Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi appuntamento libero, con gli anime Le bizzarre avventure di JoJo, Stein's Gate e Psycho-Pass 2.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


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Ci è voluto tanto, ma alla fine abbiamo avuto anche l'anime di "Stardust Crusaders", terza parte della saga della famiglia Joestar, protagonista de "Le bizzarre avventure di Jojo".
Oltre venticinque anni ci sono voluti. Infatti è stato per l'anniversario dei venticinque anni di pubblicazione del manga che è iniziata la trasposizione animata della storia dall'inizio fino a (per ora) questa terza serie. In verità, "Stardust Crusaders" aveva già ottenuto due adattamenti animati in formato OAV: il primo nel 1993, che raccontava solo il finale della saga, e poi nel 2000, con degli episodi che narravano solo l'inizio della suddetta saga.
I due anime, per quanto ben fatti e molto gradevoli, avevano il problema della breve durata e pertanto la narrazione era stata molto velocizzata e tagliuzzata. Ciò che veniva mostrato era appena un quarto di tutta la storia.

Per fortuna, con "Stardust Crusaders" del 2014 non c'è più questo problema.
Lo studio David Production, che aveva due anni prima realizzato l'anime relativo alle prime due saghe, torna con un budget evidentemente più sostanzioso per regalare ai fan di Jojo ben quarantotto episodi di anime. E il risultato è davvero soddisfacente sotto tutti i punti di vista.

Questa serie racconta del viaggio dal Giappone fino al Cairo, in Egitto, da parte di Joseph Joestar, l'indimenticato protagonista della seconda serie, e di suo nipote Jotaro Kujo, insieme ad altri alleati, con l'obbiettivo di eliminare definitivamente la minaccia rappresentata dal redivivo DIO.
Il punto di forza di "Stardust Crusaders" è che Araki ha abbandonato i combattimenti dove i personaggi si affrontavano con l'Hamon (Onde Concentriche nella versione italiana del manga) visti precedentemente, e ha invece creato gli "Stand", ovvero entità spirituali che combattono al fianco dei loro portatori, dotati di diversi poteri e legati alle loro anime, al punto che se vengono danneggiati, il colpo si ripercuote fisicamente sull'utilizzatore.

Lo staff aveva già dimostrato di avere una certa passione per il proprio lavoro, realizzando un anime che non potesse scontentare i fan, ma con "Stardust Crusaders" si sono superati. Ciò che hanno realizzato è quasi una trasposizione 1 a 1 da manga a anime. Stesse scene, stesse inquadrature, stesse angolazioni, stessi dialoghi.
Non per questo però hanno fatto un lavoro di copia e incolla, anzi. Ci hanno messo del proprio, come ad esempio le scene con colori diversi, direi quasi invertiti, usate per sottolineare le scene più importanti o di particolare tensione narrativa, o l'uso delle onomatopee visibili nell'immagine. Ciò che è venuto fuori rasenta quasi la perfezione per un fan di "Jojo". Guardare un episodio è quasi come sfogliare un volume del manga, con l'unica differenza che i personaggi si muovono per davvero e parlano!

I disegni sono molto simili a quelli di Araki del manga originale, ma forse in alcuni casi sono anche migliori, perché più moderni, con un chara design un po' più smussato rispetto all'originale, ma comunque molto fedele.
La storia è stata rispettata in tutte le sue parti e Jotaro e il gruppo di Crociati della Polvere di Stelle affrontano tutti i folli avversari partoriti dalla geniale mente di Hirohiko Araki.
Come detto all'inizio, è evidente che lo studio di produzione aveva a disposizione un budget più alto rispetto alla serie precedente, perciò la qualità visiva è davvero eccellente e la regia molto dinamica, dando il giusto risalto alle scene cariche di tensione emotiva dei protagonisti.

