Fra i molti ospiti della Japan Expo 2009 c’è stato Moriyasu Taniguchi, illustratore, character designer e animatore.

Nato il 30 marzo 1943 nella prefettura di Hyogo, Taniguchi ha iniziato a lavorare nell'animazione dagli anni 60 e ha legato il suo nome a molti anime del decennio successivo, spaziando generi e soggetti piuttosto vari; ritroviamo il suo lavoro in opere come Capitan Tsubasa, per esempio, Gatchaman, e in alcune serie robotiche del passato come Ideon, Danguard Ace, Vultus V, Chouja Raideen, e Victory Gundam.

La svolta nella sua carriera avviene probabilmente con la serie Votoms, di cui ha curato la supervisione di molti episodi e il character design: durante la lavorazione, affascinato dalla figura di uno dei personaggi principali della serie, Chirico Cuvie, decise di cambiarne l'aspetto, suscitando alcune polemiche, ma anche apprezzamento fra i fan.
Da questo episodio è partita la sua lunga e apprezzabile carriera di character designer, che l’ha visto occuparsi di opere come SPT Layzner, Violence Jack, Power Dolls, Sins of the Sisters, trascorsa parallela a quella di animatore e direttore dell’animazione.

In questi ultimi anni Moriyasu Taniguchi ha partecipato alle serie di Escaflowne, Rayearth, Berserk, Samurai Champloo, Shaman King, e Mobile Suit Gundam Seed.
Taniguchi è inoltre membro della JAniCA, l’associazione giapponese dei creatori di animazione, e guida lo studio Anime R.

 
Moriyasu Taniguchi 02


Di seguito vi proponiamo la nostra traduzione di una interessante intervista realizzata la scorsa estate durante la manifestazione parigina.

Signor Taniguchi, vorrebbe parlarci del suo debutto?
Ho cominciato nel mondo della pubblicità. Io sono originario di Osaka, e inizialmente ho lavorato in una società dove realizzavamo piccoli filmati pubblicitari animati. Piccoli spot che erano veri e propri cartoni animati. È in questo settore che ho iniziato la mia carriera. Successivamente, poco a poco, siamo passati dagli spot animati a spot filmati con attori reali e mi sono ritrovato con sempre meno lavoro.
A questo punto ho pensato, siccome avevo fatto animazione pubblicitaria per anni, perché non cercare di realizzare vera e propria animazione? È da qui che sono entrato in uno studio di animazione.


Quali sono state le tappe importanti della sua carriera?
Il momento più importante, per quanto mi riguarda, è stato quello in cui ho lasciato il mondo della pubblicità. Tutto ha inizio da lì. Nelle animazioni per la pubblicità ogni cosa era preparata in anticipo: il personaggio era una semplice mascotte, determinato fin dall'inizio. Entrando in uno studio di animazione, vi sono state molte cose nuove a cui ho dovuto pensare e che ho dovuto imparare, come il movimento: qualcosa di diverso da quello applicato alle piccole, divertenti, figure pubblicitarie, molto più vicino alla realtà.
Ho dovuto fare molti studi di grafica, cose alle quali non avevo mai pensato prima. Un grande cambiamento avvenne quando entrai in questo ambiente: nonostante tutti i miei anni di esperienza nella pubblicità, io non ne sapevo abbastanza.


