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Sono trascorsi alcuni mesi dall'ultimo episodio di "Sword Art Online" e, con una mente più lucida e distaccata, decido di riscrivere la suddetta recensione. Al di là dell'hype, dell'orda di fanboy e fungirl spasimanti per un'eventuale nuova serie (e furibondi perché la Dynit ha osato acquistarlo), e di questa contaminazione mentale di massa che ha portato con sé la visione dell'opera, è opportuno dare alle cose i nomi che spettano loro di diritto.
Per cui, affermo senz'alcun rimorso che "Sword Art Online" è una trollata di proporzioni bibliche, una farsa apocalittica che ha letteralmente drogato e disattivato i neuroni a migliaia di otaku (tanto che la satira sugli anime ha trovato terreno fertilissimo in quest'opera, basti cercare 'Swag Art Online' su Facebook o Google immagini), una gigantesca presa per i fondelli all'intelletto umano e ultimo, ma non per importanza, un elogio (nemmeno tanto velato) a soggetti come Bettino Craxi, con annesso tentativo di riscatto morale post mortem. Quest'ultima frase sarà spiegata nel corso della recensione.

Che cos'ha avuto di così eccezionale "Sword Art Online" da attirare come falene a una lampadina migliaia di persone e generare una sopravvalutazione così esagerata? Sostanzialmente, due cose: un'idea di base potenzialmente interessante e un comparto grafico all'altezza dei tempi. In soldoni, però, come si traduce? Con quattro parole tipiche dell'universo hentai: fanservice, harem, incest e tentacle rape. Siamo di fronte all'ennesimo hentai scadente? Au contraire! "Sword Art Online" è stato presentato come la serie rivelazione dell'estate 2012 e rivolta a tutto il pubblico, e già qui c'è qualcosa che non quadra. "Sword Art Online" trae le sue origini dall'omonima light novel, che non ho letto, né ho intenzione di farlo a breve, pertanto il mio giudizio è sostanzialmente inerente alla visione degli episodi dell'anime.

Attenzione: questa parte contiene spoiler

Trama: la trama è riassumibile più o meno così. In un futuro non troppo lontano l'industria dei videogame vuole coinvolgere la propria utenza a livelli d'interazione sempre superiori. Da qui lo sviluppo del "NerveGear", una sorta di casco interattivo che permette al giocatore d'immergersi nella realtà virtuale, evitando l'utilizzo di tastiera e mouse. Kirito, protagonista di questa serie, nonché precedente beta tester del gioco, s'immerge in questa realtà in stile fantasy/medievale. Da qui l'admin del gioco, Kayaba Akihiko (il Bettino Craxi del gioco, ma ne riparleremo), dà il benvenuto ai vari giocatori e, nel mentre che qualcuno tenta di disconnettersi, li avvisa, quasi con noncuranza, che dal suddetto videogame è impossibile disconnettersi, pena la morte (come faccia un casco a uccidere lanciando chissà quale impulso alla scatola cranica è un mistero degno di Voyager, tanto che non sono presenti elettrodi o altri elementi visibili a "contatto diretto" col cranio). Chi vuole sopravvivere ha due alternative, o conduce la sua esistenza all'interno del gioco (come sia possibile mantenere in vita un corpo organico con dati virtuali è l'ennesimo mistero), oppure deve superare i cento livelli previsti dal gioco e sconfiggere il boss finale, ovvero l'admin medesimo. Detto così, l'incipit potrebbe essere anche interessante, una sorta di survival game in cui ci si coalizza per la sopravvivenza di fronte a un nemico comune, una sorta di scienziato pazzo incurante della vita umana per i suoi ideali. Una serie che trasmette un senso d'inquietudine e oppressione per via del fatto che non è possibile fuggire, pena il suicidio. Si potrebbe pensare: "Wow, che sviluppo originale e inaspettato! Diamogli una possibilità!" Peccato che queste promesse vengano sconfessate praticamente subito, poiché il tutto degenera non solo ai livelli del banale e dello stereotipato, ma addirittura dello squallido e dello stucchevole, fino a precipitare in qualcosa che ha praticamente rinnegato le premesse iniziali, divenendo una sorta di caccia al boss, conquista dell'equipaggiamento più prestante, conquista delle spasimanti di turno e ottenimento fuori da ogni logica e coerenza di abilità e poteri speciali, che conferiscono al protagonista (da beta tester è passato a cheater, ossia a beater... fantasia portami via!) l'aura del figo/bel tenebroso/lupo solitario che suscita invidia negli altri giocatori e fa squagliare le varie signorine (non importa se bambine o ragazzine, tutto fa brodo). Se le note dolenti si fossero limitate a questo, tutto sommato non sarebbe stato così tragico, il peggio però giunge quando Kirito riesce a conversare con Kayaba Akihiko e alla domanda: "Perché hai creato tutto questo?", da cui ci si aspetta chissà quale rivelazione o nobile intento che possano perlomeno giustificare l'eccidio di oltre duemila persone, la risposta è nientemeno che un "Boh!" Lo so, amici lettori, placate la vostra ira, so quanto possa essere atroce subire trollate di questo tipo, ma, credetemi, non è una menzogna. Uno si sorbisce una serie colma di difetti e cadute di stile per trovare un minimo di risposte alle proprie domande, e sul più bello viene trollato come se tutto questo fosse una cosuccia da niente! Quindi, Kayaba Akihiko, oltre a essere un assassino di massa, è pure l'essere più insulso su questo pianeta. Qualcuno direbbe: "E’ finita qui?" Magari amici miei, magari! Purtroppo, in "Sword Art Online" è presente una seconda saga chiamata ALfheim Online. Kirito e amichetti, non contenti d'aver trascorso oltre due anni della propria esistenza in coma, decidono di tornare in un nuovo gioco online basato sul server e sulla meccanica del buon vecchio Sword Art Online. Follia umana? Sadomasochismo elevato all'ennesima potenza? Non aver niente di meglio da fare nella vita? Totale mancanza di reazioni umane minimamente razionali e coerenti? Tutto di tutto questo, e non solo. Tutto degenera fino a raschiare ogni fondo di barile. Troviamo la sorellina incestuosa di Kirito, serie di colpi di scena farlocchi da fare invidia ai peggiori cliché, nuovi malati mentali con manie ossessivo compulsive (della serie: sposiamoci con una ragazza in coma, non dirà mai di no!)

