Quando lo spettacolo teatrale Litchi Hikari Club, scritto da Norimizu Ameya per la compagnia Tokyo Grand Guignol, andava in scena per la prima volta in una piovosa serata del 1985, il giovane liceale Usamaru Furuya assisteva alla recita rimanendone profondamente colpito. L’impatto emotivo, alimentato anche dalla locandina disegnata da Suehiro Maruo (all’epoca suo idolo e mangaka di riferimento), fu notevole sul giovane studente, già appassionato lettore di riviste underground, che finì per subire fatalmente il fascino di quel peculiare stile estetico intriso di sangue e violenza, e di quella torbida storia di ribellione giovanile fra le cui pieghe si intravedeva una graffiante satira della società contemporanea.

Nel 2005, dopo vent’anni vissuti nel rimpianto per non aver avuto il coraggio di aderire come attore alla compagnia, l’affermato mangaka Furuya poté finalmente coronare il suo sogno di far parte della Tokyo Grand Guignol, scrivendo e disegnando un fumetto che fu serializzato sulla rivista Manga Erotics F della Ohta Publishing. Da allora Hikari Club ha conquistato una nuova generazione di lettori e critici, rinverdendo i fasti e lo spirito della pièce teatrale con un tale successo che ha prodotto due prequel in formato manga (sempre curati dallo stesso autore), una serie anime, un nuovo spettacolo teatrale, un progetto musicale e un film live action, quest’ultimo diretto da Eisuke Naitō e sceneggiato da Keisuke Tominaga.
 
Nella grigia città industriale di Keikomachi, una banda di nove studenti costituiscono l’Hikari Club, un circolo esclusivo che si riunisce in una base segreta sotterranea dove progetta la creazione di un nuovo e luminoso futuro. Guidati da Zera, leader ossessionato dalla ripugnanza per gli adulti e determinato a ripulire il mondo da tutto ciò che è brutto e vile, i ragazzi costruiscono un sofisticato automa dotato di intelligenza artificiale, Litchi (dal nome del frutto che utilizza come carburante), allo scopo di rapire graziose fanciulle e perseguire la chimera dell’eterna giovinezza. Quando Litchi, dopo alcuni tentativi falliti, finalmente cattura una ragazza incredibilmente bella di nome Kanon, il gruppo ne rimane conturbato e, lentamente ma inesorabilmente, cominciano ad aprirsi piccole crepe nella cortina di solidarietà dei membri dell’Hikari Club.

Kanon - Hikari Club 1.jpgLa trama colpisce per bizzarria ed eccentricità: un gruppo di adolescenti alle prese con la pubertà realizza un robot per approcciare belle ragazze; messa così potrebbe essere interessante come premessa per una commedia, ma a parte i rari momenti di black humor, il ritmo del racconto è scandito da un'escalation di atrocità sempre più efferate e l'intreccio precipita in un abisso di orrore apparentemente senza fine. Immersa in un’atmosfera di claustrofobica teatralità si muove una galleria di personaggi che, a dispetto dei loro manierismi caricaturali, emergono concreti e credibili, come Zera, capo carismatico, vittima del suo stesso delirio di onnipotenza, Litchi, moderno Frankenstein che aspira a diventare un essere umano lottando contro il suo destino di deus ex machina di distruzione, e Kanon, la bella addormenta, simbolo di immacolata purezza, il cui candore segnerà indirettamente l’inizio della fine. Inquadrati nelle loro marziali e omologanti divise gakuran, i singoli membri del Club della Luce, che a prima vista sembrano agire come marionette impazzite alla mercé di un sanguinario burattinaio, rivaleggiano quanto a crudeltà esibita e ognuno di loro reciterà un ruolo decisivo negli incastri della vicenda. In questo scenario contorto che trasforma la normalità e l'innocenza di un club giovanile in una fiera dell’ultra violenza c'è un inquietante senso di realismo alla base della rappresentazione parossistica.

