Tadashi Sudo, giornalista esperto dell’industria dell’animazione e analista, ha scritto un articolo pubblicato da ITMedia, nel quale discute dei problemi che potenzialmente dovrà affrontare l’industria dell’animazione giapponese come conseguenza della globalizzazione. L’articolo si pone questa domanda: l’animazione giapponese soffre della Sindrome delle Galápagos?
Questo è un termine giapponese che si riferisce all'isolamento dal mercato mondiale, che potrebbe rendere difficile esportare i propri prodotti fuori dai propri confini. Sudo sottolinea come, grazie al suo stile visuale così unico, l’animazione giapponese sia sempre stata molto popolare all'estero fin dagli anni ’60 con titoli come Astroboy o negli anni ’90 grazie a titoli come Akira (arrivato in USA il 25 dicembre del 1989) e Ghost in the Shell per un successo che sta continuando tutt'ora.
Quindi qual è il problema? Più il tempo passa più gli altri paesi stanno producendo un tipo di animazione che incontra perfettamente i gusti del pubblico globale, mentre il mondo dell’animazione giapponese sembra essere in un periodo stagnante. Al contrario di Hollywood e della Disney, che in passato hanno definito gli standard per i prodotti d’animazione dominando un mercato globale, l’animazione giapponese è ferma ai propri confini, facendo quindi soffrire all'industria la già citata Sindrome delle Galápagos.
Sudo afferma che a livello visuale l’animazione giapponese non deve cambiare nulla, come in realtà non dovrebbe nemmeno variare particolarmente i contenuti per venire incontro al pubblico straniero; quello che manca realmente è una maggiore diversità, l’andare di più incontro alle culture straniere, essendo un mondo quello giapponese che mostra di non comprendere il modo di pensare degli altri paesi e la loro prospettiva sul mondo. Viene portato come esempio il caso dell’OAV de ‘Le Bizzarre Avventure di JoJo del 2008, quando la Shueisha dovette scusarsi pubblicamente per la scena dove Dio legge il Corano.
Il giornalista continua: “È importante comprendere che il numero degli spettatori di anime è aumentato in modo impensabile rispetto al passato e questi spettatori vengono da culture e mondi diversi. Ci sono alcuni argomenti taboo che non avevamo mai considerato, non dovremmo mai fare certi errori”.
Specifica che comunque non si tratta di fare prodotti “politicamente corretti”, perché il problema che vuole portare alla luce riguarda prima di tutto la società giapponese. Si dovrebbero evitare espressioni violente nelle opere pensate per i bambini, dovrebbe esserci maggior equità di generi tra i personaggi, si dovrebbero togliere tutte le discriminazioni di genere, età e razza. Secondo Sudo non è solo questione di essere al passo col resto del mondo ma anche con questa epoca: “Ci sono molte cose che una volta erano permesse e che ora non potrebbero esserlo mai, ma questo è un argomento diverso da quello della Sindrome delle Galápagos”.
Sudo continua asserendo come ciò che prima rendeva così unica l’animazione giapponese sta diventando sempre più comune: viene portato l’esempio di Netflix, nel quale possiamo vedere nella categoria “Anime” opere che non sono state fatte in Giappone ma chiaramente ispirate all'animazione giapponese. È il caso anche di alcuni elementi stilistici iconici, come ad esempio “gli occhioni”, un tempo simbolo dei personaggi degli anime e ormai diventati sempre più utilizzati in tutto il mondo.
“Il Giappone difficilmente cambia ma il mondo, invece, sta cambiando drasticamente. Ciò che rende unica l’animazione giapponese, soggetta alla Sindrome delle Galápagos, è ormai alla portata tutti. La diffusione dello stile giapponese può essere vista come un segno di successo per la cultura giapponese ma il futuro non si presenta roseo; un tempo si pensava che questo stile potesse appartenere solo al Giappone, invece ora sappiamo che può essere creato anche all'estero, il che compromette la posizione del Giappone e incrementa la competizione”. Sudo non crede che l’animazione giapponese perderà ciò che la rende unica ma, nel peggiore dei casi, potrebbe perdere contro i competitors esteri e alla fine verrà apprezzata solo per il lato visuale. Questo è un pericolo venutosi a creare a causa dei successi passati".
Quindi, qual è il futuro per l’animazione giapponese? Considerando come lo stile giapponese abbia da sempre trasceso le barriere culturali, Sudo suggerisce che il processo creativo e di produzione non dovrebbe far altro che trascendere i confini nazionali, ovvero creare anime insieme a delle persone che amano lo stile giapponese ma senza stare a pensare alla nazionalità di origine.
“Quando si accettano talenti e culture straniere il luogo dove il tutto viene creato non deve essere il Giappone. Ci sono molte co-produzioni internazionali che si sono rivelate un fallimento ma in una comunità nella quale si condivide una visione univoca su come deve essere l’animazione, è possibile creare un lavoro globale uniti come una squadra. Il successo dei film di Hollywood è dovuto alla diffusione della cultura americana, tante persone di talento sognano di lavorare ad Hollywood, persone di tutto il mondo assorbono quelle tradizioni e le ricreano secondo il loro modo di vedere. Il mondo dell’animazione giapponese può diventare così forte e unire tantissime persone da tutto il mondo”.
