Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
Per saperne di più continuate a leggere.
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Tokyo Godfathers
8.5/10
Recensione di DarkSoulRead
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Satoshi Kon è un pilastro dell'animazione giapponese, la sua prematura scomparsa ha lasciato un vuoto che sarà difficilmente colmato da altri registi. Lo stile onirico e visionario farcito spesso da sceneggiature complesse e intricate ha reso Kon uno degli autori più stimati di tutto il Sol Levante. "Tokyo Godfathers" è strutturalmente forse tra i più semplici dei suoi film, nonostante ciò figura tra le sue opere più amate e apprezzate anche fuori dal Giappone.
Un gruppetto composto da tre barboni nella notte di Natale trova una neonata rovistando tra i rifiuti. I tre, nonostante le ovvie difficoltà, accudiranno amorevolmente la piccola e percorreranno in lungo e in largo un'innevata Tokyo alla ricerca dei suoi genitori. Il terzetto è formato da: Hana, un simpatico e teatrale travestito con un grande istinto materno; Gin, un alcolista dal passato doloroso che si nasconde nelle sue bugie; ed infine Myuki, una giovanissima ragazza scappata di casa a causa del rapporto conflittuale con i genitori. La triade costituisce una sorta di buffa famiglia non convenzionale, tant'è che faranno rispettivamente da madre, padre, e sorella alla trovatella.
Nonostante il film si presenti come una commedia natalizia, gli argomenti trattati sono piuttosto spinosi. I senzatetto, l'omosessualità, l'abbandono sono tutti temi che il cineasta affronta con un certo tatto, levigandoli con una frizzante ironia e un velo di grottesco, senza rinunciare a far denuncia sociale. I mirabolanti personaggi sono la colonna portante dell'opera, e impreziosiscono una storia ritmata, che nella sua semplicità funziona alla perfezione, almeno nella prima metà. I continui ed esagerati colpi di scena finali minano secondo me una narrativa che non necessitava tali esagerazioni, inficiando una pellicola che resta comunque estremamente godibile.
Dal punto di vista tecnico il lavoro svolto è tutto sommato buono, anche se le espressioni incredibilmente curate e realistiche non bastano a nascondere una produzione low budget. Fatto che si nota soprattutto nei rari casi in cui ci sono molti personaggi su schermo. La regia è pirotecnica, ricercata, in perfetto stile Kon. Ciò che non convince è il comparto sonoro, vero e proprio tallone d'Achille della produzione.
"Tokyo Godfathers" è una commedia atipica che vi conquisterà con la sua satira e i suoi risvolti drammatici. Un piccolo capolavoro, vibrante ed originale, che consiglio a tutti i fan di Kon e dell'animazione in generale.
Voto: 8,5
Un gruppetto composto da tre barboni nella notte di Natale trova una neonata rovistando tra i rifiuti. I tre, nonostante le ovvie difficoltà, accudiranno amorevolmente la piccola e percorreranno in lungo e in largo un'innevata Tokyo alla ricerca dei suoi genitori. Il terzetto è formato da: Hana, un simpatico e teatrale travestito con un grande istinto materno; Gin, un alcolista dal passato doloroso che si nasconde nelle sue bugie; ed infine Myuki, una giovanissima ragazza scappata di casa a causa del rapporto conflittuale con i genitori. La triade costituisce una sorta di buffa famiglia non convenzionale, tant'è che faranno rispettivamente da madre, padre, e sorella alla trovatella.
Nonostante il film si presenti come una commedia natalizia, gli argomenti trattati sono piuttosto spinosi. I senzatetto, l'omosessualità, l'abbandono sono tutti temi che il cineasta affronta con un certo tatto, levigandoli con una frizzante ironia e un velo di grottesco, senza rinunciare a far denuncia sociale. I mirabolanti personaggi sono la colonna portante dell'opera, e impreziosiscono una storia ritmata, che nella sua semplicità funziona alla perfezione, almeno nella prima metà. I continui ed esagerati colpi di scena finali minano secondo me una narrativa che non necessitava tali esagerazioni, inficiando una pellicola che resta comunque estremamente godibile.
