seconda.
Per concludere, per me che prima ne conoscevo soltanto i meme un pregio quest'anime ce l'ha, vale a dire che mi ha fatto venire voglia di dare un'occhiata anche al manga. Ma a che prezzo, Frits mio d'oro, a che prezzo!
"Mashiro-iro Symphony: The Color of Lovers" è una commedia scolastico/sentimentale (anche harem ci aggiungerei) uscita nell'ormai lontano 2011, ma che, ancora oggi, presenta caratteri innovativi e, tutto sommato, originali. Detto questo non voglio affermare chissà che cosa riguardo quest'anime che, comunque, rispetta i canoni del genere scolastico-sentimentale, raccontando le vicende di un gruppo di studenti liceali alle prese con le solite questioni d'amore.
Il fattore harem è un'aggiunta carina, anche se, più che un vero e proprio harem, si tratta di una guerra di cuori verso un solo ragazzo, il "povero" Shingo Uryū.
Quest'ultimo fa parte, insieme alla sorella Sakuno Uryū e all'amico d'infanzia Hayata Mukunashi, di un piccolo gruppo di studenti che, a causa di problemi economici della loro scuola, vengono scelti come rappresentanti per un nuovo progetto di unificazione con un altro liceo, quest'ultimo strettamente femminile e dedicato alle ragazze di alta classe. Come appare subito evidente, l'integrazione non sarà così facile e, tra le più ostili avversarie, ci sarà Airi Sena, figlia del preside e fiera sostenitrice dell'indipendenza della sua scuola. La bella ragazza mostrerà subito un atteggiamento ostile nei confronti di Shingo, aggravato, tra l'altro, da una serie di incomprensioni che porteranno il giovane studente a essere etichettato come pervertito. La situazione sembra irrisolvibile? Tutt'altro, perché Sena, pian piano, mostrerà dei sentimenti molto più profondi verso il nuovo studente, così da scombussolarle ancora di più i pensieri. Amore, odio, cosa sceglierà? Shingo però non demorde ed entra a far parte di un club molto particolare, dove si assistono gli animali in difficoltà, accudendoli, curandoli e nutrendoli fino a che non saranno capaci di ritornare alla vita selvaggia. Qui troverà altre ragazze, tra cui la peperina Sana Inui e la bella e candida Miu Amaha, verso cui, tra l'altro, Shingo proverà subito una forte attrazione.
Termino qui il riassunto della trama perché, da questo momento in poi, toccherà a voi scoprire cosa succederà. Le giornate passano tranquille, ma, in fondo, neanche tanto, vista tutta la tormenta d'amore che circonda il povero ragazzo. Proprio riguardo questo argomento vorrei fare una precisazione: Shingo non è un completo idiota in fatto di ragazze. Come spesso succede in una commedia harem, il protagonista sembra non aver mai visto una fanciulla e tanto meno fatto un discorso con questa; bene, in questo caso Shingo mostra una certa cura nei confronti del gentil sesso, mostrando atteggiamenti che, se proprio non possono essere considerati galanti, almeno non sono da completo ignorante. In aggiunta, lui stesso prova dei sentimenti verso Miu e, come potrete vedere voi stessi, questi andranno a scontrarsi con le emozioni provate dalle altre ragazze che lo circondano.
Il carattere dei vari personaggi è ben curato e, nonostante vengano riproposti, almeno in parte, i soliti cliché dell'animazione, questi non sembrano pesare sulla storia e, tanto meno, assumere tratti demenziali. Ogni ragazza ha un proprio sentimento e lo vive in modo diverso, anche se, devo ammetterlo, proprio non sopporto il "siamo amiche e rivali in amore, aiutiamoci a vicenda". Forse questa è l'unica cosa che proprio non son riuscito a mandar giù (avverrà tra Sena e Sana).
La grafica è carina e anche i disegni non sono male, mantenendosi sullo standard di quegli anni. Vorrei fare una precisazione sui colori che, come lo stesso titolo annuncia, sono molto candidi e delicati, non assumendo per nulla quelle tinte forti presenti in molte commedie, bensì mantenendosi su tonalità più morbide e "sinfoniche".
Le musiche sono buone e anche il doppiaggio è fatto in maniera più che discreta.
In conclusione non mi rimane altro che farvi la solita raccomandazione di guardare voi stessi l'anime e poi giudicarlo secondo vostri criteri. Una recensione è personale e, inevitabilmente, varia a seconda di chi la scrive. A me "Mashiro-iro Symphony: The Color of Lovers" è piaciuto e ho voluto comunicarvi queste mie sensazioni. Ora tocca a voi giudicarlo, tenendo ben presente di non fermarvi su preconcetti, negativi o positivi che siano. Dunque... buona visione.
Voto finale: 7
Il fattore harem è un'aggiunta carina, anche se, più che un vero e proprio harem, si tratta di una guerra di cuori verso un solo ragazzo, il "povero" Shingo Uryū.
