I robot naganiani stanno vivendo ultimamente una nuova giovinezza, tra cinema, riedizioni manga e arrivo, dopo anni di attesa, dei dvd delle serie. Dalla sua prima comparsa sui teleschermi nipponici, nell'ormai lontano 1972, Mazinger è stata una delle figure robotiche più longeve. Per farci un'idea sui motivi reali di questo successo e sul momento attuale di tutto ciò che gira intorno alla figura del gigante robotico creato da Go Nagai abbiamo deciso di interpellare il line editor di JPOP (editore che ha puntato forte su questo filone) Jacopo Costa Buranelli, e Fabrizio Modina, autore di Super Robot Files, che abbiamo presentato proprio noi di AnimeClick.it a Milano Cartoomics di quest'anno
AnimeClick.it: A 40 anni di distanza, l'originale Mazinger ha ancora qualcosa da raccontare alle nuove generazioni, oppure è destinato col tempo a diventare solamente materiale di studio per storici dell'animazione (e del fumetto giapponese)?
Modina: Mazinger Z è al tempo stesso un’idea e un’icona: nonostante il concept embrionale del Tetsujin 28 Go di Yokoyama, la creatura di Nagai resta innegabilmente il vero punto di partenza per la saga infinita dei Super Robot. Lo stesso Gundam deve inchinarsi davanti al fatto compiuto dell’essere un’evoluzione e non una matrice.
La fruizione, oggi, della serie animata, è certamente di difficile digeribilità da parte sia di un pubblico post adolescenziale che di quello adulto, per via della ripetitività del soggetto e la forma primitiva dell’animazione, ma resta, sorprendentemente, ancora ideale per lo stesso target per il quale fu concepito nel 1972, ovvero quello infantile, in virtù della semplicità strutturale e delle idee evergreen. Per questo motivo, l’opera ha acquisito oggi un secondo livello di lettura che all’epoca non poteva essere contemplato, ovvero quello di istituzione storica, divenendo un documento indelebile di un’epoca che ha plasmato le successive.
AC: Notiamo che c'è un po' di confusione tra chi si avvicina per la prima volta a questo titolo. Jacopo puoi spiegare ai nostri lettori le differenze tra il Mazinga targato Nagai e quello Ota/Nagai?
Buranelli: Il Mazinger di Nagai (in 6 volumi) è quello inserito all'interno della così detta “Saga”, ovvero l'opera pensata da Nagai secondo la cronologia: Mazinger, Great Mazinger, Grendizer. Si tratta del manga archetipico che ha dato poi origine a tutte le altre correnti e varianti del Nagaiverso, l'universo narrativo pensato da Go Nagai. Il Mazinger di Ota è sempre Mazinger che vive avventure collaterali, slegate dalla linea temporale. Sempre sotto la guida di Nagai, Ota ha creato un manga di avventure dove il protagonista è il robot guidato da Koji Kabuto, ma senza essere per forza inserito all'interno di un arco narrativo definito. Quello di Ota è un Mazinger più vicino all'anime che tutti conosciamo, un prodotto fatto di tante storie, tante avventure, tante battaglie.
AC: Parlando del mecha design, cosa caratterizza il Mazinger Z e il Grande Mazinger rispetto agli altri mecha dell'epoca?
Modina: Non si possono fare confronti laddove il territorio era completamente vergine. Mazinger Z ha ben poco a che vedere con le forme tozze e ingenue di Tetsujin 28 Go e per via della contemporaneità di realizzazione non ha subìto influenze da Astroganger. Mazinger Z e il suo successore hanno forme eroiche e possenti, sono “armature” indossate da cavalieri medioevali occidentali dal fisico perfetto e questo li rende ancora più esotici agli occhi del pubblico nipponico. Di fatto, non hanno nulla a che vedere con i samurai se non a livello ideologico. Great Mazinger è il primo super robot a brandire una spada, che, guarda caso, non è affatto una katana ma è molto più simile alla Excalibur di Artù. Ancora una volta siamo a ribadire che lo stereotipo creato da Nagai influenzò il futuro senza a sua volta essere condizionato dal passato, nonostante, in effetti, anche Tetsujin 28 Go dimostrasse già di avere fattezze più europee che nipponiche.
