Capcom Fighting Collection 2 - Recensione della miglior raccolta Capcom
Qualità e quantità soverchiante, nell'ultimo mischione della casa di Street Fighter
di TWINKLE
Non era neanche uscita la raccolta di Marvel vs. Capcom dello scorso settembre, quando Capcom decide, in una giornata di fine estate, di annunciarne un’altra, intitolata Capcom Fighting Collection 2. Una mossa di marketing inusuale ma che dimostra ancora una volta la sicurezza che l’azienda giapponese sta attraversando. La lista dei titoli presenti ha fatto balzare dalla sedia più di un appassionato, visto che questa nuova collection racchiude in sé non solo alcuni dei migliori fighting game che il mercato abbia mai conosciuto, ma il testimone di un’epoca di entusiasmo e di grandi cambiamenti.
Nella bagarre poligonale della generazione PlayStation, il numero di picchiaduro con marchio Capcom, paradossalmente, aumenta in modo considerevole, tra il 1996 e il 1998, quasi ad attivare una strategia della sopravvivenza. I fan diminuivano ma quelli rimasti non potevano che gioire: Darkstalkers si chiude in grande stile con Vampire Savior mentre la serie cross-over con Marvel vs Capcom raggiunge finalmente la sua maturazione. Ma non solo. C’è aria di rinnovamento, l’abbandono di Akira Nishitani, che nel 1995 si portò appresso la metà dello staff di Street Fighter II per fondare Arika, fu un duro colpo per Capcom (da cui l’ormai noto ritardo di SF III), ma come spesso accade da tale scissione emerge una nuova generazione di designer; Noritaka Funamitsu, Haruo Murata e soprattutto Hideaki Itsuno prendono le redini dei nuovi progetti, tra cui Star Gladiator e Justice Gakuen, i primi picchiaduro 3D dell’azienda, coadiuvati da artisti come Bengus e Edayan, che in quegli anni operano un processo di ringiovanimento dei personaggi allo scopo di renderli più appetibili ai nuovi giocatori. Nonostante l’inevitabile calo di popolarità, le nuove leve e l’avvento di nuovi hardware portano al genere una rinnovata linfa e maggiori sperimentazioni.
La buona accoglienza riservata a Sakura Kasugano spiana non a caso la strada ad una nuova ondata di personaggi dall’aspetto giovane e vivace, Street Fighter Zero 3 è il capitolo della serie che maggiormente abbassa l'età media dei lottatori e al contempo ne aumenta la quota rosa, con l’aggiunta rispetto al precedente di ben cinque donzelle, contando il ritorno di Cammy, presente solo nella versione Gold di SFZ 2. Karin Kanzuki è il primo personaggio di Street Fighter a provenire da un manga, ossia Sakura Ganbaru! (1996) di Masahiko Nakahira, l’autore che aveva ideato anche Evil Ryu, la sua idea di affiancare a Sakura una rivale della stessa età piacque a tal punto che Capcom decise di farla debuttare nel videogioco. I bloomer sportivi sotto la gonna denotano il disegno di un personaggio bipolare, in cui l’ostentazione di una nobiltà femminile, delineata da vistosi boccoli biondi, fa da contrasto alla forza dei suoi colpi frutto di un elegante stile corpo a corpo. Debutta quindi anche in Street Fighter, e nei fighting game in generale, l’archetipo molto manga della ragazza ricca e snob (dall’immancabile risata “oooh-oh-oh”), la cui rivalità con Sakura sarà molto probabilmente fonte di ispirazione per quella, del tutto simile, tra Asuka e Lili di Tekken.
R. Mika è l’altra importante new entry femminile e non poteva che essere l’esatto opposto di Karin. In modo analogo alla Tina Armstrong di Dead or Alive, Rainbow Mika rappresenta l’altra faccia del wrestling rispetto a Zangief (per il quale, differentemente da Karin e Sakura, prova un sentimento di rispetto più che di rivalità), giocoso, esagerato (l’entrata in scena con il ring), dove la prestanza scenica conta quanto l’abilità nella disciplina, che tuttavia non è in discussione. Un personaggio esuberante che non si vergogna di mostrare le sue curve con quello che è il più audace costume della saga (in particolare sul versante posteriore), ma che anzi ne fa un tratto distintivo, consapevole che il wrestling moderno è anche e soprattutto show business. Juli e Juni, due delle “Dolls” di Shadaloo, completano il quartetto delle new entry femminili, mentre sul lato maschile Street Fighter Zero 3 ripesca dai classici World Warrior E. Honda, Blanka, Balrog e Vega, con Cody quale nuova aggiunta dalla serie di Final Fight.