Quest'ultimo fa parte, insieme alla sorella Sakuno Uryū e all'amico d'infanzia Hayata Mukunashi, di un piccolo gruppo di studenti che, a causa di problemi economici della loro scuola, vengono scelti come rappresentanti per un nuovo progetto di unificazione con un altro liceo, quest'ultimo strettamente femminile e dedicato alle ragazze di alta classe. Come appare subito evidente, l'integrazione non sarà così facile e, tra le più ostili avversarie, ci sarà Airi Sena, figlia del preside e fiera sostenitrice dell'indipendenza della sua scuola. La bella ragazza mostrerà subito un atteggiamento ostile nei confronti di Shingo, aggravato, tra l'altro, da una serie di incomprensioni che porteranno il giovane studente a essere etichettato come pervertito. La situazione sembra irrisolvibile? Tutt'altro, perché Sena, pian piano, mostrerà dei sentimenti molto più profondi verso il nuovo studente, così da scombussolarle ancora di più i pensieri. Amore, odio, cosa sceglierà? Shingo però non demorde ed entra a far parte di un club molto particolare, dove si assistono gli animali in difficoltà, accudendoli, curandoli e nutrendoli fino a che non saranno capaci di ritornare alla vita selvaggia. Qui troverà altre ragazze, tra cui la peperina Sana Inui e la bella e candida Miu Amaha, verso cui, tra l'altro, Shingo proverà subito una forte attrazione.
Termino qui il riassunto della trama perché, da questo momento in poi, toccherà a voi scoprire cosa succederà. Le giornate passano tranquille, ma, in fondo, neanche tanto, vista tutta la tormenta d'amore che circonda il povero ragazzo. Proprio riguardo questo argomento vorrei fare una precisazione: Shingo non è un completo idiota in fatto di ragazze. Come spesso succede in una commedia harem, il protagonista sembra non aver mai visto una fanciulla e tanto meno fatto un discorso con questa; bene, in questo caso Shingo mostra una certa cura nei confronti del gentil sesso, mostrando atteggiamenti che, se proprio non possono essere considerati galanti, almeno non sono da completo ignorante. In aggiunta, lui stesso prova dei sentimenti verso Miu e, come potrete vedere voi stessi, questi andranno a scontrarsi con le emozioni provate dalle altre ragazze che lo circondano.
Il carattere dei vari personaggi è ben curato e, nonostante vengano riproposti, almeno in parte, i soliti cliché dell'animazione, questi non sembrano pesare sulla storia e, tanto meno, assumere tratti demenziali. Ogni ragazza ha un proprio sentimento e lo vive in modo diverso, anche se, devo ammetterlo, proprio non sopporto il "siamo amiche e rivali in amore, aiutiamoci a vicenda". Forse questa è l'unica cosa che proprio non son riuscito a mandar giù (avverrà tra Sena e Sana).
La grafica è carina e anche i disegni non sono male, mantenendosi sullo standard di quegli anni. Vorrei fare una precisazione sui colori che, come lo stesso titolo annuncia, sono molto candidi e delicati, non assumendo per nulla quelle tinte forti presenti in molte commedie, bensì mantenendosi su tonalità più morbide e "sinfoniche".
Le musiche sono buone e anche il doppiaggio è fatto in maniera più che discreta.
In conclusione non mi rimane altro che farvi la solita raccomandazione di guardare voi stessi l'anime e poi giudicarlo secondo vostri criteri. Una recensione è personale e, inevitabilmente, varia a seconda di chi la scrive. A me "Mashiro-iro Symphony: The Color of Lovers" è piaciuto e ho voluto comunicarvi queste mie sensazioni. Ora tocca a voi giudicarlo, tenendo ben presente di non fermarvi su preconcetti, negativi o positivi che siano. Dunque... buona visione.
Voto finale: 7
Ao Haru Ride
4.0/10
Il primo amore non si dimentica mai. Anche se non ha avuto modo di realizzarsi, il primo amore non si dimentica. Questa verità piomba come una falce sul collo di Yoshioka Futaba, quando fra i corridoi del liceo che frequenta incontra il ragazzo che alle scuole medie aveva fatto battare il suo cuore. Dopo il divorzio dei genitori, Tanaka Kou si era infatti trasferito improvvisamente, privando Futaba di un confronto. Il destino a volte combina le cose in maniera sapiente: due anime che si erano quasi arrivate a toccare, si reincontrano e di nuovo si ritrovano a un passo l'una dall'altra. Stavolta, però, non solo lui ha cambiato cognome e si chiama Mabuchi, ma si ripresenta in maniera completamente diversa da come lei lo ricordava. Se in un passato non troppo remoto Futaba era riuscita a sfiorare il cuore di Kou, ora si ritrova a dover ricominciare da capo la sua conoscenza, perché di quel ragazzo sorridente, timido e gentile che alle medie l'aveva conquistata, ad oggi è rimasto ben poco. O forse è solo un muro quello che vede, un muro che cela alla vista un generoso giardino? Passo dopo passo, lentamente, Futaba spera di ritornare a quell'unico che li separava allora...