Dal punto di vista tecnico il lavoro svolto è tutto sommato buono, anche se le espressioni incredibilmente curate e realistiche non bastano a nascondere una produzione low budget. Fatto che si nota soprattutto nei rari casi in cui ci sono molti personaggi su schermo. La regia è pirotecnica, ricercata, in perfetto stile Kon. Ciò che non convince è il comparto sonoro, vero e proprio tallone d'Achille della produzione.
"Tokyo Godfathers" è una commedia atipica che vi conquisterà con la sua satira e i suoi risvolti drammatici. Un piccolo capolavoro, vibrante ed originale, che consiglio a tutti i fan di Kon e dell'animazione in generale.
Voto: 8,5
Pandora Hearts
9.0/10
"Padora Hearts" è un manga del 2006 dell'artista giapponese Jun Mochizuki.
La vicenda ruota attorno a Oz Vessalius, giovane rampollo di una delle quattro grandi famiglie ducali, il quale durante la cerimonia per il passaggio alla maggiore età vedrà comparire delle misteriose figure incappucciate, che lo getteranno in "Abyss", una dimensione oscura e inquietante. Qui conoscerà Alice, che lo aiuterà a tornare al mondo reale, dove però nel frattempo sono passati dieci anni. Da questo momento inizia la ricerca di Oz per scoprire la verità su Abyss e sul suo passato.
Già dalla lettura del primo volume, si colgono i pilastri su cui quest'opera si regge: fittissima presenza di misteri; enorme mole di personaggi; abbondanza di colpi di scena; umorismo che alleggerisce la tensione; momenti di riflessione più profonda.
Ebbene, quello che bisogna capire di "Pandora Hearts" è che per leggerlo ci vuole pazienza. Pazienza, non perché la storia sia noiosa - al contrario - ma perché le verità vengono fuori in maniera "irregolare": per molti volumi vengono distillate pazientemente, fino a raggiungere dei climax che hanno il sapore di un fiume in piena. Questo può a volte disorientare il lettore, che deve essere concentrato e "sul pezzo" o rischia di perdersi degli snodi fondamentali nella trama.
Tuttavia, se la pazienza non vi manca, il gioco varrà la candela: la storia non è mai banale e gli sviluppi danno vita ad un intrigo che è impossibile comprendere fin dall'inizio. Pensate ad un puzzle, o meglio ancora ad un mosaico: se avrete la tenacia di mettere al suo posto ogni singolo tassello, il risultato finale sarà spettacolare.
Questo anche perché una trama di per sé ottima e supportata da personaggi altrettanto solidi. Non vi fate ingannare: anche il character apparentemente più scialbo non è affatto sciocco come sembra e persino quella che può apparirvi come un'inutile comparsa ha un ruolo fondamentale nella storia. Possiamo dire che uno dei meriti principali che l'autrice ha è quello di costruire dei personaggi "veri", non delle macchiette, nessuno dei quali è inutile o superfluo. E difatti, molti saranno i momenti intervallati da simpatici siparietti tra i protagonisti o dalle loro riflessioni. Con riferimento a queste ultime, a volte si cade nello smielato, ma complessivamente sono ben fatte: la potenza emotiva è notevole.
Quanto al disegno, lo stile di un mangaka è molto soggettivo, ma mi pare di poter dire senza tema di smentita che il livello è molto alto. Sono doverosi però due appunti:
1) Quando ad esprimersi è un solo personaggio (quindi è l'unico a comparire sulla tavola), può risultare a volte difficile capire di chi si tratti. Credo che l'autrice, in questi casi, dovrebbe sottolinearne meglio i particolari, onde evitare confusione;
2) L'assenza di balloon o di punte nel balloon può far risultare a volte ostico l'individuazione del parlante.
Bella, infine, l'edizione Star Comics, che come al solito si caratterizza per un buon rapporto qualità-prezzo ed un eccellente lavoro di traduzione. Peccato che molte pagine a colori siano in bianco e nero.
Concludendo, se siete alla ricerca di un manga ricco di colpi di scena, ma anche impegnativo e profondo (in questo secondo aspetto, molto femminile), "Pandora Hearts" rappresenta certamente uno dei migliori prodotti sul mercato. Leggetelo e non ve ne pentirete.