Fonte Consultata:
Anime News Network
Questo è un termine giapponese che si riferisce all'isolamento dal mercato mondiale, che potrebbe rendere difficile esportare i propri prodotti fuori dai propri confini. Sudo sottolinea come, grazie al suo stile visuale così unico, l’animazione giapponese sia sempre stata molto popolare all'estero fin dagli anni ’60 con titoli come Astroboy o negli anni ’90 grazie a titoli come Akira (arrivato in USA il 25 dicembre del 1989) e Ghost in the Shell per un successo che sta continuando tutt'ora.
Quindi qual è il problema? Più il tempo passa più gli altri paesi stanno producendo un tipo di animazione che incontra perfettamente i gusti del pubblico globale, mentre il mondo dell’animazione giapponese sembra essere in un periodo stagnante. Al contrario di Hollywood e della Disney, che in passato hanno definito gli standard per i prodotti d’animazione dominando un mercato globale, l’animazione giapponese è ferma ai propri confini, facendo quindi soffrire all'industria la già citata Sindrome delle Galápagos.
Sudo afferma che a livello visuale l’animazione giapponese non deve cambiare nulla, come in realtà non dovrebbe nemmeno variare particolarmente i contenuti per venire incontro al pubblico straniero; quello che manca realmente è una maggiore diversità, l’andare di più incontro alle culture straniere, essendo un mondo quello giapponese che mostra di non comprendere il modo di pensare degli altri paesi e la loro prospettiva sul mondo. Viene portato come esempio il caso dell’OAV de ‘Le Bizzarre Avventure di JoJo del 2008, quando la Shueisha dovette scusarsi pubblicamente per la scena dove Dio legge il Corano.
Il giornalista continua: “È importante comprendere che il numero degli spettatori di anime è aumentato in modo impensabile rispetto al passato e questi spettatori vengono da culture e mondi diversi. Ci sono alcuni argomenti taboo che non avevamo mai considerato, non dovremmo mai fare certi errori”.
Specifica che comunque non si tratta di fare prodotti “politicamente corretti”, perché il problema che vuole portare alla luce riguarda prima di tutto la società giapponese. Si dovrebbero evitare espressioni violente nelle opere pensate per i bambini, dovrebbe esserci maggior equità di generi tra i personaggi, si dovrebbero togliere tutte le discriminazioni di genere, età e razza. Secondo Sudo non è solo questione di essere al passo col resto del mondo ma anche con questa epoca: “Ci sono molte cose che una volta erano permesse e che ora non potrebbero esserlo mai, ma questo è un argomento diverso da quello della Sindrome delle Galápagos”.
Sudo continua asserendo come ciò che prima rendeva così unica l’animazione giapponese sta diventando sempre più comune: viene portato l’esempio di Netflix, nel quale possiamo vedere nella categoria “Anime” opere che non sono state fatte in Giappone ma chiaramente ispirate all'animazione giapponese. È il caso anche di alcuni elementi stilistici iconici, come ad esempio “gli occhioni”, un tempo simbolo dei personaggi degli anime e ormai diventati sempre più utilizzati in tutto il mondo.
“Il Giappone difficilmente cambia ma il mondo, invece, sta cambiando drasticamente. Ciò che rende unica l’animazione giapponese, soggetta alla Sindrome delle Galápagos, è ormai alla portata tutti. La diffusione dello stile giapponese può essere vista come un segno di successo per la cultura giapponese ma il futuro non si presenta roseo; un tempo si pensava che questo stile potesse appartenere solo al Giappone, invece ora sappiamo che può essere creato anche all'estero, il che compromette la posizione del Giappone e incrementa la competizione”. Sudo non crede che l’animazione giapponese perderà ciò che la rende unica ma, nel peggiore dei casi, potrebbe perdere contro i competitors esteri e alla fine verrà apprezzata solo per il lato visuale. Questo è un pericolo venutosi a creare a causa dei successi passati".
Quindi, qual è il futuro per l’animazione giapponese? Considerando come lo stile giapponese abbia da sempre trasceso le barriere culturali, Sudo suggerisce che il processo creativo e di produzione non dovrebbe far altro che trascendere i confini nazionali, ovvero creare anime insieme a delle persone che amano lo stile giapponese ma senza stare a pensare alla nazionalità di origine.
“Quando si accettano talenti e culture straniere il luogo dove il tutto viene creato non deve essere il Giappone. Ci sono molte co-produzioni internazionali che si sono rivelate un fallimento ma in una comunità nella quale si condivide una visione univoca su come deve essere l’animazione, è possibile creare un lavoro globale uniti come una squadra. Il successo dei film di Hollywood è dovuto alla diffusione della cultura americana, tante persone di talento sognano di lavorare ad Hollywood, persone di tutto il mondo assorbono quelle tradizioni e le ricreano secondo il loro modo di vedere. Il mondo dell’animazione giapponese può diventare così forte e unire tantissime persone da tutto il mondo”.
