Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

Per saperne di più continuate a leggere.

8.0/10
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"Bestiarius" è un manga che affascina e colpisce già dall'ambientazione, che fonde la realtà storica dell'antica Roma con creature mitologiche e fantastiche quali viverne, draghi, minotauri, chimere e mostri vari.
E' un universo narrativo originale e suggestivo, in cui, per una volta, gli orgogliosi Romani sono i cattivi. Non imperatori i cui capelli si illuminano invece di imbiancarsi o legionari che parlano romanaccio destinati a essere presi a sberle da irriducibili Galli, ma un impero tanto glorioso quanto crudele, disposto a tutto pur di allargare la propria sfera d'influenza, guidato da nobili che, al sicuro nella loro opulenta città, giocano con la vita dei prigionieri, umani o bestiali, in crudeli spettacoli.

Il manga si compone di varie storie parallele che coinvolgono vari personaggi ma finiscono pian piano per confluire nella stessa vicenda, creando una bella favola, un racconto di formazione narrato in maniera dura, cruda, ma anche passionale e carica di forti emozioni, sia positive che negative.
Trait d'union tra le varie storie è il rapporto fra gli uomini e le creature fantastiche, che assume ora i connotati di una toccante amicizia, ora quelli, ancor più profondi, di un rapporto familiare dove non contano il sangue e la razza ma solo l'affetto.
L'anelito alla libertà e la lotta contro il crudele impero sono altri temi importanti della vicenda, che emergono fra sanguinose battaglie, drammi, allenamenti, amicizie d'infanzia e passaggi forzati (anche un po' troppo, che in un solo anno un ragazzino diventi un guerriero dal fisico adulto non è molto credibile) ma affascinanti dall'infanzia all'età adulta.

A colpire è anche il maestoso aspetto grafico, con disegni realistici e ricchissimi di dettagli, ombreggiature e particolari: una vera e propria gioia per gli occhi, che perfettamente si adatta a un racconto di tipo storico che, per quanto diretto ad un pubblico giovane ("Bestiarius" è il primo shounen realizzato dall'autore, e vi ha inserito elementi fantasy proprio allo scopo di renderlo più accattivante per i giovani lettori), richiede un certo realismo nel rappresentare l'ambientazione.

Un manga dalla trama tutto sommato semplice, ma emozionante, che si fa leggere tutto d'un fiato e non risparmia al lettore momenti di alto coinvolgimento, grazie anche ad un'ambientazione azzeccatissima. I pochi volumi lo rendono una spesa modesta ma soddisfacente, sarà come guardare un bel film.


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“Puella Magi ★ Madoka Magica” è una serie d’animazione giapponese del 2011, costituita da dodici episodi di durata canonica e prodotta da Aniplex e Shaft.

Trama: la tranquilla e abitudinaria vita quotidiana della quattordicenne Madoka Kaname e della sua amica Sayaka Miki viene completamente sconvolta dall'incontro con Kyubey, un bizzarro animaletto affetto dal più impressionante caso di ciuffi pelosi nelle orecchie. Scoprono così l’esistenza delle Streghe, creature sovrannaturali, invisibili agli occhi delle persone comuni, che si nutrono di negatività e causano numerosi incidenti e sofferenza per gli esseri umani, e delle Maghe, ragazzine dotate dei poteri necessari per cacciare le Streghe e salvare gli innocenti.
Kyubey proporrà loro un patto: diventare Maghe in cambio dell’esaudimento di un loro desiderio, anche il più improbabile. Accetteranno?

