Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi appuntamento libero, con Tokyo Ghoul √A, Love Live! 2Luck & Logic.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


Per saperne di più continuate a leggere.

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“Tokyo Ghoul √A” è una serie anime composta da dodici episodi e, assieme alla stagione precedente (“Tokyo Ghoul”, dodici episodi), rappresenta una trasposizione animata molto sintetica e semplificata dell’omonima versione manga. Parecchi dettagli e avvenimenti della storia originale (a volte significativi) vengono appena accennati, se non addirittura omessi, lasciando diverse conclusioni all’intuito e immaginazione dello spettatore. Alcune vicende sono state, per motivi tecnici, modificate, per giungere tuttavia alla medesima conclusione del manga.

Inizierò con l’analizzare quello che è l’apparato tecnico dell’anime: primi piani dei personaggi e panoramiche paesaggistiche risultano lineari e dettagliate, le tonalità di colore sono forti e vivaci (fattori che, a mio avviso, tradiscono lo stile del manga); le sequenze dinamiche di combattimento appaiono tuttavia meno curate e pulite rispetto alla prima stagione dell’anime, talvolta confuse, anche se non in modo troppo evidente.
La colonna sonora è probabilmente uno dei punti di forza di questa seconda stagione: di maggior rilievo rispetto alla stagione precedente, acquisisce dei toni drammatici che si sposano perfettamente con gli eventi che va a narrare. Degne di nota sono “On my Own” e “Glassy Sky”. La opening “Munō” non è all’altezza della precedente e più suggestiva “Unravel”, ma rispecchia il ritmo narrativo e il clima che caratterizzerà questa seconda stagione. La ending “Kisetsu wa Tsugitsugi Shindeiku” riesce a concludere in modo impeccabile ogni episodio, proponendo, con ritratti dei personaggi della serie, uno scorcio di quello che è lo stile di Ishida Sui (autore del manga).

In questa stagione vengono finalmente svelati dettagli sul passato di alcuni personaggi (principali e non) con flashback relativamente brevi e, a mio avviso, mai superflui. Pur essendo di breve durata, l’anime riesce in modo più che discreto nell’intento di caratterizzare le diverse personalità; fra le più interessanti: Juuzou Suzuya, Takatsuki Sen e Arima (del quale, per il momento, sappiamo ancora poco). Ci viene inoltre proposto un “secondo Ken Kaneki”, totalmente differente da quello della prima serie, per motivi legati alla trama.
Sono numerosi tuttavia i personaggi di cui, per ora, conosciamo solo il nome: spesso fanno la loro comparsa e svaniscono senza dare indizi sulla loro importanza all’interno della storia.

Se la brevità con cui vengono narrati gli eventi è da un lato positiva, rendendo più semplice e scorrevole la storia, dall’altra rende la visione di quest’anime più impegnativa, in particolar modo per coloro che non seguono il manga: essendo l’anime poco ridondante, lo spettatore deve saper dare il giusto valore ad ogni avvenimento, dal momento che i particolari più significativi non vengono enfatizzati a dovere come spesso succede in altre opere.
Un esempio di ciò è il fatto che la scena chiave di questa stagione sia stata collocata al termine della ending dell’episodio 11: a causa di questo “inconveniente”, molti spettatori non hanno assistito alla scena e questo ha spesso portato a un ovvio giudizio negativo dell’intera opera.

La narrazione procede a ritmi relativamente lenti rispetto alla prima serie: l’attenzione è rivolta ai personaggi, alle relazioni che li legano e al loro passato. La stessa figura di Ken Kaneki, alle prese con il proprio dramma esistenziale, passa in secondo piano. Gli eventi accelerano gradualmente in direzione di una conclusione che da un lato lascia aperte molte questioni, ma dall’altro risolve il mistero più rilevante di questa seconda stagione: l’identità del gufo.

Molti fattori che solitamente portano a un giudizio negativo su quest’anime li considero invece dei punti di forza; un particolare apprezzamento va allo stile frammentato e apparentemente disconnesso della narrazione, che più di ogni altra cosa rende giustizia a quello che è lo stile narrativo del manga.
In conclusione, reputo “Tokyo Ghoul √A” una serie per molti aspetti superiore alla precedente, che tuttavia penalizza non poco coloro che non seguono il manga.



7.0/10
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Dal momento che la seconda stagione di “Love Live!” è praticamente la diretta continuazione della prima, non mi tratterrò dal parlare anche della conclusione di questa. Insomma, non leggete la recensione che segue, se non avete terminato la visione della prima stagione.