Fonte Consultata:
Anime News Network
è che certe frange ideologiche conservatrici/reazionarie si nascondono dietro al sentimento antiamericano (condivisibile per carità) per rendersi più appetibili al pubblico: gli yankee sono quelli che hanno sterminato gli indiani e vengono a insegnarci l'uguaglianza
dovrebbe esserci una legge di Godwin ad hoc.
Stessa cosa per l'animazione francese o quella americana o quella italiana (opere come L'arte della felicità o gatta cenerentola)
è che quando cercano di "internazionalizzarsi" lo dovrebbero far bene
Miyazaki si vede quanto sia attaccato alla cultura italiana (giusto per fare un esempio), si può dire lo stesso di altre produzioni?
Il punto è che per internazionalizzarsi chi scrive deve essere ben più che preparato sull'argomento, più o meno in vari studi fatti dulla scrittura si evince che per poter argomentare bene un testo lo scrittore deve sapere 7-8 volte di più di ciò che va a scrivere, quindi diventa anche normale che decine di autori giapponesi raccontino storie ambientate in Giappone e che parlino della loro cultura, come un italiano parla dell'Italia, un francese della Francia e così via, poi ovvio ci sono le eccezioni come un innocent o un arte (e qui si vede quanto l'autore non è che fosse preparato su tutto) che parlano di storie estere o un owari no seraph che è un fantasy che prende spunto da miti dell'europa dell'est, ma cmq non potrà mai diventare la norma visto che i ritmi sia dei manga che degli anime sono troppo frenetici e a meno che il diretto interessato non sia un super appassionato di folclore estero non ne potrà mai uscire qualcosa di realmente buono da metterlo a paragone con le produzioni che parlano di sé stessi
Personalmente io non vedo perché dovrebbero cambiare, se le storie che tirano fuori sono interessanti possono parlare anche millemila volte della stessa vicenda ma andrà cmq bene, cioè se gli americani possono fare millemila volte remake di Spiderman, Superman, e Batman non vedo perché i Giapponesi non dovrebbero raccontare millemila volte di Yokai, Samurai ecc ecc
Hai centrato il problema in pieno.
Faccio comunque notare che Lupin sono 50 anni che è in giro ed è sempre in forma per quanto sia passato di mano in mano
Se i gay sono circa il 5% della popolazione significa che nelle varie serie dovrebbe esserci un gay ogni 20 persone circa, ma sappiamo che in realtà ce ne sono molti di più ed è questa la forzatura.
E' un fatto che le case editrici vanno troppo, ma davvero troppo, a concentrarsi sul mercato interno, e poco considerano l'estero.
Un mercato autoreferenziale, anche come tematiche scelte, gente chiariamoci una volta per tutti....le serie vecchie - per tutte Anna dai capelli rossi, che in queste settimane passa nel formato live su Rai 2, hanno valore in molti casi perchè ispirate a classici della letteratura, ad opere con valori universali, NON all'ultimo gadget ad alto costo
Come demolire l'industria di isekai proprio
Mi sembra che a parlare sia più il congenito senso di inferiorità giapponese che una visione obiettiva della situazione, per carità d'accordissimo con l'eliminare le discriminazioni e le "etichette" obsolete, ma perché seguire il carrozzone di altri e non diventare il proprio carrozzone? Invece di internazionalizzarsi e diventare sempre più un prodotto scadente della globalizzazione forse si potrebbe continuare ad essere unici e a farlo meglio con più attualità
Concordo totalmente, sembra quasi che mantenere una identità ben precisa sia visto come un difetto
Non c'è per fortuna, ma qualcuno la vorrebbe.
Ooops letto male!
Ovviamente, bisogna distinguere una produzione seria da una parodistica, perciò è accettabile che negli Stati Uniti di fine '800 tre criminali pluriomicidi, veri e propri pendagli da forca, partecipino ad una folle corsa tra automobili improbabili.
Una maggiore attenzione al dettaglio, coinvolgere nuovamente produzioni straniere e storie con protagonisti più sfacettati e di sessi e orientamenti sessuali differenti sarebbero ottimi per l'animazione nipponica (e fortunatamente, si sta muovendo qualcosa in tal senso, con opere come Somali o Deca-dence), questo seguendo le idee degli autori, in primis. E senza che produzioni peculiari, come gli isekai o gli otome, ad esempio, spariscano.
Tornando alle contaminazioni che fanno bene, cito il recentissimo "Star Wars: Lost Stars" in formato manga, basato sul romanzo della bravissima Claudia Grey, in collaborazione tra Disney/Lucasfilm e la casa editrice giapponese. Se ci facessero l'anime, potrei piangere di gioia!
A me basta che siano hentai!!!! Non ho pregiudizi di colore, sesso, età!!!
