Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

Per saperne di più continuate a leggere.

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"Demi-chan wa Kataritai", o "Interview with Monster girls", se preferite l'inglese, è un anime di dodici episodi che ho iniziato senza particolare esaltazione. Questo è un anime come tanti, pensavo tra me e me; l'ho guardato in un momento di noia, dove non avevo altro con cui passare il tempo. E mi è piaciuto. O meglio, mi ha incuriosito.
Essenzialmente, i Demi sono esseri umani con caratteristiche che li rendono diversi dagli altri esseri umani; è come il tipico supereroe che sembra una persona normale ma che nasconde poteri più o meno micidiali, anche se qui non si parla di supereroi ma piuttosto di "mostri", mostri che tempo prima delle vicende dell'anime venivano perseguitati dagli uomini: miti, leggende e fiabe narrano il "male" che questi mostri rappresentano e la paura che provavano gli umani che avevano a che fare con loro, paura che veniva ereditata dalle generazioni successive. Piano piano, però, questa paura veniva scemando, i Demi venivano considerati semplicemente delle persone speciali, e attualmente esiste addirittura un dipartimento per la protezione e la salvaguardia dei Demi. Il protagonista non è un Demi, ma un professore di Biologia di un liceo che desidera comprendere i Demi, in quanto è un argomento di grande interesse per lui. Dopo aver conosciuto delle studentesse Demi, inizia una sorta di "sportello psicologico": ogni tanto vanno da lui nell'aula di Biologia per chiedere soluzioni ai loro problemi e lui in cambio acquisisce conoscenze sui Demi. E qui sta il punto forte dell'anime.
Ci sono moltissimi anime che parlano di mostri, e molti, soprattutto ultimamente, parlano della loro vita scolastica; nessuno di questi, tuttavia, e di questo ne sono sicuro, parla di come si sono formate le leggende, del perché esistono elementi ricorrenti come i vampiri che succhiano il sangue o odiano il sole, con rigore quasi scientifico. Ogni episodio riguarda un singolo Demi o più contemporaneamente, e il tempo passa scoprendo sempre nuove cose su di loro. Chiude il cerchio la presenza di studenti "normali" che rimangono spesso e volentieri in secondo piano, ma che rendono con i loro rapporti con i Demi tutta la storia più credibile.
L'unico punto debole personalmente credo che sia la scelta dei Demi: non ho nulla contro i dullahan e le donne delle nevi, ma non sono esattamente i mostri più comuni nelle leggende popolari; tuttavia credo che questo sia un problema "alla base", perché siccome i Demi non sono altro che esseri umani con tratti genetici diversi dalle persone normali, si escludono mostri come mummie e quello di Frankenstein, che, a causa del proprio essere rispettivamente un "morto tumefatto" e un "insieme di parti di corpi differenti", non sono assolutamente giustificabili come semplici modifiche al codice genetico. Consiglio quest'anime proprio a tutti coloro che amano cercare una spiegazione profonda e soprattutto credibile del mondo in cui si svolge una storia, oltre che seguire la storia stessa.
Chiudo con un passaggio veloce a opening e ending: la prima ha una bella musica orecchiabile, ma personalmente l'ho apprezzata di più per il cambiamento di una parte specifica da circa metà serie in poi; la seconda ha una musica piacevole che, unita alle immagini, dà allo spettatore il calore e la sensazione di protezione che il professor Takahashi e l'aula di Biologia donano ogni episodio alle Demi.

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Partiamo da questo presupposto: non sono un'amante dei Boys love e neanche di Setona Mizushiro. Delle sue opere avevo letto solo After school nightmare che mi aveva lasciata un po' indifferente, perciò non avrei mai e poi mai comprato un altro suo manga, ma questo mi è stato consigliato talmente caldamente che non ho potuto farmelo sfuggire, e ho fatto bene.

Il gioco del gatto e del topo racconta di un uomo con l'abitudine di tradire la propria moglie, che un giorno viene fermato dal detective privato assunto dalla moglie, per metterlo in guardia: egli è proprio Wataru, suo ex compagno di università, storicamente innamorato a senso unico di lui. Così il protagonista si trova costretto a divorziare dalla moglie, e nel frattempo Wataru inizia a tampinarlo sempre di più... piano piano Kyoichi inizia a vacillare e a fare i conti con il vero sè stesso... Non è che con le donne gli è sempre andata male perchè il realtà è gay? Ovviamente Kyoichi non vuole arrendersi così facilmente a questa evidenza, e pur di non far crollare le sue certezze inizia a giustificarsi in tutti i modi possibili: è colpa di Wataru, è lui che lo sta portando sulla "cattiva strada", oppure no?

