Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi appuntamento libero, con gli anime La Storia della Principessa Splendente e SCHOOL-LIVE! e il manga Saint Seiya.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


Per saperne di più continuate a leggere.


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Premessa: l'essere un conoscitore di anime e manga non implica automaticamente l'essere anche un fine conoscitore della storia e delle tradizioni giapponesi. Voler affermare questo sarebbe ridicolo: sarebbe un po' come se qualcuno ci dicesse di conoscere la nostra storia perché ha visto la Gioconda e il Colosseo oppure perché legge "Dylan Dog".
Mi rendo conto che questa è una constatazione piuttosto ovvia; ad essa, però, ne voglio aggiungere un'altra forse meno scontata: solo perché leggo manga e guardo anime non sono obbligato a informarmi sui miti e sulle leggende orientali che trovano spazio all'interno del lavoro che sto visionando. E' altresì chiaro che la mia comprensione del significato complessivo dell'opera risulterà carente; tuttavia, anche lo spingersi a fare commenti da intenditore dopo aver leggiucchiato qualche pagina di Wikipedia sull'argomento mi sembra poco credibile.
Queste riflessioni hanno tenuta occupata la mia mente nel momento in cui ho deciso di cominciare la recensione de "La storia della principessa splendente", un film di due ore circa in cui i riferimenti alle tradizioni e ai miti giapponesi si susseguono fotogramma dopo fotogramma; per cui mi sono chiesto: "Qual è in questi casi il compito del recensore? Deve per forza cercare di dare un senso a tutto oppure può semplicemente basarsi su quei contenuti universalmente recepibili?" A mio avviso tutte e due le possibilità sono corrette; e ovviamente io ho optato per la seconda opzione.

Mentre si dedicava, come suo solito, alla raccolta del bambù, un vecchio montanaro vede una strana luce provenire da uno di quegli alberi. Con suo grande stupore scopre che immersa in quel bagliore c'era una ragazza avente le dimensioni di una bambola; così, credendo si trattasse di un dono del cielo, il vecchio raccolse la ragazza e la portò nella sua casa dove, tra il suo stupore e quello della moglie, ella si trasformò in una bambina vera. Vera, ma un po' particolare, però: il suo ritmo di crescita era decisamente più veloce del normale.

Il film è allo stesso tempo semplice e profondo. In particolare sono due i temi che meritano maggiore attenzione: il confronto tra campagna e città, e l'interpretazione della volontà divina.
Quanto al primo punto vediamo che la principessa rimpiangerà sempre i giorni della sua infanzia, passati a giocare tra i campi con i suoi amici. La vita in campagna viene descritta povera ma libera, e si contrappone a quella di città che al contrario è ricca ma schiava di infiniti formalismi che costringono le persone (e le donne in particolare) a una innaturale solitudine. Unica via d'uscita per la principessa da questo stato delle cose è il matrimonio, ma lei rifiuta energicamente qualsiasi pretendente, in quanto riconosce in essi solo un nuovo padrone e nel matrimonio una nuova fonte di schiavitù. Questo suo rifiuto, a cui si contrappone il dolce ricordo di un suo povero compagno d'infanzia, va interpretato come il riconoscimento della vera ricchezza nella libertà e non nel denaro; e la libertà, in questo film, abita in campagna.
Quanto al secondo punto, il film ci mostra quanto possa risultare presuntuoso l'individuo che, da solo, ritiene di essere in grado di interpretare la realtà divina. Il vecchio, credendo di riuscire a interpretare i segni che gli venivano mandati, commette un errore dopo l'altro, fino ad arrivare a quella che per lui rappresenta la massima sventura. Quel che si nota è che pian piano la buona fede dell'individuo cede il passo alla sua ambizione personale, fino a far coincidere le sue aspirazioni con la supposta volontà divina. Soffocato dal proprio ego, il vecchio non riuscirà più a sentire la voce della sua diletta figliola e finirà per diventare il principale responsabile della sua perdita. E questo, a mio avviso, è un monito rivolto all'uomo che, troppo spesso, crede di essere nel giusto solo perché il suo concetto di giustizia coincide con le sue ambizioni o coi dettami della società che lo circonda.

In definitiva un ottimo film, l'ideale per chi è appassionato di cultura giapponese, ma che può essere apprezzato anche dal resto dell'utenza; personalmente mi sento di consigliarlo a tutti, specie a chi ha qualche bambino piccolo alla ricerca di qualche nuova favola.



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Partiamo da un presupposto: sono cresciuto con l'anime di Saint Seiya ed ancora oggi è in assoluto la mia serie animata preferita. Alcuni anni dopo sono riuscito a reperire il manga, carico di aspettative... che per lo più sono state deluse!