Quello che che Sudou voleva dire, sicuramente, è proprio questo. Peccato che quasi nessuno l'abbia capito, e state tutti a farvi inutili paranoie sulla censura (come se negli anime non fosse mai esistita prima... Berserk e Claymore anyone? Il Devilman televisivo coi mutandoni? E sono solo un paio di esempi) e sul politically correct...
Il qui sopra citato LOGH, Cowboy Bebop, Trigun, Wolf's Rain, Fullmetal Alchemist, Red Garden (qualcuno lo conosce?), Space Dandy, Megalobox, L'Attacco dei Giganti, Kekkai Sensen, Banana Fish, e potrei andare all'infinito con la lista. Tutti questi anime/manga sono ottimi esempi di prodotti globalizzati: non sono ambientati in Giappone e magari neanche nel nostro mondo, non contengono harem nè luoghi comuni della commedia scolastica, eccetera. Vi sembrano forse opere censurate, politicamente corrette e prive di identità? Io non direi.
Per non perdere l'identità culturale giapponese non è necessario produrre solo serie di ragazze carine che fanno cose carine. Shouwa Genroku Rakugo Shinjuu vi sembra forse meno giapponese di K-On? Io direi esattamente il contrario...
Per non parlare di quelle serie la cui ambientazione giapponese è irrilevante o poco più, tipo My Hero Academia, o quelle con abbondanza di personaggi stranieri come JoJo e Yuri on Ice.
Che dire poi di Beastars? Uno dei motivi del grande successo che sta avendo è che, nonostante sia ambientato in una scuola superiore, ha delle dinamiche più da teen drama occidentale piuttosto che da classica serie scolastica giapponese.
Poi quando si parla di eventuali collaborazioni occidentali apriti cielo! Non che non siano timori infondati (basti pensare solo a Knights of the Zodiac), ma a sentirvi sembra che fuori dal Giappone esistano solo lande brulle di scribacchini incapaci e di autori per mocciosi lobotomizzati, e che l'unica "via per l'Occidente" passi solo per Netflix o Hollywood.
Devo dire che Sudou però ha un po' sbagliato tempistica, se avesse fatto questo discorso prima del 2017-2018 sarebbe stato ancora più azzeccato: a quei tempi la situazione anime era da mettersi le mani nei capelli (a parte le solite lodevoli eccezioni), specialmente durante il periodo che ha seguito a Madoka Magica, Steins;Gate e Durarara.
Hayao Miyazaki e Hideaki Anno l'hanno già toccato l'argomento, anche se... a modo loro. E anche Yutaka Yamamoto, ma lui è il classico bue che dice cornuto all'asino. XD
Durante gli ultimi due decenni, l'animazione giapponese ha avuto una grande fortuna, ovvero che in Corea del Sud si produca un "anime" ogni morte di Papa. Ma se un giorno la Corea dovesse decidere di entrare con più decisione nel mercato, forse la supremazia nipponica nel campo verrebbe messa seriamente in discussione.
Guarda Alex, io credo che tu non sia assolutamente un estremista esagitato (cosa che invece altri hanno dimostrato di essere, in primis il tizio che invoca la censura di tutti i prodotti di fiction diseducativi, non ce la posso fare con questa gente XD ragazzi mi raccomando non sognatevi nemmeno di criticare il Moige, siete della stessa identica pasta), il problema è che il tipo di "anime" che auguri tu semplicemente sarebbero cartoni animati che seguono i diktat di quelli ammeregani, né più né meno (ammeregani che ora come ora stanno dimostrando perfettamente come NON far funzionare una società). Non avrebbe più senso chiamarli "anime" nel senso di "cartoni animati prettamente giapponesi", perché semplicemente sarebbero versioni alternative degli stessi (spesso piatti) prodotti occidentali.
E ovviamente agli appassionati di anime giapponesi, di vedere anime "meno giapponesi", come dici tu, puo ben immaginare che nella maggior parte dei casi non interessa minimamente, altrimenti si guarderebbero opere occidentali XD Guadagnerebbero un pubblico di bambini, spettatori casuali e gente che apprezza "i cartoni animati" ma non quelli giapponesi in modo specifico, e perderebbero quasi tutti gli spettatori prettamente interessati ai generi tipici di questa animazione.