Ao Haru Ride. Aoharaido. Ao Haru RAID. Sì, come il repellente per la fastidiosissima piaga estiva delle zanzare. Fastidiosa tanto quanto la tendenza dello shoujo contemporaneo di nascondere dietro drammi psicologici e lutti familiari una vuotezza di contenuti, pari solo alla trita dimensione scolastica che si trascina dappresso i suoi svariati cliché. Incuriosita dall'enorme successo che il manga sta riscontrando in Giappone, e nel suo piccolo anche in Italia, ho cominciato la visione di A un passo da te in estrema libertà di giudizio, anche se il mio buon senso, che all'epoca mi portò a lasciare sullo scaffale della fumetteria il primo volumetto, mi continuava a lanciare un campanello d'allarme. E avevo visto giusto! Cercavo una storia d'amore innovativa, che portasse una ventata di aria fresca nel panorama dei manga sentimentali degli ultimi anni, ed invece di nuovo non c'è proprio niente. La storia di Io Sakisaka, che lo studio Production I.G, già conosciuto per aver trasposto in animazione il manga di "Kimi ni todoke", ha mandato in onda per quest'estate 2014, ha la presunzione di inserirsi nella scia di quei manga introspettivi, che attraverso lo scandagliamento della psiche di un personaggio puntano a trasmettere un messaggio profondo legato ai malesseri dell'uomo. Con un protagonista maschile dalla personalità introversa, molto spesso scaturita da un trauma passato che ha incanalato la crescita verso un atteggiamento schivo, diffidente ed estremamente indipendente, e una protagonista femminile solare, ingenua, semplice, che spesso vede nella fermezza del partner un modello di forza da seguire, Aoharaido non ha detto nulla di più al di là di quello che già altri anime prima di lui hanno detto. Soprattutto le cose che ha detto le ha trasmesse in maniera semplicistica e superficiale. A volte non mi spiego il ricorso a situazioni drammatiche eccessive nell'ambito di una love story d'ambientazione scolastica, al solo scopo di dare una parvenza di spessore in più all'opera in questione. Sembra quasi che attualmente non si riesca a comunicare un messaggio positivo e la bellezza di un rapporto senza dover per forza usufruire di topos come la perdita di una persona cara per malattia, situazioni di bullismo al femminile che provocano difficoltà nella creazione futura di amicizie sane, oppure amori trasversali fra sistemi che la società vuol vedere separati tipo quello insegnante e alunna, o divorzi che si lasciano dietro una scia di incomprensioni e problematicità nell'adattamento. In un periodo della vita, quello adolescenziale, che già di suo vive l'amore con ansie, frasi fraintese, sentimenti inespressi, esagerate emozioni, in un vortice di impulsi che solo in quell'età riesci a percepire prepotente, perché occorre ficcarvici ulteriori tensioni e tristezze? Si può descrivere un sentimento d'amore anche senza andare a pescare un personaggio dal vaso di Pandora, perché non sono le esperienze dolorose in sé a caratterizzare la bellezza di una storia, ma è il modo in cui queste vengono affrontate e la maniera con cui esse sono inserite che fanno la differenza. E sicuramente Ao Haru Ride non centra quest'obiettivo.
Va molto lontano anche dall'avere dei personaggi validi. Lasciamo da parte Kou, sul quale non mi va di infierire perché, purtroppo per lui, l'autrice ha scelto di fargli vivere una delle peggiori sofferenze che la vita può porre in quell'età davanti ad un ragazzo, e per la medesima esperienza di vissuto confermo che ti forgi il carattere quando ti colpiscono lutti del genere in tenera età. Ma su Futaba non transigo! La crescita che il suo personaggio ha avuto nel corso della serie, se crescita si può definire, è scaturita quasi interamente dagli input che le mandava Kou, in una condizione che vede la donna condotta per mano dall'uomo, come se non fosse capace di riflettere e decidere da sola. Col suo atteggiamento infantile e superficiale, non solo ferisce più e più volte i suoi amici, ma persevera negli errori in maniera esasperante, per cui ogni cosa che dice o fa in seguito, seppur giusta, può risultare falsa, perché tardiva, perché non spontanea. Inoltre viene fatta passare come la ragazza ingenua e imbranata, alla quale si può perdonare tutto perché non ci pensa, perché non lo fa con quell'intenzione, non ha malizia, quando invece in altri contesti è fin troppo disinvolta nel pensare male delle amiche, nel provare gelosia, nell'invadere con presunzione lo spazio altrui avanzando giudizi. E' pur vero che durante l'arco dedicato a Kou, ossia quello finale dell'anime, mostra l'incipit di una prossima maturità, ma non sono sicura ci sarò quando si deciderà a concludere il suo ciclo. Tuttavia, ammetto che con Kou sta portando avanti un discorso interessante, ma che sono convinta l'autrice massacrerà con l'intromissione di terzi incomodi, da parte maschile e da parte femminile, che rovineranno quel poco di buono che i due protagonisti hanno costruito alla fine di questa serie, conducendo la storia in un baratro di triangoli amorosi di cui il mondo può benissimo fare a meno. Sui personaggi secondari non mi soffermo perché sono di una banalità sconcertante.
Tecnicamente l'anime non è niente di eccezionale. Il chara design è passabile, non riesce a riprodurre appieno il tratto di Io Sakisaka, e per ossimoro le animazioni sono statiche, in un'ambientazione, quella scolastica, che già di suo è fortemente stereotipata. La colonna sonora non lascia un'impronta e il doppiaggio non è niente di così indimenticabile, pur se ho gradito la versione cupa di Kaji Yuuki nei panni di Kou. A conti fatti, è stato positivo che ho avuto modo di guardare prima l'anime, perché mi si sono fugati tutti i dubbi che mi avevano fatta titubare nel momento dell'acquisto del manga, che poi ovviamente non è più avvenuto. Anzi no, un dubbio mi resta. Come è possibile che le persone che si lamentano dell'andamento negativo degli shoujo manga sono le stesse che assecondano questo tipo di storie? Eppure pensavo che a tutti piacesse un mondo senza zanzare...