Le prime versioni console allargheranno ulteriormente la scelta con Dee Jay, Fei Long e T. Hawk, a cui si aggiungono gli sbloccabili Guile, Evil Ryu e Shin Gouki, ma ciò che contraddistingue questo ultimo capitolo della serie prequel è infatti la presenza degli “ISM”, ovvero i tre differenti stili a scelta del giocatore. Laddove lo Z-ISM (A-ISM in occidente) riprende perfettamente quanto visto nei precedenti Street Fighter Alpha, ossia una barra super a tre livelli per l’accesso alle Super Combo, l'X-ISM si rifà al classico Street Fighter II X (l’ultima versione di SF II), che conferisce al giocatore una singola ma potente Super Combo; è lo stile che garantisce i maggiori danni ai colpi, ma con esso si rinuncia alle ultime implementazioni della serie, ossia l’Alpha Counter e il blocco aereo. Il più spettacolare però è senza dubbio il V-ISM, dove la V sta per Variabile, che consente alla sua attivazione (P+K della stessa forza) di effettuare combo uniche per un certo periodo di tempo, entro il quale dilettarsi in juggling mai visti prima nella serie, qualora si prenda l’avversario nel migliore dei modi. È uno stile che non piacerà particolarmente ai puristi ed è forse anche per questo che a livello competitivo a questo capitolo preferiranno i più raffinati sequel di Street Fighter III, ma è innegabile che la presenza degli ISM, ognuno con i loro punti di forza e debolezze, renda Street Fighter Zero 3 uno dei picchiaduro più profondi della sua epoca, oltre ad omaggiare, in modo concreto e originale, le varie evoluzioni portate dai giochi che l’hanno preceduto.
Street Fighter Zero 3 è l’ultimo picchiaduro realizzato sulla gloriosa CP System II (se si esclude l’ultra postumo Hyper Street Fighter II: Anniversary Edition del 2003), Capcom considera la scheda NAOMI di Sega perfetta per lo step successivo, con la quale realizzerà Capcom vs SNK e Marvel vs Capcom 2, oltre ai due atipici Power Stone. L’edizione Dreamcast fu prevedibilmente quella top gamma dell’epoca, dato che aggiunse pure una funzione online di score ranking e una nuova modalità denominata Saikyo Dojo, mentre il porting per Game Boy Advance del 2002 Street Fighter Alpha 3 Upper, affidato a Crawfish Interactive, scende per forza di cose a molti compromessi tecnici, in particolare sul versante sonoro (oltre alla scomodità di non avere i 6 tasti a disposizione), aggiungendo però al già comunque completo roster i tre ulteriori personaggi Eagle, Maki e Yun, basati sulla loro apparizione in Capcom vs SNK 2. Di questa versione, però, ne esiste anche una controparte arcade, con i personaggi aggiuntivi ma senza i compromessi tecnici del GBA, rimasta fino ad oggi inedita, ed è questa ad essere stata inclusa in Capcom Fighitng Collection 2. Le precedenti raccolte Street Fighter Alpha Anthology e Street Fighter 30th Anniversary Collection si sono limitate a replicare fedelmente l’esperienza arcade della prima iterazione di SF Alpha 3, precludendo molte delle modalità (e nel caso della Anniversary Collection anche di tutti i personaggi aggiuntivi) viste nelle versioni successive e nelle conversioni casalinghe. Capcom Fighitng Collection 2 propone finalmente una versione più aggiornata di SF Alpha 3, anche se la più recente rimane la MAX (in Giappone nota come Double Upper), uscita esclusivamente su PSP.