AC: Non solo i buoni sono ricordati con affetto ma anche i "cattivi"; secondo voi in cosa consiste il fascino di villain come il Barone Ashura o il Generale Nero?
Modina: Go Nagai si trova evidentemente a suo agio, sia a livello narrativo sia grafico, con la malvagità. Mentre gli eroi e le eroine delle sue opere sono personaggi bidimensionali ai quali dedica una minima caratterizzazione (soprattutto nel disegno), i loro antagonisti sono capolavori di macabra bellezza. Il fascino evocato da queste creature, che paiono smembrate e riassemblate con perversa ironia, è certamente da indicare tra i tratti più longevi del lavoro del mangaka, così orribilmente contemporanei in un’epoca, la nostra, dove è l’horror a muovere il mercato dei manga e degli anime.
Ancora una volta non si può non notare la forte influenza greco-romana dei loro volti distorti, bloccati in sorrisi demoniaci che tanto somigliano alle antefisse etrusche, tesori di un mondo perduto che viene rivisitato nella sua forma più inquieta ed oscura.
AC: Veniamo agli ultimi titoli usciti. God Mazinger è stato sicuramente un regalo fatto ai fan, visto che la serie animata degli anni '80 non è mai arrivata in Italia. Cosa caratterizza questo titolo rispetto al Mazinger originale? In God Mazinger ci sono moltisimi riferimenti culturali occidentali, reputate sia anche questa la chiave del successo planetario di questo mecha?
Buranelli: God Mazinger così come Z Mazinger sono due titoli che celebrano la passione di Nagai per la mitologia occidentale. Sia essa greca o con riferimenti mesopotamici, è sicuramente una visione del Nagaiverso incentrata su echi classici. God Mazinger è un’opera che risente molto del concetto “mitologico” che sta alla base di numerosi Super Robot (questo concetto è ben spiegato nel libro di Modina), dove l'eroe è una sorta di divinità che interagisce con gli uomini e che è visto con gli occhi degli umani. Un leggendario Colosso di Rodi, per intenderci.
Siccome la mitologia, al contrario della moda, è pensata per restare e per trascendere lo spazio e il tempo (gli antichi usavano la mitologia come spiegazione definitiva per i misteri del mondo, indipendentemente dal corso della storia), credo che questo approccio nagaiano sia sicuramente ben riuscito. E di conseguenza, come dici tu, un successo per il suo mecha.
AC: Parliamo di Shin Mazinger Zero, quanto possono aiutare questi remake nello svecchiare un prodotto datato così da renderlo più appetibile per i giovani?
Modina: L’opera di modernizzazione dei grandi classici pare essere oggi l’unico punto fermo attorno al quale gravita lo stanco sistema dell’animazione giapponese, arrivata al suo capolinea evolutivo.
Proprio per questo, il riciclo di ciò che fece la storia può, temporaneamente, colmare il vuoto creativo, aggiornando lavori ormai troppo naif per un pubblico disincantato, ma comunque ancora detentori di una enorme scintilla di originalità. A livello di anime, opere come Tetsujin 28 Go del 2004, Shin Mazinger Shougeki! Z Hen del 2009 e Uchu Senkan Yamato 2199 del 2012 sono un’evidente riuscita di tali propositi, gioielli di animazione contemporanea che hanno aggiunto adulta modernità a tracce semplici ma immortali. Shin Mazinger Zero si colloca, come manga, in questa fase di trasformazione, operando una (ennesima) rilettura per compiacere un nuovo pubblico e stuzzicare l’attenzione dei veterani.
AC: Quali sono secondo te le differenze sostanziali tra questo Shin Mazinger e il vecchio Mazinger?
Buranelli: Se Mazinger Z era una grande utopia (un robot enorme che protegge la terra dalla minaccia globale), lo Shin è una magistrale distopia (cosa succederebbe se questo robot non vincesse, ma anzi si rivoltasse contro l'umanità?). Non si tratta di un remake, attenzione! Lo Shin è la versione di Tabata e Yogo su riflessioni attuali usando il mito. Il mito del Mazinger appunto. Ma le differenze sono sia narrative sia nello spirito stesso dell'opera. Potremmo quasi dire che lo Shin è “leggere Mazinger Z oggi”. La storia è diversa, pur rimanendo fedele allo spirito dell'opera originale.
