Riportiamo dal blog di Yupa alcuni commenti e considerazioni sulla traduzione italiana di The Five Star Stories, edito da FlashBook Edizioni:


PARTE I, domenica, 11 luglio 2010 - 23:18

Traducendo The Five Star Stories 1Flashbook pubblicherà The Five Star Stories di Nagano Mamoru, e io dovrò tradurlo. Anzi, lo sto già traducendo.
Si tratta di una traduzione impegnativa, anche perché il fumetto in questione pone una serie di problemi tutti suoi, assenti in molti altri casi. E allora tanto vale scriverci qualcosa, qui, sul blog, pubblicamente.
Non è un tentativo di giustificare la traduzione che sto facendo, e che verrà pubblicata. O almeno, spero non sarà cosí. Una traduzione, in teoria, dovrebbe essere conclusa in se stessa, reggersi unicamente sulle sue gambe, priva di appoggi esterni. Altrimenti si tratta di una traduzione zoppa. Quindi qui mi interessa soprattutto mostrare i processi che hanno seguíto determinate scelte, i limiti che hanno incontrato e le possibilità che sono state sfruttate.
Ovviamente sarà anche sempre un modo assai comodo per tenere il blog aggiornato in assenza di idee...
Altrettanto ovviamente ne approfitterò per divagare in vario modo su questioni traduttorie e/o nippologico-fumettistiche.
Non so quanto e se tutto risulterà sempre comprensibile da chi, di giapponese, ha poche cognizioni, ma... non si può voler tutto dalla vita.
La serie di post andrà avanti ad libitum. Questo è il primo, e non ho la minima idea di quale e quando sarà l'ultimo.

La prima questione con cui ci si scontra, traducendo FSS (The Five Star Stories), è quella dei nomi, cioè i nomi proprî di luoghi, personaggi, strumenti e varie entità che popolano il mondo inventato da Nagano. Un mondo fantastico, con ben poche attinenze rispetto al "nostro": e com'è spesso in questi casi, i nomi non sono pochi, anzi. Già solo per i primi due volumi ne ho registrati piú di trecento...
Sono nomi inventati, e nella maggior parte dei casi non sono nomi di stampo giapponese. Il fantastico giapponese contemporaneo, e non solo quello giapponese, tende ad attingere alla matrice anglosassone. Cosí il fantasy, che sia scritto negli Stati Uniti, in Italia o in Asia, molto facilmente avrà dei personaggi dai nomi vagamente tolkieniani.
E come ben sa chiunque conosca un po' il sistema di scrittura giapponese, se già non è cosí immediato convertire in katakana i nomi scritti in caratteri latini, anche il percorso inverso è tutt'altro che semplice e univoco.
È cosí che moltissimi manga e anime, se non hanno un'ambientazione giapponese, all'estero si ritrovano con personaggi dai nomi molti diversi a seconda di casi ed edizioni...