Iniziamo dalla storia. L'idea di base è davvero ottima: i protagonisti sono dei sacri guerrieri (saints) devoti ad Atena, a cui viene affidata un'armatura (cloth) rappresentante la loro costellazione guida. Il loro compito è combattere al fianco della dea, che si reincarna periodicamente ogni volta che il male minaccia la pace e la giustizia sulla Terra.
Purtroppo però la trama sembra seguire sempre lo stesso canovaccio, riducendosi allo schema Atena viene rapita/ridotta in fin di vita - per salvarla i Bronze Saints combattono i guerrieri del cattivo - Seiya batte il cattivo finale - Atena viene liberata - compare un nuovo nemico e si ricomincia! A questo vanno aggiunte anche numerose illogicità dell'intreccio e delle vere e proprie boiate, come Mitsumasa Kido che semina figli per il mondo manco fosse Rocco Siffredi, i bronze che lasciano le loro carte da gioco sui cadaveri dei nemici, personaggi che si materializzano dal nulla e tante tante altre... Degno poi di menzione è il personaggio di Atena/Saori. Più che una dea guerriera sembra una Paris Hilton divina, odiosa e viziata nella prima parte del manga, utile solo a farsi rapire/uccidere nella seconda. È comprensibile che lo sport nazionale sull'Olimpo sia "prendi la testa di Atena"!

Passiamo adesso al vero punto dolente: i disegni.
Dal punto di vista grafico è decisamente uno dei peggiori manga che abbia mai visto, e neanche l'età dell'opera può giustificare tale bruttezza. Tutti i personaggi, con pochissime eccezioni, hanno le stesse efebiche fattezze, e se questo può essere visto come un tocco stilistico di Kurumada, non si capisce perché donne, uomini e bambini abbiano tutti lo stesso identico volto! L'unica cosa che li distingue è il taglio dei capelli o addirittura solo il colore. A questo proposito è divertente la scena in cui Ikki commenta la somiglianza tra l'amata Esmeralda e suo fratello Shun. Altro che simili, quella è proprio Shun con le tette!
I fondali incredibilmente appaiono allo stesso tempo spogli e ripetitivi, per lo più costituiti da pietre e pavimentazioni mal disegnate. L'autore inoltre dimostra di non avere le basilari nozioni sulla prospettiva, spesso sembra di trovarsi davanti un'assonometria invece che la tavola di un manga. Se a questo si aggiunge la staticità delle inquadrature, la legnosità delle pose dei personaggi, ed alcune sviste degne di un bambino delle elementari (pezzi di armatura che si spostano da un lato all'altro, proporzioni che cambiano visibilmente da una vignetta all'altra...) si ha un quadro completo della bruttezza dei disegni.
L'unica nota positiva sono alcune armature veramente ben riuscite, basti pensare alle gold Cloth e alle Scales dei generali di Nettuno. Discorso a parte per le prime armature dei protagonisti, se amate le stupende armature di bronzo dell'anime la visione delle V1 del manga potrebbe provocarvi delle profonde crisi depressive.

In definitiva, se siete cresciuti con la serie animata e siete disposti a sorvolare su questi numerosi difetti fateci un pensierino. Se invece volete solo leggere un classico rivolgetevi altrove, troverete opere ben più meritevoli del vostro tempo e dei vostri soldi.



8.0/10
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Gakkō Gurashi! (letteralmente "Vivere a scuola") è una serie anime della stagione estiva 2015, composta da dodici episodi - dalla durata di circa ventiquattro minuti - prodotto dallo studio Lerche. Questa serie adatta l'omonimo seinen manga scritto da Norimitsu Kaihō e disegnato da Sadoru Chiba, in corso di pubblicazione dal 2012.

L'energica e alquanto sbadata Yuki Takeya è una liceale che ama la vita scolastica e fa parte dello School Life Club, il cui scopo è quello di incoraggiare lo spirito di autogestione e di promuovere la socializzazione con gli altri studenti dell'istituto. In questo club sono presenti anche l'affidabile presidentessa Yūri Wakasa (Rii-san), l'amante delle vanghe Kurumi Ebisuzawa e la kōhai Miki Naoki. A completare il gruppo ci sono Megumi Sakura (Megu-nee), l'insegnante dalla scarsa presenza fisica, e Tarōmaru, il cane mascotte del gruppo. Tutto sembra ricondurre al classico slice of life sulla vita da studente di Yuki, ma ci sono diverse cose che non tornano: perché le ragazze si accampano a scuola e non possono abbandonarla per nessun motivo? Perché la scuola stessa è attrezzata in modo tale da far vivere comodamente persone al suo interno? Perché Megu-nee viene ignorata da quasi tutte le studentesse? Perché le ragazze hanno un cane che può passeggiare tranquillamente per tutta la scuola? Ma la cosa più strana è che Rii-san, Kurumi-chan e Mii-kun sembrano proteggere Yuki da qualcosa. Scopriremo questo qualcosa alla fine del primo episodio.