Poi capiamoci, possono fare cinquanta serie l'anno del tipo di cui parli (diversi magari li proverei pure io, soprattutto sarei curiosissima davanti a storie ibride italo-giapponesi fatte da gente "pulita" e senza secondi fini, e ne sono state fatte varie in passato anche molto belle!), il punto è che il simpatico signore intervistato è molto chiaro sul fatto che per lui gli anime dovrebbero diventare così in generale, non "un po' e un po'" XD Quindi ciao ciao alla convivenza con gli anime veri e propri, purtroppo, anche perché ce li vedi i censori fautori di determinate ideologie ad accettare la coesistenza con isekai e harem ufficiali? Dai (e te lo dice una che questi due generi neanche li segue, non sono neanche esattamente in target XD). E i giapponesi potrebbero dire addio al soft power che si sono costruiti grazie ad anime e manga, visto che la loro cultura comunque non sarebbe più al centro dei cartoni animati che tanto successo gli hanno portato ^^''
Aggiungerei che è anche molto chiaro riguardo al fatto che se dipendesse da lui gli anime non verrebbero semplicemente resi ANCHE più "internazionali", ma dovrebbero essere edulcorati e censurati. C
Io in quest'ultimo caso li eviterei come la peste, e la cosa non mi preoccupa perché comunque ho così tante serie e film da recuperare da bastarmi per tutta la vita XD Ma sarebbe un filino triste, no? Poi ripeto, se vogliono gettarsi a briglia sciolta nel magico mondo descritto dall'intervistato facciano pure, basta che poi non si lamentino perché perdono la fetta base attuale del loro pubblico sparisce.
Siamo d'accordo invece sul fatto che sarebbe molto bello se permettessero più facilmente (al momento sappiamo che è davvero difficile) ad artisti stranieri di mettere mano agli anime, a patto di non trasformarli in qualcosa di completamente diverso (sennò si torna al fatto che potrebbero essere comunque belle serie anche queste, semplicemente non anime del tipo che attirano la maggior parte degli appassionati - per l'appunto - di anime).
L'unica cosa con cui non sono ASSOLUTAMENTE d'accordo di ciò che hai detto, perdonami, è che tutte le persone omosessuali o di una qualsiasi etnia vorrebbero necessariamente vedere anime "internazionali" O_O Questa cosa non ha senso, abbi pazienza, di persone non etero e di qualsiasi etnia amanti degli anime così come sono ne trovi quante ne vuoi. E non lo dico per sentito dire. Non vado oltre perché mi sembrerebbe offensivo nei confronti delle persone di cui parliamo, dover specificare più di così.
*
Chiude dicendo, in generale, che nessuno dovrebbe costringere un popolo a piegare la propria arte a ciò che viene apprezzato altrove, o meglio nessuno dovrebbe vietare opere di fiction di qualsiasi tipo in generale. Considerato poi che non si fanno gli stessi discorsi in stile "devono fare come diciamo noi" per cose un attimino più reali (infibulazione, spose bambine, donne sposate che non possono dire "no" al marito per dirne qualcuna), vedere gente (non parlo di te Alex) che batte i piedi perché vuole determinate ideologie estremiste imposte ovunque mi fa veramente senso.
Fortunatamente smepre meno persone si fanno problemi a dirlo chiaramente, mi fa picere ^^
Che serie guardi?... io tutti sti omosessuali non è che li vedo... cioè faccio un recap delle serie di sta stagione che guardo
Re zero 1 omosessuale (anche se in realtà è un trans, ma contiamolo)
Deca-dance 0 omo (sono ai primi ep se ne è usciti dopo non so)
Yahari 0 omosessuali
Kanojo okatushimasu 0 omo (come per deca-dance)
Tgohs 0 omo
Sao 0 omo (a meno che non mi sfugge qualche personaggio minore)
Majou gaukuin 0 omo
Fire force 0 omo
Xheros 0 omo
Non mi sembra di vedere tutti sti omosessuali della quale parli asd
Logico che se tu guardi solo shojo Slice of life o addirittura yaoi ci becchingli omosessuali xD
Sai leggere nel pensiero altrui tramite interviste lette su Internet?
Credo che tu non abbia capito molto il discorso di Sudou, ma a tuo beneficio pare che l'intervista sia stata tradotta male.
Sudou è giapponese, e se viene intervistato sull'animazione è chiaro che è uno che se ne intende. Non penso che vorrebbe che l'animazione nipponica venga completamente snaturata. Quello che lui, e anche una fetta non indifferente del fandom pure, vorrebbe, è proprio "un po' e un po'".
Quanto agli omosessuali, qualunque sia la loro etnia, penso che preferibbero vedere un anime sensibile alle tematiche LGBT piuttosto che i soliti yaoi e yuri irrealistici e tutti uguali, storie d'amore che finiscono sempre in tragedia perchè sì (cough... Banana Fish... cough...), ecchi lesbo che esistono solo per puro fanservice e i soliti shounen/shoujo ai detto-non-detto-vedo-non-ti-vedo. Ciò non implica però che i prodotti in questione debbano sparire, ma semplicemente non saturare il mercato.
La gente si rompe le scatole di vedere/leggere sempre le stesse cose, ma ovviamente gli otaku no perchè a loro interessa solo vedere serie fanservice e wish-fulfillment, con trame sempliciotte e stuoli di waifu (e/o husbando) sempre a disposizione.