La vicenda ruota attorno a Oz Vessalius, giovane rampollo di una delle quattro grandi famiglie ducali, il quale durante la cerimonia per il passaggio alla maggiore età vedrà comparire delle misteriose figure incappucciate, che lo getteranno in "Abyss", una dimensione oscura e inquietante. Qui conoscerà Alice, che lo aiuterà a tornare al mondo reale, dove però nel frattempo sono passati dieci anni. Da questo momento inizia la ricerca di Oz per scoprire la verità su Abyss e sul suo passato.
Già dalla lettura del primo volume, si colgono i pilastri su cui quest'opera si regge: fittissima presenza di misteri; enorme mole di personaggi; abbondanza di colpi di scena; umorismo che alleggerisce la tensione; momenti di riflessione più profonda.
Ebbene, quello che bisogna capire di "Pandora Hearts" è che per leggerlo ci vuole pazienza. Pazienza, non perché la storia sia noiosa - al contrario - ma perché le verità vengono fuori in maniera "irregolare": per molti volumi vengono distillate pazientemente, fino a raggiungere dei climax che hanno il sapore di un fiume in piena. Questo può a volte disorientare il lettore, che deve essere concentrato e "sul pezzo" o rischia di perdersi degli snodi fondamentali nella trama.
Tuttavia, se la pazienza non vi manca, il gioco varrà la candela: la storia non è mai banale e gli sviluppi danno vita ad un intrigo che è impossibile comprendere fin dall'inizio. Pensate ad un puzzle, o meglio ancora ad un mosaico: se avrete la tenacia di mettere al suo posto ogni singolo tassello, il risultato finale sarà spettacolare.
Questo anche perché una trama di per sé ottima e supportata da personaggi altrettanto solidi. Non vi fate ingannare: anche il character apparentemente più scialbo non è affatto sciocco come sembra e persino quella che può apparirvi come un'inutile comparsa ha un ruolo fondamentale nella storia. Possiamo dire che uno dei meriti principali che l'autrice ha è quello di costruire dei personaggi "veri", non delle macchiette, nessuno dei quali è inutile o superfluo. E difatti, molti saranno i momenti intervallati da simpatici siparietti tra i protagonisti o dalle loro riflessioni. Con riferimento a queste ultime, a volte si cade nello smielato, ma complessivamente sono ben fatte: la potenza emotiva è notevole.
Quanto al disegno, lo stile di un mangaka è molto soggettivo, ma mi pare di poter dire senza tema di smentita che il livello è molto alto. Sono doverosi però due appunti:
1) Quando ad esprimersi è un solo personaggio (quindi è l'unico a comparire sulla tavola), può risultare a volte difficile capire di chi si tratti. Credo che l'autrice, in questi casi, dovrebbe sottolinearne meglio i particolari, onde evitare confusione;
2) L'assenza di balloon o di punte nel balloon può far risultare a volte ostico l'individuazione del parlante.
Bella, infine, l'edizione Star Comics, che come al solito si caratterizza per un buon rapporto qualità-prezzo ed un eccellente lavoro di traduzione. Peccato che molte pagine a colori siano in bianco e nero.
Concludendo, se siete alla ricerca di un manga ricco di colpi di scena, ma anche impegnativo e profondo (in questo secondo aspetto, molto femminile), "Pandora Hearts" rappresenta certamente uno dei migliori prodotti sul mercato. Leggetelo e non ve ne pentirete.
Mawaru Penguindrum
7.5/10
“Mawaru Penguindrum” è una serie televisiva d’animazione giapponese del 2011, costituita da ventiquattro episodi di durata canonica e ideata e diretta da Kunihiko Ikuhara. L’anime è stato portato in Italia da Dynit e trasmesso su Rai4.
Trama: in una fatiscente casetta, le cui pareti esterne sono rivestite da lamiere multicolori, vive la famiglia Takakura, composta dai due fratelli gemelli Shouma e Kanba, di sedici anni, e dalla loro cagionevole sorellina Himari, che di anni ne ha tredici ed è affetta da una malattia incurabile.
