Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

Per saperne di più continuate a leggere.

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"Lovely Complex" è un piacevole dipinto ad acquarello, dove le relazioni interpersonali che nascono tra i due protagonisti, emozionano il lettore, senza cercare gag particolari o ecchi improbabili si dipana tra la semplicità dei personaggi e la quotidianità dei loro piccoli problemi. La trama sicuramente potrebbe risultare alquanto banale ma in effetti la particolare relazione che intercorre tra i due protagonisti mette pepe a tutto il fumetto che comunque non annoia.
I personaggio principale sicuramente è Risa ma anche la sua spalla (comica) Atsushi regge bene il peso del proprio ruolo, quindi troviamo le preoccupazioni di Risa banali ma mai scontate.
Dal canto suo Atsushi è un ragazzo ben posato e con spessore morale ma spesso spazia dall'infantile all'ingenua maturità senza mai veramente accettarsi per se stesso.
Le tinte leggere e le gag comiche e senza personaggi con drammi interiori insormontabili rendono questo manga piacevole alla lettura.
Devo dire che non sono rimasto piacevolmente colpito dal disegno, eppure i personaggi sono ben delineati e non efebici, il tratto è molto netto ma in nessun disegno ho mai avuto la sensazione che qualcuno saltasse fuori dalla propria dimensione o comunque aumentasse lo spessore…
Non posso dire che sia un capolavoro ma l'ho apprezzato veramente per la sua semplicità.



4.0/10
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Il tema di base è talmente affascinante da non avere tecnicamente confini, come la poderosa potenza di Saitama. Un eroe talmente forte nella sua mediocrità, da non poter essere confrontabile con alcunché, sino a destabilizzare lo stesso concetto quantitativo e gerarchico di forza.

Peccato, peccato davvero che questo interessante concetto di esacerbazione dello shounen, con annessa critica al genere stesso, stia solo nella mente di chi ha propagandato "One-Punch Man" come fine opera avveniristica.

Ciò che sarebbe dovuto essere - o almeno così è stato da me recepito dopo tanta foga - un antishounen nei panni di uno shounen, è in realtà uno shounen nei panni di uno shounen. Perlomeno coerente.
Gli episodi iniziali, che ancora hanno Saitama come protagonista, effettivamente possono essere considerati accettabili: una simpatica aurea di disaffezione nei confronti dell'eroe medio dovrebbe colpire lo spettatore, che si rende conto, tramite le divertenti scenette quotidiane del nostro anti/iper-eroe, di come portare all'eccesso il tema faccia crollare il castello di carte. Lo stesso Saitama recita bene la parte, diventando presto abulico e apatico, con sprazzi di disperazione per il dover adoperare solamente un pugno per qualsivoglia avversario.
Tutto ciò dura due, tre episodi al massimo. L'arrivo di nemici via via più ardui e distruttivi continua, ma l'introspezione di Saitama svanisce onninamente. Nemici si affastellano l'uno sull'altro: sempre più mefistofelici, sempre più deformi e bestiali, ferini o robotici che siano, capaci di distruzione di massa più e più esagerata. Eppure, in tutto ciò, Saitama perde via via la sua centralità: prima Genos, poi Sonic, infine la cricca degli eroi di professione: individui che subentrano e trasformano quest'opera in un mero shounen, piacevole a seconda dei gusti.
Mi è parso quasi una presa pei fondelli il fatto che l'ultimo sprazzo di ragionamento su quello che dovrebbe essere il tema della potenza parossistica avvenga solo nell'ultimo episodio nelle ultime parole dell'ultimo di una lunga serie di pezzi grossi e nella scenetta finalissima post-titoli di coda del mega-porco Signore degli Inferi: Saitama, dopo dieci episodi di combattimenti di una banalità disarmante in cui compare quasi meramente come deus ex machina finale, ritorna a querelarsi col fato per il suo pugno troppo capace.