Concordo, di fatto il mio discorso non voleva andare a quantificare in maniera assoluta, volevo solo replicare ad un commento palesemente basato sul nulla, ovvio che per ogni serie specialmente per quelle non romantiche sia impossibile e anche inopportuno far degli studi di genere dei personaggi, ma in certi casi è difficile non replicare andando anche a prendere dei dati che di per sé non dovrebbero essere presi
L'intervista del tipo dice tutto e il contrario di tutto, quindi nei commenti si parla di tutto e il contrario di tutti
Io da decenni sono un appassionato e da decenni mi informo sulle novità ecc., in tutti questi anni ho sempre avuto l’impressione che agli Studi Giapponesi, non interessasse minimamente il mercato estero, loro credono che il mercato interno possa sostenere per sempre l’industria del settore, svenando letteralmente gli appassionati Giapponesi con edizione ultra costose. Perché dico questo, avete mai sentito un editore nostrano parlare di quale siano le procedure, d’acquisto di una licenza, di quale prassi debbano seguire per poter avere “la possibilità” di imbastire una trattativa? Racconti che per il nostro modo di vivere sarebbero al limite dell’assurdo, ed oggi in questo grave momento di crisi del settore, le cose non sono cambiate, segno che mi fanno pensare che il loro pensiero sul mercato estero non sia cambiato minimamente.
Tutto a vantaggio di società come Netflix, Amazon, Crunchyroll, che stanno bay-passando queste scelte scellerate del passato, puntando a portarlo in ogni parte del globo, doppiato o sottotitolato e se tale anime non ha venduto abbastanza in Giappone, non lo cancelliamo perché magari all’estero è andato bene. Forti anche del fatto che con i loro milioni di abbonati, possono permettersi di “sbagliare”, tanto anche se non lo vedrà nessuno loro ogni mese si intascano i soldi dell’abbonamento.
Ai giapponesi non interessa, se non poco, del resto del mondo.
Però c'è da dire che di tutti gli anime prodotti annualmente in Giappone ormai solo pochissimi sbarcano nel mercato casalingo occidentale(TV, home video, mercadise abbinato, ect).
Solo lo streaming sta sopperendo a questa mancanza ma non lo fa neppure per tutti gli anime ma solo con una percentuale che forse non arriva neppure al 50%.
Perchè la produzione è fuori controllo , vengono prodotte troppe serie in tempi troppo brevi (il problema più grande) e che sono spesso una copia dell'altro , ovvio che la gran parte di questi sono dei flop. Senza considerare che la maggior parte di essi è pensata solo come promozione di manga o light novel ( in Giappone ) , in questo caso si l'animazione giapponese deve cambiare o meglio tornare al periodo pre SAO.
In effetti sulla parte dei troll non hai torto, io per dire mi sono sbattuta a rispondere giusto perché avevo del tempo libero in quel momento e i commenti di Alex almeno erano argomentati XD In generale però ormai queste cose saltano fuori anche quando non c'entrano nulla (almeno da quel che noto le volte che ancora entro nel sito), qui il problema è che l'intervistato stando alla traduzione in realtà di "certe cose" aveva effettivamente parlato, augurandosi proprio che gli anime diventassero scopiazzamenti di quel che propinano in Occidente, per quanto con parole gentili (vedi il delirio sull'edulcorare e censurare i contenuti, lol, può star sereno che se dessero retta a lui i soldini di tanti potrebbero scordarseli) XD Riguardo al rinnovarsi copiando la direzione ammeregana/occidentale, direi che la marea di appassionati di generi specifici di anime non concorda granché ^^''
Poi se lui ci tiene a perdere i soldi degli appassionati attuali e prendersi i rimasugli del pubblico generalisra delle grandi major liberissimo eh, diciamo che però personalmente anche se la cosa mi tocca molto relativamente (visto che appunto di materiale da recuperare ne avrei pure troppo) posso capire perché tanti appassionati (soprattutto di generi tipo isekai, harem e compagnia) si siano "triggherati" XD L'importante comunque è ricordarsi che non decide il buon uomo se trasformare gli anime nei fratellini con stile grafico alternativo di certi prodotti occidentali, alla fine sono opinioni come quelle di chiunque altro.
Secondo me, lo streaming non solo di anime, ma di qualsiasi prodotto d'intrattenimento finirà per uccidere il mercato Home Video. È vero che in Occidente arrivano solo una parte degli anime e dei manga giapponesi, ma il discorso più che altro è che il trand è in salita, non in discesa: La quantità di manga, anime, light novel e merchandising vario negli ultimi anni è aumentata, non diminuita, e forse il problema è proprio che di roba ce n'è pure troppa, e solo i prodotti più di successo arrivano da noi.
tutte le volte ti pronunci con questi toni spesso denigratori verso produzioni estere, se guardi una puntata di Games of Thones ti sorprendi che non è tutto politicamente corretto?
dai tempi di Tezuka era tutto un copiare dagli Usa.
Ti posso anche dar ragione per il futuro del mercato home video, ma se qui gli anime non arrivano quella è l'unica strada, mica possiamo passare il tempo a suon di repliche di "Holly e Benjy" vari ed eventuali.