Tutto questo vale anche per FSS, ovviamente.
Magari qualcuno chiederà: ma non esiste una qualche trascrizione ufficiale, o almeno ufficiosa, dei nomi dei personaggi in caratteri latini?
E io rispondo: quand'anche esistesse, che sia ufficiale o ufficiosa, non è detto sia il caso di prenderla in considerazione. Anzi, nella maggior parte dei casi sarebbe meglio lasciarla perdere.
Divagazione esemplificativa.
Molti molti anni fa si sviluppò un'accesa polemica quando Panini pubblicò la sua edizione di Bastard!!, già pubblicato da Granata Press. Per l'occasione Panini propose un nuovo adattamento di tutti i nomi inventati dall'autore: luoghi, personaggi e altro. Si trattava però di nomi basati su citazioni musicali, in alcuni casi solo parzialmente cammuffate dall'autore. Granata Press aveva adattato i nomi in modo da rendere riconoscibili le citazioni, Panini no. Ciò inviperí parecchî lettori. Panini rispose affermando di aver semplicemente usato le trascrizioni ufficiali dell'autore.
Ora, non è a me che spetta stabilire se Panini abbia o meno avuto ragione nella sua scelta. Anche perché se è l'editore e/o l'autore originale a imporsi, e pretendere che l'edizione estera abbia determinate trascrizioni, anche se discutibili, c'è poco da fare: l'editore italiano deve piegare il capo e obbedire.
Però, se l'editore italiano osserva che esistono delle trascrizioni in caratteri latini nei volumi originali, ma ritiene che siano trascrizioni fuorvianti e ha modo e possibilità di sceglierne altre, personalmente ritengo debba farlo.
Ebbene, stabiliamo un punto fermo, anzi due punti fermi:
1) Per motivi che non sto qui a spiegare ma non credo siano difficili a comprendersi, i giapponesi hanno problemi molto grossi nell'utilizzo dei caratteri latini, e ancor piú nella comprensione del loro utilizzo a seconda dei diversi paesi. Per questo le trascrizioni effettuate dai giapponesi, nella stragrande maggioranza dei casi, sono inutilizzabili.
2) Nei volumi originali, di solito nelle appendici, nelle schede sui personaggi, o in pagine d'illustrazione che introducono i diversi capitoli, o in volumi d'illustrazioni legate all'opera, si trovano sí trascrizioni in caratteri latini di nomi di personaggi e quant'altro, ma queste trascrizioni molto spesso hanno un fine meramente suggestivo e artistico, vago e approssimativo. Non vogliono dare né indicazioni di pronuncia né indicazioni su come i nomi andrebbero trascritti.
Da questo punto di vista FSS è un caso esemplare, visto che poi, di volume in volume, e a volte nello stesso volume, le trascrizioni dei nomi cambiano, come se l'autore si divertisse a giocare provando diverse possibili combinazioni. Eclatante nel primo volume il caso della protagonista, che a seconda dei casi diventa "Lachesis", "Lachisis", o "Rachesis".
Invece i nomi scritti in katakana, nel corso di dialoghi, didascalie e in tutti gli altri luoghi dei volumi, ovviamente non mutano. Sono questi i nomi "veri", da cui bisogna partire per formare quelli dell'edizione italiana. Le trascrizioni presenti nell'edizione giapponese possono al massimo fornire qualche spunto (e soprattutto degli indizî per capire, a posteriori, l'eventuale logica dei nomi in katakana), ma non possono assolutamente essere considerate dirimenti in via definitiva per scegliere i nomi che compariranno nell'edizione estera.
Utilizzarle cosí come sono è una possibilità, ove ci siano le condizioni e i motivi per farlo, ma non un dovere.


PARTE II, domenica, 01 agosto 2010 - 23:47

La resa dei nomi, dunque.
La prima cosa da fare è capire qual è la logica generale nei nomi scelti/inventati da Nagano. Se ce n'è una.
Bene, la risposta è immediata: in The Five Star Stories (FSS) i nomi non seguono una logica generale.

Tre esempî letterarî, per chiarire un po'.
A un estremo ci mettiamo Tolkien, con la sua maniacale costruzione filologica dei nomi, costruzione robustamente coerente con se stessa e col Mondo creato dall'autore. Tanto che i nomi tolkieniano sono immediatamente riconoscibili come tali, anche fuori del loro contesto.
Diversi passi più in là ci mettiamo Lovecraft: i nomi delle sue creature sono semi-casuali, non hanno alcun significato se non quello di suggerire sonorità aliene e mostruose, proprio perché vogliono suggerire una realtà oltre il significato umano, o forse metafisicamente oltre ogni possibile significato. Poi, dato che Lovecraft è comunque umano, una certa coerenza sonora i
suoi nomi ce l'hanno, e a volte anche vaghe affinità con realtà storiche preesistenti: Shub-Niggurath ha un che di mesopotamico; Nyarlatothep, almeno nella terminazione, non può non ricordare l'Egitto, e così via... Insomma, anche i nomi lovecraftiani sono facilmente riconoscibili.

All'estremo opposto, distante da Lovecraft e remotissimo da Tolkien (cosa singolare, trattandosi di un autore che Tolkien apprezzava assai, almeno per lo stile; meno per le idee) ci mettiamo il poco noto E. R. Eddison. Nel suo Serpente Ouroboros i personaggi portano una congerie di nomi assai poco coerente e dalla pronuncia aleatoria: Corinius (più o meno latino), Goldry Bluszco (nome vagamente inglese e cognome vagamente magiaro...), Brandoch Daha, Sophonisba, Philpritz Faz, e così via. C'è un motivo: si trattava di nomi e personaggi che l'autore ha elaborato nella sua infanzia e che ha preferito mantenere anche scrivendo in età adulta. Cosa apprezzabile, ma ad onta dell'inverosimiglianza linguistica.