Questi personaggi, che sono carismatici come pochi, si muovono e parlano esattamente come nel manga, e il merito di questo è anche dei fantastici doppiatori che gli hanno prestato le voci. Tutti i doppiatori hanno svolto un lavoro egregio, donando grande forza e vitalità a tutti i personaggi, persino a quelli secondari come i nemici che vengono sconfitti in un solo episodio, ma sono da elogiare soprattutto le performance di Daisuke Ono (voce di Jotaro), Unshou Ishizuka (voce di Joseph) e Takehito Koyasu (voce di DIO). Gli "Oh my God!" di Joseph, gli "Horahorahora" di Jotaro e i "Mudamudamuda" di DIO sono esaltanti da ascoltare.

Altro grande punto a favore della serie è segnato dalle musiche usate come colonna sonora. Ogni scena è accompagnata da un brano che la esalta nel modo giusto, sia essa comica o drammatica. La colonna sonora è davvero azzeccata. Per non dire poi delle fantastiche canzoni usate come sigle, a partire dalle due energetiche opening, talmente cariche di testosterone da poter quasi provocare la crescita di un secondo paio di testicoli in chi le ascolta, per continuare con le due immense ending. Due brani diversi tra loro e che non fanno parte del mondo degli anime, ma che si sposano comunque benissimo a "Jojo" con la loro musica e che accompagnano in modo assolutamente perfetto le immagini dei video a cui sono abbinati, al punto che si potrebbe pensare siano state realizzate apposta per l'anime.

Insomma, per farla breve, per me "Stardust Crusaders" è uno dei migliori adattamenti da manga ad anime mai realizzati, e un ottimo anime in generale. Ha una bella storia che tiene lo spettatore incollato dall'inizio alla fine, dei grandissimi personaggi, ed è piena di momenti epici, emozionanti e commoventi o divertenti. Imperdibile.



7.0/10
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A due anni di distanza dalla prima serie, arriva, nel 2014, l’attesissimo seguito di “Psycho-Pass”, le cui animazioni non sono più affidate alla Production I.G., ma allo studio Tatsunoko Productions.

La trama di “Psycho-Pass” è rimasta pressoché invariata: ci troviamo sempre nel futuro distopico dominato dal Sybil System, che riesce a rilevare e trasformare in numeri la condizione psicologica e il coefficiente di criminalità di (quasi) ogni individuo. Abbiamo però come protagonista indiscussa Akane Tsunemori, affiancata da Ginoza, ora diventato un esecutore, Mika, la nuova ispettrice, più due nuovi personaggi, ovvero Hinakawa e Togane.

Inizio con il dire che, durante tutta la serie, si sente la mancanza di tre elementi che sono stati fondamentali per il successo della prima stagione: Shinya Kougami, Shougo Makishima, nonché lo sceneggiatore Gen Urobuchi. Partiamo da quest’ultimo punto, che si ricollega inevitabilmente ai primi due: quello che avevo più amato della prima serie, e che ho ribadito un centinaio di volte nella mia recensione, sono stati i pensieri, le riflessioni, le citazioni filosofiche. Una gioia per le orecchie e per la mente, rendevano “Psycho-Pass” il prodotto unico e originale che tanto ho apprezzato, e al contempo “alleggerivano” lo splatter di cui la serie era tanto imbevuta. A dare voce alla splendida sceneggiatura di Urobuchi erano essenzialmente il colto esecutore Kougami e il colto villain Makishima. Ma, ora che il secondo è fuggito, il terzo è morto e il primo ha lasciato il posto a Tou Ubukata, era forse inevitabile che questo lato di “Psycho-Pass” scomparisse. Ecco quindi che la violenza e le scene crude aumentano, mettendo un po’ in ombra quei ragionamenti e quelle riflessioni che sono sì sopravvissuti, ma sono stati privati di quelle citazioni e quei riferimenti a letteratura e filosofia che tanto affascinavano. Individuata, quindi, la prima pecca di questo sequel. Tuttavia, la trama in sé e per sé, non è assolutamente da buttare: il nuovo caso è a dir poco interessante, e viene affrontato sin dal primo episodio, sfruttando per bene le sole undici puntate da cui la stagione è composta. Come già detto, la sceneggiatura non è al pari della prima serie, ma i vari accadimenti seguono un corretto filo logico e riescono a non essere troppo veloci o confusionari. Le spiegazioni che vengono date ai misteri come quello di Kamui o del colore del Sybil, dal canto loro, mi hanno fatto storcere un po’ il naso: pur non essendo in completa contraddizione con i principi e i meccanismi della prima stagione, mi sono sembrate abbastanza forzate.

