Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

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7.0/10
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"Sankarea" è una serie manga composta da undici volumi, ideata e disegnata da Mitsuru Hattori, pubblicata in Giappone dal 2009 al 2014, e portata in Italia da GP Manga nel Luglio dello stesso anno.

Chiharu Furuya è un sedicenne con una innaturale e inspiegabile ossessione per gli Zombie. Quando, a causa di uno sfortunato incidente, il suo gattino Babu perde la vita, egli cerca di resuscitarlo attraverso una pozione, e dopo svariati tentativi riesce con grande sorpresa a raggiungere il risultato sperato. Nel frattempo, Furuya ha fatto la conoscenza di una bella e timida ragazza dai capelli neri, e per errore ha finito per tramutarla in uno zombie.

La trama parte velocemente senza troppi convenevoli, e si sviluppa discretamente bene, anche se in modo piuttosto prevedibile e scontato. "Sankarea" è una sorta di commedia romantica che sfrutta la trasformazione in zombie della protagonista per inventare delle gag abbastanza riuscite. A differenza di quelle che potrebbero essere le aspettative, l'opera non ha nulla di horror, non è uno splatter, e si concentra principalmente sulla storia d'amore dei due protagonisti, ma il tutto in tono scherzoso e facilmente digeribile. Durante la fase finale i toni si faranno leggermente più seri, non mancherà l'incidente che condurrà inesorabilmente alla parte drammatica, fino ad arrivare ad un finale semplice che ho apprezzato solamente in parte. I personaggi sono discretamente caratterizzati anche se ricalcano in gran parte i più classici stereotipi del genere.
Bisogna riconoscere invece, che le idee di base sono piuttosto originali, ed in generale la questione zombie viene gestita ottimamente.
Dal punto di vista stilistico, Mitsuru Hattori ha un tratto delicato e ben delineato; le tavole sono sempre molto pulite ed estremamente semplici da interpretare, gli sfondi godono di un discreto numero di dettagli e il design dei personaggi è morbido ed aggraziato.

In conclusione, "Sankarea" si è rivelata essere un'opera differente dalle mie aspettative, ma non per questo di dubbio valore. Una lettura leggera e poco impegnativa che propone una storia in grado di coinvolgere il lettore sin dai primi volumi.


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Heartwarming, heart-warming.
Simili ma diversi, come una potenziale coppietta. Il primo significa "commovente", quindi che colpisce le nostre emozioni e scatena in noi un moto sentimentale di coinvolgimento. Il secondo significa, letteralmente, "che scalda il cuore". Questa coppia di parole simili ma diverse definisce perfettamente "Tsuredure Children", anime che parla d'amore, amore sentimentale, nell'accezione più ampia del termine. Per farlo, senza incagliarsi in una coppia principale (che comunque, ai miei occhi, c'è) e tante coppie secondarie, la serie si arma di un esercito di personaggi, con cui mostrarci le tante sfaccettature di quella pietra preziosa color cremisi che è l'amore.
L'amore incerto, l'amore timido, l'amore passionale, l'amore nato dall'ammirazione, dalla gentilezza, da un'amicizia di lunga data che si sveglia, e scopre d'essere qualcosa di più.
"We were seventeen, but he was sweet and it was true", cantava un brano di un noto film per sognatori, e qui ci siamo vicini: i protagonisti sono tutti compagni di scuola, adolescenti, quindi se non seventeen poco ci manca, e vivono il turbinio dei loro sentimenti intrecciando le loro vite ai doveri scolastici, che a volte si rivelano pure provvidenziali...