Quali sono state, secondo lei, le maggiori evoluzioni nelle tecniche di animazione dai suoi inizi?
In quarant’anni c'è stata un’enorme evoluzione. Per esempio, a mio avviso – parlando da animatore – una delle maggiori evoluzioni riguarda i layout (gli sfondi). Negli anni 70 e 80, la maggior parte dei layout conteneva uno o due tratti di dettaglio. Oggi i layout sono delle vere e proprie scene, reali, autonome, al cui interno inseriamo il personaggio. Vi è una reale attenzione per i dettagli e, ovviamente, anche il tempo di produzione di un anime è cambiato molto.
Devo precisare che prima realizzavamo soprattutto animazioni laterali: se un personaggio doveva muoversi verso un’estremità dello schermo, lo raggiungeva in tre passi. È stato necessario aggiungere altri spostamenti: non è un'evoluzione tecnica, ma un'evoluzione dell'animazione.
Un’altra evoluzione, non tecnica, è la ricerca del reale. Noi cerchiamo sempre nuovi approcci: chi deve realizzare oggi un anime cerca di riprodurre quasi una pellicola live. Questa è un'autentica novità. Una ricerca del vero che finisce, necessariamente, per obbligarti a un maggior lavoro sui diversi personaggi, per meglio evidenziarli, illuminarne i caratteri, la storia.


Lo stile si è evoluto più della tecnica?
Sì. Prima noi utilizzavamo molti intervalli; oggi, migliorando la lavorazione, evolvendo il tratto, possiamo con molti meno disegni – e quindi usando molti meno intervalli – trasmettere al pubblico le stesse cose.

Come si sono evoluti, secondo lei, i robot dopo gli anni 70?
Negli anni 70 le serie animate robotiche avevano un enorme successo, c’era un vero boom che è improvvisamente finito. Per almeno dieci anni non sono state create serie robotiche.
Nel momento in cui si è voluto crearne di nuove, almeno questo è accaduto fino a oggi, i robot sono stati adattati alle nuove tecnologie e realizzati secondo una diversa percezione rispetto a come venivano intesi negli anni 70: vi è un'enorme differenza nei design dei nuovi robot, ma anche nel modo in cui essi vengono concepiti oggi.
Un esempio sono gli EVA... non possiamo considerare l'EVA come un robot, ma piuttosto come un essere vivente con armatura. Nel design degli anni 70 prevaleva una elaborazione abbastanza squadrata, con linee forti, anche a causa dei giocattoli che ne erano tratti. Era lo stile del tempo.
Oggi, queste linee sono estremamente più raffinate, con robot dall'aspetto più umano, come nelle più recenti serie di Gundam
.

Cosa ne pensa della JAniCA?
Io stesso sono uno dei membri dell'associazione. Qualunque cosa si dica, essa è ancora ai suoi inizi. Al momento è una semplice associazione, non un sindacato. E’ importante per salvare il mondo dell'animazione, rappresenta il primo passo per permettere a chi vi lavora di vivere del proprio lavoro, cosa che, attualmente, non succede.
Si deve comprendere che produrre animazione in Giappone è costoso. I canali tv, gli sponsor moderni, vedono aumentare le loro entrate molto più attraverso quiz e spettacoli di varietà che attraverso l'animazione. La situazione degli animatori non si potrà migliorare fino a quando la JAniCA non andrà allo scontro con le tv. Potremmo scioperare, come negli anni 70, ma la l’associazione non può risolvere tutto per ora, e il nostro futuro è precario.
Hayao Miyazaki non fa parte della JAniCA. Sebbene egli stesso avesse tentato di crearla trent'anni fa, questa volta ha dichiarato che non parteciperà fino a quando non ci saranno azioni più concrete.
Egli ha creato quel che ha sempre voluto combattere trasformando i suoi dipendenti in salariati, questo non li motiva nella fase di “rush”, di massimo impegno. Sarebbe necessario che ricevessero uno stipendio fisso per poter superare i periodi di inattività, e ottenere degli aumenti quando lavorano su un progetto.
Dopo il successo di Tetsuwan Atom, gli altri studi hanno voluto seguire l'esempio della Mushi Production, ma è iniziato un vero dumping sui prezzi. Hanno detto: “qui possiamo fare nello stesso modo, al ribasso”. E proprio questo ha condotto a un rilancio fra gli studi, da cui sono iniziati i problemi che conosciamo attualmente.

