Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

Per saperne di più continuate a leggere.

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Violet Evergarden. Come si può pensare di conoscere una persona solamente sapendo come si chiama? Al primo impatto si definirebbe la cosa impossibile, ma, se quella persona, oltre al proprio nome, non avesse niente? Se dentro di sé fosse consapevolmente vuota? Allora sarebbe possibile, ma quella persona non sarebbe una persona, bensì soltanto un essere umano. Violet Evergarden è, paradossalmente, soltanto un nome.

Trama: Violet Evergarden è una giovane e bella ragazza del continente di Telesis, devastato da ormai quattro lunghi anni da una feroce guerra interna che ha irrimediabilmente diviso le regioni del Nord e del Sud. Violet è nata e cresciuta nell'esercito, al "riparo" sotto l'ala protettiva del maggiore Gilbert, al quale lei è totalmente devota. Al termine della guerra la ragazza, privata del maggiore e delle sue braccia, deve cercare di costruirsi una nuova vita lontana dalle armi, e sarà il Colonnello Hodgins, suo vecchio commilitone, ad accoglierla nella sua società di scrittura e recapito lettere, nel ruolo di Bambola di Scrittura Automatica.

"Violet Evergarden". L'opera non poteva avere un titolo (quindi un nome) migliore di questo. Esattamente come la sua protagonista, essa si presenta come un bellissimo e affascinante contenitore apparentemente privo di contenuto. Violet Evergarden è una stupenda ragazza in apparenza senz'anima; "Violet Evergarden" è una stupenda opera in apparenza senza storia.
Quello che salta immediatamente all'occhio infatti è l'immenso comparto grafico di cui dispone "Violet Evergarden" (la Kyoto Animation ci vizia ogni volta con lavori esteticamente eccellenti). Fondali di montagna, campagnoli o cittadini che siano sono curati con un'attenzione e una precisione nel dettaglio veramente maniacale, e tanta bravura non viene a mancare nemmeno nelle animazioni, le quali sono talvolta così fluide, da eguagliare la realtà. La vera forza, sotto questo punto di vista, di "Violet Evergarden" però la si ha nel character design. Osservando con attenzione i personaggi, si nota e si rimane sorpresi da quanto essi siano curati, non tanto nella rappresentazione dei dettagli (come nei capelli legati di Violet o nelle pieghe delle gonne delle ragazze), quanto nella resa delle loro espressività. Ci si trova di fronte a personaggi umani nel vero senso della parola.
I personaggi sono l'elemento portante di "Violet Evergarden". La ragazza si ritrova infatti a vivere una vita che non percepisce come propria, questo perché non ha la minima idea di come viverla. Saranno i suoi colleghi e, ancor di più, gli innumerevoli clienti, che, passo dopo passo, lettera dopo lettera, la renderanno partecipe e protagonista assoluta della sua stessa vita, della quale prima era una spettatrice disinteressata.

Come si può pensare di conoscere una persona solamente sapendo come si chiama? Quando Violet si presenta ai suoi clienti, loro appaiono convinti di sapere di lei già quanto basta, finché non vengono loro mostrate le sue mani meccaniche, simbolo marcato a più riprese del fatto che dietro a un nome si nasconde una storia, e sapere come si chiama non è sufficiente per conoscerla.
Il rapporto che Violet ha con i suoi clienti e con le loro lettere muta e cresce in concomitanza con la maturazione del personaggio di Violet stessa. Provare emozioni è sinonimo di vita; soffrire o gioire con qualcuno significa entrare in contatto con la sua storia e, in qualche modo, esserne partecipe e non soltanto spettatore. Violet diviene, lettera dopo lettera, partecipe delle storie dei suoi clienti e al tempo stesso della propria.

