Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi appuntamento libero, con gli anime Maris the ChojoOutbreak Company e Walkure Romanze.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


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"Sono tua. Sono tutta tua. Sgancia i soldi!"

Uscito nel 1986, questo secondo episodio della serie "Rumic World" è un piccolo capolavoro che andrebbe riportato in auge. E' la trasposizione di un vecchio one-shot pubblicato sei anni prima, in un periodo in cui la giovane Rumiko Takahashi sprizzava ancora buone idee da tutti i pori e, nel suo interesse per la fantascienza, sfruttava tale genere narrativo per formulare una comicità che prima di allora era del tutto inedita. Lo faceva specialmente nella famosissima serie "Urusei Yatsura", ma lo ha fatto anche qui, in "Maris the Choujo". La trasposizione animata, però, arricchisce enormemente la storia a fumetti originale, rendendola ancora più esilarante e divertente, oltre che più completa.

La protagonista è una bella amazzone aliena, dotata di una grande forza fisica, che lavora in un corpo di polizia speciale - o, per meglio dire, viene sfruttata dalla polizia spaziale, dato che riceve un magro stipendio. Insoddisfatta com'è, si lamenta di non potersi mai permettere le vacanze e di dover sempre utilizzare astronavi terrestri che, essendo troppo economiche e fragili, puntualmente riduce in pezzi anche soltanto camminandoci dentro. E' una ragazza che odia la povertà, e che ricorre ai mezzi più subdoli pur di tirare su qualche quattrino, non per caso indossa un fermaglio che riporta il simbolo della moneta giapponese, come si può vedere dalle immagini di questa scheda. Si presenta una grande occasione, per lei, quando il generale dal faccione arcigno le affida la missione di salvare da un rapimento il figlio di una famiglia molto abbiente. Come in tutte le missioni, avrà l'aiuto del suo compagno Murphy, un volpacchiotto a nove code, che è ispirato alla leggenda giapponese di "Kyūbi no Kitsune", e in virtù delle sue code ha il potere assai utile di trasformarsi e allo stesso tempo di moltiplicarsi - anche se il più delle volte lo usa per sfottere elegantemente Maris.

Fra le altre cose, quest'OAV gioca molto su di un aspetto tanto diffuso nelle inclinazioni della donna, quello di essere attratta dal portafogli e dalla ricchezza al fine di avere una vita agiata e benestante, piuttosto che veramente dall'uomo. E' evidente perfino nel testo della sigla intitolata "Povertà '86", che recita "Tutti gli uomini sono ragazzi che hanno i soldi, direi. I loro corpi brillano, caricati di denaro". E al tempo stesso gioca anche sulle armi di seduzione delle donne nei confronti dei maschietti. Si tratta di una comicità del tutto analoga a quella della contemporanea "Lamù", di cui, nella stupenda sigla d'apertura di questo stesso mediometraggio, è possibile vedere numerosi cameo. E' quel tipo di umorismo di stampo maturo che, con una punta di cattiveria, gioca con acutezza sulla natura individualista dell'essere umano - spesso celata da un'apparenza di sentimenti nobili - così come su tanti altri aspetti sociali che fanno parte di questo mondo, anche se qui sono illustrati in veste fantascientifica.
Maris è un po' doppiogiochista, e in questo riporta alla mente il personaggio di Ran nella serie "Urusei Yatsura". Nonostante questo, proprio come Ran sprizza tanta simpatia, è facile immedesimarsi nel suo ruolo e lasciarsi coinvolgere e divertire dalla sua vicenda.
Anche gli antagonisti sono simpatici e fanno ridere a crepapelle.

L'azione è quasi incessante, non ci si annoia mai. Ogni sequenza è impregnata di una grande ironia: perfino le scene di wrestling fanno ridere, e danno il giusto spazio anche alla bella guerriera di nome Sue.
I disegni fanno un grande passo avanti rispetto al precedente "Fire Tripper", sembrano quasi un crossover fra Akemi Takada e Rumiko Takahashi, una coppia che sicuramente produrrebbe risultati grafici vincenti. Le musiche sono piene di energia e di freschezza, oltre che perfettamente funzionali allo spirito dell'episodio, e anche le animazioni fanno la loro bella figura. Si nota chiaramente che, per realizzare quest'anime, lo studio aveva a disposizione un buon budget.