Ao Haru Ride. Aoharaido. Ao Haru RAID. Sì, come il repellente per la fastidiosissima piaga estiva delle zanzare. Fastidiosa tanto quanto la tendenza dello shoujo contemporaneo di nascondere dietro drammi psicologici e lutti familiari una vuotezza di contenuti, pari solo alla trita dimensione scolastica che si trascina dappresso i suoi svariati cliché. Incuriosita dall'enorme successo che il manga sta riscontrando in Giappone, e nel suo piccolo anche in Italia, ho cominciato la visione di A un passo da te in estrema libertà di giudizio, anche se il mio buon senso, che all'epoca mi portò a lasciare sullo scaffale della fumetteria il primo volumetto, mi continuava a lanciare un campanello d'allarme. E avevo visto giusto! Cercavo una storia d'amore innovativa, che portasse una ventata di aria fresca nel panorama dei manga sentimentali degli ultimi anni, ed invece di nuovo non c'è proprio niente. La storia di Io Sakisaka, che lo studio Production I.G, già conosciuto per aver trasposto in animazione il manga di "Kimi ni todoke", ha mandato in onda per quest'estate 2014, ha la presunzione di inserirsi nella scia di quei manga introspettivi, che attraverso lo scandagliamento della psiche di un personaggio puntano a trasmettere un messaggio profondo legato ai malesseri dell'uomo. Con un protagonista maschile dalla personalità introversa, molto spesso scaturita da un trauma passato che ha incanalato la crescita verso un atteggiamento schivo, diffidente ed estremamente indipendente, e una protagonista femminile solare, ingenua, semplice, che spesso vede nella fermezza del partner un modello di forza da seguire, Aoharaido non ha detto nulla di più al di là di quello che già altri anime prima di lui hanno detto. Soprattutto le cose che ha detto le ha trasmesse in maniera semplicistica e superficiale. A volte non mi spiego il ricorso a situazioni drammatiche eccessive nell'ambito di una love story d'ambientazione scolastica, al solo scopo di dare una parvenza di spessore in più all'opera in questione. Sembra quasi che attualmente non si riesca a comunicare un messaggio positivo e la bellezza di un rapporto senza dover per forza usufruire di topos come la perdita di una persona cara per malattia, situazioni di bullismo al femminile che provocano difficoltà nella creazione futura di amicizie sane, oppure amori trasversali fra sistemi che la società vuol vedere separati tipo quello insegnante e alunna, o divorzi che si lasciano dietro una scia di incomprensioni e problematicità nell'adattamento. In un periodo della vita, quello adolescenziale, che già di suo vive l'amore con ansie, frasi fraintese, sentimenti inespressi, esagerate emozioni, in un vortice di impulsi che solo in quell'età riesci a percepire prepotente, perché occorre ficcarvici ulteriori tensioni e tristezze? Si può descrivere un sentimento d'amore anche senza andare a pescare un personaggio dal vaso di Pandora, perché non sono le esperienze dolorose in sé a caratterizzare la bellezza di una storia, ma è il modo in cui queste vengono affrontate e la maniera con cui esse sono inserite che fanno la differenza. E sicuramente Ao Haru Ride non centra quest'obiettivo.
Va molto lontano anche dall'avere dei personaggi validi. Lasciamo da parte Kou, sul quale non mi va di infierire perché, purtroppo per lui, l'autrice ha scelto di fargli vivere una delle peggiori sofferenze che la vita può porre in quell'età davanti ad un ragazzo, e per la medesima esperienza di vissuto confermo che ti forgi il carattere quando ti colpiscono lutti del genere in tenera età. Ma su Futaba non transigo! La crescita che il suo personaggio ha avuto nel corso della serie, se crescita si può definire, è scaturita quasi interamente dagli input che le mandava Kou, in una condizione che vede la donna condotta per mano dall'uomo, come se non fosse capace di riflettere e decidere da sola. Col suo atteggiamento infantile e superficiale, non solo ferisce più e più volte i suoi amici, ma persevera negli errori in maniera esasperante, per cui ogni cosa che dice o fa in seguito, seppur giusta, può risultare falsa, perché tardiva, perché non spontanea. Inoltre viene fatta passare come la ragazza ingenua e imbranata, alla quale si può perdonare tutto perché non ci pensa, perché non lo fa con quell'intenzione, non ha malizia, quando invece in altri contesti è fin troppo disinvolta nel pensare male delle amiche, nel provare gelosia, nell'invadere con presunzione lo spazio altrui avanzando giudizi. E' pur vero che durante l'arco dedicato a Kou, ossia quello finale dell'anime, mostra l'incipit di una prossima maturità, ma non sono sicura ci sarò quando si deciderà a concludere il suo ciclo. Tuttavia, ammetto che con Kou sta portando avanti un discorso interessante, ma che sono convinta l'autrice massacrerà con l'intromissione di terzi incomodi, da parte maschile e da parte femminile, che rovineranno quel poco di buono che i due protagonisti hanno costruito alla fine di questa serie, conducendo la storia in un baratro di triangoli amorosi di cui il mondo può benissimo fare a meno. Sui personaggi secondari non mi soffermo perché sono di una banalità sconcertante.