"Violet Evergarden" è la storia che racconta la rinascita (o nascita?) di questa giovane ragazza. E' la storia di Violet che ricomincia (o comincia?) a vivere. Perché lei non ha avuto niente di quanto è di diritto dovuto ad ogni bambino, lei ha avuto soltanto degli ordini, era questa la sua unica realtà. Può questa essere definita vita?


9.0/10
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Fatico a trovare un titolo che, più di "Heads", si avvicini alla mia personale concezione di perfezione in termini di manga.
In primis è un prodotto breve, con tutti i vantaggi derivanti: conciso, spedito, concreto e denso di avvenimenti. Nessun tergiversare, nessun tempo morto nello svolgimento delle vicende, ogni singolo istante ed ogni singola pagina costituiscono materiale importante e fondamentale per la trama ed il suo svolgersi. La solidità in formato cartaceo.
In secondo luogo, non è asfissiante ed oltremodo pesante. Da un prodotto drammatico e psicologico si è soliti aspettarsi malloppi che faticano a scendere, farciti oltre misura di sentimenti e considerazioni esistenziali che rendono difficile la comprensione e l'assimilazione delle tematiche. Al contrario, invece, "Heads" è snello e scorrevole pur affrontando questioni complesse e numerose. Ancora una volta richiamo il termine di "concretezza" per classificarlo, perchè trovo sia azzeccatissimo.
Sempre restando in termini di tematiche, trovo che l'originalità della pietra d'angolo del "brain swap" venga premiata. Nessun genere di nozionismo ozioso, innovativo, inventato e per questo stridente, ma un nuovo fenomeno medico imbastito senza troppe pretese di veridicità e senza troppe problematiche connesse. La capacità di essere concisi si vede anche in questo, ossia dando al lettore il minimo indispensabile senza inerpicarsi in stucchevoli spiegazioni incredibili ed improbabili, come invece spesso è accaduto in altri prodotti in cui si giocava sulla falsariga dello scientificamente plausibile.
Punto a favore, non determinante ma comunque da considerare, lo stile grafico. Personalmente mi ha convinto assai, particolareggiato e minuzioso ma anche realistico e fedele. Molte tavole mi hanno davvero colpito, perchè sono riuscite ad assorbire e rilasciare benissimo le emozioni che l'artista voleva provasse il lettore. Nelle scene più d'azione questo meccanismo emerge chiaramente.

Complessivamente "Heads" è un prodotto di qualità, e penso possa essere annoverato con tutti i crismi tra i migliori manga psicologici mai creati. La sua trama è semplice e forse anche prevedibile, eppure nasconde una complessità di emozioni che colpisce come un sasso lanciato in piena fronte; ed è proprio questo che dovrebbero fare manga come questo, accecare ed avvincere ed emozionare, oltre che ovviamente far riflettere sulla condizione umana.
Voto complessivo 9, qualcosa in più in termini di trama forse la si sarebbe potuta fare: come dicevo in alcuni momenti sembra davvero molto telefonata, fin troppo lineare e prevedibile. Ma è un neo di Venere, un difetto di bellezza, che permette di apprezzare al meglio tutti gli altri aspetti.


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“Sin: Nanatsu no Taizai” è una serie anime di dodici episodi di genere ecchi, uscita nel 2017. Fuori dal Giappone è nota come “Seven Mortal Sins”, da non confondere con il più noto “The Seven Deadly Sins”. I titoli sono simili, perché l’elemento alla base di entrambe le serie è comune, ed è quello dei “sette vizi/peccati capitali”.
La serie in oggetto è stata creata per sponsorizzare una serie di action figure realizzata dall’azienda giapponese “Hobby Japan”, la stessa compagnia che sta dietro al franchise di “Queen’s Blade”. In questo, anche “Seven Mortal Sins” non si discosta molto nei contenuti, dato che abbiamo una serie piena di belle ragazze e moltissimo fanservice: i personaggi sono in pratica i vari demoni dell’Inferno, ma tutte in forma di donne molto pettorute e disinibite.