AC: Yoshiaki Tabata e Yuuki Yogo sono rimasti fedeli al Nagai delle origini?
Buranelli: Lo hanno celebrato. Tabata e Yogo sono due grandissimi fan di Nagai e Nagai ha supervisionato l'opera. Possiamo dire che per molti versi sono rimasti fedeli (ci sono svariati cammeo di altri personaggi del Nagaiverso, per esempio) pur con l'intento di dare la loro versione della saga. Shin Mazinger Zero è uno dei manga più riusciti dell'ultimo periodo, un periodo dove l'editoria giapponese e l'arte del mangaka guarda sempre di più al passato (ci sono remake su remake…) non sempre con successo. Eppure, Tabata e Yogo ce l'hanno fatta! Del resto, cosa ci si poteva aspettare dal duo che ha creato quella gran figata di Akumetsu?!
AC: Qual è stato il riscontro di pubblico di questo remake moderno, rispetto ai vecchi classici e chi li ha comprati? Giovani alla loro prima esperienza con questo nome importante oppure vecchi conoscitori della saga?
Buranelli: Chi conosceva la saga ha avuto un crash del tutto positivo! Non se lo aspettava e abbiamo riscontrato un sacco di commenti entusiasti proprio da chi era affezionato all'originale. Anche dai più tosti e dai più intransigenti! Lo Shin godeva, se così si può dire, dello status di “inedito” in Italia, a differenza del Mazinger Z classico, quindi ha avuto un notevole successo. Il pubblico più giovane non è molto legato ai robot. Dopo Evangelion sembra che l'attenzione delle nuove generazioni si sia spostata verso altri miti, verso altri universi narrativi. Ma con i disegni di Tabata e Yogo e con quel loro modo dinamico e pirotecnico di raccontare le storie, come non rimanerne rapiti?
AC: Dal punto di vista grafico e tecnico cosa cambia tra i Mazinger originali, God Mazinger e Shin Mazinger Zero?
Modina: La risposta è davanti ai nostri occhi: decenni di continua evoluzione stilistica degli autori, di domanda dei lettori e di risposta del marketing. Sebbene Mazinger Z e God Mazinger siano separati da soli dodici anni, rispetto ai quasi quaranta anni che porteranno a Shin Mazinger Zero, risulta comunque evidente il desiderio dell’autore di esplorare nuove strade, utilizzando un archetipo storico per inventare una divergente mitologia in grado di emanciparsi da sé stessa. Un gioco pericoloso ma intrigante per uno scrittore. Decisamente più avvantaggiati sono stati i mangaka al lavoro su Shin Mazinger Zero, chiamati a dare un tocco di nuovo smalto ad un vetusto capolavoro, utilizzando una grafica che autonomamente e automaticamente è già, comunque, anni luce più avanzata e coerente con il target al quale è rivolto il prodotto.
AC: Avete riscontrato un nuovo interesse verso Mazinger e, in generale, verso i mecha naganiani dopo il successo de "La Notte dei Super Robot" al cinema e il ritorno dei titoli animati in edicola grazie a Yamato Video?
Modina: I segnali erano evidenti: il momento è ora! Fenomeni come Lucca Comics & Games, con gli oltre 400.000 visitatori dell’ultima edizione, sono lo specchio del profondo cambiamento culturale intergenerazionale del nostro paese.
“Nerd is the new cool” pare essere l’headline di questa tendenza che unifica quarantenni, ventenni e bambini nella comune scoperta e riscoperta del mondo del fantastico. In questo clima di libertà espressiva, i bambini degli anni ’70 non hanno più timore di rivelare le proprie passioni, che, improvvisamente, diventano motivo di condivisione in ufficio e nella vita privata, quando soltanto pochi anni indietro potevano essere giudicati come infantili eccentricità.
Super Robot Files 1963-1978 ha avuto quindici anni di gestazione ed è stato dato alle stampe né più né meno che al momento giusto, pensato per un lettore che sale diagonalmente di età, in relazione al grado di approfondimento che desidera dare all’argomento.