La cornice è quella di un inferno industriale, con il fumo perenne che inquina l’aria e le fabbriche alte che oscurano il cielo, un ambientazione opprimente che potrebbe collocarsi nel genere della distopia. Nel passaggio dallo spettacolo al fumetto, l’autore ha effettuato numerose modifiche allo script, per via della diversa velocità narrativa, nella versione manga infatti è stato possibile aggiungere molte scene e complicare la psicologia e le relazioni fra i personaggi. La storia attinge a una moltitudine di fonti di svariata estrazione, dal seminale film di fantascienza Metropolis (1927) di Fritz Lang, alle allusioni bibliche unite alle immagini mitologiche dell'antica Roma e della letteratura cinese, il tutto sfumato di suggestioni neo naziste. Nell’arco della fitta narrazione, che riesce a coniugare il gore più estremo con il solido impianto psicologico dei personaggi, non mancano intrighi, gelosie, rituali macabri e colpi di scena che culminano in un climax mozzafiato.
 
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Come narratore Furuya si dimostra avvincente, ma come disegnatore si rivela a dir poco stupefacente, mettendo in mostra tutta la sua maestria ed erudizione. Inzuppando gli sfondi di nero inchiostro detta la cifra stilistica e col suo tratto raffinato crea una strana miscela tra bellezza dei disegni e oscenità rappresentate che esplode in ogni pagina. Accostando inopinatamente il sublime all’infimo riesce a veicolare al contempo attrazione e repulsione. Le sue tavole spiccano per l'innato senso della composizione, l’equilibrio dei chiaroscuri, e la grazia dei suoi personaggi. Con uno stile in parte mutuato da quello del maestro Suehiro Maruo, i protagonisti maschili sono imbevuti di languida sensualità, ma il loro fascino e la loro avvenenza è direttamente proporzionale alla loro abiezione e spietatezza. I lineamenti angelici e le labbra voluttuose sottolineano l’impressione di androginia nei membri del club, rafforzando l'ambiguità del contesto generale, tuttavia l’aspetto esplicitamente sessuale rimane sullo sfondo a beneficio di un erotismo velato e implicito.

In occasione della scorsa edizione del Lucca Comics & Games (2015), la casa editrice Goen ha ospitato Usamaru Furuya per una serie di conferenze e sessioni di disegno (tutte documentate da AnimeClick.it in un reportage dedicato all’autore) e per l’occasione ha presentato un cofanetto, al costo di 32,85€, che racchiude Hikari Club insieme ai due volumi con gli antefatti della storia principale dal titolo Bokura no Hikari Club. I tre tomi constano complessivamente di 710 pagine e si distinguono per la buona qualità della stampa, la sovraccoperta satinata a colori, l’ottimo adattamento dei dialoghi e soprattutto per una corposa postfazione dell’autore che spiega alcune scelte in fase di sceneggiatura, nonché la genesi teatrale dell’opera, il tutto corredato con foto d’epoca.
 
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Dissacrante, sexy, surreale satira horror, Hikari Club riporta in auge l’antica tradizione del francese Théâtre du Grand Guignol mescolandolo con i moderni tropi della cultura pop contemporanea nipponica. Originariamente concepito come progetto sperimentale, oggi è considerato come l’opera di svolta nella carriera di Usamaru Furuya, che con il suo accattivante stile visionario si è imposto come autore ai vertici dell’odierno panorama del manga seinen.
 
Usamaru Furuya è un autore e disegnatore giapponese nato a Tokyo il 25 gennaio 1968. Dopo aver seguito da bambino il Corso di Manga per corrispondenza di Osamu Tezuka, alle superiori si avvicina alla scena underground, appassionandosi allo stile di Suehiro Maruo, alla musica dei gruppi indie Auto-Mod e Sodom, e alla lettura di riviste come Garo, Yaso e Takarajima. Laureato all'Università di Belle Arti di Tama, specializzandosi in pittura ad olio, si interessa anche alla scultura e alla danza Butoh. Ha debuttato nel mondo del fumetto nel 1994 con Palepoli, pubblicato sulla rivista mensile Garo. Nel 2002 scrive e disegna un adattamento a fumetti del film Suicide Club di Sion Sono. Fra le opere pubblicate in Italia: Suicide Club (2002), Genkaku Picasso (2008), Happiness (2006), 51 modi per salvarla (2006), e Lo squalificato (2009).

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