Qualcuno sicuramente potrà osservare che proprio questo andazzo stereotipato è la "critica geniale" di "One-Punch Man".
Questo sarebbe stato difatti accettabile qualora Saitama fosse rimasto perno inamovibile, ma sarcastico e critico, al centro di un panorama di luoghi comuni. Così non è: Saitama perde subito il suo ruolo e ci sono, a dimostrazione, un paio di episodi in cui quasi non compare, se non come asso-piglia-tutto finale. La sua assenza fa semplicemente risaltare lo scenario banale dello shounen qualsiasi, che in mancanza del punto di critica diviene meramente soggetto.



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“Nausicaä della Valle del vento” (titolo originale “Kaze no Tani no Nausicaä”) è un lungometraggio d’animazione giapponese del 1984, scritto e diretto da Hayao Miyazaki e tratto dal suo omonimo manga.

Trama: la vicenda è ambientata sulla Terra mille anni dopo una devastante guerra, tristemente nota come “i sette giorni del fuoco”, durante la quale vennero impiegati i guerrieri invincibili, enormi automi organici dotati di spaventose armi termonucleari, che spazzarono via ogni forma di civiltà e inquinarono irreparabilmente l’atmosfera e il suolo.
Oggi, gli umani superstiti vivono in piccole comunità, costantemente minacciate dalla Giungla tossica, uno sterminato agglomerato di vegetali emananti spore velenose che si espande con lentezza ma inesorabilmente. La Giungla tossica è anche la dimora di giganteschi mostri insettoidi alquanto suscettibili.
La protagonista è Nausicaä, giovane principessa della Valle del vento, una pacifica oasi di verde incontaminato e aria pura. Tuttavia, le difficoltà a cui l’umanità è andata incontro negli ultimi secoli non ne hanno placato l’innata sete di sangue e potere, così il popolo della Valle si ritroverà coinvolto in un cruento conflitto tra due regni nemici.

Questo film, considerato l’opera prima dello Studio Ghibli, presenta molti dei temi cari al maestro Miyazaki: la passione per il volo, l’affermazione della necessità di un rapporto armonioso con la natura e tutte le forme di vita e la condanna dell'indole autodistruttiva dell'uomo e di un uso sconsiderato e violento della tecnologia, che con troppa frequenza dà alla luce nuove mostruosità belliche.
Apparentemente, questo comporta un binomio piuttosto netto tra: il Bene, identificato principalmente in tutto ciò che è legato alla sfera ecologica del nuovo mondo che, sebbene costituita da creature terrificanti e pericolose e venefiche spore, è solo il risultato della malvagità dell’essere umano e nondimeno agisce per fame, difesa o se provocata, quasi mossa da una coscienza collettiva che si attiva per punire i gesti sconsiderati delle persone, impedendo loro di distruggere ulteriormente il pianeta; il Male, invece, prende forma nell'innovazione tecnica votata alla guerra, rappresentata da grandi aeronavi metalliche, armi da fuoco e carri armati (reliquie delle epoche passate e unico tocco di modernità in un’ambientazione altrimenti assimilabile al Medioevo) e negli immensi scheletri dei guerrieri invincibili, monito di ciò che è stato e mai più dovrà essere.
Una visione meno assoluta e più ricca di sfaccettature è invece evidente a una più attenta analisi: Nausicaä è una protagonista dinamica, generalmente positiva ma non per questo immune alle emozioni negative, come la paura, l’odio e il desiderio di vendetta, che riesce a superare grazie a una comprensione superiore del mondo che la circonda e dei suoi equilibri. A renderla unica e coinvolgente sono il suo coraggio, la sua determinazione nel salvare la propria gente senza ricorrere a spargimenti di sangue, il suo altruismo e la sua maturità nell'accettare che non ci potrà essere unione tramite sottomissione e non ci potranno essere salvezza e rinascita, se l’alba del nuovo genere umano sarà rischiarata da una pioggia di fuoco di morte.
D’altro canto, la sua gente, per quanto sia tendenzialmente pacifica, non tarda a impugnare le armi per difendere la propria terra dagli invasori. I soldati di Tolmechia e Pejite, inoltre, per quanto si dimostrino disposti a commettere atrocità e genocidi reciproci pur di ottenere il predominio sulla Terra, sono anche vittime di un mondo feroce e spietato, oltre che accecati dalla disperazione e dal più basilare degli istinti di sopravvivenza. I presunti antagonisti non trasudano cattiveria da ogni poro, ma possono essere, a seconda dei casi, ostinati, spaventati, vendicativi, gelosi e, entro determinati limiti, disposti a tornare indietro sui propri passi.
Per quanto riguarda la caratterizzazione dei personaggi, ci si trova di fronte a livelli di introspezione piuttosto superficiali, considerando anche il poco spazio dedicato alle figure secondarie, alcune delle quali sono anche dotate di particolare fascino, ma che si fanno comunque da parte per i veri protagonisti: Nausicaä e, soprattutto, il nuovo ecosistema della Terra, cupo, spoglio e insidioso, ma capace di racchiudere, negli anfratti più reconditi, microcosmi di straordinaria bellezza.