Avevamo lasciato le nostre nove beniamine demoralizzate a causa della mancata partecipazione al Love Live, ma anche determinate a continuare nel loro percorso di school idol e piene di bei sentimenti comunicati magistralmente dalla incantevole ‘Start: Dash’. Tuttavia, con l’inizio del nuovo semestre, alle μ’s si pone un bel problema: il trio del terzo anno si diplomerà nel giro di qualche mese. E proprio per questo motivo, ora più che mai, una volta salvata la scuola, l’obbiettivo finale è solo uno: la vittoria del Love Live. Saranno quindi delle μ’s più mature quelle che vedremo in questa seconda stagione, sia artisticamente che caratterialmente, sebbene non manchino le gag che tanto a lungo hanno caratterizzato l’anime (menzione d’onore a Nozomi, personaggio d’oro di questi tredici episodi).
Gli elementi vincenti della prima stagione ritornano tutti: le coreografie, i vestitini glitterati, i momenti di tensione, gli allenamenti, le lacrimucce sul finale... e ovviamente la NozoEli. La questione è: la seconda stagione è superiore alla prima?
Purtroppo, non proprio: i primi episodi, non avendo alcun bisogno di introdurre nuovi personaggi e nuove dinamiche, scorrono abbastanza veloci, tuttavia ci sono più di un paio di puntate nella prima metà dell’anime che risultano infinitamente meno scorrevoli delle altre, come ad esempio quella dedicata a Nico, lo speciale di Halloween o quella della dieta. Eppure, superato l’episodio 8, la serie ingrana magistralmente e riesce a sostenere un ottimo ritmo sino al finale, o meglio, ai due finali: il termine del Love Live (a cui è dedicato l’episodio 12) e il termine dell’anno scolastico, al quale, giustamente, è dedicato l’intero, ultimo episodio 13. Se quindi la prima metà dell’anime segue costantemente lo standard della stagione precedente, con alcuni episodi che scendono al di sotto di esso, la seconda metà risulta tuttavia infinitamente più gradevole ed emozionante - nel senso che non potrete fare a meno di provare emozioni forti ed empatizzare con le protagoniste.
Nonostante i pregi che ho citato, ci sono un altro paio di fattori che mi rendono restia ad assegnare un 8 a questo anime: primo fra tutti la poca presenze delle A-Rise, che già nella prima stagione avevano fatto da mero sfondo alle vicende delle μ’s. Avremo ora l’occasione di conoscerle meglio e di osservare come interagiscono con le loro dirette e più pericolose concorrenti: ciò succede, ma in una maniera incompleta, dal momento che l’unica delle tre che spicca un minimo è la leader, Tsubasa, mentre le altre due dicono meno di una decina di battute in tredici episodi. La competizione con le A-Rise, a parte in una sola occasione, viene mostrata solo a parole, ma mai nei fatti: non vedremo mai, purtroppo, di cosa queste ragazze sono realmente capaci, come ragionano, come si sentono e via dicendo. Ed è un peccato, perché ci si aspetterebbe che vedere le μ’s raggiungere il loro livello comporti spostare l’attenzione anche su di loro.

Altra nota dolente, su cui purtroppo non si riscontra alcun miglioramento, sono la CG e le animazioni, abbastanza imbarazzanti, considerando che l’anime è del 2013. È invece molto più curata la regia, che riesce a gestire molto bene le scene cariche di tensione e/o emotività, senza esasperare il tutto e dar vita a drammi eccessivi e inutili. Sul fronte musicale, le parti strumentali al pianoforte sono una bella introduzione di questa seconda stagione, che rendono la colonna sonora (escludendo da essa, ovviamente, le insert song) molto più orecchiabile e memorabile rispetto alla stagione passata. Menzione d’onore anche alla opening, che strizza l’occhio in più punti al gioco per smartphone, inserendo delle sequenze che riprendono pari pari le cover delle canzoni “daily special” (‘Nawatobi’, ‘Beat in Angel’, ‘Garasu no Hanazono’ e via dicendo).

In conclusione, se avete apprezzato la prima stagione di “Love Live!”, non potete farvi mancare il suo continuo: e poi, gli ultimi sei episodi sono talmente belli e ben studiati che solamente loro valgono da soli la visione dell’interno anime, per le emozioni che riescono a trasmettere e l’atmosfera di magia e nostalgia che riescono a creare.



