Arslan Senki, noto in Italia con il titolo La leggenda di Arslan, nasce a metà degli anni Ottanta come serie di light novel dalla penna e dall'estro dello scrittore Yoshiki Tanaka, il quale dopo aver ottenuto notevole successo in madrepatria con la space opera Legend of Galactic Heroes, decide di cambiare totalmente genere e di intraprendere con questo nuovo lavoro la via del fantasy. Il nucleo della vicenda di Arslan Senki affonda le proprie radici in un terreno un po' atipico, epico per l’esattezza, giacché Tanaka per quanto concerne l’ambientazione e le atmosfere, si rifà a un ciclo di poemi iranici composto da Naqib ul-Mamālik nel diciannovesimo secolo alla corte del sovrano dell'Iran e ambientato nell’antica Persia. Altro dato interessante è che i romanzi non hanno ricevuto un singolo adattamento, bensì tre, raggruppabili in due tranche: una prima, tra il 1991 e il 1996, che comprende una trasposizione animata in sei episodi OAV di durata variabile, pubblicati in Italia in VHS da Granata Press, e una seconda, dal 2013 ad oggi, la quale invece consta di un adattamento a fumetto, illustrato dalla mangaka Hiromu Arakawa – già famosa per opere del calibro di Fullmetal Alchemist e Silver Spoon – e di una relativa serie animata, ossia quella che mi appresto a recensire, coprodotta dagli studi Sanzigen e Liden Films e disponibile in Italia sulla piattaforma di streaming legale VVVVID.
 
Pars è un regno prospero e potente, all'apice della propria espansione, dotato di un esercito, e in particolare di una cavalleria, che sul campo di battaglia risulta determinante in ogni scontro. La fortunata stirpe di re condottieri parsiani vede al trono Andragoras III, sovrano freddo e spietato, forte di grande esperienza e di un numero considerevole di battaglie vittoriose, sicuramente più dedito alla guerra che all’amministrazione del regno. Il protagonista della storia narrata da Tanaka è suo figlio, il principe Arslan, appena adolescente al tempo della narrazione; un giovane pacato, un po' ingenuo ma dall'animo nobile e puro, particolarmente entusiasta e solare se si considera che è stato cresciuto da una madre totalmente anaffettiva e da un padre insoddisfatto del suo carattere e della sua scarsa attitudine alla vita militare. Le disavventure del giovane hanno inizio il giorno in cui Re Andragoras decide di spiegare le proprie forze per respingere l'esercito nemico della Lusitania, stato confinante con Pars, e di dar battaglia agli invasori nella piana di Atropatene. Nonostante la superiorità numerica, l'esercito parsiano soccombe inaspettatamente a causa del tradimento di Qaaran, consigliere e stratega del re, che in modo inspiegabile si mette al servizio di un generale lusitano che col passare degli episodi assume sempre più i connotati dell’antagonista principale di Arslan, ossia il misterioso Maschera d'Argento. Il principe e il suo fedele cavaliere, il potente e apparentemente invincibile Daryun, riescono a darsi alla fuga e ad evitare così il peggio, iniziando il lungo e insidioso cammino che, come recita la voce narrante al termine di ogni episodio, porterà il ragazzo a divenire re.
 

Occorre precisare un punto fin da subito: per quanto la trama di questo prodotto sia avvincente e riesca a intrattenere lo spettatore, essa rappresenta l’unico elemento totalmente positivo della serie. Arlan Senki, ahimè, è l'ennesimo esempio di come un buon potenziale – e che potenziale, visti il nome e la fama di Tanaka – venga sviluppato in un modo non certo all'altezza delle aspettative del pubblico. Il problema principale è fondamentalmente quello della narrazione, nel senso più ampio del termine; se infatti da una parte la sceneggiatura e i dialoghi non presentano particolare profondità o spunti di riflessione – elemento che invece costituiva la forza di LoGH, il primo successo di Tanaka –, ma anzi tendono a rasentare in più di un punto quella banalità dilagante negli shounen odierni, dall'altra le animazioni non riescono a compensare a dovere a questa mancanza, e a causa dell'assenza di una certa costanza nella qualità delle stesse, risultano spesso dissonanti e poco rifinite, ove non grossolane. Eppure, nonostante le apparenze, Arslan Senki rimane un'opera squisitamente tanakiana, sebbene nell'accezione più negativa del termine, poiché se in una battaglia spaziale le strategie più azzardate e stravaganti, per non dire improbabili, possono essere facilmente mascherate da una meccanica di combattimento per forza di cose lontana dallo spettatore, questo non può accadere quando ad affrontarsi ci sono fanti e cavalieri; in questa occasione la passione per la guerra e per la strategia bellica del buon Tanaka gli si ritorcono contro, risultando un altro elemento a sfavore della serie. Il comparto audio invece si salva, e nemmeno in corner; è a tratti buono, scandisce bene le varie scene e riesce facilmente a entrare in testa allo spettatore, mentre a dir poco ottime sono le sigle di chiusura, la prima di Eir Aoi – tra gli altri Kill la kill e Sword Art Online – e la seconda delle ormai affermatissime Kalafina.
 

Analizzando ora più da vicino lo sviluppo, un dubbio che potrebbe legittimamente attanagliare la mente dello spettatore, così come ha attanagliato la mia, è che quanto di squisitamente shounen sia presente nella serie possa dipendere dal fatto che l'adattamento animato non si rifaccia direttamente ai romanzi, ma sia mediato da quello a fumetto illustrato dalla Arakawa. Ebbene, a mio giudizio le due cose sono legate, ma non in maniera tanto profonda; l'assetto della trama meno attento alla psicologia dei personaggi e più incentrato sull’azione è un elemento peculiare già dell’adattamento animato degli anni Novanta, mentre quanto forse risente in maniera più significativa del contesto in cui l'anime è stato prodotto è l’abbandono del look accattivante e un po' rétro delle illustrazioni della light novel – e in parte della precedente serie animata – a favore di uno stile in qualche modo figlio dalla rivoluzione moe degli ultimi dieci anni e più conforme agli standard odierni. Quanto invece alla sceneggiatura rimango perplesso, non riesco a trovare una spiegazione a un lavoro così poco rifinito quale invece era stato per LoGH. Giunge poi il problema del finale, giacché la serie di romanzi è ancora in corso e così il manga della Arakawa; devo dire che mi ha soddisfatto, non è un finale aperto e si prende almeno la briga di portare a termine l'arco corrente, lasciando sì qualcosa sul fuoco, ma non tanto da poter lamentare un senso eccessivo di incompiutezza – e d’altra parte, Arslan è una delle poche serie recenti a non spezzare la narrazione in due, lasciando quegli odiosi, quanto ormai canonici, tre mesi tra prima e seconda parte.
 
Da questa analisi Arslan Senki non esce proprio illeso, è una serie che ha i suoi difetti e non fa nulla per non ostentarli allo spettatore; tuttavia mentirei se dicessi che non è stato in grado di intrattenermi e non mi abbia almeno parzialmente soddisfatto. A patto di non avere grosse aspettative ed essere pronti a sorbirsi qualche cliché del genere a cui appartiene, il mio consiglio è senz'altro quello di dare una possibilità a questo titolo, che delle recenti stagioni è uno dei pochi che non mi abbia annoiato o stancato, ma che anzi mi abbia stimolato a sufficienza da attendere con impazienza l’annuncio e la serializzazione di un doveroso sequel. È un prodotto discreto, e potrebbe fare al caso di chi cerchi una serie col solo scopo di ricavarne un po' di sano intrattenimento.