Vi siete mai dichiarati? Siete mai stati seduti in una stanza, pregando per un sì, in attesa di un segno, di una risposta, emozionati, tesissimi, prede assolute dell'ansia?
In quei momenti, può capitare di sentire un terribile freddo alle mani, freddo che, in caso di piccolo grande miracolo, sparisce abbastanza in fretta.
Ancora, heart-warming.
Silenziosamente, "Tsuredure Children" vuole "contagiarci" con l'emozione dell'amore che nasce, mostrandoci un inizio di vicende immerso nella neve, in pieno inverno, e chiudendosi con l'inizio dell'estate: come il corpo, così il cuore e il paesaggio si riscaldano, grazie all'inarrestabile correre delle stagioni, inamovibile come un sentimento radicato nel nostro cuore e impossibile da rimuovere. L'anime, dunque, sfrutta lo scorrere del tempo per trasmetterci la sensazione "riscaldante" di una felicità che piano piano cresce, rendendoci consapevoli della sua presenza.
L'uragano dell'amore è fatto di tante piccole folate di vento emotive, e con il "trucco" delle coppie multiple quest'anime ce le fa provare praticamente tutte: l'illusione di poter essere felici, l'illusione di non poterlo essere, il dubbio, la paura, l'incertezza, i piccoli malintesi, quelli grandi, gli errori, quelli sciocchi e quelli gravi, tutto vissuto dal punto di vista di un ragazzo di oggi, di una persona di oggi.
L'amore ai tempi dello smartphone, dove un messaggio non visualizzato ci fa fare viaggi mentali danteschi (perché infernali) tanto quanto una mano non presa, lasciata, un bacio dato troppo presto o rifiutato o voluto o mancato. E non menzioniamo quelli visualizzati e lasciati lì, ci sembra quasi di vedere un mazzo di rose buttato nel cestino, rifiuto amoroso nella sua accezione più letterale.
E, sì, probabilmente è solo un film mentale interiore, però in quel film mentale ci viviamo finché non esce fuori un "The End".

Non bisogna farsi, però, distrarre da tutti questi dubbi e incubi: lo spirito di "Tsuredure Children" è uno spirito allegro, solare, positivo e, spesso, comico: la serie è ricca di un umorismo genuino, che intrattiene e diverte, per la maggior parte del tempo.
Perché, per quanto per amore si soffra, è così che dev'essere l'amore ed è così che va rappresentato: con allegria, felicità e risate, perché, se un amore fa più male che bene, non è un amore giusto, è un amore velenoso, che va risolto, in qualunque modo, al più presto.
Felicità e positività sono trasmessi anche dal comparto visivo dell'anime: i personaggi sono tanto semplicistici nell'aspetto, quasi stilizzati, quanto espressivi, con enormi sorrisi a V che fanno ben capire cosa stanno provando in quel momento.
Si fa anche un largo uso di deformazioni comiche di volti e corpi dei personaggi, mettendo da parte il realismo a favore di un'espressività maggiore, come il sentimento, in noi, prende facilmente il posto della razionalità.
La sensazione d'allegria è trasmessa anche da un ampio uso di colori accesi, che ammantano tutte le vicende di una luce brillante, anche considerate le chiome multicolore dei protagonisti. Chiome multicolore necessarie, perché, dato il contesto, purtroppo solo da queste e da pochi altri dettagli è possibile distinguere fisicamente i personaggi l'uno dall'altro, ed essendo il cast estremamente ricco di protagonisti tutti sullo stesso piano, questo col tempo diventa un problema (non particolarmente drammatico, però).

La sensazione di allegria e l'umorismo fulminante vengono alimentati anche dal fatto che la serie è strutturata in episodi da dieci minuti ciascuno circa, divisi in quattro micro-puntate, ognuna con protagonista una coppia differente, scelta liberamente: non sappiamo prima dell'inizio della puntata quali coppiette ne saranno protagoniste, e questo, aggiunto al dono della sintesi delle storie brevi, rende il tutto estremamente leggero e frizzante, perché, se anche dovesse capitare qualcosa di noioso, o dovesse essere presente una coppia che poco ci aggrada (ma è difficile!), questa non durerà più di tre minuti sullo schermo, alleggerendo un genere, quello sentimentale, che troppo spesso rischia d'appesantirsi a causa dell'esplorazione interiore dei protagonisti.
La brevità delle singole "avventure" però non deve far pensare a una certa inconcludenza nella narrazione, o a una scarsità di contenuti: la serie sa, semplicemente, esprimersi come dovrebbe esprimersi l'amore in sé, non con migliaia di parole vuote e orpelli, ma con estrema semplicità e genuinità, portando avanti le storie d'amore di tutti e facendo raggiungere a tutte uno status ben preciso, perché "conclusione" non è il termine più adatto per le relazioni di una serie così positiva.