Ispirandosi vagamente alla premessa del “Faust” di Goethe e traendo a piene mani dalle dinamiche basilari di “Claymore”, l’anime si contraddistingue per l’altalenante qualità, sia narrativa che tecnica, ma tratta con intelligenza e delicatezza solo la tematica portante della vicenda: la scelta. Rinunciare alle proprie rassicuranti esistenze per abbracciare un cammino di lotte, sofferenza e pericoli potenzialmente mortali non è alla portata di tutti, anche se la promessa di poter realizzare un proprio sogno, IL sogno, e di ottenere capacità incredibili, nonché vestiti adornati di pizzi e fiocchetti, rende la proposta molto allettante. E lo straziante dilemma si vede e si sente: le protagoniste discutono a lungo e approfonditamente circa i vantaggi e gli svantaggi di una simile decisione, si interrogano su cosa possano perdere e su cosa possano guadagnare dalla trasformazione in Maghe e, soprattutto, realizzano ciò che veramente bramano. Si configura in questo modo una serie particolarmente verbosa, di cui le scene d’azione costituiscono una ridotta parte. A scontrarsi ferocemente, invece, sono altruismo ed egoismo, autentici o presunti: combattere le Streghe significa mettere a repentaglio la propria incolumità, con le conseguenti difficoltà per la sfera affettiva, sia famigliare che romantica (ulteriori rivelazioni non fanno che appesantire questa realtà), ma anche salvare altre persone dall'influenza negativa di queste immonde creature. Quand'è, tuttavia, che compiere del bene per gli altri è un gesto sinceramente generoso, e quando invece rappresenta un modo per soddisfare il proprio cuore e per convivere più facilmente con sé stessi?
Per quanto questo preambolo lasci pensare a un’opera insolitamente adulta, è proprio in questo frangente che si palesano le prime inconsistenze. La maturità che le protagoniste dimostrano nei loro dialoghi viene improvvisamente meno nelle situazioni più drammatiche e concitate, regalando al pubblico una banda di ragazzine quasi bipolari e belligeranti, continuamente divise da fraintendimenti e omissioni di preziosi dettagli. La stessa Madoka, figura centrale della storia ma non della narrazione in senso stretto, è quasi costantemente in preda a dubbi e paure, quando non sconvolta dal pianto, il che è perfettamente in linea con gli atteggiamenti che ci si aspetterebbe da una quattordicenne catapultata in un mondo fantastico e terribile. Peccato che questa sua peculiarità si infranga contro la personalità apparentemente giudiziosa che ostenta in altre sequenze. Lo stesso si può dire per le sue compagne, amiche e rivali, alcune delle quali hanno caratterizzazioni psicologiche quanto mai schizofreniche. Unica sorprendente eccezione è Homura Akemi, un personaggio misterioso e affascinante: il breve arco narrativo che la vede protagonista è tragico e avvolgente nella sua oscurità, perennemente afflitto da un senso di ineffabile disperazione.

Il comparto tecnico è generalmente di buon livello: le animazioni sono piuttosto fluide e rendono bene nei vari combattimenti, coreografati con attenzione e contraddistinti da fragorosi effetti speciali.
Il design dei personaggi risulta piuttosto sgraziato, con corpi minuti su cui si innestano teste larghe e squadrate. Discretamente diversificate e curate sono, al contrario, le uniformi da battaglia delle Maghe, che identificano inequivocabilmente ogni ragazza. Buone le ambientazioni: la città in cui si svolge la vicenda è estesa e a tratti soverchiante nel suo essere surreale, dipinta con forti contrasti bicromatici e sui cui dettagli indugia più volte la camera. Interessanti da un punto di vista meramente progettuale sono anche la dimora dei Kaname e la scuola frequentata dalle protagoniste, certamente frutti della mente di un archistar a cui è stata data troppa carta bianca, ma non necessariamente disprezzabili. Il mondo parallelo in cui hanno luogo gli scontri con le Streghe, per aumentare il senso di disagio e orrore, punta tutto sul contrasto tra atmosfere e colori disturbanti e un bagaglio immaginifico bizzarro e quasi infantile, realizzato frequentemente con sagome di carta. Si viene così a creare un mondo pulsante e inquieto, ma anche eccessivamente confuso, in cui è difficile riconoscere e seguire le azioni che vi avvengono. Anche il design delle Streghe stesse e dei loro aiutanti è a volte troppo banale e deludente, se si tralasciano alcuni casi isolati più maestosi e riusciti.
Ottima la componente sonora, con OST sempre azzeccate (ending “Magia” delle Kalafina in particolare, eseguita anche all'interno dei vari episodi) e un doppiaggio italiano sufficientemente espressivo e coinvolgente, nonostante alcune voci siano troppo mature per interpretare delle ragazzine.
Menzione speciale per la regia, dominata da quelle che, per mancanza di un termine più adeguato e per ignoranza personale, devo obbligatoriamente chiamare “inquadrature interstiziali di discontinuità”: si tratta di brevissime riprese, a volte della durata di una manciata di secondi, in cui vengono mostrate le protagoniste che si voltano, che inclinano la testa, che agitano i piedi, o che abbassano lo sguardo, senza che venga aggiunto niente alla composizione della scena o alla costruzione della suspense, nonché in completo contrasto con quanto è possibile vedere subito prima e subito dopo questi inutili frame riempitivi.