Setona Mizushiro ci racconta con estrema eleganza dei dubbi di Kyoichi, che per la prima volta nella sua vita fa i conti con la propria sessualità, e soprattutto con l'amore, presentandoci due protagonisti assolutamente opposti: Kyoichi è egoista, per molti versi crudele e indeciso, pensa solo a sè stesso, senza preoccuparsi mai di ferire gli altri.
Wataru invece è passionale, innamorato fino a stare male di Kyoichi da una vita intera, e tuttavia i suoi sentimenti forse sono destinati a non essere mai ricambiati del tutto.

La Mizushiro delinea una psicologia dei personaggi sottile e acuta, che non mancherà di deludere anche chi di solito non ama gli yaoi, perchè è un manga che fondamentalmente parla d'amore e di crescita personale.
I disegni sono assolutamente all'altezza della situazione: semplici, diretti, puliti, netti, ma mai spogli, sempre efficaci e ben delineati.

La Kappa edizioni/Ronin manga ne ha presentate due edizioni, la prima comprendente i due volumi (da quello che ho capito originariamente il manga era composto di un volume solo, ma poi la Mizushiro ne ha fatto un altro volume come seguito, che tuttavia non è affatto superfluo visto che completa la storia, che può quindi considerarsi una serie di 2 volumi) e una ristampa, della quale però finora hanno pubblicato solo il primo volume, intendendo il secondo come "superfluo" o comunque un "seguito" diverso dall'opera originale. Boh.

Insomma, il mio consiglio è: cercate assolutamente di recuperare l'edizione in due volumi (o il primo e unico volume di ristampa e il secondo della vecchia edizione, in quando il primo volume della vecchia serie e quello della ristampa sono identici- lo so perchè non ho restisto e li ho comprati entrambi!) perchè Il gioco del gatto e del topo ha veramente tutto ciò che un manga per adulti dovrebbe avere.

9.0/10
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"Dennou Coil", classe 2007, rappresenta l'esordio alla regia, in seno allo studio Madhouse, del talentuoso e stimato animatore Mitsuo Iso (se si esclude la direzione di un episodio di "RahXephon"), al quale va attribuita anche la paternità del soggetto. Sicuramente deve aver fatto tesoro di tutte le esperienze a fianco di stimati autori (avendo avuto la chance di lavorare al fianco di Oshii, Anno e altri) e i risultati sono più che evidenti in quest'opera.
Apparentemente, “Dennou Coil”, a causa della tenera età del suo cast, potrebbe essere scambiato per un'opera disimpegnata e leggera, ma in realtà risulta molto ben costruita e con un certo grado di complessità (e maturità). Quindi necessita della dovuta attenzione, senza però risultare affatto pesante per merito di intelligenti espedienti, utilizzati sapientemente dall'autore, per trasformare le frivolezze della prima adolescenza in avvenimenti interessanti (e a tratti esilaranti, come avrete modo di constatare).

È necessario fare un discreto preambolo per parlare del soggetto dell'opera, in quanto Iso ha messa parecchia carne al fuoco sin dalle primissime battute. Nel mondo di “Dennou Coil”, il quale è grossomodo analogo al nostro, sono stati introdotti da pochissimi anni degli speciali occhiali per la realtà aumentata (elemento che fornisce un connotato lievemente cyberpunk all'opera) che permettono di interfacciarsi con un mondo virtuale completamente sovrapposto a quello reale.
Il mondo visto attraverso gli occhiali è ovviamente analogo a quello vero (in fondo parliamo di realtà aumentata, e non di realtà virtuale), ma questi dispositivi permettono di interfacciarsi con gli spazi virtuali creati dall'agenzia che li commercializza, di connettersi alla sua rete per ottenere informazioni e di poter vedere e gestire i propri “pet”, animali domestici virtuali dal comportamento analogo a quelli reali (senza contare che possono essere particolarmente utili in certe professioni, come ad esempio quelle mediche).
Ma ovviamente non ci si limita a questo, in quanto nella città di Daikoku, ove è ambientata l'opera, hanno luogo delle tanto peculiari quanto bizzarre anomalie: quest'area, stranamente, presenza una elevata quantità di spazi virtuali non aggiornati e a volte parzialmente corrotti, detti “spazi obsoleti”, dai quali si possono estrarre degli agglomerati di dati a forma di ciottoli, i “meta-bug”, che fungono sia da valuta di scambio tra i giovanissimi, sia come materiale per creare codici complessi.