 
Janica


Su Internet gli appassionati creano montaggi partendo dalle sequenze di alcuni singoli animatori, sono i cosiddetti “MAD”. Vede in questo un riconoscimento del lavoro personale degli animatori?
Non so se sia un riconoscimento, ma è certo che si tratta di un modo per diffondere la conoscenza del lavoro e delle capacità di ciascun animatore. Evidentemente alcune cose mi fanno piacere. Ognuno è felice di veder riconosciuto il proprio lavoro.
Ai miei inizi le banche non prestavano denaro sulla base di un semplice disegno (magari se di Giotto...), non concedevano denaro per progetti d’animazione. Fortunatamente oggi – grazie al successo all'estero di personalità come lo stesso Miyazaki, che ha fatto riconoscere l'animazione come un'industria – non è più come una volta. Pertanto il fatto che un animatore non sia riconosciuto, non sia riconosciuto il suo lavoro, può avere un impatto sul lavoro intero, cosa che è importante per noi.


 


Uno spettacolare MAD dedicato all’animatore e regista Takeshi Koike


Com'è diventato un character designer?
Di norma il lavoro di character designer si fa su richiesta. Il regista sottopone il progetto a più animatori, ciascuno di loro propone una propria versione dei personaggi, il regista considera le diverse opzioni e fa la sua scelta, optando per il personaggio maggiormente in grado di rappresentare graficamente quel che lui ha immaginato.
Sulla base di questa scelta deciderà a chi affidare il disegno, e di seguito saranno realizzati in modo più raffinato i personaggi del progetto. Questo è, di norma, il modo in cui si realizza una serie.
Accade – e oggi sempre più spesso – che la produzione si rivolga a un nome di grido per il character design solo per far leva sulla sua fama. Quando si diventa direttore dell'animazione c'è un periodo di frizione che si deve attraversare un po' con tutti: con il pubblico, con il regista, con chi si occupa della messa in scena e della produzione, bisogna accontentarli un po' tutti.
Negli ultimi tempi mi sto occupando meno del character design, il mio stile è poco adatto agli anime moderni. Utilizziamo i giovani disegnatori che hanno uno stile più al passo con questi tempi.
Il mio stile non sembra molto adatto a disegnare le giovani e sexy ragazze che tanto sembrano attrarre il pubblico.


Ci potrebbe parlare degli effetti particolari che ha utilizzato nelle sue due ultime serie animate?
Dopo una discussione con il regista di Genji Monogatari Sennenki, ho voluto lavorare in modo particolare sui colori, utilizzandone l'intero spettro.
Rispetto a questa serie, ho ritenuto che potevamo ottenere ottimi risultati giocando sui colori. La stessa cosa in Senjo no Valkyria: forse non si vede bene, ma prevalgono i toni scuri, sono la mia passione, li amo, mi affascinano.


È vero che la realizzazione di alcuni chara risulta più difficile di altri?
Più che un chara di cui si ha difficoltà a definire le caratteristiche, il problema viene dai personaggi medesimi. Per esempio, come dicevo, io ho alcune difficoltà a definire le ragazzine sexy dai corti gonnellini, froufrou ecc. Non avrei mai potuto disegnare Sailor Moon! Cioè, potrei anche farlo, ma non riuscirei a trasmettere nulla. Nulla di importante.

Perché in Capitan Tsubasa sono state create così tante linee curve, con le porte che scompaiono dietro l'orizzonte?
Per semplicità (ride). Come sapete, i giocatori di calcio sono 22: sarebbe stato troppo difficile disegnarli tutti insieme nel medesimo tempo sul terreno. Utilizzando questa visione sulla linea orizzontale, potevamo cancellare alcuni personaggi e disegnarli solo quando ci erano utili. Come negli anime di baseball, quando dobbiamo disegnare un sacco di personaggi sullo schermo per un singolo episodio ci vuole un tempo incredibile. Per poter continuare a creare un episodio nel tempo stabilito, occorreva utilizzare questi piccoli espedienti. D'altronde, se si guarda il film dedicato a Captain Tsubasa, non c'è questa visione: tutto è disegnato in modo più realistico.

Fonte: Mata-Web