Veniamo all’altro punto debole della serie in questione: i personaggi. L’unica nota positiva è stata sicuramente Akane, che è riuscita a splendere ancor più di quanto non avesse fatto in precedenza. In “Psycho-Pass 2” la troviamo ancora più matura, forte e intraprendente, pur rimanendo l’Akane del primo episodio, legata ai suoi ideali e con un colore limpidissimo. L’ho amata anche per il lato tenero che in lei si intravede quando accende le sigarette che fumava Kougami, a cui più volte ripensa quando è in difficoltà. Rimaniamo concentrati sui personaggi che già conoscevamo: il caro Ginoza, che aveva subito un interessante cambiamento alla fine della prima serie, è stato declassato, a mio avviso, a mera comparsa. Un discorso importante in un solo episodio, poi basta. Che dire di Shion e Yayoi? Stessa cosa di Ginoza (ho perso le speranze di sapere almeno un po’ sulla prima, ormai). Parliamo ora delle new entry: Mika Shimotsuki, a dir la verità, era già apparsa come nuova ispettrice nell’episodio 22, ma non solo. Se ci ricordiamo bene, era la migliore amica di una delle ragazze uccise da Rikako Oryo. Mi sarei dunque aspettata un riferimento al suo passato, magari che avesse spiegato le ragioni per cui era entrata in polizia... invece troviamo solo una ragazzina che altri non è se non schiava del System, fedele al Sybil più di chiunque altro. In pratica, nessun collegamento con il personaggio che avevamo conosciuto. Tuttavia, anche se risulta irritante, non si può dire che non sia stata approfondita. Di simile stampo è Togane, non mi è piaciuto, ma almeno si sono dedicati a lui. Vittima dei pochi episodi è stato Hinakawa, che ancor più di Kagari, che vuole palesemente sostituire, è rimasto quasi anonimo. Infine passiamo all’antagonista, Kamui: dopo un villain come Makishima, era difficile cercare di rimanere sullo stesso livello. Tuttavia, seppur lontanamente comparabile al suo predecessore, è stato meglio di Mika e Togane messi insieme.

Il lato tecnico, per fortuna, non delude mai: la regia è rimasta sublime come sempre, le animazioni, pur con uno studio diverso, sono eccellenti, e il character design si è perfezionato ancor di più. Tra le OST annoveriamo anche qualche brano di musica classica/lirica, che conferisce crescente teatralità a scene di per sé raccapriccianti. Stupenda l’ending “Fallen”, mentre non riesco a trovare aggettivi che possano descrivere al meglio quanto ami l’opening “Enigmatic Feeling”.

Insomma, una seconda stagione penalizzata dall’assenza dello storico sceneggiatore Urobuchi e da quella di personaggi carismatici come Kougami e Makishima, che non sono stati degnamente sostituiti. Tuttavia, lo “splendore” di Akane, una buona dose di adrenalina e il livello di interesse mantenuto sempre alto nello spettatore rendono questa seconda serie, nel complesso, un buon prodotto, anche se non regge il confronto con la prima. Voto: 7 e mezzo.



8.0/10
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"Steins;Gate" è un prodotto che nasce come visual novel e successivamente trasposto in opera cartacea. Nel 2011 gode anche di una trasposizione animata, composta da ventiquattro episodi, realizzati dallo studio White Fox.