Questo ovviamente non significa che per tutte le coppie sarà sempre tutto rose e fiori: l'amore e i suoi lati oscuri possono fare veramente male, soprattutto se, come i giovani protagonisti di questa serie, si ha spesso difficoltà a gestirlo e dimostrarlo nel modo corretto.
Ed è giusto che sia così: una sensazione forte come l'amore, priva di "spine", perderebbe molto del suo fascino, diventerebbe scontata, e "Tsuredure Children" stesso, scontato non è.
Niente e nessuno ci dice che i sogni sentimentali di tutti si realizzeranno, ed è giusto così, perché la sensazione di "cuore che si scalda" non si può avere se non c'è, prima, un po' di freddo da ansia.
D'altronde lo dice anche l'opening: I wish, I feel, my sweet. Opening ("Aimai Moko" di Inori Minase) che, come la serie, è dolcissima e dalla sonorità positiva, che ben introduce le vicende dei numerosi protagonisti, così come estremamente adatta è l'ending, "Dear" di Yui Ogura, che morbidamente e con tono quasi malinconico chiude ogni puntata.
Per quanto la combinazione "opening allegra, ending lenta" sia vecchia quanto gli anime stessi, in questo particolare frangente si rivela assai azzeccata, dando una sferzata d'allegria prima dell'inizio delle "danze", con le vicende tenerissime e assurde delle coppie protagoniste, e una specie di "coccola sonora" poi, una volta che la frenesia delle avventure degli innamorati è giunta a placarsi.

"Tsuredure Children" è dolcezza pura, ma non è melenso: dovendolo paragonare a un sapore dolce, è più simile alle caramelle frizzanti, elettrico, divertente e particolare, tanto da distinguersi e farsi ricordare facilmente.
La serie non si permette di produrre miele su miele, perché è troppo occupata a incanalare e spargere tutta la sua energia emotiva colorata attraverso le sue quattro, rapidissime puntate per volta, divertendo, emozionando e narrando, con una semplicità sorprendente, tante piccole grandi storie d'amore.
Ci apre rapidissime finestre sulle vite sentimentali dei protagonisti, facendoci sentire circondati dagli abitanti di questo microcosmo scolastico, quasi come fossimo anche noi studenti di quell'istituto.
Adatto ai romantici, ma non solo: adatto a chi vuole una storia estremamente positiva, a chi vuole ridere genuinamente, a chi si vuole affezionare, a chi ama i cast particolarmente nutriti, i personaggi caratterizzati e strani, ma credibili, a chi ama l'amore e a chi fa fatica a seguire una serie sentimentale (perché questa, molto abilmente, si libera di numerosi dei problemi delle storie d'amore medie).
Consigliato sostanzialmente a tutti, insomma, perché è un anime poliedrico, energico e, perché no, anche poco impegnativo da seguire.


4.5/10
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Nell'ambito dell'animazione giapponese, vi sono diversi brand che si portano ormai diversi decenni sulle spalle. Parlando di longevità, prolificità e impatto sui media, sicuramente uno dei primi nomi a venire in mente è ”Gundam”. Ma il brand “Macross” non è poi così distante, vista l'importanza avuta e la capacità di far parlare ancora di sé.
Dopo il fortunato “Macross Frontier”, che nel 2007 riportò alla ribalta la serie, nel 2015 venne annunciato un nuovo progetto, che si sarebbe concretizzato l'anno successivo nelle vesti di “Macross Delta”. L'opera venne lanciata con una corposa preview (comprendente quasi tutto il primo episodio) che sembrava volersi staccare da alcuni elementi classici al fine di ricollegarsi ad altri lavori dove il creatore del brand, Shoji Kawamori, aveva recentemente lavorato. È infatti impossibile non notare alcune rassomiglianze stilistiche con il recente "AKB0084", opera mecha/musicale dove le protagoniste sognano di entrare in un gruppo di idol e le coreografie/sezioni musicali rivestono ovviamente una notevole importanza nell'opera.
E bisogna ammettere che il pilot era piuttosto interessante: il dinamismo era notevole, i due protagonisti venivano mostrati in modo adeguato e il connubio in combattimento fra i classici caccia trasformabili e il “nuovo” elemento dello show in mezzo alla battaglia poteva essere interessante (anche se, come si avrà modo di vedere, questo comporterà una delle maggiori criticità dell'opera). Insomma: un inizio che poteva destare interesse, se si supera lo scoglio dell'apparente atipicità rispetto al passato. Il problema sono i venticinque episodi successivi, che portano a un repentino e progressivo calo di qualità fino alla stabilizzazione a un livello piuttosto basso.