Dopo averne scoperto la brevissima aspettativa di vita, i due decidono di portare la ragazza all'acquario, luogo cui lei è particolarmente affezionata poiché carico di dolci memorie. Qui Himari collassa e, nonostante la disperata corsa in ospedale, muore, per poi resuscitare grazie ai misteriosi poteri di un copricapo a forma di pinguino. La rediviva Himari, posseduta da una qualche entità sovrannaturale con la passione per la teatralità che ne tiene in ostaggio la vita, intima a Shouma e Kanba di recuperare il Penguindrum, un manufatto non meglio identificato, assistiti da tre adorabili pinguini tuttofare che solo i Takakura possono vedere.
Iniziando la visione di questa serie, si rende immediatamente evidente la necessità di mantenere una soglia piuttosto elevata di sospensione dell’incredulità: molti degli eventi mostrati nel corso delle puntate non seguono le regole del nostro mondo, né fisiche, né logiche: una giovane letteralmente risorta dall'oltretomba non diviene oggetto di studi medici né viene tenuta sotto osservazione, ma le viene, anzi, concesso di tornare tranquillamente a casa; le forze dell’ordine, nonostante aggressioni e ferimenti, sono praticamente inesistenti; nessuno si chiede come un trio di fratelli non maggiorenni riesca a sostenersi economicamente senza l’aiuto di un adulto. Queste discrepanze con la realtà sono spesso sorvolabili, ma in alcuni casi emergono come veri e propri buchi di trama, della quale inficiano il godimento.
Sono ovviamente esclusi da questa critica i vari elementi fantastici, della cui effettiva esistenza si è a tratti portati a dubitare, a causa di una certa indecisione se trattarli alla stregua di analogie, frutti dell’immaginazione o sogni, ma la cui presenza, fin dal principio, si rivela innegabile.
Il destino è indubbiamente la tematica cardine attorno alla quale ruota tutto l’anime: in una serie in cui il simbolismo abbonda, nessuna metafora è più adeguata della metropolitana, elemento fondamentale per la trama, con le sue tempistiche ben scandite e le differenti linee, che si allontanano, si intersecano e corrono parallele. E’ l’unico mezzo che i protagonisti usano, i suoi tornelli e i suoi tabelloni elettronici sono presenti nelle transizioni da una scena all'altra e nei flashback, le comparse sono rappresentate dagli omini stilizzati della sua segnaletica. Che se ne ami il concetto o che se ne odi anche solo la possibile esistenza, il destino è interpretato come un percorso predefinito, con un inizio e una fine a cui apparentemente nessuno può opporsi. Solo pochi prescelti hanno la possibilità di cambiare binario.
Un tale focus genera poi discussioni subordinate ma non meno importanti sul valore delle decisioni che ciascun individuo prende ogni giorno della propria vita, sul significato di quest’ultima, sul perché alcune persone nascano provviste di tutto e altre provviste di nient’altro che dolore e miseria.
Tra i protagonisti, c’è chi maledice il fato crudele e un mondo ingiusto e chi invece si aggrappa strenuamente alle pagine di un libro già scritto, sperando di raggiungere così la massima realizzazione personale. Lo stesso cast, fortunatamente non troppo vasto, è costituito da attori le cui storie sono doppiamente interlacciate tra loro dal filo rosso del destino, che annulla ogni coincidenza e fornisce continuamente l’impressione che, dietro le quinte dell’universo, si celi un inquietante burattinaio.
Con contenuti di una simile portata, la trama non poteva che essere intrigante e carica di significati. L’intreccio è subito confuso e insondabile e ricorre sovente all'utilizzo di passaggi avanti e indietro nel tempo per mostrare cosa sia accaduto nelle vite dei protagonisti e cosa ne abbia condizionato le scelte, che si tratti di salti di anni o di pochi minuti. La narrazione è volutamente ermetica e misteriosa, forse anche troppo: molte sequenze, specie le più allegoriche, anziché offrire molteplici possibilità di interpretazione, ne forniscono solo una: quella di Ikuhara. Lo spettatore può solo sperare di averne colto il giusto senso, per non essere lasciato totalmente all'oscuro e perdersi tra i numerosi sviluppi e rivelazioni, in balia dell’apparente esigenza del regista di dimostrarsi visionario a tutti i costi.
Nondimeno, ci si lascia facilmente risucchiare all'interno della storia e coinvolgere dalle sue figure principali, trascinati dai commoventi drammi e dalle esilaranti gag.