Non vorrei aver letto ed interpretato male il post originale di Kae ru, ma non credo che voglia denigrare le produzioni straniere era una frecciatina al "giornalista" dell'articolo...
dopo che per la terza volta scrive la parola " ammeregana" pare detto propia per antipatia verso il mercato di intrattenimento americano
Una moda che onestamente non comprendo. Quando si parla di animazione, seguire entrambi gli stili, orientale e occidentale, è di sicuro la scelta più saggia.
E chi ha mai detto il contrario??? Scusami, anzitutto - e per capirci - il Giappone ha collaborazioni internazionali da decenni! Con la Francia e l'Italia anzitutto.Passate e presenti. Scorretevi l'archivio di ANimeclick, ve ne renderete subito conto. Non solo le opere di autori nipponici- anime e manga- hanno influenzato la cultura popolare, il mondo del fumetto e dell'animazione Internazionali ( non vorrei citare il "solito" Frank Miller ed il suo Batman - o l'Elektra Assassin, ma quando ci vuole ci vuole.).La via Interrnazionale è il modo in cui il genio nipponico ha vivificato la sua offerta!
Il punto è che oggi più che le proprie tradizioni, il proprio sguardo sul mondo, la sua interpretazione di quei classici della letteratura di cui dicevo l'altro giorno..( Studio Ghibli ma anche Mamoru Hosoda) .che fà di bello?? Ci propone degli anime tarati per "vendere" l'ultimo gadget, l'ultimo Gunpla - magari in formato Premium - oppure l'ultima specialità culinaria -
Così non si va da nessuna parte.
Nè ci si deve lamentare dell'arrivo dei "barbari cinesi!"..
Io mi ricordo uno dei primi film di animazione cinese di cui abbiamo parlato qui su AC..Fatto a mano in anni et annorum da un autore cinese, presentato ai Castelli ANimati ( vado a memoria, ho scritto qualcosa ma troppi anni fò per inquadrarlo bene).
Sembrava una cosa incredibile: pure i cinesi facevano animazione BUONA!
Oggi ci sono festival dedicati alle opere cinesi..
Per tacer della corea che è meglio.
P.S. Giusto per..io non ce li ho affatto con gli Isekai che mi piacciono davvero.
E' un capolavoro che non potrà mai più essere replicato, ma ha mostrato chiaramente la strada che l'animazione, giapponese e non, avrebbe dovuto intraprendere. E tutto questo nel 1998, gente.
Lo stesso vale per Ghost in the Shell.
Anche Evangelion, sebbene meno di CB e GITS, è internazionale.
Presenta delle tematiche che sono molto giapponesi, come gli otaku e l'auto-isolamento, ma che possono riguardare più o meno chiunque in qualsiasi paese. E lo ha fatto in un modo che ha catturato le attenzioni di tutto il mondo.
Ma possiamo anche abbassare l'asticella.
My Hero Academia è un titolo internazionale.
E' ambientato in Giappone, ma potrebbe svolgersi anche in America, in Australia, in Germania, in un paese immaginario o dove si vuole, e resterebbe comunque un buon battle shounen con personaggi ben studiati.
Tokyo Ghoul è un titolo internazionale.
Cambierebbe qualcosa di importante se si chiamasse London Ghoul, Paris Ghoul, Città Non Giapponese A Caso Ghoul o Città Immaginaria Ghoul? No.
Yuri!! On Ice è un anime internazionale, con tanti personaggi di nazionalità diverse.
Titolo a parte, cambierebbe più di tanto se Yuuri non fosse giapponese, o se fosse mezzo straniero oppure se fosse figlio/nipote cresciuto all'estero di immigrati giapponesi? Rispondetevi da soli...
Andiamo indietro nel tempo.
I qui tanto amati meisaku, che siano quelli ufficiali della Nippon Animation oppure quelli "apocrifi" di altri studi, sono trasposizioni di romanzi più o meno celebri. Romanzi della letteratura occidentale.
Ebbene, a meno che a Sudou non abbia dato di volta il cervello, la da voi tanto temuta "internazionalizzazione" di cui parla è proprio (anche) questo. E tutte quelle che ho nominato non sono certo serie di nicchia che conoscono solo in quattro gatti, e sono tutte giapponesi al 100%.
E' questo che si vuole cambiare, non il fatto che gli anime siano giapponesi e lo dimostrino. Semplicemente, più varietà e meno cloni, e atmosfere meno "da otaku". Per questo eventuali collaborazioni estere, se ben attuate e con le persone giuste, infonderebbero nuova linfa creativa.
E comunque non è detto che chi si guarda Cautious Hero non si guardi anche 3-gatsu no Lion, la gente può avere gusti vari.
Le innovazioni devono portare per prima cosa alla qualità, il che comunque non esclude per forza il successo commerciale. Le serie che ho nominato sono forse poco famose?
Cowboy Bebop ha avuto più successo all'estero che non in patria ed è così tuttora, tra l'altro, il che è emblematico.