Ed è in questa Daikoku che si muovono le due protagoniste indiscusse dell'opera, entrambe giovani ragazze di nome Yuuko, che si ritroveranno invischiate in una storia molto più complessa di quanto potessero preventivare.
La prima, Okonogi Yuuko (soprannominata Yasako ovvero “ragazza gentile”), si è appena trasferita nella città, andando ad abitare dalla nonna (un'espertissima hacker, soprannominata Megabaa, che è anche una commerciante di codici non del tutto legali ed è a capo dell'informale agenzia “Coil” che investiga sulle anomalie del mondo virtuale).
La seconda, Amasawa Yuuko (soprannominata Isako, ovvero ragazza coraggiosa), appare subito come una capacissima e alquanto arrogante encoder (un hacker in grado di scrivere e manipolare codici particolarmente complessi) alla spericolata ricerca di particolari meta-bug, i “kira-bug”, per scopi misteriosi. Abbiamo dunque il tipico duo di protagoniste con caratteri diametralmente diversi, le quali, a causa di alcuni avvenimenti e del coinvolgimento del resto del cast, incroceranno i loro destini più e più volte fino a uno splendido finale.

Se le due ragazze risultano ben caratterizzate, va anche detto che il resto dei personaggi non è certo da meno, ovviamente con i dovuti distinguo riguardanti al ruolo.
Yasako si presenta ben inserita nel suo ambiente familiare, e perciò tramite essa impareremo a conoscere i suoi cari, che rimarranno invischiati nelle peripezie dell'opera, ovvero la già citata Megabaa, il padre, la sorellina minore Kyouko e l'immancabile “pet” di famiglia, ovvero Densuke. Ognuno di loro avrà un ruolo nella storia proporzionale alla presenza negli episodi.
Al contrario, di Isako non si sa molto, e solo durante la storia verremo a scoprire qualcosa della sua condizione familiare e delle sue relazioni. Ma questo non dovrebbe sorprendere, visto che il suo carattere schivo non la porta certo a socializzare volentieri.
Il maggior punto di contatto fra le due è, almeno nelle battute iniziali, la scuola, dove viene presentata la maggior parte dei gruppetti di ragazzini che saranno partecipi della maggior parte di peripezie nell'opera: questi sono essenzialmente il gruppetto di Daichi, dei ragazzi che sognano di diventare encoder, e quello di Fumie, prima amica di Yasako e membro dell'agenzia Coil.
In seguito, si aggiungeranno nuovi personaggi, e alcuni di loro avranno un'importanza fondamentale nella storia.
Come si può constatare, ci troviamo di fronte a un cast discretamente ampio, e il suo utilizzo oculato, unito a un approfondimento adeguato al ruolo di ciascun personaggio, rende questa componente una di quelle che incidono maggiormente nel successo di questo “Dennou Coil”.