La sigla di chiusura, poi, è semplicemente geniale, è unica: in questa sigla si vedono alcune "scene fallite", proprio come se i personaggi fossero gli attori di un film cinematografico. Vi immaginate che genere di errori possono verificarsi in una storia come questa? Guardate la sigla dopo aver completato la visione dell'OAV, e lo scoprirete subito.
La sceneggiatura è di Tomoko Konparu, già ben conosciuta per aver fatto parte dello staff di "Lamù", insieme a Hideo Takayashiki, che ha lavorato a titoli come "Ashita no Joe", "Astroboy" e "Maison Ikkoku", per citarne solo alcuni.

Alla fine della visione si giunge pienamente soddisfatti, è un mediometraggio che adempie in pieno ai suoi scopi. E' un'ottima visione di cinquanta minuti, per svagarsi e per tirarsi su di morale con una comicità scanzonata e anarchica, ma al tempo stesso profonda, introspettiva e disinibita, che nel mondo degli anime, salvo in pochissime eccezioni, dopo il decennio degli anni '80 non si vedrà mai più. Recuperatelo, finché siete in tempo: non perdete l'occasione di cogliere questa rarità.




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Mi avvicinai a "Walkure Romanze" non certo per nobili motivi: ne avevo sentito parlare più o meno bene, ma fu la splendida bionda (Celia Cumani) in bella mostra nella cover dell'anime a destare la mia attenzione, facendo semi-scomparire ai miei occhi il quasi altrettanto avvenente gruppetto di amiche alle sue spalle. Non si tratta dunque di un'ispirazione particolarmente profonda, ma del resto, a ben vedere, l'avvenenza delle protagoniste deve per forza svolgere un ruolo fondamentale in un "ecchi" che si rispetti; senza poter contare su di una trama decente e qualche trovata interessante il tutto si risolverebbe in qualcosa di insulso, ma il primo ingrediente (in un ecchi) deve per forza essere l'avvenenza delle sue protagoniste, su questo c'è poco da discutere. Fu dunque il gradevole aspetto di Celia, unito a un comparto grafico generale assai curato, a spingermi verso quest'opera che inizialmente non rientrava affatto nei miei programmi, per via di una trama basata su "giostrai" e cavalieri, un'ambientazione a me poco gradita che son tuttavia riuscito a rivalutare episodio dopo episodio. Innanzitutto, ci sarebbe da sottolineare che si tratta di eventi svolti in un periodo storico attuale, in un'accademia specializzata in questa disciplina, secondariamente tornerei a sottolineare l'eccellente cura del comparto grafico per disegni, sfondi, luci e colori. Non mi è possibile riversare altrettanto entusiasmo riguardo la soundtrack, perlopiù composta da brani poco incisivi che in un paio di occasioni diventano persino abbastanza invadenti.

I personaggi sono generalmente di buon livello, ben caratterizzati, seppur non potendo contare su nessuno spunto realmente originale. Celia Cumani ha un ruolo centrale, ma saranno principalmente altri due i reali protagonisti, un ragazzo e una giovane capitata nel mezzo quasi per caso. Non sono riuscito ad affezionarmi a nessuno in particolare e nessun personaggio ha suscitato in me particolare entusiasmo a livello di caratterizzazione, ma, allo stesso tempo, posso affermare di non esser rimasto deluso né annoiato da nessuno di essi.
Gli scontri sono sufficientemente apprezzabili, seppur, in alcune circostanze, sembrano essere un pochino frettolosi, specie nel torneo conclusivo.
Mi sarei aspettato qualcosina in più dal finale, che comunque è stato impostato in modo sufficientemente gradevole, tenendo fede alla natura scanzonata e leggera dell'opera nel suo insieme. Detto questo, mi sento di consigliare la visione di "Walkure Romanze" a chi cerca un buon ecchi, senza eccessi ma con un buon grado di erotismo generale, una storia semplice e gradevole, fluida e con diverse parentesi simpatiche.

Il voto che mi sentirei di assegnare sarebbe un 7 e mezzo, ma in questa occasione preferirò arrotondare per eccesso, premiando un'opera che, con maggiore approfondimento, sarebbe potuta risultare decisamente più meritevole.