AnimeClick.it: A 40 anni di distanza, l'originale Mazinger ha ancora qualcosa da raccontare alle nuove generazioni, oppure è destinato col tempo a diventare solamente materiale di studio per storici dell'animazione (e del fumetto giapponese)?
Modina: Mazinger Z è al tempo stesso un’idea e un’icona: nonostante il concept embrionale del Tetsujin 28 Go di Yokoyama, la creatura di Nagai resta innegabilmente il vero punto di partenza per la saga infinita dei Super Robot. Lo stesso Gundam deve inchinarsi davanti al fatto compiuto dell’essere un’evoluzione e non una matrice.
La fruizione, oggi, della serie animata, è certamente di difficile digeribilità da parte sia di un pubblico post adolescenziale che di quello adulto, per via della ripetitività del soggetto e la forma primitiva dell’animazione, ma resta, sorprendentemente, ancora ideale per lo stesso target per il quale fu concepito nel 1972, ovvero quello infantile, in virtù della semplicità strutturale e delle idee evergreen. Per questo motivo, l’opera ha acquisito oggi un secondo livello di lettura che all’epoca non poteva essere contemplato, ovvero quello di istituzione storica, divenendo un documento indelebile di un’epoca che ha plasmato le successive.
AC: Notiamo che c'è un po' di confusione tra chi si avvicina per la prima volta a questo titolo. Jacopo puoi spiegare ai nostri lettori le differenze tra il Mazinga targato Nagai e quello Ota/Nagai?
Buranelli: Il Mazinger di Nagai (in 6 volumi) è quello inserito all'interno della così detta “Saga”, ovvero l'opera pensata da Nagai secondo la cronologia: Mazinger, Great Mazinger, Grendizer. Si tratta del manga archetipico che ha dato poi origine a tutte le altre correnti e varianti del Nagaiverso, l'universo narrativo pensato da Go Nagai. Il Mazinger di Ota è sempre Mazinger che vive avventure collaterali, slegate dalla linea temporale. Sempre sotto la guida di Nagai, Ota ha creato un manga di avventure dove il protagonista è il robot guidato da Koji Kabuto, ma senza essere per forza inserito all'interno di un arco narrativo definito. Quello di Ota è un Mazinger più vicino all'anime che tutti conosciamo, un prodotto fatto di tante storie, tante avventure, tante battaglie.
AC: Parlando del mecha design, cosa caratterizza il Mazinger Z e il Grande Mazinger rispetto agli altri mecha dell'epoca?
Modina: Non si possono fare confronti laddove il territorio era completamente vergine. Mazinger Z ha ben poco a che vedere con le forme tozze e ingenue di Tetsujin 28 Go e per via della contemporaneità di realizzazione non ha subìto influenze da Astroganger. Mazinger Z e il suo successore hanno forme eroiche e possenti, sono “armature” indossate da cavalieri medioevali occidentali dal fisico perfetto e questo li rende ancora più esotici agli occhi del pubblico nipponico. Di fatto, non hanno nulla a che vedere con i samurai se non a livello ideologico. Great Mazinger è il primo super robot a brandire una spada, che, guarda caso, non è affatto una katana ma è molto più simile alla Excalibur di Artù. Ancora una volta siamo a ribadire che lo stereotipo creato da Nagai influenzò il futuro senza a sua volta essere condizionato dal passato, nonostante, in effetti, anche Tetsujin 28 Go dimostrasse già di avere fattezze più europee che nipponiche.
AC: Non solo i buoni sono ricordati con affetto ma anche i "cattivi"; secondo voi in cosa consiste il fascino di villain come il Barone Ashura o il Generale Nero?
Modina: Go Nagai si trova evidentemente a suo agio, sia a livello narrativo sia grafico, con la malvagità. Mentre gli eroi e le eroine delle sue opere sono personaggi bidimensionali ai quali dedica una minima caratterizzazione (soprattutto nel disegno), i loro antagonisti sono capolavori di macabra bellezza. Il fascino evocato da queste creature, che paiono smembrate e riassemblate con perversa ironia, è certamente da indicare tra i tratti più longevi del lavoro del mangaka, così orribilmente contemporanei in un’epoca, la nostra, dove è l’horror a muovere il mercato dei manga e degli anime.