Il punto di forza di Gakkō Gurashi! è lo stranissimo inserimento di personaggi moe in un'ambientazione classica da apocalisse zombie. Il contrasto che si crea tra la "realtà" che vuole vedere Yuki (cioè una normalissima vita scolastica) e la realtà dei fatti è veramente d'impatto e il plot twist che vediamo alla fine del primo episodio lascia davvero a bocca aperta, invogliando lo spettatore a continuare la visione della serie. Vedremo quindi classici episodi di slice of life scolastico - come l'apertura della piscina e la gita al centro commerciale - rivisitati in modo da essere inseriti in questa ambientazione apocalittica. Ecco, forse sarebbe il caso di dire fin da subito che gli elementi moe sono davvero importanti - come dicevo, la cosa bella di Gakkō Gurashi! è il contrasto ragazzine moe/horror zombie - quindi chi non apprezza questo "genere" può tranquillamente evitare la serie, sarebbe solo una perdita di tempo.

La narrazione della storia non è lineare. Le ragazze fin da subito si ritrovano imprigionate dentro la scuola, impossibilitate a uscirne per ovvi motivi. Il primo flashback lo abbiamo al terzo episodio, e vediamo come è cominciata l'apocalisse dal punto di vista di Megu-nee: come da tradizione per l'horror zombie, non poteva mancare la descrizione dell'inizio del disastro. Il secondo flashback, che ha come protagonista Mii-kun, copre gli episodi 4, 5 e 6 e racconta come la ragazza ha vissuto l'inizio dell'invasione e come, grazie a Tarōmaru, venga salvata da Yuki e le amiche del club. Dal settimo episodio in poi la storia procede e un po' alla volta l'illusione che si è creata Yuki cede sotto i colpi inflitti dalla dura realtà. Molto bello l'aver descritto l'abbandono della scuola da parte delle ragazze come la cerimonia di diploma delle stesse. Da notare che il manga è ancora in corso di pubblicazione, quindi il finale della serie anime è aperto a futuri sviluppi. I due episodi conclusivi sono davvero ricchi di tensione, anche se forse lo svolgimento è un po' troppo frettoloso.

I personaggi sono abbastanza stereotipati: Yuki è una ragazzina con la testa tra le nuvole, Rii-san è la classica ragazza matura su cui si può fare affidamento e via dicendo. Ma le personalità di tutte le ragazze, con l'avanzare della storia, vengono un po' alla volta approfondite e questo rende il racconto più interessante (anche se non proprio originale). Forse il personaggio che spicca di più è, paradossalmente, proprio Megu-nee. E' stato veramente toccante vedere quanto si impegna per aiutare le ragazze in qualità di adulta e loro insegnante, anche se, prima che l'apocalisse cominciasse, tutti le dicevano di non essere portata per fare quel mestiere.

Il character design è davvero gradevole e le animazioni mi sono sembrate ottime. Ho trovato molto azzeccata la scelta di rappresentare gli zombie in modo non definito o comunque sempre adombrati, quasi emanassero una sorta di aura maligna. Questo design, del tutto diverso dai "tratti" moe delle protagoniste, non fa altro che sottolineare ulteriormente il contrasto realtà/illusione di Yuki e aiuta ad aumentare il senso di terrore che questi morti viventi incutono. Anche la regia è stata davvero eccellente: la scena del plot twist alla fine del primo episodio e quella in cui Mii-kun scopre le illusioni di Yuki mentre parlano nell'aula di musica della scuola sono davvero fantastiche e molto d'impatto grazie a OST (o silenzi), colori, luci e inquadrature azzeccate.

Sul doppiaggio non ho nulla da dire, davvero ottimo. Sia le scene più scanzonate da commedia moe che quelle terribili da horror sono state rese al meglio. Per quanto riguarda le sigle, allegra e simpatica è la opening "Friend Shitai" (cantata dalle stesse doppiatrici delle quattro protagoniste), mentre le tre ending scelte sono davvero malinconiche (ulteriore contrasto azzeccato della serie).

In conclusione, Gakkō Gurashi! è una serie che mi ha davvero colpito (non conoscevo il manga e ho guardato il primo episodio solo per ammazzare la noia senza preoccuparmi di cercarne la storia) e che consiglio vivamente.