Ma andiamo con ordine.
La storia di “Seven Mortal Sins” inizia con Lucifer, il primo angelo che, ribellatosi a Dio, viene scacciato dal Paradiso e mandato all’Inferno. E fin qua, sono cose che sapevamo. Come detto prima, la particolarità della serie è che tutti i personaggi sono donne, perciò anche Lucifero è una bella bionda. Arrivata all’Inferno, Lucifer decide di sconfiggere e sottomettere tutti i demoni a capo dei vari gironi infernali, le cosiddette “Seven Deadly Sins”, anche loro, delle belle fig...liuole che vanno in giro mezze nude. L’obiettivo dell’angelo caduto è quello di prendere il controllo degli inferi e da lì lanciare un attacco verso il regno dei cieli.

Questo si traduce in vari episodi in cui vedremo Lucifer affrontare in scontri di vario genere le sue demoniache avversarie, finendo molto spesso nuda. Purtroppo, quella che sulla carta poteva sembrare una buona idea, almeno come base per una serie senza troppe pretese, finisce invece per essere parecchio deludente. La trama non decolla mai davvero, e ben presto i vari episodi finiscono per annoiare lo spettatore. I pochi misteri e colpi di scena che ci sono nella storia vengono rivelati sono nelle ultime due puntate, e non sono chissà che.
Nel resto degli episodi assistiamo solo a scontri uno contro uno abbastanza noiosi tra Lucifer e l’avversaria di turno. La regia in questi casi è sempre molto statica o in altri casi troppo confusionaria. Non c’è nessun tipo di pathos nelle battaglie, e men che meno nelle scene di fanservice. L’elemento principale della serie è uno dei peggiori: non c’è nessuna scena che sia davvero un minimo erotica e/o stuzzicante in qualche modo. Abbiamo solo delle tipe che stanno con tette e sedere al vento per mezzo episodio.

La qualità della parte tecnica è in generale quasi sempre più che discreta, almeno per quel che riguarda disegni e animazioni. Il chara design delle ragazze è una delle parti salvabili della serie, perché tutte, ma proprio tutte, le protagoniste sono belle e sexy. Come detto prima, però, purtroppo non vengono molto valorizzate, peccato.

Per quel che riguarda invece l’audio, si strappa la sufficienza. I brani usati come sigla di apertura e chiusura sono belli e orecchiabili, e fanno il loro dovere. Da segnalare che ogni personaggio ha la sua character song, che si sente in sottofondo nell’episodio a lui dedicato: sufficienti anche queste, ma non memorabili. La OST invece è abbastanza trascurabile, composta da cori celestiali per le scene in paradiso e altri brani più cupi per le ambientazioni infernali, non si fa per nulla notare.

Il doppiaggio è invece sicuramente il punto più alto della serie. Il cast delle doppiatrici è di prim’ordine, con nomi come quelli di Eri Kitamura, Shizuka Itou, Youko Hikasa, per dirne alcune. Tutte molto convincenti nelle varie parti, sia nelle normali scene che in quelle di puro fanservice, dove si producono in memorabili gemiti e versi di varia natura... con grande gioia dei loro fan.

In conclusione, per quanto la trama sia banale, con più accortezza e cura, la serie poteva comunque risultare interessante e gradevole. Purtroppo chi ci ha lavorato ha pensato che bastasse mostrare una decina di ragazze nude per riempire ventiquattro minuti di episodio, fallendo però miseramente.

Tradotto in soldoni, alla fine, vale la pena guardare la serie? Dipende. Se vi basta guardare due tette al vento per essere felici, accomodatevi, gli episodi ne sono pieni.
Se invece cercate una serie ecchi e divertente da guardare, “Sin: Nanatsu no Taizai” non fa al caso vostro. Anche di questo stesso genere, c’è molto di meglio in giro, a partire dalla “sorella maggiore” “Queen’s Blade”, di qualità molto superiore sotto tutti gli aspetti.