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Prima di cominciare questa recensione ho ritenuto opportuno dare un'occhiata in giro per vedere se la chiave di lettura che ho applicato a questo anime fosse stata già colta da altri utenti oppure no. Da questa ricerca ho dovuto constatare che l'idea che mi son fatto di questo anime è piuttosto innovativa e, per certi versi, provocatoria. Molti, probabilmente saranno sorpresi dal vedere accostato a un anime all'apparenza innocuo un'analisi del genere ma, anche se in maniera molto timida, a mio avviso questo lancia un messaggio molto più complesso di quanto può sembrare. Oddio, forse ho saputo vedere in questo "Outbreak Company" qualcosa che in realtà non esiste; però credo sia interessante sottoporre alla valutazione di chi legge la mia interpretazione delle vicende che si svolgono nel Sacro Impero di Eldant.

Alle pendici del monte Fuji viene scoperto un buco attraverso il quale è possibile accedere a un mondo parallelo. Qui la società è ancora di tipo medioevale e ha forte connotazioni fantasy, in quanto oltre agli umani vi troviamo anche elfi, nani e diversi tipi di diverse creature. Il governo giapponese tiene nascosto al resto del mondo l'esistenza di Eldant e comincia a intrattenere rapporti con loro al fine di ottenere dei profitti. In particolare viene deciso che il modo migliore per raccogliere il consenso della popolazione indigena è quella di diffondere la cosiddetta cultura otaku, e a tal fine viene reclutato Shinichi Kano, un hikikomori con vastissime conoscenze in materia.
Lo ammetto: dopo aver visto i primi episodi di questo anime ho pensato si trattasse di una colossale scemenza e tale impressioni è rimasta tale per i due terzi della durata complessiva di questo anime. Gli episodi finali, però, hanno capovolto completamente la mia considerazione sugli avvenimenti visti fino a quel momento e mi hanno convinto dell'esistenza di un significato più profondo in quella che appariva come un'opera nata solo per cercare di divertire un pubblico non molto pretenzioso.

Non è un segreto che da qualche tempo nel nostro Paese si sono levate forti voci critiche nei confronti dell'animazione giapponese. Tradizionalmente chi la disprezzava si limitava a classificare tutto a priori come immondizia senza aver mai visto un anime in vita sua; ultimamente, però, si sono levate voci diverse che ponevano problemi che non potevano essere più classificati come frutto di ignoranza o di pigrizia mentale. La loro analisi si basa, infatti, su elementi certi e incontestabili; con le loro conclusioni, però, arriveranno a ipotizzare una sorta di teoria del complotto che fa piuttosto ridere. O, almeno, che mi faceva piuttosto ridere prima di aver visto questo anime.
E' davvero possibile che il Giappone, privo dell'esercito che aveva un tempo e non avendo la forza economica necessaria abbia intenzione di conquistare il mondo usando un'arma culturale? E' questo che affermano i "complottisti", ma è anche quello che cerca di fare il governo giapponese nei confronti del regno di Eldant. Che questo anime dietro un'apparente finzione celi la descrizione di una realtà possibile?
A mio avviso i tempi dei "Protocolli dei Savi di Sion" sono ormai superati e un'operazione su così grande scala mi appare come un'utopia; tuttavia è indiscutibile l'uso interno degli anime al fine di educare le masse. Ma allora è talmente implausibile che anime e manga vengano utilizzati per un indefinito uso esterno? A mio avviso penso sia ingenuo pensare che non ci sia, anche se ipotizzare scenari di conquista e simili continua a sembrarmi una solenne scemenza.
Quel che è certo, però, è l'intento dell'autore di rivendicare per la cultura otaku un ruolo esclusivo di intrattenimento e divertimento slegato da qualsiasi altro fine meno nobile. Lo fa in un modo che può apparire strampalato ma è comunque efficace e raggiunge lo spettatore.

Tornando all'anime, l'ho trovato terribilmente noioso; in pochi episodi riesce però a ribaltare la mia valutazione che da negativa diventa positiva. Fa riflettere sull'uso che si può fare delle passioni della gente e, nonostante il lieto fine, lascia l'amaro in bocca se si pensa a quanto sia facile manipolare le masse. Ma questo, ahimè, lo sapevo già.