Tecnicamente l'anime non è niente di eccezionale. Il chara design è passabile, non riesce a riprodurre appieno il tratto di Io Sakisaka, e per ossimoro le animazioni sono statiche, in un'ambientazione, quella scolastica, che già di suo è fortemente stereotipata. La colonna sonora non lascia un'impronta e il doppiaggio non è niente di così indimenticabile, pur se ho gradito la versione cupa di Kaji Yuuki nei panni di Kou. A conti fatti, è stato positivo che ho avuto modo di guardare prima l'anime, perché mi si sono fugati tutti i dubbi che mi avevano fatta titubare nel momento dell'acquisto del manga, che poi ovviamente non è più avvenuto. Anzi no, un dubbio mi resta. Come è possibile che le persone che si lamentano dell'andamento negativo degli shoujo manga sono le stesse che assecondano questo tipo di storie? Eppure pensavo che a tutti piacesse un mondo senza zanzare...
Ao Haru Ride a quanto vedo è stato massacrato ingiustamente...merita un 8 per l'ottimo accostamento di romanticismo e drammaticità.
Non posso condividere le considerazioni di AIS riguardo l'attacco dei giganti, quella che definirei tranquillamente la miglior opera del 2013.. e non solo! Era da tantissimo tempo che non trovavo un anime capace di catturarmi allo stesso modo e davvero non riesco a capire come mai Ais abbia trovato lenta la narrazione... c'è azione in modo quasi continuativo!
Non posso appoggiare né queste né le altre critiche riguardo la caratterizzazione dei personaggi, per me è stato svolto un lavoro più che buono anche in tale direzione ma, del resto, per me "L'attacco dei giganti" è un'opera da 9 pieno (condizionato pesantemente dal fatto che sia attualmente incompleta) per lei un semplice 6... peccato
Le altre due opere non le ho seguite, il genere romantico non rientra tra i miei prediletti ma lo stile grafico di entrambe (soprattutto dell'ultima) mi attrae abbastanza, le inserirò dunque nella lista degli anime da guardare
Degli altri due, suscita il mio interesse "Mashiro-iro Symphony", anche se dalla recensione mi sembra la solita commedia col ragazzotto inutile in mezzo a un mare di belle ragazze. Ma una possibilità voglio dargliela.
Ma basta con queste protagoniste che si fingono quello che non sono per piacere agli altri, per piacere alle amichette stro**e da cui ci si separa dopo che il figo le ha bacchettate, e senza assumersi un pelo di colpa per essersi mischiate con loro. Parecchi anni fa Yukino Miyazawa indossava una maschera meglio di come farebbe una qualsiasi Futaba e almeno lo faceva per compiacere se stessa, non per essere accettata da quattro sgallettate bulle.
"Sembra quasi che attualmente non si riesca a comunicare un messaggio positivo e la bellezza di un rapporto senza dover per forza usufruire di topos come la perdita di una persona cara per malattia, situazioni di bullismo al femminile che provocano difficoltà nella creazione futura di amicizie sane, oppure amori trasversali fra sistemi che la società vuol vedere separati tipo quello insegnante e alunna, o divorzi che si lasciano dietro una scia di incomprensioni e problematicità nell'adattamento. "
Non posso che quotare, io davvero non ne posso più di questa depressione gratuita. E poi son tutti pronti a dare addosso alle storie sentimentali semplici e senza traumi perché "sono noiose".
Certo ho visto solo 4 episodi, ma sentendo i pareri di persone di cui mi fido, ma soprattutto fidandomi del mio istinto che ormai sa cosa fiuta, non credo che vedendo l'intera serie avrei cambiato idea. Certo non è Say i love you e a quanto pare poco dopo è arrivato qualcosa di peggio, tipo una tale ragazza zerb... ehm, lupo. Ma d'altronde non c'è mai fine al peggio.
Ovviamente è il mio parere personale, se qualcuno trova particolarmente bello ed emozionante questo tipo di storia e personaggi... buon per loro!
Non ho seguito "L'attacco dei giganti", ma ho recentemente ho visto "A un passo da te". Devo dire che, in linea di massima, concordo con la recensione che è stata qui proposta.
Non avrei dato un 4 perché, conoscendomi, sono di manica larga con i voti. Sono indecisa su un 5 o un 6. In fin dei conti, mi ha incuriosito abbastanza da vederlo fino alla fine.
Sicuramente la trama non è originale e, a mio parere, c'erano troppi piagnistei. Non mi sono piaciuti i protagonisti, in modo particolare Futaba, mentre ho apprezzato le figure secondarie e avrei voluto che venissero approfondite meglio.
Per quanto riguarda l'aspetto grafico, mi è piaciuto il modo in cui sono stati impostati i flashback, ma il resto non mi ha colpito molto.
Infine, le musiche mi sono sembrate molto adatte a trasmettere le emozioni dei personaggi. Secondo me hanno valorizzato l'anime.
Per concludere, consiglio la visione di "A un passo da te" a chi è curioso ma non ha troppe aspettative.
Poteva esserci una recensione su Kill la Kill
In ogni caso a me Giganti non è dispiaciuto, e almeno un 7-7.5 glielo darei.
