Akira Toriyama - IntroA leggere quel che dice di sé, nessuno di noi riconoscerebbe in Akira Toriyama quel che è realmente, ossia uno dei fumettisti giapponesi più celebri a livello internazionale.
Nato nel 1955 nella prefettura di Aichi, il piccolo Toriyama, dice lui, era un bambino tutto pepe, che amava giocare all’aria aperta, scorrazzare fuori, combinare marachelle, fare scherzi, istigare i bimbi del circondario a formare bande con lui a capo, che si prendeva spesso e volentieri delle sonore lavate di capo da parte dei genitori e dei parenti e che, soprattutto, era appassionato di disegno. I suoi soggetti preferiti erano gli animali e i mezzi di trasporto che, guardacaso, diverranno i pezzi forti delle opere che realizzerà da fumettista.
Due furono le tappe fondamentali del percorso che lo spinse a diventare fumettista, racconta l’autore. La prima fu la visione de La carica dei 101, film Disney del 1961, che colpì nel profondo il piccolo Akira Toriyama, facendo scaturire in lui il desiderio di disegnare anche lui qualcosa di fantasioso ed espressivo come avevano fatto i maestri degli studios di Burbank. In seguito, a casa di un’amica, gli capitò di guardare alcuni albi a fumetti del fratello maggiore di questa. Il piccolo Toriyama adorava disegnare, ma ignorava che si potessero mettere i propri disegni al servizio di una storia a fumetti. Furono questi due episodi a far crescere nel Toriyama bambino la voglia di diventare fumettista e a spingerlo a continuare a dedicarsi al disegno anche durante gli anni delle scuole medie, nonché ad iscriversi ad un liceo artistico.
Presa la licenza di scuola superiore Toriyama, stufo di studiare, iniziò a lavorare in una ditta di grafica, mettendo a frutto il suo talento nel disegno.
Tuttavia, il mondo del lavoro in ditta non era adatto ad un campagnolo come lui, che arrivava spesso in ritardo in ufficio e per giunta indossando vestiti casual e non eleganti come l’azienda richiedeva. Fu così che, all’età di 23 anni, prese la decisione di licenziarsi.
Senza un soldo in tasca e bisognoso di lavoro, decise di tentare la fortuna aggrappandosi al suo antico sogno, e spedì qualche tavola di prova alla redazione di Shonen Jump.
I suoi fumetti erano promettenti, gli dissero, ma ancora un po’ incerti. Se avesse continuato a esercitarsi, sarebbe uscito fuori qualcosa di buono.Akira Toriyama - Intro 2
Toriyama non si scoraggiò e, dopo qualche tentativo andato a vuoto, vide finalmente la sua prima storia pubblicata sul settimanale della Shueisha.
È il 1978 e nasce così Wonder Island, la storia, in una quindicina di pagine, di un sergente dell’esercito giapponese che, persosi durante la guerra, si ritrova su di un’isola piena di bizzarrie.
Wonder Island ha già in nuce i futuri elementi caratteristici dell’autore: il tratto rotondo e caricaturiale, l’enorme fantasia creativa, lo strabordante umorismo, uno stile grafico molto occidental-Disneyano, occhioni, sputacchi, deformazioni.
La storia ottiene un buon successo e all’autore viene così commissionato un seguito, che realizza l’anno successivo.
È con Tomato Police Woman (Tomato), sempre del 1979, che l’autore comincia a farsi notare davvero, dopo lo scarso successo dello short L’isola delle Meraviglie (Today’s Highlight Island).
Questa nuova storia breve, che trattava ancora una volta (l’argomento era già stato trattato in Wonder Island 2) di uno scalcinato commissariato di polizia, ottenne un buon riscontro di pubblico (l’autore, malignamente, dice che è per via della protagonista femminile, che gli fu suggerita controvoglia dal redattore Torishima).
Le quattro storie brevi sopraccitate, il lettore accorto se ne accorgerà, contengono parecchi elementi che ci sono familiari, come il “Pronto SoccorNo”, un ambulatorio (anzi, “ambElatorio”) dove il dottore è una capra antropomorfa, un personaggio di nome Slump, uno sgangherato trio di poliziotti formato da un commissario basso, grasso, pelato e coi baffi, un omino di colore coi labbroni e uno spilungone con baffi e capelli afro, o lo smargiasso Kuraaku Kenta.
Teniamoli a mente, questi elementi, perché li ritroveremo più avanti…


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