Ma ovviamente non c'è solo questo a testimoniare la bontà dell'opera, visto che nessuna delle buone idee del soggetto è andata sprecata. Uno degli elementi sicuramente più notevoli dell'ambientazione è la sinergia fra folklore giapponese ed elementi sci-fi, talmente ottima che rasenta la perfezione.
Avremo dunque dei “codici” con la stessa forma dei talismani rettangolari shinto (gli O-fuda); i Satchi (unità virtuali deputate alla formattazione degli spazi obsoleti e alla rimozione dei software illegali e veri e propri “demoni” per i ragazzini portatori di occhiali) non potranno entrare nei templi, e così via. (Una piccola nota: ho trovato particolarmente divertente nonché dissacrante la motivazione delle limitazioni dei Satchi, che trasla un elemento di carattere religioso a un mero “conflitto di competenze").
E, in generale, tutta la prima parte dell'opera è intenta a “giocare” con le enormi potenzialità offerte dal setting. Dicendo questo però non voglio banalizzare tale sezione, in quanto va ammesso che tutti gli avvenimenti imbastiti nella prima parte, nonostante siano perlopiù schermaglie fra bambini denotate da toni freschi ed estremamente solari, sono comunque ammantate da quell'aura avventurosa tipica dell'infanzia/prima adolescenza (supportate dagli elementi sci-fi) e quindi per nulla noiose e molto piacevoli da vedere. E questo è anche merito di una regia decisamente competente, che sfrutta a dovere ogni sfumatura del soggetto per ricavare ottime scene d'azione anche da avvenimenti apparentemente triviali.
Ma in ogni caso il tempo non viene sprecato, in quanto vengono disseminati indizi e poste le basi per quello che avverrà nella seconda parte. E del resto vengono toccate anche tematiche complesse: una di esse, importantissima, ruota attorno al concetto di “realtà”. Cosa è reale? E cosa non lo è, in un mondo dove la realtà virtuale prende sempre più piede? Tale questione è sicuramente uno dei perni di “Dennou Coil” e rende quest'opera ancora più valida, attuale e lungimirante, vista anche l'evoluzione dei mezzi telematici e dei loro device.
Se invece vogliamo trovare un vero punto debole, si potrebbe parlare della modesta parte centrale, che presenta una serie di episodi riempitivi che non hanno uno scopo ben preciso e fanno da spartiacque fra le due sezioni. Fortunatamente queste brevi storie autoconclusive non sono di basso livello, e ce n'è una in particolare, quella delle barbe, che è uno degli episodi di intermezzo migliori e più divertenti che io abbia mai visto. Quindi anche la parte “debole” dell'anime in questione ha i suoi meriti e si fa sicuramente valere.
Superati questi pochi episodi, ci si addentra nella seconda parte dell'opera, la quale assume toni ben più seri, che coinvolgono il passato di Isako e alcuni avvenimenti tragici presenti nel passato di alcuni personaggi. Qui si osserva anche un'accentuazione della tematiche precedentemente citate, ovvero sinergia la fra cyberspazio e folklore nonché della labilità del concetto di “realtà”, sfociando in una fusione fra misticismo e sci-fi tipica di alcune grandi produzioni degli anni precedenti a quest'opera (e questo non dovrebbe sorprendere, visti gli autori con cui Iso è entrato in contatto). Il finale è caratterizzato dal costante climax dovuto a tutte le questioni aperte che convergono e riesce a sfruttare in modo più che soddisfacente tutti gli elementi introdotti nell'opera e a catturare lo spettatore come solo poche opere, quelle vicine al concetto di “capolavoro”, sanno fare. E non deve essere stato un risultato facile da ottenere: uno dei rischi maggiori poteva consistere in un'impennata troppo repentina e esagerata degli eventi, ma con il susseguirsi delle puntate è possibile constatare come tutti i pezzi del puzzle vadano al suo posto, segno di una storia sì complessa, ma ben costruita e ben narrata. Anche l'evoluzione psicologica dei personaggi è, in questo frangente, davvero riuscitissima e rappresenta il culmine di maturazione di due protagoniste molto diverse ma unite da un saldo e forte rapporto costruito sulle peripezie e sulle disavventure vissute. Al di la del finale della storia in sé e della sua validità, l'evoluzione delle due ragazze (Isako in particolare, sulla quale è maggiormente incentrata la seconda parte dell'opera) è sicuramente una delle componenti di maggior merito delle battute conclusive.

Il comparto tecnico è veramente ottimo, ed era difficile aspettarsi di meno sapendo chi c'era dietro al progetto: le animazioni sono fluide e costanti, i fondali sono piacevoli e pure la computer grafica, punto debole delle produzioni di quel periodo, è ben centellinata e usata con perizia (merito anche della riuscita intuizione di usarla prevalentemente per ciò che era virtuale anche nell'anime stesso). L'opera, dal punto di vista grafico, è un vero piacere per gli occhi. Ma anche il comparto audio non è da meno, con una colonna sonora ottima e in grado di supportare ottimamente ogni tipologia di avvenimento, spaziando dalle parti più spensierate a quelle più serie e drammatiche.
Notevoli e suggestive sono le sigle, in grado di colpire con la loro delicatezza.

"Dennou Coil" è, in definitiva, una piccola perla, un'opera in grado di colpire sia per la sua solarità, sia per la sua serietà e perizia nell'introdurre e sviluppare argomenti affatto banali. La sua costruzione magistrale dell'intreccio, capace di sfruttare appieno un ottimo soggetto, e dei personaggi, che risultano ben ponderati senza mai esulare dalla psicologia tipica della loro età, la eleva a una delle migliori opere del suo periodo. Questa è un'opera consigliata a tutti, ed è un'opera a cui tutti dovrebbero dare una chance, in quanto il livello raggiunto è tale che non è sbagliato pensare di essere di fronte a un capolavoro. Da vedere.