Ancora una volta non si può non notare la forte influenza greco-romana dei loro volti distorti, bloccati in sorrisi demoniaci che tanto somigliano alle antefisse etrusche, tesori di un mondo perduto che viene rivisitato nella sua forma più inquieta ed oscura.
AC: Veniamo agli ultimi titoli usciti. God Mazinger è stato sicuramente un regalo fatto ai fan, visto che la serie animata degli anni '80 non è mai arrivata in Italia. Cosa caratterizza questo titolo rispetto al Mazinger originale? In God Mazinger ci sono moltisimi riferimenti culturali occidentali, reputate sia anche questa la chiave del successo planetario di questo mecha?
Buranelli: God Mazinger così come Z Mazinger sono due titoli che celebrano la passione di Nagai per la mitologia occidentale. Sia essa greca o con riferimenti mesopotamici, è sicuramente una visione del Nagaiverso incentrata su echi classici. God Mazinger è un’opera che risente molto del concetto “mitologico” che sta alla base di numerosi Super Robot (questo concetto è ben spiegato nel libro di Modina), dove l'eroe è una sorta di divinità che interagisce con gli uomini e che è visto con gli occhi degli umani. Un leggendario Colosso di Rodi, per intenderci.
Siccome la mitologia, al contrario della moda, è pensata per restare e per trascendere lo spazio e il tempo (gli antichi usavano la mitologia come spiegazione definitiva per i misteri del mondo, indipendentemente dal corso della storia), credo che questo approccio nagaiano sia sicuramente ben riuscito. E di conseguenza, come dici tu, un successo per il suo mecha.
AC: Parliamo di Shin Mazinger Zero, quanto possono aiutare questi remake nello svecchiare un prodotto datato così da renderlo più appetibile per i giovani?
Modina: L’opera di modernizzazione dei grandi classici pare essere oggi l’unico punto fermo attorno al quale gravita lo stanco sistema dell’animazione giapponese, arrivata al suo capolinea evolutivo.
Proprio per questo, il riciclo di ciò che fece la storia può, temporaneamente, colmare il vuoto creativo, aggiornando lavori ormai troppo naif per un pubblico disincantato, ma comunque ancora detentori di una enorme scintilla di originalità. A livello di anime, opere come Tetsujin 28 Go del 2004, Shin Mazinger Shougeki! Z Hen del 2009 e Uchu Senkan Yamato 2199 del 2012 sono un’evidente riuscita di tali propositi, gioielli di animazione contemporanea che hanno aggiunto adulta modernità a tracce semplici ma immortali. Shin Mazinger Zero si colloca, come manga, in questa fase di trasformazione, operando una (ennesima) rilettura per compiacere un nuovo pubblico e stuzzicare l’attenzione dei veterani.
AC: Quali sono secondo te le differenze sostanziali tra questo Shin Mazinger e il vecchio Mazinger?
Buranelli: Se Mazinger Z era una grande utopia (un robot enorme che protegge la terra dalla minaccia globale), lo Shin è una magistrale distopia (cosa succederebbe se questo robot non vincesse, ma anzi si rivoltasse contro l'umanità?). Non si tratta di un remake, attenzione! Lo Shin è la versione di Tabata e Yogo su riflessioni attuali usando il mito. Il mito del Mazinger appunto. Ma le differenze sono sia narrative sia nello spirito stesso dell'opera. Potremmo quasi dire che lo Shin è “leggere Mazinger Z oggi”. La storia è diversa, pur rimanendo fedele allo spirito dell'opera originale.
AC: Yoshiaki Tabata e Yuuki Yogo sono rimasti fedeli al Nagai delle origini?
Buranelli: Lo hanno celebrato. Tabata e Yogo sono due grandissimi fan di Nagai e Nagai ha supervisionato l'opera. Possiamo dire che per molti versi sono rimasti fedeli (ci sono svariati cammeo di altri personaggi del Nagaiverso, per esempio) pur con l'intento di dare la loro versione della saga. Shin Mazinger Zero è uno dei manga più riusciti dell'ultimo periodo, un periodo dove l'editoria giapponese e l'arte del mangaka guarda sempre di più al passato (ci sono remake su remake…) non sempre con successo. Eppure, Tabata e Yogo ce l'hanno fatta! Del resto, cosa ci si poteva aspettare dal duo che ha creato quella gran figata di Akumetsu?!