C'è un punto della recensione che è estremamente corretto: la dilatazione di alcuni passaggi, che rende a volte parecchio prolisso lo svolgersi degli eventi.
I celebri Giganti risultano guardabili ma hanno numerosi difetti, tra personaggi, ritmo della narrazione e dettagli lasciati cadere per strada. Arriva a 7 se si è di manica larga, ma personalmente propendo verso il 6 come la recensione proposta.
Mashiro-Iro Symphony è stato uno dei miei primissimi anime, dove avevo ancora l'innocenza di credere che negli harem fosse normale avere un protagonista interessato alle donne e in grado di fare una scelta alla fine (questo è uno dei pochissimi titoli del genere dove avviene ciò). Non raggiunge vette particolarmente alte nè nella caratterizzazione nè negli eventi ma la storia nel complesso l'ho trovata godibile, un titolo che funziona per chi apprezza il genere, il 7 ci sta.
Certo,lei cresce per avvicinarsi di più al protagonista maschile,e sarà anche una bella storia,ma ha i suoi difetti che rendono la storia molto debole.
Gli altri non li conosco, ma la recensione di LaMelina è sempre piacevole da leggere
capisco l'essere restio per un anime senza un finale ma se teniamo conto dell'idea e delle emozioni che ha suscitato, io gli aggiudicherei un 7
------mashiro 7, non l'ho visto ma dalla trama e dalle immagine ho già un idea...
------ad un passo da te: d'accordo su tutto,solita solfa al pari di mashiro
Inizio col dire che raramente ho difficoltà a dare un voto. Ho la mia scaletta personale e in base a quella mi regolo. Non regalo né le sufficienze, né i voti alti, né le bocciature; do un voto quasi sempre in maniera convinta. Ogni volta che però mi ritrovo la recensione in rubrica, sia il voto alto, sia esso basso, mi devo sentir dire che è sbagliato. Per coerenza rispetto al mio modo di sentire gli shoujo manga, non potevo dare più di 4 e mi pare che nella recensione argomento fin troppo puntualmente i difetti che questa serie ha mostrato. Sono stati disegnati dei veri capolavori in questo genere, che hanno commosso e insegnato valori ad un'intera generazione adolescenziale. Ao Haru Ride cosa ha trasmesso? Falsità, depressione e autocommiserazione.
In linea di massima sono d'accordo col fatto che il personaggio di Futaba rispecchi un po' il prototipo di ragazzina che c'è nel mondo oggi. E sono d'accordo anche sul fatto che lei maturi molto lentamente. Non mi meraviglia che le adolescenti odierne si rivedano in lei. Io non sono più un'adolescente, questo è vero, sono quasi alla soglia dei 25 anni. Però a mio vantaggio c'è una realtà, quella che leggo manga da quando ne avevo 11. Ne ho ingurgitati di ogni genere e natura e non sono mai partita prevenuta, ma sempre come un foglio bianco da scrivere. Penso un minimo di capirne, o no? E oggi come al liceo, una serie del genere l'avrei trovata sgradevole e di cattivo gusto, di quelle a cui farei fare volentieri un volo nel giardino che ho di fronte casa! Forse io sono una ragazza d'altri tempi, o forse semplicemente non mi rivedo nell'atteggiamento superficiale e remissivo di quelle che pendono dalle labbra del figo di turno e si impongono di diventare diverse per piacergli. Un po' di pugno, suvvia! Inoltre mai infangare il sentimento d'amicizia con me, altrimenti si finisce sulla lista nera.
Non sono d'accordo nemmeno sul voler far passare Kou per un personaggio maturo solo ed esclusivamente perché ha dovuto attraversare un trauma. Io ho avuto lo stesso identico trauma che ha avuto lui e alla stessa età, e non ho minimamente reagito mettendo il muso all'umanità e ammonendo chi vuole farti uscire da quel baratro in cui ti sei ficcato. Anche io mi sono chiusa in un silenzio tombale non parlando con nessuno di quello che avevo e ci sono state persone che nemmeno hanno capito il mio problema perché ho mascherato sempre col sorriso, perché far pesare al prossimo il dolore che tu senti lo trovo sbagliato a prescindere. Perciò non mi venissero a dire com'è che si matura o com'è che si devono affrontare certe situazioni! E' vero che ognuno reagisce a modo suo e matura il lutto in maniera differente, ma se permettete mi reputo più matura io che i problemi li affronto e parlo, mi incazzo, discuto se c'è da farlo, e non lui che punta il dito, allontana, ferisce, digrigna, e di positivo non lascia proprio niente.
Infine, come dissi già a suo tempo in un altro commento verso Wolf Girl & Black Prince, altra perla nera del genere shoujo degli ultimi tempi, le autrici di oggi hanno rotto con questi personaggi depressi cronici a cui tutto è concesso solo perché hanno subito un trauma! Non se ne può più! Non è che se mi mettono un pg che ha avuto un lutto o è stato vittima di bullismo io mi commuovo e osanno al capolavoro, assolutamente hanno sbagliato portone al quale bussare! Il trauma se me lo devi mettere, lo devi mettere bene, altrimenti posa il pennino che fai più bella figura.
Sacrosante parole! E sacrosanto esempio! Ao Haru Ride è l'ombra deformata di serie come Karekano!