Bene, FSS è più vicino a Eddison che non a Tolkien.
Tuttavia, è possibile dividere i numerosissimi nomi dell'opera di Nagano in alcuni grandi insiemi, governati da logiche locali.
Diversi nomi sono citazioni esatte da nomi proprî o comuni del nostro Mondo.
Altri sono inventati, ma richiamano le sonorità di lingue esistenti.
Altri, infine, oltre a essere inventati, non hanno alcun legame con lingue esistenti, molto probabilmente proprio con l'obiettivo di suggerire un Mondo e un Tempo alieni rispetto ai nostri, lontani, remoti.
I primi due insiemi (citazioni esatte; e nomi con affinità sonore a lingue esistenti) si intersecano con quelli dalle varie lingue a cui si rifanno. La parte del leone va ovviamente all'inglese. A seguire troviamo soprattutto italiano, tedesco e francese. Caso a parte, ma importante, il greco antico: parecchî personaggi portano nomi di figure del mito ellenico. Oltre che al mito, Nagano attinge principalmente al mondo dellamusica, in particolare anni Settanta; al mondo dell'alta moda, ovviamente italiana; in parte minore a termini dell'esercito tedesco della XX Guerra Mondiale, ambiente curiosamente assai frequentato dalla cultura otaku giapponese degli anni Settanta-Ottanta. In alcuni casi, poi, ci sono riferimenti puramente personali, legati all'autore. Per dire, una personaggia viene chiamata "Est" unicamente in omaggio al nome di una strong>pasticceria di Roppongi, Tōkyō...

Orbene, ovviamente le citazioni vanno salvate, cioè rese riconoscibili.
Se in originale c'è qualcosa che si chiama "Feedora" (フェードラ), e questo è il titolo pronunciato alla giapponese del celebre (?) album degli altrettanto celebri (?) Tangerine Dream, cioè Phaedra, nell'edizione italiana sarà usato appunto "Phaedra". Se un personaggio in originale si chiama "Faruku Rogunaa" (ファルク・ログナー), pronuncia giapponese di un membro dell'ancor più celebre (?) band degli Amon Düül II, cioè "Falk Rogner", sarà questo il nome che il personaggio avrà nell'edizione nostrana. E così via.
Molto semplice come logica. La difficoltà semmai, da parte del traduttore, è riuscire a individuare e rintracciare di volta in volta le diverse possibili citazioni: oltre alla cultura
personale e a dizionarî vari, internet in questi casi si rivela una manna... la difficoltà non è insuperabile, insomma.
Il vero problema invece, almeno nel caso specifico di FSS, si rivela un altro. I nomi inventati di sana pianta dall'autore. La mia intenzione iniziale era quella di renderli con combinazioni di lettere che riducessero al minimo l'ambiguità fonetica per il lettore italiano. Ad esempio avrei evitato la "j", che non si sa mai se leggerla come in "jet" (all'inglese e/o alla francese, per dire) o come in "naja" o "boja" o "jugend" o "jegermeister" (cioè, all'italiana e/o alla tedesca).
Esempio: nel secondo volume compare una città che, in giapponese, è pronunciata "Yaasu" (ヤース). L'edizione inglese di FSS la rende come "Jarth", in accordo con alcune trascrizioni che ricorrono nell'originale. Tuttavia in italiano la "j" è carattere ambiguo. Quindi, nell'edizione italiana la città diventa "Yarth", meno ambiguo.
Purtroppo i nomi-citazioni si sono rivelati un'enorme quantità e provenienti dalle lingue più diverse. E questo ha in parte distrutto il mio "progetto leggibilità". Quindi, in FSS, avremo allo stesso tempo, per dire, un personaggio che si chiama Jarboe, nome inglese di una cantante, e un oggetto che si chiama Jagd, parola tedesca per "caccia": al lettore la capacità (o la fortuna) di saper individuare e leggere nel modo corretto le due diverse "j"... Di più non è possibile fare.