L’incontro tra le due aziende leader dei picchiaduro 2D anni Novanta, in realtà, era già avvenuto tramite i piccoli schermi del NeoGeo Pocket Color, con SNK vs. Capcom: The Match of the Millennium, sviluppato da SNK nel 1999, ma era solo questione di tempo prima che l'idea di un crossover tra i due universi si materializzasse su di un palcoscenico maggiore. Con una SNK sull’orlo del fallimento (che si concretizza nel 2001) e una Capcom schiacciata dai poligoni di Namco e in cerca di idee dopo il modesto successo di Street Fighter III, la vecchia rivalità tra le due aziende di Osaka non ha più ragione di esistere e il matrimonio si celebra allo scoccare del nuovo millennio, con Capcom vs SNK: Millenium Fight 2000. Come detto il crossover decreta di fatto l’abbandono da parte di Capcom delle sue CP System in favore della scheda NAOMI di Sega, rendendo la successiva conversione per Dreamcast praticamente una formalità.
La particolarità principale di Capcom vs. SNK, oltre ad essere visivamente splendido, risiede nel fatto che ogni personaggio ha il suo livello di forza, il quale va a determinare il numero di membri consentiti in un team. Questi sono valutati tramite un sistema di "ratio", ovvero una valutazione della forza complessiva di un personaggio, che va da 1 a 4. È possibile formare squadre fino a quattro giocatori, ma la somma della loro forza deve essere uguale e non superiore a 4; ad esempio Cammy e Benimaru valgono 1, Ryu e Kyo valgono 2 e così via, fino ad arrivare ai personaggi-boss come Akuma e Evil Ryu valutati con un rango di 4, che dunque combatteranno da soli. Il gameplay utilizza il formato a quattro pulsanti di scuola SNK, il giocatore sarà poi chiamato a selezionare il proprio "groove", quello SNK si basa sulla modalità Extra utilizzata da The King of Fighters '94 a The King of Fighters '98, mentre il groove Capcom si basa sul sistema di gioco della serie Street Fighter Alpha. Inizialmente era previsto l’inserimento di protagonisti di altre serie come Mega Man e Leon Kennedy, ma venne elegantemente deciso di limitarsi al mondo dei picchiaduro. Le baracconate finiranno tutte su Marvel vs Capcom, evidentemente. La seconda versione, su cui si baseranno poi quelle casalinghe, è intitolata Capcom vs. SNK Pro e viene pubblicata anche per PlayStation nel 2002, ma con evidenti tempi di caricamento tra i round e una fedeltà inferiore alla versione arcade a causa delle limitazioni hardware. La Capcom Fighting Collection 2 include una perfetta conversione dell’edizione da sala Pro, con Dan Hibiki e Joe Hisashi come personaggi aggiuntivi.
Passa poco più di un anno ed è il turno di Capcom vs. SNK 2: Mark of the Millennium 2001, il sequel che, parimenti al coevo Marvel vs Capcom 2, decide di diventare il crossover definitivo tra i due mondi. il gioco passa dal sistema a quattro tasti del NeoGeo a quello da sei di Street Fighter, ma questo è il meno; il sistema Groove del prototipo viene ampliato per includere quattro nuovi sistemi di gioco basati su vari picchiaduro Capcom e SNK, dal C-Groove, basato sulla serie SF Alpha, al K-Groove, ispirato a Samurai Showdown e Garou: Mark of the Wolves, con tutto ciò che sta nel mezzo tra run, small jump, counter attack, rolling, per una profondità di stili e approcci di gioco mai vista prima. Un vero e proprio compendio di dieci anni di evoluzione del genere, qui condiviso tra le due case ex rivali con a disposizione un monumentale roster di 48 personaggi giocabili. Con questi attributi non stupisce che Capcom vs SNK 2 venga spesso considerato come uno dei migliori picchiaduro 2D di questo periodo (e non solo), insieme al già citato Garou: Mark of the Wolves e Street Fighter III: Third Strike. Ad imprimersi nella memoria è anche la colonna sonora, come già notato in Marvel vs Capcom 2, questo è un periodo in cui Capcom decide di sperimentare dal punto di vista musicale; alcune tracce, specialmente quelle presenti in stage urbani, propongono contaminazioni di influenze house, techno e dance-pop (This is True Love Makin), con bassi pulsanti e sintetizzatori, ma anche elementi electro-fusion, groove e synth funky (The Lord God Bird) sottolineando l'approccio più “cool” rispetto ad altri giochi di combattimento, che invece erano tendenzialmente di genere orchestrale o rock. Capcom vs SNK viene portato prima su Dreamcast e poi su PlayStation 2 nel 2001, una versione denominata Capcom vs. SNK 2 EO viene invece indirizzata alle console GameCube e Xbox, presentando alcune modifiche al gameplay e l'inclusione del sistema EO ("Easy Operation") che permette di eseguire attacchi specifici semplicemente muovendo la levetta analogica destra in una determinata direzione; quella presente in Capcom Fighting Collection 2 di default è la versione base, ma si può passare a quella EO tramite le impostazioni speciali.