Ma è meglio andare con ordine, ed esporre gli antefatti di questo “Macross Delta”. L'opera è ambientata diversi anni dopo la conclusione di “Macross Frontier”, in un settore della galassia dove si manifestano delle misteriose esplosioni di attacchi d'ira e di follia collettiva (la patologia è chiamata Var Syndrome). Le Walküre sono un gruppo di idol costituitosi al fine di contrastare questa piaga, e al suo interno vengono reclutare ragazze capaci di rimuovere gli effetti della Var Syndrome attraverso il canto (la loro importanza è tale da essere inquadrate nell'apparato militare, in quanto il nome ufficiale è Tactical Sound Unit Walküre). Esse sono assistite dallo squadrone Delta, un'unità di Valkyrie adibite al supporto e protezione delle ragazze.
I due protagonisti sono Freyja Wion, una giovane windermeriana desiderosa di entrare a far parte del gruppo di idol, e Hayate Immelmann, un capace pilota civile senza un preciso scopo nella vita.
Dopo il loro movimentato incontro, presente nel primo episodio, avverrà il proverbiale avvicinamento della prima alle Walküre e del secondo allo Squadrone Delta (del quale fa parte Mirage Fariana Jenius, terzo elemento nel proverbiale triangolo amoroso presente anche in questo “Macross” e “figlia d'arte”, essendo discendente diretta di personaggi presenti nelle prime incarnazioni del brand: un'idea per dare continuità, suppongo).

Come già detto, il pilot era stato costruito per destare interesse, ma purtroppo l'opera non ha avuto una cura globale della stessa entità, e sono moltissimi gli errori che hanno portato al fallimento qualitativo di questo progetto. Superato il prologo, avviene (come già riportato) l'avvicinamento dei protagonisti alle loro “aree di competenza (ovvero idol per la ragazza e Valkyrie per il ragazzo), ma purtroppo va riportato che il tutto avviene in modo piuttosto sbrigativo e con una certa dose di sufficienza.
L'impressione, mentre l'opera era ancora in corso (e non si era a conoscenza della precisa durata), era addirittura quella di trovarsi di fronte a una serie di dodici-tredici episodi, per via della relativa velocità con cui si stavano muovendo gli avvenimenti. Dal punto di vista degli eventi, questa sezione iniziale non è “sbagliata” a prescindere, ma risulta del tutto insufficiente in virtù del fatto di trovarsi di fronte a una serie da ventisei puntate. Di contro, vengono presentati decisamente troppi personaggi in un arco di tempo troppo limitato. Purtroppo, queste sono le prime avvisaglie dei gravi problemi che affliggono la sceneggiatura, una delle maggiori criticità di questo “Macross Delta”. Superata la sezione iniziale (non troppo coinvolgente, ma la si potrebbe quasi perdonare per le velleità introduttive), appaiono i veri antagonisti dell'opera, gli Aerial Knights capeggiati dal regno di Windermere, che paiono sfruttare il propagarsi della Var Syndrome per i propri scopi. Qui ci si aspetterebbe un'impennata dell'opera, con un crescendo dovuto allo scontro fra i due gruppi, ma purtroppo nulla di tutto questo accade. Di contro, si assiste all'inizio di una corposissima sezione centrale stracolma di archi narrativi o episodi con contenuti di natura perlopiù triviale e banale, inframezzati da (poche) informazioni utili al proseguimento della trama. Lo storywriting di questa sezione è veramente mediocre, e addirittura ci si ritrova di fronte a episodi importanti sviluppati in maniera talmente banale da risultare prevedibili, involontariamente comici o addirittura grotteschi. E questo per le parti serie.
Quelle meno impegnate (come gli sviluppi del proverbiale triangolo) risultano semplicemente poco interessanti, e non mi sorprenderei se molti non riuscissero a superare questi scogli di vacuità narrativa.
Nella sezione finale (cinque-sei episodi al termine) la storia tenta di sollevarsi, facendo però ricorso ad altri obbrobri narrativi come “spiegoni”, tentativi maldestri di riconnettersi al glorioso passato del brand e così via. C'è un miglioramento effettivo, a dire il vero, ma solo perché era impossibile fare peggio.
Vi è addirittura da dire che la vera natura dell'antagonista, nonché i suoi scopi, vengono rivelati in modo estremamente sbrigativo solo nelle ultime battute, e altrettanto sbrigativamente la questione viene liquidata. Il finale in sé risulta addirittura per nulla risolutivo, troncandosi quando gli avvenimenti sarebbero, in effetti, ancora in corso. E senza contare le questioni irrisolte (numerose e importanti). Un vero pasticcio.
Per essere chiari: la sceneggiatura di quest'opera è un disastro, e ha generato un'opera semplicemente incapace di coinvolgere lo spettatore, ma pure piuttosto indicata per frustrarlo.