PARTE III, giovedì, 12 agosto 2010 - 22:58

Già ho detto che in FSS diversi personaggi portano nomi di figure del mito greco. Tra l'altro, in molti casi figure minori, quindi poco note.
In questi casi, di solito, le possibilità sono almeno tre:
- adoperare il nome originale in greco antico, trascrivendolo direttamente
- adoperare il nome latino (nel mondo anglosassone di solito si fa così, ad esempio)
- adoperare il nome attestato in italiano, sempre che ne esista uno (per le figure davvero minori non è detto ci sia...)
Per fare un esempio con un nome che non ricorre in FSS, ma che è stranoto la scelta può essere tra rispettivamente Herakles, Hercules o Ercole. Ecco, in questo caso ci sarebbe pure l'italianizzazione del nome greco, Eracle... quindi le opzioni diventano quattro.
Consideriamo però che in FSS i nomi greci hanno seguito un percorso un po' particolare... difatti l'autore non li trascrive come sarebbe corretto, cioè come si trovano nei dizionarî giapponesi, bensì come verrebbero pronunciati in giapponese partendo dalla pronuncia inglese del nome greco. Quindi, quella che in italiano si chiama Lachesi, che in greco antico si chiama Lachesis, che in giapponese si dovrebbe dire "Rakeshisu", in FSS diventa "Rakishisu".
Non è dato sapere se questo sia avvenuto per scelta precisa o per scarsa conoscenza delle lingue del mondo antico e moderno da parte dell'autore, magari a dimostrazione di quella curiosa convinzione, propria di molti
giapponesi, che tutto ciò che esista fuori dal Giappone sia inglese o, più precisamente, americano... ma ciò importa poco.
Il punto è che così, nella scelta del nome italiano, si aggiungeva un'opzione in più, di tipo un po' creativo: riprodurre in italiano il gioco fatto dall'autore, cioè usare anche nell'edizione italiana nomi greci modificati per riprodurre una pronuncia anglofona degli stessi. Per cui "Lachesis" sarebbe diventata "Lachisis", per dire.
La tentazione è stata forte, e per diverso tempo, nelle bozze di traduzione del primo volume, compariva appunto "Lachisis". Alla fine ho preferito lasciar perdere. Intanto perché, per quanto audace,la scelta rischiava di non essere compresa dai lettori o, meglio, di venir fraintesa per un errore. E una traduzione che non riesca a far capire la propria logica unicamente tramite se stessa, che sia percepita (anche a torto) come scorretta dove invece è frutto di una scelta, una traduzione che abbia bisogno di spiegazioni esterne al testo è già una traduzione che ha sbagliato qualcosa. Inoltre, fondamentalmente, ci tenevo alla riconoscibilità dei nomi dei personaggi.
Inoltre, la bizzarra pronuncia che spesso l'autore di FSS applica ai nomi dei personaggi, non solo a quelli d'origine greca, e anzi non solo ai nomi dei personaggi, ma anche a quelli comuni (ma su questo scriverò più avanti), questa scelta di libera contaminazione linguistica, dicevo, personalmente credo abbia se non l'intento sicuramente l'effetto di trasmettere al lettore la sensazione di un mondo sì alieno e remoto ma in cui vi siano strane e curiose commistioni con cose note del nostro mondo.
Ciò è coerente anche con le immagini e gli oggetti stessi del mondo di FSS, in cui avveneristici strumenti da combattimento stanno fianco a fianco con antichi galatei di corte, o coi mezzi di comunicazioni di massa dei nostri giorni, con tanto di microfoni e telecamere; o in cui, in alcune vignette, fanno capolino automobili con lo stemma dell'Agip o orologi di Bulgari... In cui gerarchie di divinità supere e infere fanno le loro incursioni declamando proclami con un linguaggio altissimo, arcaico e aulico, e qualche pagina più in là troviamo i personaggi in un bar della periferia degradata a parlare come nel più classico dei film hard boiled, con tanto di detective con indosso cappello a tesa e impermeabile, e dietro il bancone il barista dallo sguardato ovviamente saputo e smagato. L'autore stesso, in fondo al primo volume, afferma che quello di FSS è un Mondo in cui "tutto è possibile", per poi definirlo con più decisione "uno sclero totale".