Passando ai giochi 3D, la raccolta propone i due Power Stone, realizzati anch’essi su scheda NAOMI tra il 1999 e il 2000 e pertanto convertiti all’epoca per Dreamcast, rimanendo però esclusiva della sfortunata console Sega fino al 2006, anno di uscita della Power Stone Collection per PSP. Ispirandosi probabilmente al dimenticato Poy Poy di Konami (1997, PlayStation), Power Stone fa dell’immediatezza il suo punto di forza, dove due contendenti sono chiamati a prendersela di santa ragione in un’arena 3D con la totale libertà di movimento, lanciandosi armi, sedie, barili, bombe e qualsiasi cosa capiti a tiro. Durante la battaglia, nell'arena compaiono delle "Power Stone" di diversi colori. Se un personaggio ne raccoglie tre, questo effettua una trasformazione diventando molto più potente e con la possibilità di effettuare un attacco speciale. È possibile rubare le pietre all’avversario colpendolo con un attacco critico, come si può intuire, la bagarre in questo gioco è sempre assicurata. La rosa dei personaggi non è enorme (dieci figuri), ma sono tutti caratterizzarti magnificamente dalla matita di Akira Yasuda, che abbraccia uno stile semplice, da “giro per il mondo” tornando alle origini di SF II ed inserito in una piacevole, quanto inedita per l’azienda, ambientazione steampunk di un immaginario XIX secolo. Power Stone 2 segue la regola aurea dei sequel “bigger and better”, con arene molto più varie e interattive, strutturate per cambiare assetto tra un round e l’altro, una modalità per quattro giocatori, quattro nuovi personaggi e ovviamente un armamentario di armi e oggetti (oltre 100 tipi!) ancora più ricco. Analizzare sotto il profilo tecnico i due Power Stone lascia un po’ il tempo che trova, non sono giochi banali e anzi sono ben realizzati, la qualità Capcom c’è tutta, ma ciò non toglie che siano produzioni dalla natura abbastanza caciarona. In ogni caso, sono in grado di offrire ancora oggi svariate ore di divertimento, specialmente se in compagnia.
Facendo invece un leggero passo indietro al 1998, troviamo Plasma Sword: Nightmare of Blistein, sequel di Star Gladiator del 1996, ossia il primo picchiaduro 3D realizzato da Capcom, che fu diretto da un giovane Hideaki Itsuno. Plasma Sword propone un sistema a quattro pulsanti, due per gli attacchi con armi, uno per il calcio e il quarto per i passi laterali. I personaggi dispongono di una barra speciale fino a tre livelli del Plasma Gauge, consentendo loro di eseguire super mosse chiamate Plasma Strike, oppure per contrastare i colpi avversari con Plasma Reflect e il Plasma Revenge, al costo di metà barra. A differenza del primo gioco, i ring sono infiniti come quelli di Tekken, non prevedendo muri o ringout, forse per distinguersi da Soul Blade da cui prende comunque evidente ispirazione, oltre ovviamente a Star Wars. Hayato fa la sua apparizione in Marvel vs Capcom 2, per il resto, gli altri personaggi di Plasma Sword sono abbastanza persi nei meandri della memoria, questa potrebbe essere una buona occasione per recuperare un videogioco poco noto. Plasma Sword offre alcuni spunti interessanti e una storia unica per ogni personaggio, ma come gameplay mostra i tipici limiti del tempo per quanto riguarda i picchiaduro 3D, da questo punto di vista Capcom non poteva competere con Namco e forse qui ne aveva già preso consapevolezza.