6.0/10
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Il connubio dei giochi con gli anime è consolidato da tempo. Sembra ieri, quando ai tempi delle medie, durante la ricreazione, i coetanei estrapolavano dallo zaino un Gameboy, un Beyblade o un mazzo di carte per divertirsi in compagnia e imitare i loro idoli di "Pokémon", "Beyblade" o "Yu-Gi-Oh". Tornei amatoriali fiorivano ovunque e sfidanti più o meno capaci approdavano alle porte delle classi avversarie, cercando di ottenere l'agognato riconoscimento di "migliore". Inutile dimenticare il ruolo predominante che gli anime di questi giochi occupavano negli spazi mattutini e pomeridiani dedicati ai cartoni: si assisteva a battaglie mirabolanti per la salvezza del mondo, a poteri unici che si cercava inutilmente di replicare a scuola e a rivalità fra protagonisti e coprotagonisti che sembravano pari a tradimenti fra Paesi alleati. Queste serie stimolavano, facevano sentire più adulti e i loro riflessi si estendevano al gioco, quasi la maturazione delle abilità nelle partite condizionasse la medesima crescita personale. Il mito nasceva e così restava nel cuore.

Non tutte le serie animate dedicate alla promozione di giochi, però, suscitavano lo stesso effetto: molte di esse finivano nel dimenticatoio, come "Medarot" o "Duel Master". Altre brillavano di una luce talmente abbagliante da oscurare la ragione per cui erano nate, come "Digimon". Sebbene nel caso dei mostri digitali il problema abbia portato alla serie tanta fortuna e stagioni successive, lo scopo principale falliva in entrambi i casi: vendere i giochi collegati all'anime.

"Luck & Logic" ripercorre i passi dei suoi predecessori, partendo quasi in simultanea con la pubblicazione del gioco: il primo episodio arriva in Giappone il 9 gennaio di quest'anno, mentre le carte si manifestano sul mercato oltre un mese dopo, il 28 febbraio. Ma la domanda più importante resta una: riesce ad eguagliare i risultati famosi del passato? E' un anime in grado di conquistare l'animo dei fanciulli per portarli a comprare il merchandising?

A cominciare dalla trama, sembrerebbe che le orme siano ricalcate per bene: Septia è il modo con cui si definisce la Terra in questo universo, in cui gli Dei della vicina Tetra Heaven si avventurano di tanto in tanto per stringere dei patti con i Logicalist, degli esseri umani con delle abilità particolari con cui possono capire la Logic degli abitanti di altri mondi. A seguito di una lunga battaglia sul pianeta delle divinità, gli sconfitti di questa guerra scendono su Septia per costringere gli esseri umani alla Trance, il procedimento con cui le due Logic si fondono, per trasformarsi in sembianze terribili dai poteri straordinari. In questo tripudio di ambientazione fantasy mista a fantascienza, Yoshichika Tsurugi (il protagonista) stringe un patto con la dea Athena per tornare ad essere un Logicalist, a seguito del ritrovamento, da parte della divinità, della carta Logic che aveva perduto in una missione avvenuta anni prima. Il suo ritorno nell'ALCA, la polizia speciale che si occupa di addestrare i Logicalist, sarà costellato di nuove conoscenze e insidie.

Un inizio standard, anche se con qualche slancio di originalità: Yoshichika ha esperienza con il tema della Trance, essendo un ex Logicalist il quale è rimasto scottato dall'utilizzo di una tecnica proibita, l'Overtrance, durante un combattimento. Il ruolo all'interno del team di Logicalist di cui entrerà a far parte, inoltre, si limiterà a quello di capo con funzioni strategiche e di protezione, lasciando la componente d'azione agli altri membri del gruppo: Chloe, la dirompente pattuente di Valkyrie, Mana, la timida compagna di Altemis, e Tamaki l'ex capo-gruppo in coppia con Venus. Nonostante il cast di comprimari sia composto da tantissime ragazze, l'anime non abbindola con la strada facile dell'harem, preferendo un percorso improntato sullo sviluppo delle amicizie e delle dinamiche di team, con qualche punta di acredine iniziale fra Tamaki e Yoshichika e una rivalità perpetua fra quest'ultimo e Olga, l'unico Logicalist ancora senza pattuente. Le puntate di partenza, infatti, verranno dedicate a turno ad ogni membro del gruppo, per analizzare le loro personalità e far crescere il rapporto di fiducia fra loro e Yoshichika, riuscendo ottimamente in questo compito con Tamaki e Mana. La prima accetterà che il ragazzo sia più esperto di lei, la seconda imparerà ad abbandonare il triste passato alle spalle per maturare come persona.