Ovviamente questa carenza si ripercuote in tutti i settori legati al comparto narrativo. Il cast di “Macross Delta” è piuttosto ampio, ma raramente i personaggi saranno ben sviluppati (anche a causa della troppo rapida introduzione nella storia).
I protagonisti ottengono una caratterizzazione solo funzionale (ma si poteva fare decisamente di più, specialmente nel background personale), mentre altri vanno dall'essere rappresentazioni stereotipate in funzione del loro ruolo fino all'essere poco più che comparse dimenticabili.
L'esempio lampante è quello delle idol, per le quali ci sarà un tentativo di caratterizzazione nella sezione finale (ulteriore indice dello spreco di tempo nella parte centrale), dove ormai è tardi per lo sviluppo in tal senso. Davvero incredibile la mancanza di focus su Mikumo, notata da molti per la somiglianza con Sheryl di “Macross Frontier” (ma non per il ruolo) e totalmente non sviluppata (forse per mantenere l'aura di mistero, ma si tratta comunque di una scelta alquanto stupida).
Altre vittime illustri sono gli antagonisti windermeriani: sono rari i momenti realmente utili incentrati su di loro, e nella famigerata sezione centrale non riescono a trasmettere altro che un senso di banalità. Solo nel finale, per forza di cose, le loro sorti migliorano, ma senza andare oltre il livello medio della serie (ovvero basso).

Ma un altro degli aspetti peggiori è senza dubbio il comparto dei combattimenti. Si sa, “Macross” è un brand dove viene data parecchia enfasi al comparto musicale, anche nei combattimenti, ma in “Delta” il tutto viene distorto in maniera ridicola. Non ci troviamo quasi mai di fronte a combattimenti nel vero senso del termine, ma spesso si assiste a vere e proprie coreografie volte ad esaltare le idol e le canzoni. Non vi è sinergia fra la componente d'azione e quella canora, ma la prima è totalmente asservita alla seconda. Ne consegue l'enorme banalità e l'estrema prevedibilità degli scontri.
Quasi sempre avremo uno schema che presenta la comparsa della Var Syndrome, l'intervento delle Walküre, un qualcuno che tenta di farle fuori e qualcun altro che le salva. Da questo punto di vista, è sicuramente uno dei peggiori mecha degli ultimi anni. Di fatto, verrebbe quasi da dire che ci troviamo di fronte a uno strumento promozionale per le canzoni.

Ed è forse il comparto tecnico la parte meno brutta dell'opera. La componente audio, come si è già capito, la fa da padrone; e la sua corposa sezione di canzoni viene frequentemente utilizzata nei vari passaggi dell'anime in questione. Sfortunatamente la variabilità è poca, e ci troviamo di fronte a una vastissima sezione di brani jpop. Il che è ottimo per il target a cui è riferita l'opera, ma non per tutti. Da quel punto di vista, “Frontier” aveva avuto maggiore ampiezza.
La componente visiva, purtroppo, risulta un po' altalenante. Il character design e le sezioni con i personaggi in “carne ed ossa” sono generalmente discrete, con qualche alto e basso, ma le sezioni di combattimento con i modelli 3D spesso danno una sensazione di sufficienza, contribuendo a rendere non convincenti tali parti.

Purtroppo vi è ben poco da salvare in “Macross Delta”: la sceneggiatura è un mezzo disastro, i personaggi sono molti ma poco sviluppati e la banalità con cui è stata costruita l'opera è davvero lampante. Spero vivamente che venga sviluppato un film che ampli il finale e termini almeno buona parte delle questioni in sospeso, perché l'opera termina in maniera del tutto insoddisfacente.
Ma la serie in sé rappresenta sicuramente uno dei capitoli più bui per il brand, e non mi sento di consigliarne la visione.