Okabe Rin è un normale studente universitario del primo anno, con Q.I. a sua stessa detta di 170, che affitta una stanza nel quartiere di Akihabara, e ne fa il suo laboratorio-quartier generale per deliri di onnipotenza e tentativi di esperimenti pazzoidi. Volutamente e consapevolmente sui generis sono i comportamenti tenuti dal giovane Okabe, che con fare donchisciottesco si auto-elegge scienziato pazzo, e l'unico in grado di sovvertire la struttura di controllo del mondo, le cui redini sono tenute attualmente dalla sua antagonista e fantomatica quanto ignota "organizzazione". Al suo fianco, gli eletti ad assisterlo nelle sue strampalate imprese: il coetaneo Daru, un ragazzo nerd sovrappeso con una passione per le battute scollacciate e i doppi sensi, particolarmente abile come hacker, e Mayuri, più piccola di due anni e amica di infanzia di Okabe, sempre un po' stralunata e dai modi dolci, rispettivamente membri 02 e 03 del laboratorio dello scienziato pazzo. Con il proseguire della storia, al terzetto iniziale si aggiungeranno una serie di personaggi comprimari, sempre abbastanza ricorrenti.
Inconsapevolmente Okabe e soci arriveranno a una scoperta sensazionale, e in questa saranno coadiuvati dalla brillante e giovane scienziata Kurisu, che Okabe nomina unilateralmente come sua assistente (e membro 04 del laboratorio) e ribattezza con i nomignoli più demenziali, con la quale da subito si instaura un rapporto di complicità, nonostante il bisticciare continuo da cane-gatto.
Le scoperte portate avanti da Okabe e compagni faranno anche gola all'apparato del SERN (nome che scimmiotta chiaramente lo svizzero CERN), il più grande laboratorio di fisica delle particelle al mondo, che sarà l'antagonista e principale oppositore.

L'azione si svolge in sole tre settimane tra la fine di luglio e la seconda metà di agosto, anche se si converrà insieme sul fatto che non saranno tre settimane esattamente "convenzionali", in cui a paradossi temporali multipli si intrecceranno le vicende personali dei protagonisti...

Lo scenario di fondo come già detto è il quartiere di Akihabara, fotografato come crocevia dinamico e continuo di persone, che alla vocazione primaria di quartiere moderno pieno di negozi di elettronica affianca la più recente contaminazione da parte della sottocultura moe. Nonostante tuttavia sia pieno di insegne luminose e colori cangianti, Akihabara appare monocolore, un quartiere sbiadito e pallido, sotto il sole battente e l'afa soffocante degli ultimi giorni di luglio. Il luogo più ricorrente in assoluto è il laboratorio, e poi ce ne sono pochi altri, ma di solito le ambientazioni interne sono sempre nella penombra o ben isolate dall'esterno, dove il caldo imperversa; questi accorgimenti consegnano realismo e dipingono uno scenario claustrofobico, anche quando ci si trova nelle ambientazioni esterne.

Volendo si potrebbero distinguere due grandi archi narrativi nella serie: nella prima metà c'è un telos, ovvero un fine continuo teso alla scoperta scientifica per il piacere della scoperta scientifica in sé, nel secondo gli equilibri si sono inevitabilmente rotti per un dramma e Okabe è costretto a un'interminabile corsa "contro il tempo" per rimediare a delle scelte fatte. Qui si rivelerà tutto il suo carisma e il suo spirito di abnegazione, oltreché la volontà di mettersi al servizio delle persone a cui tiene, al di là dell'impalcato di fissazioni da sindrome adolescenziale.

La cosa piacevole di "Steins;Gate" è che riesce a coniugare diversi generi e sottogeneri senza far risultare la cosa pesante o forzata, cosa che invece avviene spesso e volentieri in tante altre serie coeve.
Anche se il genere prevalente è quello fantascientifico, di fatto noi assistiamo alla vita di tutti i giorni dei protagonisti, seppure nelle loro bizzarrie e aspetti comici. Commedia, fantascienza e romanticismo sono ben bilanciati e dosati un episodio dopo l'altro, e questo anche grazie a un'ottima caratterizzazione dei personaggi, sia nei loro tic nervosi ma anche nel loro lato umano o divertente. Sembra come se la fantascienza sia diventata una questione "domestica", di cui discutere comodamente a casa in poltrona tra amici come se nulla fosse tra un argomento e l'altro, anche se la trappola è continuamente dietro l'angolo. E a quel gruppo di amici ci si affeziona piacevolmente.
Il finale non fa che riconfermare quanto visto di buono durante tutto l'arco narrativo della serie e le dà giusto compimento.