Traducendo The Five Star Stories 2


Per riprendere il filo... allora tanto è valso far ritorno proprio al greco antico.
Così, se almeno una scelta un po' coraggiosa andava fatta, ho lasciato perdere le versioni italiane dei nomi mitici, per ricorrere, vocabolario Rocci alla mano, a trascrizioni esatte dal greco. Almeno, in questo modo, il senso di un mondo distante ma non troppo viene conservato. Così, inoltre, i nomi del mito restano facilmente riconoscibili da quanti, tra i lettori, li conoscano.
La decisione definitiva in tal senso, poi, è diventata quasi obbligata a un certo punto del primo volume, quando entra in scena una personaggia nominata come una delle tre Erinni. Il suo nome greco, trascritto fedelmente, sarebbe Megaira. Ebbene, la versione italiana attestata sarebbe nientemente che Megera. Però, obiettivamente, "Megera" non sarebbe andato bene. Intanto perché in italiano è ormai più un nome comune che nome proprio, soprattutto è un nome comune che va a evocare associazioni assenti o comunque secondare rispetto alla figura originale: in italiano ormai una megera è semplicemente una vecchiaccia incarognita, o una donna particolarmente malefica e pestifera, al pari di "strega", e ben pochi sanno che invece tratterebbesi del nome proprio di quella che, certo, nel mito era rappresentata come un vecchia orrida, ma era anche e soprattutto una delle terribili e implacabili divinità della vendetta, la Vendetta che colpiva il sacrilego. Non solo, addossando il nome "Megera" a quella che, in FSS, è una figura graziosa e aggrazziata, avrebbe prodotto nel lettore un indebito effetto comico, se non grottesco, del tutto assente nell'originale. E magari qualcuno l'avrebbe confuso col nome comune "megera", andando a immaginarsi che anche in giapponese avesse un qualche nome analogo...
Per questo, alla fine, ho scelto Megaira. E anche per questo, nell'edizione italiana di FSS non ci saranno Lachesi, Cloto e Atropo, bensì Lachesis, Klotho e Atropos...


PARTE IV, martedì, 26 ottobre 2010 - 19:43

Visto che mi trovo in fase di immersione profonda nella traduzione del terzo volume di The Five Star Stories, può essere buona cosa riprendere a scriverne un po'...
Ero rimasto a mezzo col discorso sull'adattamento dei nomi.
Bene, ormai manca una manciata di giorni alla primissima uscita pubblica dell'edizione italiana, e quindi vado a precisare una cosa, che magari i conoscitori più attenti di tFSS si staranno chiedendo.
Il fatto è che, per quanta libertà posso (e spesso devo) prendermi nel sistemare i nomi del mondo di tFSS per l'edizione italiana, ci sono dei casi limiti in cui ho seguito le trascrizioni dell'edizione originale, per quanto imperfette, strane, iscutibili.
Un motivo c'è, ovviamente.

Digressione teorica esplicativa. Visto che si tratta di un discorso più generale, in cui tFSS è uno dei tanti casi specifici.
Ci sono nomi di personaggi o oggetti narrativi che, passando da una lingua all'altra, hanno ormai una loro tradizione attestata, di lunga data, saldamente stabilita. E per questo praticamente inamovibile.
Diciamolo seriamente: chi mai oserebbe mettersi in testa di "ritradurre" i nomi di Mickey Mouse o Donald Duck perché gli italiani "Topolino" e "Paperino" sono poco fedeli rispetto all'originale?
E fedeli all'originale non lo sono per niente, certo. Fosse solo perché "Duck" significa "anatra" e non "papero"; o perché si arriva alla buffa situazione in cui, in Italia, a differenza che in patria, Paperino viene chiamato perennemente per cognome (!) dai suoi stessi parenti, e quasi mai col nome proprio, Paolino; per non parlare di Topolino... questo sarà il nome o il cognome? E se è l'uno, quale sarà mai l'altro? Mistero... e così via.
Eppure, ormai, la scelta è stata fatta decenni addietro, e occorrerebbe un sommovimento cosmico per poterla mutare.
Ma non avrebbe nemmeno senso farlo, perché nomi come questi non sono più "versioni scorrette" o discutibili degli originali stranieri: "Paperino" e "Topolino" non sono più le malatraduzioni dei nomi originali ma, ormai, causa il lungo periodo di attestazione, sono diventati i nomi nostrani di quei personaggi.
Ovviamente qui si pone un problema... non è sempre facile distinguere tra i due casi: quelli in cui discutibili versioni nostrane, vuoi per giovane età o per altro, possono essere suscettibili di nuove varianti, e quelli in cui ormai si tratta di nomi definitivi, da accettare così come sono, perché la tradizione lo impone.
Per dire, quanto e come un'ulteriore nuova edizione del Signore degli anelli (primo esempio che mi viene in mente di opera che poni non pochi problemi di traduzione) dovrebbe aggiornare, variare o "migliorare" la resa di tutti i vari nomi, a partire da quelli del villaggio degli Hobbit? Sarebbe lavoro assai delicato e d'alta responsabilità, specie considerando l'acuta sensibilità (chiamiamola così) dei più accaniti lettori di Tolkien... (posso però dire d'aver gradito molto che quelli che per decenni erano stati chiamati "orchetti", nelle edizioni più recenti siano stati rinominati "orchi"...)