I personaggi e i rapporti che instaurano tra di loro sono caratterizzati sufficientemente bene, con momenti di approfondita analisi psicologica che ne svelano i pensieri, le paure, i desideri e, soprattutto, le ossessioni: molti di essi sono afflitti da tragici trascorsi e conducono la propria vita mossi unicamente da un chiodo fisso, che sia la paura per la perdita di una persona cara, il costante senso di inadeguatezza, il timore dell'abbandono, la vendetta.
A questo proposito, l’amore reciproco tra Kanba, Shouma e Himari, per quanto emozionante, intenso e carico di pura devozione, manifesta rapidamente sentimenti egoistici e possessivi: a più riprese si evince come gli sforzi dei gemelli di mantenere in vita la propria sorellina siano più legati alla loro impossibilità di stare senza di lei che al suo intrinseco benessere, al punto da lasciar quasi sempre da sola una dolcissima ragazza che non desidera altro che passare più tempo possibile con i propri famigliari e che è già venuta a patti con la propria sorte, mettendone così la felicità in secondo piano (nonostante i reiterati "Ricordati che tutto questo è per il bene di Himari"). Anche il ricorso ad alcune frasi (“Ridammela!”, anziché un più accettabile “Lasciala andare!”) rafforza questa idea.
Un aspetto fortemente negativo è anche la rapidità con cui personaggi apparentemente fermi nelle proprie convinzioni cambino fronte e opinioni: se in alcuni casi questo può essere inquadrato in un'ottica di sorpresa e colpi di scena, in altri casi pare che l’autore abbia semplicemente deciso di piegare la volontà delle persone coinvolte per fini narrativi.
Il comparto tecnico è interamente al servizio della storia e riveste un ruolo primario all'interno di essa, anziché di semplice abbellimento e supporto: le animazioni sono estremamente curate e fluide; le ambientazioni, fedeli riproduzioni di luoghi reali o rappresentazioni allucinate e impressionanti degli anfratti più reconditi della mente dei protagonisti, sono ricche di dettagli e suggestive; il character design, sebbene affetto da numerosi cali grafici e incline a ipersessualizzare alcuni personaggi e situazioni, soprattutto in termini di nudità e insoliti capi di vestiario, è ben particolareggiato, gradevole ed elegante, spesso ispirato al tratto classico degli shoujo storici, che non esita a parodiare in alcuni siparietti; i colori sono vivi e sgargianti, rendendo tutta la serie un autentico carnevale caleidoscopico; la computer grafica si sposa mirabilmente con l’animazione tradizionale, rimanendo visibile senza essere invadente.
Grande attenzione è prestata alla colonna sonora, con sigle di apertura e chiusura orecchiabili e altrettanto piacevoli brani intermedi, alcuni dei quali ricorrenti, poiché associati ad intere sequenze ripetute, altra caratteristica tipica dell’anime. Il doppiaggio italiano è ottimo e regala grandi interpretazioni, su cui spicca senz'altro quella straordinaria di Massimo Lodolo, seducente e misurato allo stesso tempo.
“Mawaru Penguindrum” stupisce per essere graficamente flamboyant ed esagerato e per una regia sopra le righe, ma pecca per una narrazione ridondante, fin troppo oscura e qualitativamente altalenante, che alterna momenti faceti ad altri ben più impegnati e che non sempre riesce a gestire il ritmo con efficacia. Lo stesso dicasi per i suoi personaggi e per alcuni loro atteggiamenti, a volte immotivati o inconsistenti. Argomenti importanti come l’abuso sui minori o la scissione di nuclei famigliari sono nella maggior parte dei casi trattati con sorprendente delicatezza, ma anche qui non mancano scelte stilistiche di dubbio gusto.
Ciononostante, il simbolismo e le potenti metafore utilizzate sono incredibilmente affascinanti e riescono a immergere perfettamente lo spettatore nell'atmosfera straniante e variopinta della serie.
Si tratta di un'opera degna di almeno un paio di visioni, per esplorarne le varie chiavi di lettura.
