Avete mai vissuto il mare durante la vostra infanzia?
In parole povere “vivere il mare” significa interagire con esso per otto ore giornaliere; viverci letteralmente dentro; passarci la maggior parte del tempo libero fino a farsi incartapecorire la pelle e diventare dello stesso colore di un tizzone di carbone ardente.
Vivere l'esperienza del mare è qualcosa che interessa principalmente i primi dodici anni della propria vita, crescendo si perde il senso del gioco, l'emozione della scoperta, la soddisfazione che può portare la statica osservazione dell'acqua facendone contemporaneamente parte. Gli anni passano, gli interessi variano e con essi cambia la fascinazione che produce un'infinita distesa azzurra ai nostri occhi.
Ma da piccoli l'acqua salata assume significati incomprensibilmente attraenti personificando un luogo di protezione e libertà, un luogo dove il lento dondolio delle onde a cui si è soggetti estrania da tutto il resto, conciliando uno stato di rilassamento totale.
Vivere il mare significa starci bene dentro, e non è un'azione che riesce a tutti. Men che meno superati il limite dell'infanzia.
Children of the Sea è un manga dedicato a questo genere di emozioni, una serie breve pensata e disegnata da Daisuke Igarashi che si rivolge a chi ha vissuto profondamente il mare nel proprio passato, e a chi riesce tutt'ora a viverlo.

La trama è presto detta: Ruka è una ragazzina vivace che vive in un paesino marittimo; dopo essere stata esclusa dagli allenamenti estivi di pallamano a causa di comportamenti non consoni si ritrova l'estate libera. In un viaggio improvvisato a Tokyo farà la conoscenza di Umi, un bambino dalla carnagione scura che si dimostra più a suo agio immerso nell'acqua che sulla terraferma. Con sua sorpresa, Ruka scoprirà che Umi è in custodia assieme al fratello Sora nell'acquario Enokura, lo stesso dove lavora suo padre. Le viene inoltre rivelato che i due bambini hanno vissuto fino ai tre anni di età in acqua, allevati da un gruppo di dugonghi, ragione per cui possiedono un talento soprannaturale per il nuoto e per cui riescono a instaurare un forte collegamento col mare e la sua fauna.
Contemporaneamente a questo si susseguono strani avvenimenti: alcuni pesci scompaiono dagli acquari di tutto il mondo trasformandosi in luce come fantasmi; grandi stelle comete attraversano il cielo di notte; viene registrato un meteorite in avvicinamento sulla terra e gli studiosi avvertono comportamenti sempre più anomali negli animali acquatici. In tutto questo i fratelli Umi e Sora sembrano sapere qualcosa di ignoto alla gente comune, ma da dove vengono realmente? Che fenomeno naturale porta i pesci a scomparire in piccole scintille di luce? Cosa legano le particolari anomalie astronomiche con quel che succede all'interno degli oceani?