Tornando a tFSS...
Come scritto tempo addietro, per molti nomi mi sono preso la libertà di traslitterarli senza badare alle versioni giapponesi. Ma in alcuni casi, invero molto rari, ho preferito conservare e usare le versioni più note internazionalmente, considerandole ormai attestate e non tradibili, mercé il ragionamento su esposto.
Tra queste stanno i nomi di due pianeti principali, ovvero Addler e Jüno. Per dire, il primo, a voler essere fedeli alla sua origine avrebbe dovuto essere Adler, con una sola "d", nome tedesco d'un produttore di carri armati durante la Seconda Guerra Mondiale. Ma nei volumi originali, ogni volta che compare in caratteri latini, è sempre "Addler", e così è stato nominato anche nell'edizione inglese... Tanto valeva lasciarlo.
Anche per altri due nomi fondamentali nell'universo di tFSS ho rispettato la versione più nota: mortar headd e headdliner. Il primo contiene una citazione musicale: scritto e pronunciato alla giapponese, il nome è uguale a quello dei Motörhead. Tuttavia, come spiega l'autore in fondo al terzo volume di tFSS, nel fumetto "mortar headd" assume il significato di "mortaio principale", a significare la potenza distruttiva del mezzo da guerra in questione. Ok, però il raddoppiamento della "d", che io sappia, non dovrebbe avere ragione di esistere, in inglese... è una libertà dell'autore.
In realtà le trascrizioni giapponesi dei nomi di tFSS sono piene di simili curiosi raddoppiamenti consonantici.
Ebbene, m'è sembrato il caso di non ignorarlo ma, anzi, trarne ispirazione per la costruzione dei nomi dell'edizione italiana, nel tentativo cioè di renderli visivamente e graficamente coerenti con l'aspetto dei nomi già stabiliti, come appunto "Addler", "Mortar headd" e "headdliner"...
Ecco quindi che nell'edizione italiana di tFSS ci saranno nomi come Balankka, Stantt o Kklappa.
La loro funzione è anche quella di rammentare costantemente che la storia si svolge in un universo distante e arcano rispetto al nostro, dove anche i nomi hanno grafie che non t'aspetteresti.
Ma ho inoltre e comunque badato bene a far sì questi raddoppî consonantici o altri giochi con le lettere non rendano difficoltosa la leggibilità o l'interpretazione fonetica. Quindi in tFSS, se si escludono casi eccezionali e dove non s'è potuto fare altrimenti, non ci saranno nomi di tipo lovecraftiano, coi lettori a interrogarsi su come pronunciarli, o addirittura se sia possibile pronunciarli in qualche modo...


PARTE V, giovedì, 25 novembre 2010 - 22:25

Non so quanti se ne saranno accorti leggendo il primo volume di The Five Star Stories, ma i nomi delle quattro stelle principali dell'Ammasso del Joker hanno ricevuto dei nomi un po' particolari, forse inaspettati: Easterr, Westerr, Southernd, Nourth... ricordano i punti cardinali in inglese, ma non lo sono, non precisamente.
Ovviamente un motivo c'è.