AC: Qual è stato il riscontro di pubblico di questo remake moderno, rispetto ai vecchi classici e chi li ha comprati? Giovani alla loro prima esperienza con questo nome importante oppure vecchi conoscitori della saga?
Buranelli: Chi conosceva la saga ha avuto un crash del tutto positivo! Non se lo aspettava e abbiamo riscontrato un sacco di commenti entusiasti proprio da chi era affezionato all'originale. Anche dai più tosti e dai più intransigenti! Lo Shin godeva, se così si può dire, dello status di “inedito” in Italia, a differenza del Mazinger Z classico, quindi ha avuto un notevole successo. Il pubblico più giovane non è molto legato ai robot. Dopo Evangelion sembra che l'attenzione delle nuove generazioni si sia spostata verso altri miti, verso altri universi narrativi. Ma con i disegni di Tabata e Yogo e con quel loro modo dinamico e pirotecnico di raccontare le storie, come non rimanerne rapiti?
AC: Dal punto di vista grafico e tecnico cosa cambia tra i Mazinger originali, God Mazinger e Shin Mazinger Zero?
Modina: La risposta è davanti ai nostri occhi: decenni di continua evoluzione stilistica degli autori, di domanda dei lettori e di risposta del marketing. Sebbene Mazinger Z e God Mazinger siano separati da soli dodici anni, rispetto ai quasi quaranta anni che porteranno a Shin Mazinger Zero, risulta comunque evidente il desiderio dell’autore di esplorare nuove strade, utilizzando un archetipo storico per inventare una divergente mitologia in grado di emanciparsi da sé stessa. Un gioco pericoloso ma intrigante per uno scrittore. Decisamente più avvantaggiati sono stati i mangaka al lavoro su Shin Mazinger Zero, chiamati a dare un tocco di nuovo smalto ad un vetusto capolavoro, utilizzando una grafica che autonomamente e automaticamente è già, comunque, anni luce più avanzata e coerente con il target al quale è rivolto il prodotto.
AC: Avete riscontrato un nuovo interesse verso Mazinger e, in generale, verso i mecha naganiani dopo il successo de "La Notte dei Super Robot" al cinema e il ritorno dei titoli animati in edicola grazie a Yamato Video?
Modina: I segnali erano evidenti: il momento è ora! Fenomeni come Lucca Comics & Games, con gli oltre 400.000 visitatori dell’ultima edizione, sono lo specchio del profondo cambiamento culturale intergenerazionale del nostro paese.
“Nerd is the new cool” pare essere l’headline di questa tendenza che unifica quarantenni, ventenni e bambini nella comune scoperta e riscoperta del mondo del fantastico. In questo clima di libertà espressiva, i bambini degli anni ’70 non hanno più timore di rivelare le proprie passioni, che, improvvisamente, diventano motivo di condivisione in ufficio e nella vita privata, quando soltanto pochi anni indietro potevano essere giudicati come infantili eccentricità.
Super Robot Files 1963-1978 ha avuto quindici anni di gestazione ed è stato dato alle stampe né più né meno che al momento giusto, pensato per un lettore che sale diagonalmente di età, in relazione al grado di approfondimento che desidera dare all’argomento.
" il secondo volume di SRF è in lavorazione. Essendo molto complesso lo prevediamo per metà 2016 o al massimo per l'edizione di Lucca appunto del prossimo anno. Intanto il primo libro sta andando benissimo e siamo molto contenti."
Tutto ciò che esca in commercio è solo per lo zoccolo duro dei fans, parliamoci chiaro, alla massa non frega niente dei robottoni, per loro sono morti e sepolit, pure i vari anniversari (40 anni di Mazinga e Jeeg!) son passati praticamente inosservati, i soliti a parlarne sono gli addetti ai lavori e i nostalgici, cioè la minoranza. I robottoni arrivati in Italia a fine anni 70 e per tutti gli 80 catalizzavano orde di telespettatori, uscivano fumetti, giornalini, libri (regalati nelle scuole!), giostre, giochi, dischi, insomma era un successo che copriva ogni settore di intrattenimento? Oggi? Il nulla.