Children of the Sea è un bel manga, un bel manga dalla sorprendente complessità. Anzi no, sarò sincero: Children of the Sea non è un fumetto facile. Non è un fumetto facile in quanto non segue gli stilemi appartenenti alla narrazione classica di questo medium: contrariamente alla maggior parte dei prodotti di questo genere, la narrazione di Children of the Sea non presenta elementi solidi a livello della costruzione del racconto, non offre al lettore prese sicure su cui poggiare la propria lettura, ma anzi finisce per dare più interrogativi che risposte.
Questa serie, metaforicamente, è come un binario dritto e solido dalla meta ignota, su cui viaggia un treno dall'inquietante realismo sia grafico che narrativo.
Il mondo inscenato da Igarashi non è propriamente adatto a un fumetto poiché rappresenta con spaventosa lucidità la realtà in cui viviamo, concentrandosi su un suo lato nascosto, ignoto alla maggior parte della gente comune (“qual è questo lato?” vi chiederete voi. Ebbene: il mare, i suoi abitanti e le leggende che lo riguardano). Più semplicemente: ciò che compie l'autore è presentarci una fetta della realtà estranea alla nostra quotidianità, inscenandola in maniera scrupolosa e approfondita, quanto completamente distaccata.
Una delle prime cose che saltano all'occhio leggendo questi volumi è la neutralità del racconto, il distacco da ogni personaggio, la completa assenza di una presa di posizione. I personaggi sono tutti equamente buoni quanto cattivi, nascondono le proprie emozioni sia fuori che dentro il fumetto, impedendo un vero attaccamento ai protagonisti stessi.
Il modo in cui l'autore fa recitare le proprie creature è qualcosa di parzialmente innovativo in un manga: non presenta alcun “luogo comune” nei comportamenti dei personaggi, annullando del tutto la più classica “morfologia della fiaba” secondo cui all'interno di un racconto vi sono simboli ed elementi riconoscibili e comunemente classificabili quali un “eroe”, un “antagonista”, una situazione da risolvere e così via.
Non solo non vi sono elementi immediatamente catalogabili, ma le stesse emozioni inscenate smantellano il linguaggio del fumetto costituito da codici ben identificabili: dove ci si aspetterebbe un sonoro “Aahh!” di esclamazione euforica, i nostri si limitano a un velato ammiccamento di impronta atarassica. Insomma: vengono bandite del tutto le reazioni che solitamente si limitano a delineare con naturalezza i caratteri dei personaggi, o la natura della situazione inscenata (pericolo, gioia, tristezza, separazione, ecc...) in un manga.
Tutto ciò pone l'intera opera in una posizione di limitata teatralità (ma non di epicità, ci arriveremo tra poco), proponendo una compiaciuta sincerità emozionale da parte degli attori su carta.
Questa “freddezza narrativa” ha il grande pregio di presentare il contenuto della serie con un tono documentaristico creando un contesto in cui tutto ciò che vi è narrato può essere preso per vero, rendendo scontata la sospensione dell'incredulità e giovando l'intero prodotto. Children of the Sea, infatti, oltre a possedere una decisa complessità nel plot centrale – variegato com'è di teorie e supposizioni sulla risoluzione dei misteri – offre momenti evocativi di raro piacere chiamati “testimonianze sul mare”: piccoli capitoli in cui Daisuke Igarashi intesse una complessa mitologia degli oceani e dei suoi abitanti su seducenti leggende e affascinanti dicerie. Queste pagine di stacco dalle avventure di Ruka, Umi e Sora hanno la forza di portare lo spirituale e l'arcano nella pratica (e materiale) costruzione del racconto, rafforzando un delicato equilibrio tra realismo e finzione, comune e non comune.
Per non parlare del valore che acquisisce il mare proseguendo con la lettura: nell'arco dei cinque volumi l'autore lo trasforma nell'unico protagonista fondamentale, dandogli non solo una forma, ma anche un'inquietante maestosità, una personalità divina, una (già nominata) mitologia che veicola un universo a sé stante, con le proprie leggi e le proprie regole.
Quella che si attiva è un'operazione di totale fascinazione dell'elemento marino a discapito dei personaggi umani, il mostrare l'oceano con gli stessi occhi incantati di un bambino mediante una lucida gestione dei capitoli e dei tempi narrativi; azione che nemmeno il migliore degli architetti dell'arte sequenziale.

     