Trama: in una fatiscente casetta, le cui pareti esterne sono rivestite da lamiere multicolori, vive la famiglia Takakura, composta dai due fratelli gemelli Shouma e Kanba, di sedici anni, e dalla loro cagionevole sorellina Himari, che di anni ne ha tredici ed è affetta da una malattia incurabile.
Dopo averne scoperto la brevissima aspettativa di vita, i due decidono di portare la ragazza all'acquario, luogo cui lei è particolarmente affezionata poiché carico di dolci memorie. Qui Himari collassa e, nonostante la disperata corsa in ospedale, muore, per poi resuscitare grazie ai misteriosi poteri di un copricapo a forma di pinguino. La rediviva Himari, posseduta da una qualche entità sovrannaturale con la passione per la teatralità che ne tiene in ostaggio la vita, intima a Shouma e Kanba di recuperare il Penguindrum, un manufatto non meglio identificato, assistiti da tre adorabili pinguini tuttofare che solo i Takakura possono vedere.
Iniziando la visione di questa serie, si rende immediatamente evidente la necessità di mantenere una soglia piuttosto elevata di sospensione dell’incredulità: molti degli eventi mostrati nel corso delle puntate non seguono le regole del nostro mondo, né fisiche, né logiche: una giovane letteralmente risorta dall'oltretomba non diviene oggetto di studi medici né viene tenuta sotto osservazione, ma le viene, anzi, concesso di tornare tranquillamente a casa; le forze dell’ordine, nonostante aggressioni e ferimenti, sono praticamente inesistenti; nessuno si chiede come un trio di fratelli non maggiorenni riesca a sostenersi economicamente senza l’aiuto di un adulto. Queste discrepanze con la realtà sono spesso sorvolabili, ma in alcuni casi emergono come veri e propri buchi di trama, della quale inficiano il godimento.
Sono ovviamente esclusi da questa critica i vari elementi fantastici, della cui effettiva esistenza si è a tratti portati a dubitare, a causa di una certa indecisione se trattarli alla stregua di analogie, frutti dell’immaginazione o sogni, ma la cui presenza, fin dal principio, si rivela innegabile.
Il destino è indubbiamente la tematica cardine attorno alla quale ruota tutto l’anime: in una serie in cui il simbolismo abbonda, nessuna metafora è più adeguata della metropolitana, elemento fondamentale per la trama, con le sue tempistiche ben scandite e le differenti linee, che si allontanano, si intersecano e corrono parallele. E’ l’unico mezzo che i protagonisti usano, i suoi tornelli e i suoi tabelloni elettronici sono presenti nelle transizioni da una scena all'altra e nei flashback, le comparse sono rappresentate dagli omini stilizzati della sua segnaletica. Che se ne ami il concetto o che se ne odi anche solo la possibile esistenza, il destino è interpretato come un percorso predefinito, con un inizio e una fine a cui apparentemente nessuno può opporsi. Solo pochi prescelti hanno la possibilità di cambiare binario.
Un tale focus genera poi discussioni subordinate ma non meno importanti sul valore delle decisioni che ciascun individuo prende ogni giorno della propria vita, sul significato di quest’ultima, sul perché alcune persone nascano provviste di tutto e altre provviste di nient’altro che dolore e miseria.
Tra i protagonisti, c’è chi maledice il fato crudele e un mondo ingiusto e chi invece si aggrappa strenuamente alle pagine di un libro già scritto, sperando di raggiungere così la massima realizzazione personale. Lo stesso cast, fortunatamente non troppo vasto, è costituito da attori le cui storie sono doppiamente interlacciate tra loro dal filo rosso del destino, che annulla ogni coincidenza e fornisce continuamente l’impressione che, dietro le quinte dell’universo, si celi un inquietante burattinaio.
Con contenuti di una simile portata, la trama non poteva che essere intrigante e carica di significati. L’intreccio è subito confuso e insondabile e ricorre sovente all'utilizzo di passaggi avanti e indietro nel tempo per mostrare cosa sia accaduto nelle vite dei protagonisti e cosa ne abbia condizionato le scelte, che si tratti di salti di anni o di pochi minuti. La narrazione è volutamente ermetica e misteriosa, forse anche troppo: molte sequenze, specie le più allegoriche, anziché offrire molteplici possibilità di interpretazione, ne forniscono solo una: quella di Ikuhara. Lo spettatore può solo sperare di averne colto il giusto senso, per non essere lasciato totalmente all'oscuro e perdersi tra i numerosi sviluppi e rivelazioni, in balia dell’apparente esigenza del regista di dimostrarsi visionario a tutti i costi.