Tirando le somme, “Puella Magi ★ Madoka Magica” è un tortuoso rollercoaster qualitativo, in grado di raggiungere alte vette emozionali e drammatiche e di affrontare argomenti spinosi in maniera brillante e seria per poi precipitare in stereotipi e scelte di dubbio buonismo, con personaggi che cambiano fronte senza apparente motivo, affetti da downgrade intellettivi e illogicità varie a seconda di quanto imponga la trama. E’ un anime che propone avversari mostruosi e invincibili e altri estremamente poco creativi ed essenziali, oltre a cinici burattinai spregiudicati e ingegnosi ma terribilmente sprovveduti.
E’ un prodotto che merita alcune lodi, ma che è attraversato da troppi difetti, sia tecnici che di sceneggiatura, troppo compiaciuto del suo essere edgy e delle tinte dark con cui ha macchiato il genere mahō shōjo, di cui raccoglie e manipola gli stilemi per presentarli al pubblico in una personale rielaborazione orrorifica.
Il risultato non è malvagio, ma pecca di inconsistenza: non basta cavalcare il contrasto tra elementi storicamente graziosi e positivi e altri oscuri e crudeli per realizzare un capolavoro.


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Tre stagioni dopo la messa in onda della prima parte, nell’autunno del 2009 arriva la seconda e ultima parte dedicata alla visual novel “White Album” dello studio Leaf. Naturalmente, la nuova serie riprende da dove quella precedente si era fermata, tant’è che le tredici puntate di cui è composta si possono considerare gli episodi 14-26.

Se la prima stagione si poteva considerare uno degli anime più confusi e malriusciti che abbia visto finora, questa “2nd season” non è da meno. La sceneggiatura, infatti, è rimasta pressoché invariata: come al solito, è piena di buchi e priva di senso logico. Il perché delle azioni dei personaggi rimane spesso senza spiegazione, così come le loro parole e i loro pensieri. L’unico aspetto che è andato via via scemando è la noia: questo perché è impossibile rimanere indifferenti, e non sentirsi il sangue ribollire delle vene, dinanzi alle stupidaggini poste in essere dal nostro caro protagonista. Anche il bel Touya, infatti, è leggermente cambiato rispetto alla prima serie, e purtroppo non in meglio: se in precedenza si poteva rintracciare almeno un briciolo di pudore e dignità nelle profondità più recondite del suo animo, nell’anime in questione il ragazzo ha proprio toccato il fondo ed è ormai diventato irrecuperabile. Ma, ovviamente, le ragioni che stanno dietro al suo comportamento non ci è dato conoscerle. Anzi, a dirla tutta, hanno cercato di giustificare le sue azioni con un riflesso pseudo-psicologico che non sta né in cielo né in terra e che è legato al misterioso flashback della sua infanzia che più volte ci hanno proposto. Il tutto accade negli ultimi due episodi, i quali cercano di chiudere in bellezza la faticata storia. Ma la conclusione, come ci si poteva aspettare, è in perfetto stile “White Album”: molto confusa e che, in realtà, non conclude un bel nulla. Se un finale aperto era appena accettabile per il tredicesimo episodio, lo stesso non si può dire per il ventiseiesimo. Non si capisce, infatti, come vada esattamente a finire e come si siano modificate le relazioni tra i vari comprimari. Evidentemente, neanche gli autori sapevano come ovviare, o almeno mettere un punto fermo, a tutto il caos che loro stessi avevano creato.
Il discorso sui personaggi, poi, non va tanto meglio. In questa “2nd season” abbiamo infatti conosciuto il lato più miserabile di persone come Eiji, Tamaru o Hiiragi; alcune ragazze (come Rina, ad esempio) che prima si potevano a malapena salvare, a questo giro mi sono completamente scadute; per finire, dell’approfondimento di gran parte del nostro splendido cast non si è vista neanche l’ombra (non che ci sperassi più di tanto, comunque). Dimenticavo che un’altra dea, ovvero Menou Matsuyama, si è aggiunta al folto gruppo. Come se i problemi non fossero già abbastanza.

Arriviamo al lato tecnico. Nella recensione della prima serie avevo detto che character design e animazioni facevano la spola tra il discreto e l’inguardabile. In questa nuova stagione è lo stesso, anche se potrei affermare che nei loro momenti migliori siano un tantino migliorati. In quelli peggiori, però, l’istinto di cavarsi gli occhi sopraggiunge sempre. Le OST sono rimaste le stesse, mentre abbiamo cambiato opening ed ending: la prima non regge il confronto con la stupenda “Shin’Ai”, mentre la nuova sigla di chiusura, “Akai Ito”, è stata davvero una bella sorpresa.

Tirando le somme, “White Album” non finisce nel migliore dei modi. A fare da padrone ci sono sempre una pessima sceneggiatura (un po’ il suo marchio di fabbrica) e dei personaggi alquanto malriusciti, tra cui ovviamente spicca l’irritante protagonista. Di lati positivi ce ne sono pochi: un buon comparto sonoro e alcuni retroscena sulla vita delle idol e delle case di produzione. Insomma, una serie che mi ha profondamente delusa: anche qui il voto è 4 e mezzo.