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Ecco gli uomini! Se la prendono con la scarpa quando la colpa è del piede! E Samuel Beckett lo sapeva bene. La caccia ossessiva a un paio di scarpe magiche è l’apparente filo conduttore di questo film. Non esiste bella scarpa che non diventi ciabatta... Così la regina, una strega ex bellissima ormai avanti negli anni, e che li dimostra tutti, vorrebbe fare le scarpe alla figlia del re suo marito, che è scomparso da diverso tempo. E il sospetto ci punge che la mogliettina voglia, come dire, ballare nelle scarpe del morto.

Detta così, dice poco. E allora, proviamo in un altro modo. In questo mondo fantasy ci sono sette bei principi spacconi ma molto potenti, che sono usi riparare i torti. Eppure, visti così, sono proprio delle scarpe. Da bravi ragazzi dediti al culto dell’apparenza e all’adorazione del bello, hanno avuto la brillante idea di pestare le scarpe a una fata la quale, per togliersi dalle scarpe i sassolini, ha ben pensato di trasformarli in sette brutti nani verdi. Insomma, hanno trovato la forma della loro scarpa! E potranno riottenere il loro antico aspetto solo se li bacerà la donna più bella del mondo, così impareranno a non avere il giudizio sotto la suola delle scarpe.

Ecco quindi entrare in scena Biancaneve, una principessa vivace e bellissima, che indossa un magnifico paio di scarpette rosse. Niente di cui scrivere a casa, mi direte, è normale che Biancaneve sia una principessa bellissima, giusto? Tutte le principesse sono belle, fa parte del format. E invece no. Perché la nostra principessa non è affatto splendida e affascinante, anzi. Sicuramente le piace fare la scarpetta, perché è cicciottella e goffa, e la cosa di certo non la rallegra. Insomma, si sente una scarpa, fino a quando non acquisisce un paio di scarpette rosse che, magicamente, la trasformano nello stereotipo della principessa. Piedi piccoli in grandi scarpe non fanno lungo viaggio, ma sarà vero il contrario? Forse. I sette principi nanetti (verdi) faranno a gara per ottenere il di lei bacio che li riporterà al loro primitivo splendore. Nel frattempo, la regina cercherà in tutti i modi di fregarle le scarpe per recuperare bellezza e giovinezza. Sciocca! Non lo sa che scarpe e cappello, nemmeno di tuo fratello? Non tutti i piedi stanno bene in una scarpa! Ma dai, è una fiaba e quindi, nonostante questi rovesciamenti di canone, non può che andare a finire bene: è ovvio che, per quanto Biancaneve rischi di morire con le scarpe ai piedi, sarà la regina cattiva a finire per rimetterci anche la suola delle scarpe. Perché, in fondo, per quanto politicamente scorretto, “Scarpette rosse e i sette nani” è un film buonista.

Tutto bene, quindi? Non proprio. Come può sentirsi una ragazza che, abituata ad essere goffa e trascurata, indegna di lustrare le scarpe a chiunque, diventa improvvisamente oggetto del desiderio di tutti solo per il suo aspetto? Come può sentirsi una ragazza che si innamora di un ragazzo non propriamente bellissimo, sentendosi comunque ripetere da costui che questo non è il suo vero aspetto, che in realtà è uno ‘strafigo’ da paura... proprio come lei? Quella stessa ragazza che non osa togliersi le scarpe perché - lei sì - non ha una bellezza canonica? Che sente di vivere un inganno? Che teme di fare una scarpa e una ciabatta, con lei nella parte della ciabatta? Sopra le scarpe nuove, prima o poi ci piove...
La presa di coscienza della cosiddetta bellezza interiore è un lavoro lungo e duro, sia per Biancaneve che per i protagonisti maschili i quali, invero, non paiono apprezzarla molto, se non verso la fine. Giusto in tempo per il finale. Nel frattempo, il film ci trascina in abbondanti citazioni parodistiche di varie fiabe, a partire dalla ovvia “Scarpette rosse” fino a “Shreck”, passando per “La spada nella roccia”, “Biancaneve”, “La bella e la bestia”, e così via. Il personaggio che mi è piaciuto di più? Il principe Average. Poverino, commisero la superbia della sua mediocrità.

È un film che parrebbe avere il chiaro e scoperto intento di farci riflettere sull’importanza di ciò che c’è dentro rispetto a ciò che c’è fuori. Un film contro gli stereotipi che associano il buono al bello e il cattivo al brutto, contro i razzismi, visto che si parla spesso di colore e i nanetti sono verdi. Che non si fa scrupoli a dire corbellerie del tipo: “È chiaro che è una principessa, altrimenti non potrebbe essere così bella” oppure “Una ragazza così carina non poteva essere una criminale”. Eppure, a visione ultimata, ci si chiede se il bersaglio sia stato centrato, o se per caso la freccia non sia rimasta in uno dei cerchi più esterni.

Forse per apprezzarlo veramente bisogna avere qualche annetto di meno. È evidente che il target di riferimento sia molto più basso dell’età adulta. Confesso di essermi scoperta in diversi punti a pensare ad altro, incapace di trattenere l’attenzione sul film. La prima parte è sicuramente più brillante e avvincente, complice anche l’effetto novità, ma poi perde pian piano mordente, diventando noioso. Gran parte del problema sta anche nel terribile doppiaggio italiano: i personaggi principali sono stati affidati a persone non del mestiere, e si sente. Si sente dolorosamente per tutto il film, ed è un gran peccato. Le OST sono appena adeguate, non indimenticabili ma, insomma, nemmeno terribili. Per contro, nulla di male si può dire sui disegni e sulle animazioni, e d’altronde si tratta di un’opera ad alto budget: tutto sommato una CGI ben fatta, apprezzabile, che non disturba l’occhio, al contrario di tante altre.

In definitiva, personalmente penso che si tratti di un titolo discreto, più per il messaggio che per altro, destinato principalmente ai giovanissimi, e che ha l’indubbio merito di indurre a pensare, ma troppo altalenante per intrattenere costantemente un pubblico adulto. A scene impegnative e profonde se ne alternano altre caciarone e infantili, che mi hanno generato più di un moto di fastidio. In pratica, quando il film “scende”, te ne accorgi, perché la tua età improvvisamente “sale”. A tratti ci caschi dentro con tutte le scarpe, ma poi te ne tiri fuori... Contrariamente alla normalità, sono i momenti peggiori.