@zzzz
Non penso di aver massacrato ingiustamente l'anime. Non mi reputo una massima esperta di shoujo manga, ma ne ho lette e viste di serie che affrontano gli stessi argomenti e lo fanno in maniera migliore e degna. Solo per fare due esempi, puoi leggere Le Situazioni di Lui & Lei e Bokura Ga Ita. Dopo riparliamo in merito al mio massacro ad Ao Haru Ride.
Per quanto riguarda "A un passo da te", comprendo in parte l'analisi sopra riportata, ma sono del parere che tale anime meriti un giudizio molto più alto. A me è piaciuto moltissimo e, sebbene non appaia nella lista delle mie opere preferite, mi ha conquistato in maniera discreta. Detto ciò, sono comunque del parere che tutto dipende dalla persona che guarda l'anime e da come essa interpreta i vari avvenimenti. é normale che ciò cambi, poichè siamo tutti diversi, almeno un pochino....
@Meganoide
Ho dato 6 anche a quello
Ho dato 6 anche a quello
Non spoilerare i tuoi voti
Li lasciamo per il prossimo flame topic.
Mentre non sono per niente d'accordo con la recensione di "Ao Haru Ride", che per quanto non sia assolutamente un capolavoro, lo ritengo sicuramente un titolo valido nel suo genere. Ha un buon equilibrio tra romanticismo, "drammaticità" (intesa come caratterizzazione dei personaggi e del loro passato), ma soprattutto leggerezza! Anche questo titolo ha i suoi difetti ma sicuramente non da meritare 4 a parer mio.
Comunque ovviamente si rispetta ogni opinione, ma non mi trovo per nulla d'accordo c:
Ah, e comunque io ho visto "Bokura ga Ita" e letto "KareKano", ma mi sembra che tu metta a confronto delle opere che non hanno minimamente lo stesso obiettivo! "Ao haru Ride" è un anime (e un manga) sicuramente più leggero di questi altri due titoli, che invece hanno dietro una costruzione dei personaggi e della trama molto intelligente e complessa. La Sakisaka ci delizia spesso con delle opere leggere e con dei sentimentalismi "facili" che secondo me non vanno assolutamente disprezzati c:
La storia va veramente lenta, anche se abbastanza interessante, quindi per me il voto è giusto (al massimo un 7) ^^
Ao Haru Ride invece ha preso troppo poco, ma sinceramente pur essendo carina (mi è piaciuto l'anime e seguo il manga) come serie non capisco tutto sto boom di vendite del manga in Jap...
Complimenti ai tre ^^
Shinjeki è un anime banale, con uno svolgimento piatto e assolutamente prevedibile, buchi di trama, personaggi stereotipati per i quali patteggiare non è difficile, ma addirittura impossibile ("non è un'iperbole, quel ragazzo ha veramente qualcosa che non va ai piani alti" è diventata la mia best citazione EU).
Con questo non voglio dire che sia un pessimo anime da evitare come la peste (per quello c'è già Code Geass), perché di sicuro è una piacevole visione, alcune idee sono originali e la trama di fondo, per quanto piuttosto banalotta (umani in pericolo di estinzione per colpa di mostri assassini si vedono un po' ovunque), è comunque piacevole. Ma di certo non è l'anime rivelazione del secolo.
Dal tuo discorso mi pare di evincere che stai dando della "facilotta" alla Sakisaka. Vorrei farti notare che non le hai fatto un complimento!
Ovviamente il mondo è bello perché è vario, ma io porto avanti una tesi che si potrà basare per un 60% sul mio gusto personale, il resto è opinione condivisa purtroppo. :/
Un conto è disegnare una commedia romantica, dove è previsto un certo tipo di leggerezza e sentimentalismo non troppo patetico; un conto è disegnare una commedia romantica con protagonista depresso e lutto a carico, protagonista bullata e con difficoltà di relazionarsi, con personaggi ognuno complessato a suo modo... Cosa c'è di così leggero? L'errore più grave che ho evidenziato io e che non gli permette di raggiungere nemmeno la mediocrità, a mio modesto parere, sta proprio nell'aver voluto strafare in una commedia romantica dove personaggi patologici stonano a prescindere e rischiano di apparire decontestualizzati se non approfonditi o caricaturati adeguatamente! In sostanza è una storia vuota, perché non è né carne né pesce. Non è un Gekkan Shoujo Nozaki-kun, e non è nemmeno un Arrivare a te, da cui avrebbe molto da imparare in quanto a commedia d'ambientazione scolastica!
Secondo il tuo parere, inoltre, Ao Haru Ride non ha nulla a che fare con Bokura Ga Ita e Karekano: ed è esatto! Non è nemmeno paragonabile ad opere come quelle, eppure ha la presunzione di inserirsi nella loro scia. La Sakisaka, di cui non ho letto nient'altro e credo nient'altro leggerò, si è imbucata nello stesso filone di questi manga, perché ha caratterizzato i suoi personaggi in modo tale da separarsi dal genere scolastico e dargli un tono di drammatico/serioso. Come se bastasse fare un po' di piagnisteo per dare spessore al proprio manga! Il sottinteso è che questi due manga conducono un discorso coerente dall'inizio alla fine, mentre Ao Haru Ride sembra un continuo allungare il brodo, tira e molla, triangoli amorosi, ecc., nella banalità più totale... Ci fosse stato lo stesso background di BGI o Karekano, allora eravamo a cavallo!
