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È sempre triste quando il (o la) protagonista di un'opera perde la vita, vero?
Ci ha accompagnato per tutta la storia, facendoci vedere la sua crescita personale, i suoi demoni interiori, il suo carattere, le sue imprese, e poi se ne va, chiudendo un'ultima volta le palpebre come cala il sipario sulla sua avventura: per aver dato tutto sé stesso nell'ultimo combattimento, o per salvare un innocente, o perché su quella porta proprio non c'era abbastanza spazio per due, o perché...
Meglio smettere, qui non c'entra Kevin Spacey.
Succede anche a Yusuke Urameshi (and the winner is...), solo che avviene...
Nel primissimo capitolo del primo volume.
E a questo punto la domanda sorge spontanea: il resto di che parla?
Delle conseguenze del suo trapasso: prematuro, talmente prematuro che il regno dei morti lo rimanda indietro dandogli la possibilità di tornare in vita, qualora si rendesse utile e desse un'aggiustata alla sua attitudine da vero teppista.
Di vicissitudini Yusuke, guidato dalla traghettatrice di anime (nel senso di spiriti e non di cartoni) Botan, ne dovrà attraversare tante, pur di poter riabbracciare sua madre, l'amica d'infanzia/grande amore Keiko e per mollare due sventole in più al rivale/amico Kuwabara; questo lo porterà ad affrontare sfide d'ogni tipo e anche a diventare un detective del mondo spirituale.

Manga novantino del cacciatore di autrici celeberrime Yoshihiro Togashi, Yu degli Spettri, noto anche col nome originale Yu Yu Hakusho, si compone di 19 volumi (15 nella recente Perfect Edition) in cui al nostro Yusuke ne capiteranno di tutti i colori, da spiritici misteri metropolitani a tornei di arti marziali, immancabili in uno shonen di quell'epoca. Togashi scrive vicende avventurose, ironiche, epiche e drammatiche, con una notevole capacità di saper sdrammatizzare anche durante uno scontro finale ad altissima tensione ed al contempo di tirare fortissimi pugni allo stomaco del lettore, facendo vivere un ampio spettro d'emozioni a chi affronta la serie, anche per via del fatto che, come autore, è egli estremamente emozionale e personale e le opere che realizza sono fortemente influenzate, come atmosfere e tematiche, dal suo stato d'animo al momento di mettere le trame su carta.
Spesso non è difficile riconoscere le preferenze personali dell'autore all'interno di Yu degli Spettri, tra citazioni televisive e videoludiche, così come non è difficile notare la sua spiccata espressività caratteriale, che si ritrova in mille notine ironiche tra una vignetta e l'altra o persino in un paio di vignette dove l'ambientazione si sposta al mondo reale e lo si prende un po' in giro buttando giù la quarta parete (con una spada spirituale?).
 
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Espressività e capacità di riporre su carta o tela sentimenti personali, ma anche di farne svegliare in chi osserva l'opera, sono basilari all'interno del mondo dell'arte figurativa, e a Togashi questo genere d'espressione riesce estremamente bene: il tratto "medio" è quello pulito e dettagliato stilisticamente in linea con gli anni '90 (di cui, data la nascita di questo manga nell'anno d'inizio di questa decade, verosimilmente è stato un portabandiera), ma egli non si limita a rappresentare all'interno delle vignette ciò che accade materialmente sul momento come fossero tante foto di dimensioni e forme diverse, bensì riporta nel tratto anche le sensazioni dei personaggi, l'atmosfera che hanno intorno, passando dai classici, allegri super deformed a rappresentazioni dei personaggi più ruvide, con bordi più spessi e calcati, al pennello, al carboncino, nelle pagine a colori con acquerelli o pennarelli, sfondi e dettagli talvolta omessi per concentrarsi sul personaggio o su un dettaglio che materialmente, all'interno dell'azione, raccoglie tutte le attenzioni dei presenti, e per questo motivo rende superfluo il resto, riempiendo di linee d'ombreggiatura un personaggio particolarmente teso, traumatizzato o fremente di potenza, e perdendo pesantemente in dettaglio nei momenti più rilassati, magari dopo una vicenda spossante, che peraltro è anche un comodo trucco per risparmiare energie (e il mondo dell'illustrazione, di trucchetti del genere, ne è pieno, in fondo), riuscendo comunque a rendere bene, e talvolta meglio del solito, le atmosfere e gli ambienti circostanti.
Questa gran varietà di stili e tecniche viene esaltata dalla Perfect Edition della Star Comics con le sue tante pagine a colori. Infatti alcune illustrazioni e tavole, soprattutto, se fossero state private dei colori avrebbero perso anche parte del loro significato o della loro pura bellezza estetica.