I pochi esempi positivi, tuttavia, sono sommersi dai problemi, uno su tutti il rapporto fra Yoshichika e Athena: i due paiono assolvere alla parte romantica della serie con qualche provocazione, ma la dicotomia è sempre quella del ragazzo integerrimo, facile all'imbarazzo, e della ragazza procace con un pacato interesse per l'altro. Una fantasia che mira ad accalappiare il pubblico maschile, dimostrata anche dalle rare scene di fanservice con al centro Athena. La sua personalità, molto simile a una Nadeshiko realizzata male, sfugge ai tentativi di essere inquadrata, scomparendo sotto il peso del pattuente e degli altri membri del cast.

Sono proprio le divinità a pagare lo scotto peggiore della scarsa caratterizzazione: Valkyrie, Altemis, Venus, Nemesis e successivamente Quetzalcoatl interpretano parti piatte e senza alcun tipo di approfondimento; nell'ordine rappresentano gli stereotipi della combattente maschiaccio, della taciturna riflessiva, della seduttrice espansiva, della ragazzina inquietante e della mascotte mangereccia. Inutile dire che gli dei resteranno imprigionati in queste gabbie, che si ripercuotono anche nel comparto visivo: se il character design dei Logicalist è simpatico e accattivante per quanto concerne l'aspetto quotidiano, ad eccezione di quello di Yoshichika che ripropone pedissequamente il generico protagonista di anime per ragazzi, il design delle divinità è poco ispirato e d'impatto. Non aiuta il fatto che la loro mise di tutti i giorni sia di un grigio tenue, quasi a voler accentuare la loro appartenenza allo sfondo. Il look dei costumi, purtroppo, sembra risentire della Trance con le divinità: sembra fare il verso alle majokko senza portare avanti un design coerente ed efficace; la tenuta dal pelo arancione di Chloe non solo diffonde un'aura pacchiana, ma stride con i vestiti rosa acceso da fata di Tamaki e con l'abbigliamento underground di Mana.

Altra nota dolente riguarda l'animazione dei combattimenti, creata con l'ausilio del 3D, fluida ma che stride con il resto della puntata. Strappa solo un fugace sorriso quando si realizza che potrebbe essere una scelta voluta degli animatori, per dare l'idea di una sottospecie di videogame che potesse accostarsi al tema del gioco. Questo pensiero potrebbe portare a una domanda ulteriore, di non scarsa importanza: se la serie animata è un modo per promuovere un gioco di carte, queste ultime dove sono?

A differenza di "Yu-Gi-Oh" o "Duel Master", "Luck & Logic" sfrutta un cammino insolito per le carte, preferendo non focalizzare la sua narrazione sul gioco. Una decisione che permette alla serie animata di ergersi come una visione indipendente, forse non utile a introdurre alle regole e alle varie meccaniche di una partita, ma che riesce a incuriosire per andare poi da soli a scoprire il mondo esposto nell'anime.

Ma l'opera è interessante? "Luck & Logic" appassiona e spinge i suoi spettatori a interessarsi ai prodotti di riferimento? Purtroppo è difficile soprassedere alle tante mancanze della serie: l'intreccio narrativo banale e incoerente mostra tutta la sua pochezza nello stravolgimento della personalità di Olga sul finale, per forzare a tutti i costi una battaglia conclusiva fra lui e Yoshichika. La caratterizzazione scarsa dei personaggi e delle loro relazioni, accompagnate da un comparto visivo dai colori accesi ma che vede il resto nella norma o sotto il livello della mediocrità, dovrebbe lasciar presagire una certa difficoltà nell'attrarre il pubblico e portare il successo sperato.

Eppure, quei lampi di originalità sono inaspettati e positivi: l'indipendenza dal gioco di carte, il voler portare un po' di aria fresca dando un passato diverso al classico protagonista, il non voler assecondare i gusti odierni del pubblico con un harem, ma con una normale situazione di collaborazione e amicizia fra compagni di team, riescono a toccare una corda da qualche parte. Quel tanto che basta per arrivare alla conclusione della serie e assistere all'orrendo finale.

Sei, perché un po' di speranza è d'obbligo per portare novità nel genere.