Consigli di usare al meglio il cervello e internet ma neanche tu l'hai fatto dato che Ao Haru Ride non è pubblicato su Ribon ma su Betsuma. Lo leggeranno anche le bimbe probabilmente ma il target di riferimento di Betsuma sono le adolescenti, quello di Ribon le bambine, quindi le storie pubblicate su una o sull'altra rivista non sono propriamente paragonabili.
Non voglio fare discussioni ma hai usato un tono un po' polemico e poi sei caduta tu stessa nell'errore di non informarti per bene su quello che hai predicato.
Comunque tra il tuo commento e quello di Delandur non sto capendo se questo Ao haru ride è una cosa leggera e per un target bassissimo o se sia un capolavoro di manga psicologico! @_@
In ogni caso mi pare di capire che la critica del recensore stia proprio su questo punto: se vuoi fare una storia leggera, perché impantanarti con i lutti, i traumi, il carattere depresso, il bullismo e altro? I manga leggeri dovrebbero essere quelli che esulano da questi argomenti, altrimenti spaziamo nel "profondo", e quello se proprio lo si vuol fare, bisogna saperlo fare bene (da qui gli esempi di Karekano e BGI), altrimenti meglio evitare. A quanto pare, secondo il recensore, il problema è stato utilizzare espedienti profondi per poi trattarli "male".
Non fraintendetemi, l'anime mi piace è bello ..MA non posso sopportare il sospetto che il ritmo narrativo venga tenuto volutamente basso per motivi di cassa!
Nel mio caso la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la puntata seguente a quella dove l'esimio EREN viene trangugiato dal gigante..
MI aspettavo il seguito e invece ecco un episodio sul passato di Mikasa , episodio anche utile ma che potevano programmare in un'altro momento della storia , li era IMPERATIVO portare a termine la digestione di EREN da parte del suo mangiatore.
Posizionato in quel punto era un chiaro ed evidente allungare per tenere alto l'interesse , un po come le puntate riepilogative di Gundamica-seed-fukuda memoria.
Non vedevi l'ora di vedere come finiva e dopo una settimana di attesa ..ZACCHETEEE .. puntata riepilogo che spostava di un'altra settimana l'attesa con grande "smonamento" .
L'Attcco dei giganti , ma vale per tantissimi titoli , non ha bisogno di questi sotterfugi di bassa categoria..
Alla fine ho deciso che lo completerò quando uscirà la puntata finale .. proprio per saltare tutti questi trucchetti allunga/annacqua brodo ..
Comunque Bokura ga Ita è più trascinato e lacrimevole rispetto ad Ao Haru Ride, e l'ultima parte di KareKano è assurdamente pesante. Infatti preferisco manga più freschi e leggeri, e quando voglio un mattone bello drammatico e d'atmosfera mi vado a leggere Moto Hagio e altri shoujo della vecchia guardia. ^^ Quanto a L'Attacco dei Giganti, ha tutto quello che chiedo: una storia appassionante, personaggi carismatici e mazzate. Da uno shonen non pretendo altro. XD
Par Ao Haru Ride, l'unico altro anime che conosco in lista, ammetto di essermi fermata al quarto episodio perchè oltremodo irritata dai comportamenti di Kou e dal modo in cui veniva presentato il genere femminile in generale: chi esclusa perchè "piace ai ragazzi" (seriamente?), chi si finge un'altra per essere accettata. No, grazie.
Però l'opening era carina.
Il punto è che per il recensore, gusto personale a parte, questo manga non spicca sugli altri scolastici (come invece è per te), per espedienti, caratterizzazione dei personaggi ecc, è tutto scritto nella recensione. Non si tratta di non conoscere il genere perché lo conosce dato che lo segue (ovviamente nessuno qui si sente il massimo esperto, ci si basa su un'esperienza discreta in termini di "quantità" e "varietà" di letture), il punto è proprio che per lei ci sono scolastici con lo stesso target che fanno tutto molto meglio. Non è che se una cosa non piace ad uno e piace a noi è tutta "ignoranza" dell'altro, si fanno dei paragoni sugli stessi generi/target e se ne traggono le conclusioni. recentemente ho finito di leggere Dreamin'Sun, se si parla di manga leggeri allora ritengo quello un buon manga leggero, che non si impantana in drammi per far maturare i personaggi né ostenta tristezza per fingersi maturo.
Bokura è partito con il velo di tristezza dall'inizio e ha portato avanti un discorso coerente, karekano è vero che abusa del dramma nella seconda parte ma non si può dire che lo tratti con leggerezza o che le motivazioni di Arima siano "mi è morta la mamma, ora faccio il monello con la gente".
Possiamo cercare di affiancare al gusto personale tutta l'oggettività del mondo, ma le esperienze delle letture saranno probabilmente differenti per ognuno e sicuramente sarà diverso il modo di percepire tutto quello che una storia improntata sui sentimenti può offrire. Io una come Futaba la prenderei a testate, ma non mi stupisce che qualcuno la trovi invece simpatica o che ci si identifichi. Non ho certo ragione io per come la vedo, né hanno ragione gli altri. I personaggi e il modo in cui si esprimono e comportano li percepiamo ognuno a modo suo, non si tratta semplicemente di sapere o non sapere a chi è rivolto quel fumetto.
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