Fine parte contenente spoiler

Grafica: l'unica cosa che mi sento di elogiare in questo putridume è la grafica dell'anime. Ambientazioni a dir poco spettacolari, animazioni molto valide (specie nei combattimenti), tuttavia non è eccellente. Il character design ricorda fin troppo "Toradora!", per cui, a mio avviso, è impresentabile.

Sonoro: sostanzialmente senza infamia e senza lode. Orecchiabile l'opening della prima serie, decisamente peggiore quella della seconda. Doppiaggio nella media, talvolta fastidioso, effetti sonori nella media.

Personaggi: se la trama non fosse già aberrante di per sé, ecco che a peggiorare la situazione entrano in scena i personaggi. Partendo dal protagonista della serie, un bamboccio esagitato privo di qualsiasi caratterizzazione, passando per la fidanzatina pseudo tsundere, fino ad arrivare alla sorellina e ai vari cattivoni, s'intuisce fin da subito la loro pessima realizzazione. Nessuno che si evolva, nessuno che impari qualcosa dal passato, tutti sono quelli di prima, se non peggio. Praticamente è come se a giocare ad ALfheim non si sia fatto minimamente tesoro di ciò che è accaduto prima. Posso capire gli smemorati, ma qui si sconfina nel patologico.

Sceneggiatura: ennesima nota dolente dell'anime. La gestione temporale passa dall'allegro all'assurdo, si eseguono salti di livello mai spiegati, gli anni volano via come se nulla fosse. Si sa solo che muoiono oltre duemila persone ricoverate negli ospedali, che sono trascorsi circa due anni e mezzo dalla conclusione del gioco e nulla più. Non si sa se i giocatori soffrano di piaghe da decubito o meno dopo aver trascorso anni della loro vita in un letto ospedaliero con la testa ingabbiata in un casco, non si capisce come mai i vari utenti non abbiano perso i loro capelli per colpa di un casco che non si possono togliere (non dico calvizie o alopecia areata, ma nemmeno qualche crosticina in testa, per non essersi mai lavati la testa in tutto questo tempo), non si conoscono le loro condizioni di salute (si sa solo che la loro riabilitazione dopo due anni di convalescenza a letto li rende belli pimpanti nel giro di pochi giorni; la mutua ringrazia), non si sa quali provvedimenti siano stati adottati (se mai ve ne fossero stati) dal mondo esterno per porre rimedio alla catastrofe videoludica. La tragicommedia però è a monte, mi si perdoni la ripetitività; come faccia un casco per la realtà virtuale a uccidere nel reale è davvero inconcepibile, oltre al fatto che esistono forme di vita virtuali che seguono i personaggi da un gioco all'altro. Follia? No: "Sword Art Online". Trascuro poi la parte dedicata a inquadrature in perfetto stile ecchi, che se in "Sword Art Online" erano più limitate, in ALfheim online sovrabbondano fino a degenerare oltre al tollerabile, andando a sommarsi a lumaconi tentacolari che "sondano" le malcapitate, a sorelline incestuose e all'arricchimento indiscriminato del già nutrito "fronte harem di Kirito". È davvero dura fare peggio di così.

Finale: se non fosse un anime (dunque un presunto prodotto ai fini dell'intrattenimento) ci sarebbe da prendere a craniate il muro. Il finale è qualcosa di indescrivibilmente squallido. Buonismo gratuito a go go, tutto si perdona come se nulla fosse accaduto, santificazione di criminali assassini di massa (perché hanno creato il gioco in cui si sono "divertiti" tanto, ricordiamolo) in perfetto stile "rivalutazione alla Bettino Craxi", che, nonostante avesse commesso in vita dei reati, ora viene elogiato da certe forze politiche come grande statista. E, a scanso di ogni morale e insegnamento sull'abuso dei videogame (non sia mai!), tutti insieme a rigiocare a "Sword Art Online"! Evviva!

Conclusioni: che cosa si salva da quest'aberrazione spacciata per serie del millennio? Un'unica cosa: la grafica. Ecco perché do come voto 2 e non 1. Volete vedere degli scenari spettacolari e qualche combattimento carino a patto di scendere a compromessi col vostro intelletto e buon senso? Potete guardarvi "Sword Art Online". Avete un briciolo di amor di sé? Passate tranquillamente ad altro.