Il comparto tecnico è di altissimo livello: le animazioni sono fluide in ogni situazione, che siano i semplici gesti di vita quotidiana, dinamiche acrobazie aeree o feroci combattimenti; il character design è quello storico delle produzioni Ghibli, morbido ed essenziale, con l’inconveniente di realizzare modelli facciali troppo simili tra loro; l’aspetto delle incredibili creature che popolano la Giungla tossica è estremamente curato e particolareggiato e le rende allo stesso tempo terribili e maestose.
La componente grafica, però, dà il meglio di sé nelle ambientazioni, su cui la regia indugia con lenti movimenti di camera, permettendo allo spettatore di ammirare la grande attenzione riversata nei fondali, estremamente suggestivi e dipinti con grande maestria, creando un universo, sia antropico che naturale, molto vario: dalla Valle del vento, un bucolico paradiso senza tempo incuneato tra ripide montagne rocciose, a sterminati deserti, ossari per i pantagruelici resti dei guerrieri invincibili, per finire con la temuta Giungla tossica, intricata, indomabile e oscura.
La colonna sonora accompagna adeguatamente ogni sequenza e si manifesta come grandiosa e imponente soprattutto nei momenti di grande carica emotiva. Nota dolente il doppiaggio italiano del 1984 (rinnovato per la riproposizione del lungometraggio del 2015 ad opera della Lucky Red), in più casi goffo e non sufficientemente espressivo, nonostante il buon adattamento.

In conclusione, “Nausicaä della Valle del vento” è una storia intensa e commovente, un’avventura fantasy che non risparmia critiche all'inquinamento selvaggio e all'aggressività insita nell'animo umano, perfettamente in grado, da soli, di cambiare per sempre il mondo per come lo conosciamo. Nel corso della vicenda, non ci sono esitazioni nel mostrare dure battaglie, per quanto incruente (il sangue è usato per aumentare la significatività di specifiche sequenze), di cui si evidenziano in diretta le drammatiche conseguenze, o gli effetti sconvolgenti dell’espansione della Giungla tossica, che miete senza pietà vittime di ogni età e sesso. Anche alcune scene oniriche, per quanto luminose, nascondono risvolti piuttosto inquietanti.
Nel complesso, si tratta di un ottimo film, con una morale ambientalista sicuramente forzata e spinta in ogni occasione disponibile, ma che permette una grave e concreta riflessione su alcuni atteggiamenti tipici delle nostre società. Una visione indubbiamente consigliata, che non si lascia prendere dalla smania di spiegare quello che succede in ogni singolo momento, conservando quel velo di mistero che non fa altro che aumentare la magia di questo lungometraggio.