Il buon Yoshihiro Togashi è eclettico, molto, talvolta risultando disorientante dato che due vignette adiacenti possono essere disegnate con stili completamente diversi solo per via dei personaggi rappresentati al loro interno, del loro umore e delle loro intenzioni, ma questo dimostra bene anche come egli sia decisamente portato per il lato più puramente espressivo dell'arte figurativa (genere in cui il disegno fumettistico rientra, indubbiamente).
Maggiore prova di questo risiede nelle illustrazioni a corredo dei capitoli, che possono passare da buffe caricature dei protagonisti a ritratti realistici degli stessi in un monocromatico acquerello decisamente insolito ed emozionante a vedersi in uno shonen manga.

Parlando del "coinvolgimento emotivo" dell'autore all'interno delle sue storie, il tratteggio caratteriale dei suoi personaggi è tanto semplicemente rappresentato quanto profondo, dal "ragazzaccio dal cuore d'oro" Yusuke a Kuwabara, che è ben più di una semplice spalla comica ma un autentico eroe secondario al pari degli altri due protagonisti maschili, Kurama e Hiei.
Il primo è un femmineo e aggraziato combattente floreale, tanto attraente d'aspetto, gentile ed educato, quanto deciso e calcolatore, mentre il secondo è una testa calda perennemente impegnato a fare il duro ma che spesso viene schernito dalle situazioni o dallo stesso autore, che approfittando della sua bassa statura finisce per rappresentarne solo la capigliatura in quelle campiture orizzontali che mostrano discussioni tra lui ed i più alti altri tre protagonisti, pur tratteggiandolo comunque come un personaggio ricco d'orgoglio, di senso dell'onore e non privo di sentimenti.
 
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L'interazione tra questi quattro personaggi, Botan, Keiko, l'anziana maestra di arti marziali Genkai e Koenma, figlio del re dei demoni e responsabile della resurrezione di Yusuke nonché suo "capo", è, pur nell'assurdità e "sovrannaturalità" delle situazioni, estremamente umana, tra dialoghi schietti e naturali, scherzi stupidi, rapporti realistici e toccanti come possono essere quelli tra dei ragazzi tutti, più o meno, della stessa età, facendo affezionare il lettore facilmente a questa ristretta cricca d'amici che, in diciannove numeri, ne hanno passate di tutti i colori ma sono riusciti a crescere, non solo come guerrieri o detective, non solo sviluppando tecniche segrete e sbloccando i loro potenziali nascosti, ma anche innamorandosi, definendo il loro destino di studenti e lavorativo, crescendo, insomma, come persone e non solo come personaggi.

Grande cura viene anche riposta nei due villain principali della serie e nel loro rapporto con il protagonista e i suoi compagni d'avventura: essendo molto diversi tra loro, per carattere ed ambizioni, Yusuke non si fa problemi a rispettarli o insultarli per via di compatibilità o attriti caratteriali, rendendoli decisamente vari e diversi, così come diverse nella struttura e nell'impostazione sono le saghe di cui fanno parte.
La grande componente personale che ha influenzato l'autore nella realizzazione dell'opera, però, può anche essere vista come un'arma a doppio taglio agli occhi di alcuni: per quanto io abbia trovato estremamente apprezzabile il voler usare il disegno non per rappresentare semplicemente ciò che avviene nelle varie situazioni, ma per trasmettere anche le sensazioni e le atmosfere, è anche vero che una tale incoerenza stilistica può disorientare il lettore e confonderlo, così come la saga finale del manga, dichiaratamente un'aggiunta a quello che doveva essere il finale canonico secondo l'autore, corrispondente alla chiusura della saga di Sensui, trova una risoluzione estremamente brusca proprio perché l'autore voleva porre fine a questa serializzazione anziché trascinarla (come spesso accade con altre serie).
Sia chiaro, il manga non finisce in aria: una conclusione c'è ed è l'unica possibile e giusta, ma ci si arriva con una certa irruenza. Il "viaggio" per giungere a questa conclusione è però ricco di grandi emozioni, gradevoli e sgradevoli ma sempre volute e provocate dall'autore, che ci mette faccia a faccia sia con la bellezza dell'amicizia, dell'amore e del rispetto tra rivali, sia con la crudeltà dell'uomo e l'oscurità nascosta degli animi, creando un contrasto così forte da far, però, riconoscere ancora di più il valore di certi sentimenti rispetto ad altri. In un certo senso una vera e propria esperienza spirituale, non perché il protagonista è un fantasma, ma perché si tratta di un viaggio in una gamma molto vasta di emozioni, di tematiche, di sentimenti, e persino di stili di disegno.
 
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