The Five Star Stories abbonda di termini inglesi, e questo non sorprende, visto che in Giappone l'inglese è una delle lingue piú usate per dare senso d'esotico, ed è poi la lingua della fantascienza, ma anche del fantasy, generi entrambi importati dall'anglosfera. Un classico, nei romanzi fantasy nipponici, sono gli oggetti fantastici scritti in kanji con a fianco una lettura all'inglese, per quanto nipponizzata. Si tratta di qualcosa che forse suonerà un po' strano al lettore italiano: mondi completamente inventati, che magari vogliono proporsi come decisamente alternativi alla nostra realtà, in cui però i personaggi usano pacificamente termini come "sword", "magician", "healing spell", "shield", e cosí via...
Ma anche da questo punto di vista tFSS fa caso a sé...
Parlando molto in generale, senza limitarsi al linguaggio, senza limitarsi al Giappone, uno dei grossi limiti di molta produzione fantastica, specie in prosa, è il tentativo di presentare un mondo che si vuole alternativo, spesso medievaleggiante, in cui però tante, troppe cose continuano a rimandare al nostro, di mondo: ad esempio personaggi che si muovono tra castelli e principesse ragionando e agendo secondo schemi della Terra del XXI secolo.
tFSS segue invece un metodo opposto: asporta liberamente e senza nasconderli elementi i piú disparati dal nostro mondo e dalla sua storia passata e presente, e da ipotetici futuri, e quindi li riassembla mantenendone la riconoscibilità, dando così dar forma a uno scenario e delle vicende completamente originali, e che proprio per questo riescono a risultare plausibili e non artefatti.
Per tornare più nello specifico, se in molte narrazioni fantasy l'intrusione di termini in lingua inglese rischia di segnalare le carenze dell'autore nel dar vita a una creazione effettivamente originale, in tFSS invece il ricorso occasionale a diverse lingue terrestri è un simbolo immediato della varietà linguistica dell'Ammasso Stellare dei Soli del Joker. Si tratta d'un modo originale e felice con cui l'autore ci permette d'intuire quando determinati personaggi parlano una propria lingua rispetto a quella comune di altri personaggi, che per questi ultimi è tratti intelligibile a tratti sfuggente.
Nel terzo volume, a una poesia proveniente da un futuro lontano (o dalla piú remota antichità: perché il Tempo, in tFSS, è tutt'altro che rigido e unidirezionale) viene data forma in francese. Il quarto volume si apre con un dialogo in inglese, che prosegue finché uno dei due personaggi non chiede all'altro di cessare di parlare "nella lingua della madrepatria" (nell'edizione inglese di tFSS questo dialogo è stato intelligentemente tradotto in giapponese). E in volumi di molto successivi si avranno dei passaggi in tedesco, e in cinese (e quest'ultimo nell'edizione italiana sarà reso col latino).

Distinguiamo però l'inglese scritto in caratteri latini (inglese genuino) da quello traslitterato in katakana (inglese nipponizzato).
Quest'ultimo, nel giapponese comune, non ha delle sue regole precise, ma segue comunque una sua logica. Di solito è grossomodo indovinabile come un termine inglese risulterà in katakana e viceversa quale termine si nasconde sotto quest'ultimo. Ebbene, tFSS devia spesso, e anche di parecchio, dal modo in cui di norma si trasforma l'inglese in katakana.
E qui arriviamo ai nomi delle quattro stelle. Che, anche in originale, ricordano i punti cardinali in inglese, ma non lo sono, non precisamente.
Faccio due esempî. "North" in giapponese, di norma, verrebbe pronunciato "Noosu" (ノース); in tFSS diventa invece "Nouzu" (ノウズ). "Southern" sarebbe "Sazaan" (サザ-ン), ma in in tFSS è "Sazando" (サザンド).
Personalmente credo si tratti d'uno stratagemma dell'autore per dare al lettore il senso d'una realtà simile alla nostra, eppure diversa, come un antico manoscritto proveniente dal futuro, o da un tempo parallelo, leggibile solo in parte, intuibile solo a frammenti.
Da questo punto di vista è un po' un peccato che l'edizione di lingua inglese abbia preferito cancellare queste particolarità, e rinominare le stelle coi termini semplici dei punti cardinali: Eastern, Western, Southern, Northern. Qualcosa va perso. Si consideri però che la traduzione dell'edizione inglese di tFSS ha subìto un cambio in corsa, e che anche per questo i primi capitoli presentano dialoghi adattati fin troppo liberamente rispetto all'originale... e, bisogna dirlo, dotati d'un retrogusto parecchio "americano" in quanto a fraseggio e sfumature...