Mai nessuno pero' spiega alcuni dettagli, solo nel libro Goldrake generation c'è una bella riflessione... Per me e' il miglior libro uscito fino ad ora. Il pubblico volevo quello. Non era neanche un difetto. Parlano oggi come scene e disegni riciclati, ma questo aveva anche un suo perche' . mi infastidisce parecchio quando le vecchie serie vengono etichettate come ripetitive.
Per me invece rivedere, ma anche in qualche modo "scoprire nuovamente" i robot nagaiani (sì perché di fatto gli adattamenti di Jeeg e Mazinga Z fatti alla fine degli anni '70 erano parecchi deficienti sia in termini di traduzione, che di tagli, visto che proprio quelle due serie presentano parecchi spezzoni non doppiati, in particolare Mazinga Z, il quale è arrivato nelle uscite in edicola al punto in cui fu interrotto in TV, e quindi mi sto godendo la parte inedita, che è parecchio corposa). Ma proprio Mazinga Z, strano a dirsi, pur con tutti i difetti di gioventù (episodi disegnati e animati malissimo), trama molto ingenua e sempliciotta, e dialoghi terribili (e sono così proprio in originale) dove Sayaka e Kouji fanno discorsi da bambini delle elementari, piuttosto che da quasi adulti, tutto sommato lo sto trovando assai più divertente di quanto non mi aspettassi! Certo che per digerire bene al visione di questi anime bisogna non prendersi troppo sul serio e assumerne a piccole dosi, se non ci si annoia presto. Comunque rimane il fatto che Mazinga Z resta una vera e propria icona, oltre che una pietra miliare della storia degli anime, ed è la dimostrazione che da un'idea tutto sommato semplice, scaturita nella mente di Nagai mentre si trovava nel bel mezzo di un ingorgo stradale, si è sviluppato intorno un mondo assai ricco di di situazioni e possibili evoluzioni, anche se è pur vero che di fatto questo filone è stato talmente sviscerato, rivisto e sfruttato nei 15 anni successivi, che di fatto oggi vive più che altro di remake. Poche sono le cose veramente innovative arrivate dopo la metà degli anni '80, infatti tolti il problematico, e non da tutti apprezzato (e io ne sono un esempio) Evangelion, Escaflowne (curiosa incursione nel genere fantastico), e Code Geass (dove però anche qui c'è una commistione di generi tra fantapolitica, ucronia e fantasy) il resto del panorama alla fine non è più riuscito veramente a produrre qualcosa di rivoluzionario. Ciò nonostante questo genere ha ancora una discreta attrattiva, specialmente per quelle serie che si riconducono alle multi saghe che fanno riferimento agli universi di Gundam e Macross, sullo zoccolo duro degli amanti della fantascienza animata, senza dimenticare poi Patlabor, anche se con meno clamore.
Avevo avuto occasione di parlare con Modina anche al Torino Comics, e mi aveva detto che l'obiettivo che si era posta la JPOP come vendite del primo volume di Super Robot Files era già molto vicino ad essere centrato, e che stava già preparando il materiale per il secondo, spero proprio che esca entro il prossimo anno!
senza considerare che i famosi loop di animazioni e disegni riciclati allora erano più giustificati, che senso avrebbe avuto ridisegnare sempre da zero una scena come ad esempio l'uscita di Goldrake dalla base o quella dei due Mazinga dalla piscina e dal mare? I costi sarebbero stati più elevati, i tempi di produzione più lunghi, il lavoro più pesante, ricordiamoci sempre che allora veniva fatto tutto a mano non come oggi che è tutto facile con due click al computer, e ce credo che oggi non riciclano o meglio magari lo camuffano meglio, i giovinastri d'oggigiorno prima di parlare a vanvera è meglio che si studino un pò di storia di classici dell'animazione e delle tecniche con cui venivano realizzati.
What? Ma titoli come Gundam, Dunbine, Votoms, Dougram, Macross o Patlabor dove li mettiamo?
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