Nondimeno, ci si lascia facilmente risucchiare all'interno della storia e coinvolgere dalle sue figure principali, trascinati dai commoventi drammi e dalle esilaranti gag.
I personaggi e i rapporti che instaurano tra di loro sono caratterizzati sufficientemente bene, con momenti di approfondita analisi psicologica che ne svelano i pensieri, le paure, i desideri e, soprattutto, le ossessioni: molti di essi sono afflitti da tragici trascorsi e conducono la propria vita mossi unicamente da un chiodo fisso, che sia la paura per la perdita di una persona cara, il costante senso di inadeguatezza, il timore dell'abbandono, la vendetta.
A questo proposito, l’amore reciproco tra Kanba, Shouma e Himari, per quanto emozionante, intenso e carico di pura devozione, manifesta rapidamente sentimenti egoistici e possessivi: a più riprese si evince come gli sforzi dei gemelli di mantenere in vita la propria sorellina siano più legati alla loro impossibilità di stare senza di lei che al suo intrinseco benessere, al punto da lasciar quasi sempre da sola una dolcissima ragazza che non desidera altro che passare più tempo possibile con i propri famigliari e che è già venuta a patti con la propria sorte, mettendone così la felicità in secondo piano (nonostante i reiterati "Ricordati che tutto questo è per il bene di Himari"). Anche il ricorso ad alcune frasi (“Ridammela!”, anziché un più accettabile “Lasciala andare!”) rafforza questa idea.
Un aspetto fortemente negativo è anche la rapidità con cui personaggi apparentemente fermi nelle proprie convinzioni cambino fronte e opinioni: se in alcuni casi questo può essere inquadrato in un'ottica di sorpresa e colpi di scena, in altri casi pare che l’autore abbia semplicemente deciso di piegare la volontà delle persone coinvolte per fini narrativi.
Il comparto tecnico è interamente al servizio della storia e riveste un ruolo primario all'interno di essa, anziché di semplice abbellimento e supporto: le animazioni sono estremamente curate e fluide; le ambientazioni, fedeli riproduzioni di luoghi reali o rappresentazioni allucinate e impressionanti degli anfratti più reconditi della mente dei protagonisti, sono ricche di dettagli e suggestive; il character design, sebbene affetto da numerosi cali grafici e incline a ipersessualizzare alcuni personaggi e situazioni, soprattutto in termini di nudità e insoliti capi di vestiario, è ben particolareggiato, gradevole ed elegante, spesso ispirato al tratto classico degli shoujo storici, che non esita a parodiare in alcuni siparietti; i colori sono vivi e sgargianti, rendendo tutta la serie un autentico carnevale caleidoscopico; la computer grafica si sposa mirabilmente con l’animazione tradizionale, rimanendo visibile senza essere invadente.
Grande attenzione è prestata alla colonna sonora, con sigle di apertura e chiusura orecchiabili e altrettanto piacevoli brani intermedi, alcuni dei quali ricorrenti, poiché associati ad intere sequenze ripetute, altra caratteristica tipica dell’anime. Il doppiaggio italiano è ottimo e regala grandi interpretazioni, su cui spicca senz'altro quella straordinaria di Massimo Lodolo, seducente e misurato allo stesso tempo.
“Mawaru Penguindrum” stupisce per essere graficamente flamboyant ed esagerato e per una regia sopra le righe, ma pecca per una narrazione ridondante, fin troppo oscura e qualitativamente altalenante, che alterna momenti faceti ad altri ben più impegnati e che non sempre riesce a gestire il ritmo con efficacia. Lo stesso dicasi per i suoi personaggi e per alcuni loro atteggiamenti, a volte immotivati o inconsistenti. Argomenti importanti come l’abuso sui minori o la scissione di nuclei famigliari sono nella maggior parte dei casi trattati con sorprendente delicatezza, ma anche qui non mancano scelte stilistiche di dubbio gusto.