PARTE VI, giovedì, 10 marzo 2011 - 21:18

Traducendo The Five Star Stories 3Non è facile individuare i momenti precisi in cui qualità e stile di tFSS compiono le loro svolte, in cui si notano con chiarezza le evoluzioni nel tratto e nella narrazione.
Per dire: giunti in fondo al terzo, se ci si volta indietro e si torna all'inizio del primo volume si nota un bello stacco. Ma è l'esito d'una crescita lenta e continua, priva di cesure nette.
Eppure una di queste si può notare proprio alla fine del terzo volume, con le sue ultime venticinque pagine. Ed è solo un piccolo assaggio di quello che succede col quarto volume.
Il quarto volume di tFSS è assolutamente imparagonabile a tutti quelli che lo precedono, non solo al primo. Lo scarto è così forte, che ora i primi tre volumi appaiono solo delle bozze, degli esperimenti, esercizi di riscaldamento dell'autore con la materia che compone il suo Mondo. Nagano ha forgiato in anticipo mondi, vicende e personaggi, pedine e scenari, e nei primi tre volumi prova un po' a vedere come si può riuscire a farli interagire, cosa può venirne fuori a farne un fumetto. Ci prende confidenza, verifica che il gioco funziona, che funziona bene, e dal volume quarto comincia a fare sul serio.
Graficamente e narrativamente.
A confronto col quarto volume, i primi tre potrebbero persino essere definiti come immaturi. Il quarto volume, per quanto senso abbia il termine, è il vero decollo di tFSS.

Giro su forum e siti a pescare commenti sul manga.
Noto chi dice che tFSS avrebbe poco pathos. E non ha mica tutti i torti. La narrazione di tFSS ha poco pathos, è vero: o almeno, ne ha poco nel senso "giapponese" del termine. Nel senso proprio del fumetto giapponese. La narrazione, la regia e il montaggio di tFSS che pure è ovviamente riconoscibile come giapponese, seguono poco le costruzioni e i codici tipici dei manga.
Non ci sono, per dire, quei combattimenti che si dipanano per decine di tavole, frammentati in centinaia di vignette enormi e minuscole, vignette incastrate tra loro nelle forme più disparate, dinamicissime ed esplosive, che del fumetto nipponico sono uno dei massimi marchi di riconoscimento. In tFSS Nagano rispetta quasi sempre la più classica delle gabbie compositive, fatta di rettangoli precisi, sobrî, assai controllati. E l'azione, quando c'è, anch'essa è stilizzata, si risolve in poche mosse decisive, non riempie di sé tutto lo spazio narrativo possibile, anzi, tutt'altro. Lavora per sottrazione.
Un ritmo lento e solenne che informa ogni aspetto di tFSS, ovviamente. Un'eccentricità (da ribadire) rispetto agli altri fumetti giapponesi che emerge ovviamente anche nei dialoghi. Un ulteriore elemento, questo, che aggiunge difficoltà al lavoro di traduzione. Sottolineo ancora una volta la gran formulaicità di molto fumetto giapponese: basta poca esperienza di shōjo o shōnen manga per notare quanto i loro dialoghi siano standardizzati, quante siano le frasi che si ripetono immancabili come formule in date situazioni. Una volta elaborate determinate strategie traduttive, è sufficiente continuare ad applicarle con costanza, al massimo rimane da affinarle progressivamente.
tFSS esige invece, nella ricostruzione dei suoi dialoghi in italiano, un lavoro sempre nuovo. Ogni frase richiede quasi di ricominciare da capo, con pazienza e dedizione...

つづく・・・ (continua...)



Fonti Consultate:
Traducendo The Five Star Stories - PARTE I
Traducendo The Five Star Stories - PARTE II
Traducendo The Five Star Stories - PARTE III
Traducendo The Five Star Stories - PARTE IV
Traducendo The Five Star Stories - PARTE V
Traducendo The Five Star Stories - PARTE VI