Il 26 aprile al Far East Film Festival 17 è il turno del sud-coreano The Royal Tailor (2014), del regista Lee Won-Suk (How to Use Guys with Secret Tips, Gelso d'Oro nel 2013), amatissimo dal pubblico udinese. Anche questa volta il regista super-pop non delude la platea, che gli tributa un'ovazione.
Kung Fu Jungle (Hong Kong, 2014), diretto da Teddy Chan, è una sorta di ricapitolazione della lunga storia del genere dei kung fu movies, che ha visto nella metropoli cantonese il suo fulcro.

The Royal Tailor:
 
Il Sanguiwon è la sartoria reale della dinastia coreana Joseon. Dol-Seok è il Capo Sarto della casa regnante, legato alle regole classiche della forma e del decoro. Kong-Jin è uno stilista ante litteram, talentuoso, estroso e dal gusto che precorre i tempi. Le ragazze della città e poi della corte, dove il sarto viene condotto da un nobiluomo suo cliente, impazziscono per le sue creazioni. Anche il Re e la Regina imparano ad amare il suo stile, ma il successo gli guadagna anche l'invidia del Capo Sarto. Quest'ultimo trama contro Kong-Jin, proprio mentre il giovane si avvicina alla bella Regina, trascurata dal Re. Un film esteticamente sontuoso, che mette in campo lo scrontro tra talento e mediocrità, ma soprattutto mostra come la bellezza sia inscindibile dall'amore. Gli abiti di Kong-Jin nascono dal suo amore per le persone, dal suo desiderio di creare un abito che si adatti alla persona, piuttosto che forzare la persona dentro l'abito. Kong-Jin raggiunge poi il vertice creativo quando incontra la Regina e se ne innamora, desiderando renderla la più bella del mondo, inguainandola nel più splendido dei suoi abiti. Un film che è un piacere per gli occhi e che tocca le corde più profonde del cuore.

キョン
 

Kung Fu Jungle:
 
L’ex campione di arti marziali Hahou (Donnie Yen) è da tre anni in carcere per aver causato la morte di un avversario durante un combattimento. Quando in città compare un serial killer (Baoqiang Wang) che prende di mira i migliori maestri di kung fu, il commissario di polizia, detta ‘Madame’ (Charlie Yeung), decide di offrire a Hahou la possibilità di redimersi, a patto che la aiuti a catturare il feroce assassino.
Dopo l’ovazione tributata a Jackie Chan nella serata inaugurale del Far East Film Festival, un altro veterano del cinema di arti marziali made in Hong Kong occupa prepotentemente la scena del teatro Nuovo Giovanni da Udine. Si tratta di Teddie Chan, che presenta la sua ultima fatica, Kung Fu Jungle, un film che è prima di tutto un omaggio al cinema di genere e offre una vera e propria summa di tutti gli elementi che le ‘martial arts’ hanno rappresentato, dalla loro affermazione internazionale nel cinema degli anni ’70 fino ai giorni nostri: azione adrenalinica, combattimenti all’ultimo sangue in tutti gli stili conosciuti, un protagonista integerrimo e un super cattivo da sconfiggere. A questi si aggiunge l’indagine poliziesca che fa da mero contorno all’azione pura. Così come i duelli a mani nude o all’arma bianca, altrettanto numerose e variegate le suggestive location in cui i vari scontri vengono messi in scena. Altra caratteristica peculiare della pellicola risiede nella presenza all’interno delle scene di innumerevoli cammeo e apparizioni a vario titolo di tutta una schiera di personaggi più o meno famosi (ex attori, stuntman, registi e svariati altri addetti ai lavori) che a vario titolo il cineasta ha voluto omaggiare e che si palesano nei fotogrammi dei titoli di coda.

bob71

Mostrato in versione restaurata (il FEFF è il primo festival a presentare questo film in Europa), The Tragedy of Bushido (Bushido Muzan) è considerato un capolavoro della New Wave della Shochiku, la 'Nouvelle Vague' nipponica. Opera prima del regista Eitaro Morikawa, il film risale al 1960, e si incentra sulla drammatica usanza del suicidio rituale presso i clan di samurai.
 
ThumbJpeg.jpg

The Tragedy of Bushido:
 
Iori viene scelto dal proprio clan per commettere il suicidio rituale, come forma di rispetto dopo la morte del proprio signore. In verità egli aveva pochi o punti rapporti con il signore stesso, e viene selezionato proprio perché a morire sono il più delle volte gli 'anelli deboli' della catena del clan. Il giovane non fugge comunque dalla morte, per dimostrare il proprio coraggio.
Tuttavia Oko, la moglie del fratello, profondamente legata a Iori, decide di unirsi carnalmente a lui prima del giorno del rituale. Per delle circostanze imprevedibili, il rito del junshi viene annullato, e in Iori si fa strada un fortissimo desiderio di vita, a causa dell'impetuoso desiderio che lo lega ad Oko. Il film affronta il nodo tra fedeltà cieca al clan e scelta consapevole di sfida ai tabù, e ancora di più ritrova al centro del contrasto tra vita e morte l'amore, unica forza capace di tenere legati gli esseri umani l'uno all'altro attraverso il desiderio. 
Le scelte registiche sono raffinatissime, nelle inquadrature così come nei tempi della narrazione. Un capolavoro il cui fascino risulta inalterato a distanza di più di cinquant'anni.

キョン