Discorso diverso lo possiamo applicare su Project Justice, sequel di Rival Schools uscito nell’anno 2000, anch’esso convertito per Sega Dreamcast e mai più riproposto ufficialmente. Già questo, in realtà, dovrebbe far acquisire ulteriore valore a questa collection (spiace per i fan del Dreamcast, la console oggi "perde" due esclusive di peso), e non ce ne vogliano Power Stone e Plasma Sword se Project Justice va ritenuto il miglior fighting game tridimensionale del pacchetto, con un gameplay ancora oggi solidissimo e un’estetica senza tempo, grazie allo splendido character design di Edayan. Rival Schools 2 prevede scontri 3V3, i giocatori possono scambiare i personaggi tra i round indipendentemente dalla vittoria o dalla sconfitta nel round precedente, oppure decidere di giocare tutti i round con un singolo sfidante. Gli altri due personaggi possono eseguire abilità di supporto sotto forma di attacchi di squadra, alcuni infliggono danni, mentre altri ripristinano la salute o ricaricano la barra del vigore. All’attacco Team-up del precedente capitolo si aggiunge qui il Party-Up, che coinvolge ben tre personaggi, con mosse speciali ancora più assurde e spettacolari, tutti a tema con una specifica disciplina o la scuola di appartenenza. Il roster del primo capitolo viene confermato interamente, con le uniche eccezioni di Raizo e del guest Sakura Kasugano, aggiungendone cinque di nuovi: Chairperson, Momo Karuizawa, Zaki, Kurow e Yurika Kirishima. Una discreta cura viene riposta nella modalità storia, con i team rigorosamente divisi per scuole, dialoghi tra uno scontro e l’altro e anche alcune ramificazioni, tutto presente nella versione arcade inclusa in questa collection. In alternativa, è presente un Free Mode con team personalizzabili.
Dopo la cancellazione di Capcom Fighting All-Stars, crossover in 3D previsto per coin-op e PS2 intorno al 2003, Capcom non tenterà più la strada delle tre dimensioni, il che è un peccato, vista la qualità di Project Justice; la compagnia si prenderà un periodo di riflessione nel corso della generazione PS2 e tornerà al genere soltanto nel 2008, con Tatsunoko vs Capcom, il quale precede il grande rilancio avvenuto con Street Fighter IV, e chissà che non saranno questi tra i papabili di un’ipotetica Capcom Fighting Collection 3. Il progetto abortito di Capcom Fighting All-Stars genererà Capcom Fighting Evolution che sì, è la pecora nera di questa raccolta e sì, è ricordato solo per l’inclusione di Ingrid e no, non merita una rivalutazione, specie affiancato a tutti questi capolavori. Ma anche i giochi usciti storti meritano una giusta preservazione, e volendo ci si può divertire con il Midnight Bliss di Demitri.
Capcom Fighting Collection 2 ripropone eguale tutto l’ambaradan delle due precedenti raccolte a tema: modalità online con rollback netcode, galleria, filtri a schermo, training, è tutto lì, al suo solito posto, con anzi qualche impostazione in più del solito per edizione e soundtrack. Capcom vs SNK 2, Project Justice e Power Stone 2 includono versioni arrangiate della colonna sonora. Dopo la non esaltante 30th Anniversary del 2018, Capcom non ne ha più sbagliata mezza di queste raccolte, qui è incluso anche il versus locale che si erano dimenticati al lancio di quella Marvel (aggiunto con un aggiornamento), non stiamo a ribadire l'ovvio. La versione fisica includerà un comic di 48 pagine. Peccato solo per la mancanza del supporto crossplay tra le diverse piattaforme, quindi scegliete bene per quale acquistarlo.
Gioco testato su PS4/5, disponibile dal 16 maggio anche per Xbox One, Nintendo Switch e PC.
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