A livello visivo questo manga è il perfetto connubio di ciò scritto poco fa; i protagonisti sono disegnati secondo un'autenticità emozionale che si articola in espressioni misurate e adeguate al contesto narrativo. Si preferisce un giusto compromesso tra lo stile dinamico e il realismo naturale creando una lettura scorrevole e dall'impatto grafico ammaliante senza essere invadente. Igarashi preferisce concentrarsi su un'estetica finalizzata alla valorizzazione dell'ambiente marittimo in cui sono inscenate le vicende; una progressiva esaltazione del contesto paesaggistico ben conciliato con le strutture e le tecnologie contemporanee (ne sono un esempio le scene ambientate nell'acquario in cui lavora il padre di Ruka, o la meticolosità con cui sono disegnate le diverse barche). Tutto ciò avviene attraverso un uso generoso di vignette a pagina intera e splash-page, tali da rendere decompressa e diluita la lettura, lasciandoci la possibilità di respirare ad ogni capitolo e proseguire l'opera con il ritmo a noi più congeniale per la sua comprensione.
L'elemento naturale – dal mare e la terra, alla vastità del cielo – acquista sfumature poetiche e oniriche rivelandosi una presenza silenziosa e imperscrutabile nella sua immensità; le sequenze situate all'interno del mare rappresentano il climax di ogni volume mostrando con preziosa cura la bellezza degli organismi acquatici all'interno del loro elemento, manifestando ogni dettaglio con la stessa meraviglia dello sguardo incantato di un bambino.
Lo stile dell'autore, per quanto solo apparentemente sgraziato o grezzo, ha una sua fortissima personalità tale da creare un immaginario riconoscibile a un'unica, fugace, occhiata; i disegni nel loro complesso godono di una cura maniacale sul tema trattato, dimostrazione dello studio approfondito di Igarashi alla ricerca di un naturalismo sia grafico che formale.

Questo splendido manga è pubblicato in Italia da Planet Manga, a cui va tutta la mia riconoscenza e stima. Vista la natura della serie è stato un azzardo non da poco per la casa editrice modenese pubblicarla interamente con una periodicità bimensile, più unica che rara per un prodotto del genere.
L'edizione è tra le migliori in circolazione: formato più grande del normale (13 X 18 cm); 320 pagine ad albo, tra cui le prime a colori; rilegatura impeccabile; carta bianca; stampa decisamente di alto livello con neri profondi e omogenei, e una buonissima resa dei numerosi retini, qualità che valorizza completamente i disegni. Per non parlare del decisamente ottimo adattamento e lettering: i dialoghi privi di baloon si amalgamano con rispetto alle vignette senza rovinare il delicato equilibrio del tratto (per fortuna non vi è la benché minima traccia di pecette, la cosa mi ha rallegrato oltre l'inimmaginabile); la lettura risulta fluida, priva di scivoloni sintattici e risaltando una grande cura nei dettagli, per questo vanno i miei più sinceri complimenti alla letterista Monica Rossi e all'editor Elena Zanzi. Se dovessi trovare un difetto potrebbe essere la grafica del titolo, leggermente infantile se comparata a quella dell'edizione originale, ma si tratta di un dettaglio così innocuo che solo un invasato come il sottoscritto potrebbe stare a osservare.
 

Tirando le somme Children of the Sea è una serie dal carattere complicato, ma pure capace di una esaltante fascinazione per il tema trattato. L'ambiente naturale in quest'opera gode di un trattamento unico nel suo genere, risaltando con una forza coinvolgente. Una delle difficoltà a cui va incontro il lettore è l'abbandono a sé stesso nello svelamento dei misteri: la trama non pone certezze universali ma ci lascia il compito di districare la matassa per conto nostro, senza chiarire definitivamente le varie ipotesi che l'autore pone a ogni dialogo. Ogni personaggio all'interno del racconto possiede una propria visione del mondo, ognuna di esse potrebbe – o non – contenere al suo interno una parziale soluzione dei misteri del mare: tocca a noi scegliere chi seguire e cosa pensare una volta ultimata la lettura, pur venendo sottilmente indirizzati da alcuni momenti salienti incentrati su Ruka e Umi.
Per quanto mi riguarda: mi sono fatto un'idea sul significato finale del manga, ma nutro il forte dubbio sia solo un frammento del complesso mosaico inscenato da Daisuke Igarashi.
Cosa certa è che, dopo aver riletto quest'opera una seconda volta, provo l'irresistibile desiderio di andare al mare, immergermi in acqua e rimanere lì abbandonato.

[CERCAMANGA_Children of the Sea]