Assolutamente no, però capisci che non puoi sfornare un capolavoro senza tempo a stagione, quindi, come è giusto che sia, ci sono tutte "le altre". Un tempo erano quasi solo mecha anonimi o serie per bambini (lo dico da fan del mecha), mentre oggi commediette scolastiche e isekai. In attesa del capolavoro è meglio investire in un prodotto come 3-gatsu o Hensuki? Io vorrei il primo, ma se si parla di possibilità di esportazione? Dico solo che usare sempre isekai&co come male assoluto del mercato è sbagliato, anche perché non è quello a cui lui si riferiva (anzi gli isekai/fantasy sono molto più "occidentalizzati" volendo).
Poi capisco che molti siano convinti del contrario, quindi piuttosto che continuare a ripetere le stesse cose mi fermo qui.
Gli isekai, e quasi la totalità degli anime fantasy, sono occidentalizzati per finta. Gli unici anime/manga che abbiano un'ambientazione davvero fantasy in stile occidentale sono Record of Lodoss War, Berserk, Guin Saga e qualche manga o light novel poco conosciuti. E se si vuole andare meno sul fantasy e più sul simil-storico, Arslan Senki e Shoukoku no Altair.
Comunque gli isekai (intendo quelli "alla Re: Zero", non quelli vecchia maniera che sono sempre esistiti), le commediole scolastiche, gli harem eccetera hanno il diritto di esistere, ma non devono saturare il mercato. Questo concetto l'ho ribadito più di una volta, ma proprio non volete capirlo.
Il male non sono le serie stesse, ma lo è l'esagerazione nel riproporle sempre e comunque in qualsiasi salsa. Sudou non fa nomi, ma è proprio a quelle che si riferisce.
Basta finiamola qui, tanto rimangono tutti discorsi a vuoto alla fine xD
E comunque, le serie che hanno più successo internazionale di tutte, quelle che vengono esportate più facilmente e hanno una fascia ampissima di pubblico sono sempre i battle shounen, più che i vari harem isekai che finiscono anche più spesso sotto il mirino della censura (non che questa sia una cosa giusta).
Perfino Sword Art Online e Re:Zero non hanno neanche la metà della popolarità di My Hero Academia e Demon Slayer. Per tacere degli ormai storici Dragonball, Naruto, Bleach, Fairy Tail eccetera. Oppure dei già citati SnK e Tokyo Ghoul (anche se l'anime fa sempre più schifo ad ogni serie, meno male che pure quello è ormai finito), che pure essendo seinen hanno una dinamica da shounen.
Hensuki et similia sono completamente sconosciuti al di fuori del fandom anime (e spesso anche dentro, chiedi in giro di Hensuki e vedi in quanti lo conoscono, lol). Adesso ormai anche i profani (quanto meno quelli sotto i 25-30 anni) sanno che cosa sono One Piece e l'Attacco dei Giganti. Hensuki scommetto che non se lo ricorda più nessuno, compreso chi l'ha guardato.
Quindi no, per fare un successo commerciale a livello mondiale non c'è bisogno di harem, ecchi e compagnia bella: che non sempre, ma molto spesso, servono soltanto a mascherare la pochezza a livello narrativo e il poco spessore dei personaggi. Questo tipo di serie, quando ha successo, è di breve durata.
Non ho mai capito infatti come riescano SAO e Re:Zero, che rappresentano gli stessi luoghi comuni e le stesse situazioni stereotipate dei loro cloni meno famosi, a spiccare in un mercato così saturo e uguale a se stesso. Sono le eccezioni che confermano la regola, evidentemente.
Del resto anche il sottogenere battle shounen è tutt'altro che innovativo, ma almeno ha un target più ampio: personaggi potenti e carismatici, scontri avvincenti, bishounen per le femminucce, bishoujo per i maschietti, ship material, elementi che possono piacere a "tutti" insomma. Senza contare che non tutti digeriscono l'ecchi o come vengono rappresentati i personaggi (specialmente quelli femminili) in questo tipo di serie. Per questo i battle shounen hanno più successo di isekai e harem, dove storia e personaggi di solito fanno solo di contorno al fanservice (invece del contrario come dovrebbe essere).
Non so tu che community visiti e chi frequenti, ma ormai sono in moltissimi, nel fandom occidentale, che si lamentano della quantità eccessiva di serie per otaku. E non hanno torto.
A parte poi non è detto che se uno ha visto una serie gli sia per forza piaciuta... Inoltre un sito streaming italiano non è esattamente uno strumento affidabilissimo per farsi un'idea del fandom anime in generale. Netflix almeno sarebbe stato un po' più indicativo, VVVVID rappresenta solo la piccola realtà italiana. Poi ormai quasi tutti i titoli più ghiotti se li beccano appunto le piattaforme internazionali, il nostro povero VVVVID doveva pur mettere qualcosa in tavola e quindi ha preso gli scarti (pure a Crunchyroll ormai toccavano quasi solo quelli, e infatti si è messa a produrre anime original e adesso a quanto pare la comprerà Sony).
Con questo ho davvero finito, sorry.
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