Ciononostante, il simbolismo e le potenti metafore utilizzate sono incredibilmente affascinanti e riescono a immergere perfettamente lo spettatore nell'atmosfera straniante e variopinta della serie.
Si tratta di un'opera degna di almeno un paio di visioni, per esplorarne le varie chiavi di lettura.
Ma che scelte narrative incoerenti? Sulla sessualità gratuita a parte quando viene " "penguinizzata " la governante dove sarebbe?
Probabilmente non è la risposta che cerchi, ma "Toyko Godfathers", "Paprika" e altre opere di Satoshi Kon sono attualmente disponibili legalmente in streaming su TIM Vision.
Come di consueto, complimenti agli autori delle altre recensioni (di opere che, peraltro, sono intenzionato a vedere prossimamente) e grazie per aver selezionato una delle mie.
Detto questo, non penso che la mia analisi di "Mawaru Penguindrum" sia particolarmente controversa. 7.5 è un voto più che buono e ho elogiato ampiamente gli aspetti dell'anime che mi hanno colpito positivamente. Mi piacerebbe discutere in dettaglio dei problemi che invece ho riscontrato, ma la recensione risale all'anno scorso e la sua gestazione è stata piuttosto travagliata, quindi oggi non ho che memorie vaghe della serie in questione.
Sebbene speri che non tutto questo non dia inizio a flame vari, forse farei meglio a preparare una "Strategia di sopravvivenzaaaa!".
non è la prima volta che sento parlar bene di pandora hearts ma, ma nonostante la curiosità di verificare se tutti questi elogi corrispondono al vero, non riesce proprio ad invogliarmi a leggerlo. avrò visto i primi episodi un paio di volte, ma non riesco mai ad andare oltre ò__ò
e per quanto riguarda tokyo godfathers, sono più che d'accordo con la recensione
come sempre, complimenti a tutti i recensori^^
Tempo, dove sei?
Quoto tutto e ovviamente condivido quanto detto nella recensione di Pandora Hearts! ^^
L'anime non è per niente male (finale orrido a parte) ma vedo che molti si scoraggiano vedendolo (e lo capisco perché anche a me è successo).
Il DVD è difficile da trovare, è vero, ma tempo fa si poteva guardare su Youtube, anche se ovviamente la qualità è quella che è.
Ma hai provato sulle bancarelle? Quando ormai avevo perso ogni speranza di trovarlo nei negozi ho visto il DVD su una bancarella ad 1 euro (ed ovviamente non ci ho pensato su due volte )!
Tokyo Godfathers è splendido, una vera e propria fiaba moderna sul Natale, un gioiello che è mille volte superiore ad Una poltrona per due che occupa abusivamente e permanentemente la prima serata della vigilia su Italia 1!
- Sia Pandora Hearts e God Fathers non mi hanno entusiasmato fin dall' inizio sia come disegni e storia !
Mentre l' anime di Mawaru Penguindrum l' ho trovato molto intrigante tuttavia la trama in certi episodi è un po' ripetitiva !
Personalmente, devo dire di aver compreso appieno l'opera solo dopo la visione, quando recepii tali nozioni e fui capace di interpretare alcuni aspetti dell'opera che, durante la visione, mi parvero piuttosto oscuri.
Mawaru penguindrum, che dire l'ho visto tutto ma non mi ha particolarmente catturato, penso che lo rivedrò magari mi aiuterà a capire meglio il tutto .
Pandora's hearts l'ho visto solo a livello anime ed è un buon prodotto, mi piacerebbe approfondire l'argomento col manga .
E' vero, andrebbe visto più volte (io purtroppo l'ho visto solo una e ci sono molte cose che non ho capito), ma a me è piaciuto lo stesso!
Vorrei tanto rivederlo!
Concordo a grandi linee con la rece tranne sul fatto che la colonna sonora sia un tallone d'Achille, oltretutto la critica è buttata lì senza motivazione. Io invece l'ho trovata molto frizzante e soprattutto adeguata allo spirito agrodolce del racconto, semplicemente azzeccata.
Mawaru Penguindrum l'ho seguito su Rai4 all'epoca e ne conservo un ricordo tutto sommato gradevole.
Complimenti agli autori!
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