Baban babanban vampire: multi-recensione del demenziale film su Prime

Sgangherato e delirante, il film trasforma in musical la missione impossibile del vampiro Mori: obiettivo, proteggere la verginità del suo pupillo!

di zettaiLara

Inedito in Italia, il manga Baban Baban Ban Vampire di Hiromasa Okujima ha goduto nel 2025 di una duplice trasposizione: da un lato la vivace serie animata in dodici episodi rinvenibile su Netflix, dall'altro un film dal vivo disponibile per Amazon Prime Video dal mese di settembre.

Curiosità vuole che il film Baban Baban Ban Vampire, diretto da Shinji Hamasaki, dovesse essere rilasciato in Giappone lo scorso 14 febbraio 2025, ma la data è stata posposta ufficialmente a luglio a seguito dell' "incidente-scandalo" che aveva coinvolto l'attore protagonista
 
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Prima di lasciarvi alle recensioni, ricordiamo alcune peculiarità del film:
In questa storia l'acronimo BL non significa tanto "boys' love" quanto commedia di "bloody love" (amore sanguinario): il vampiro Ranmaru ha 450 anni, lavora part-time presso un vecchio bagno pubblico giapponese, e serba l'ambizione di nutrirsi del sangue di una creatura vergine di diciotto anni. Per questo motivo tiene sott'occhio la crescita del quindicenne Rihito, figlio dei proprietari del bagno: Ranmaru cerca così in ogni modo di impedire all'innocente fanciullo di perdere la verginità.
 
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"L'amore non va sempre come speriamo.
Quando si perde qualcuno, si soffre in maniera inaccettabile."
Difficile pensare che tali parole scaturiscano dalle labbra di un vampiro, ma in effetti già il suo nome ci suggerisce che Ranmaru Mori non sia un vampiro propriamente ordinario. 
450 anni alle spalle, un lavoro umile presso il bagno pubblico della famiglia che l'ha accolto e lo ospita, un sogno martellante e ambizioso: nutrirsi del sangue purissimo del liceale Rihito, il giovane pupillo su cui Ranmaru veglia sin da quando il ragazzino lo trasse d'impaccio dalle difficoltà. Nella scena di apertura del film vediamo infatti il vampiro arrancare sotto il sole in una calda giornata di primavera: l'incontro con il luminoso sorriso di Rihito lo destabilizza come uno shock elettrico, dalla testa al cuore e sino ai canini appuntiti, e gli cambia -di nuovo- la vita per sempre.

Lo spettatore scopre rapidamente che non è casuale, l'omonimia che il protagonista serba con il valente samurai morto al fianco del condottiero Nobunaga Oda nell'incidente di Honno-ji, durante il periodo degli stati combattenti in Giappone. Accade spesso che l'utilizzo di un nome così noto voglia essere più che altro un tributo a una figura da sempre associata ai valori della fedeltà estrema, del rispetto e dell'ammirazione, ma nel delirante Baban babanban Vampire le connessioni diventano tutto sommato qualcosa di ancor più scoppiettante.

Storicamente parlando, la relazione intessuta tra Oda e Mori si mormora aver trasceso il confine spirituale per addentrarsi anche nella dimensione carnale, com'era talora consuetudine dell'epoca. Per il Mori vampiro, superare il passato per cercare di sopravvivere nel presente significa nutrirsi di sangue umano perlopiù di scarsa qualità: come resistere dunque al soave profumo del sangue del suo dolcissimo umano preferito, ancora casto e illibato?
L'ingresso del giovane nell'adolescenza, con il suo carico di fluttuazioni ormonali e sentimentali, segna però una potenziale e terribile minaccia per le ambizioni di Mori; ecco perché il quattrocentenario si vota con tutto sé stesso a voler proteggere la preziosa verginità del suo pupillo.
 
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Che la storia non intenda prendersi sul serio, lo si dichiara fin dal primo momento attraverso un racconto vivace e spigliato, portato avanti con il dipanarsi delle vicende di un gruppo di personaggi sgangherati, capaci di tenere alto il ritmo sino alla conclusione del film.
Sfrontati e diretti, i dialoghi conducono a inevitabili e continui fraintendimenti, che regalano momenti di verve ben mixati a scene d'azione, batticuori romantici (e non) e -perché no- anche a riflessioni morali a ben vedere non così banali.
Risuonano infatti piuttosto acute le implicazioni della pronta risposta della giovane Aoi quando Mori le indirizza un "non capisci un tubo, come fai a non innamorarti di lui?". Lei ribatte immediatamente "non ho tempo ora, preferisco godermi altre cose, il tempo con gli amici", dando voce così a quella moderna generazione nipponica che nei confronti dell'amore serba sempre minor interesse, preferendo trovare l'appagamento personale altrove.

Mori è un vero mattatore suo malgrado, dal suo moonwalk sulle piastrelle del bagno pubblico agli inserti musical e ai melodrammatici proclami interiori, fino alle tante battute con citazioni più o meno nobili, ma sempre straordinariamente azzeccate. Ryo Yoshizawa lo mette in scena con impeccabile e consumata bravura, restituendone il profilo tanto serio quanto faceto, gestendo persino quell'impressionante estensione di toni vocali che il bizzarro personaggio richiede.
Accanto a lui, i colleghi attori non sono da meno, e in effetti il film si regge anche sulle ottime performance di ciascuno, dal candore e dalla naturalezza di Rihito Itagaki nei panni del liceale Rihito alla freschezza di Nanoka Hara sulla compagna di scuola di cui il giovane s'innamora, fino alle dissacranti personalità dell'energico Franken di Mandy Sekiguchi, del Sakamoto di Shinnosuke Mitsushima e di Nagayoshi Mori, quest'ultimo interpretato da un valente Gordon Maeda.
Le musiche accompagnano il delirio portato avanti sullo schermo in armonioso accordo, contribuendo a non far distrarre mai lo spettatore dal coerente nonsense che pervade l'opera dall'inizio alla fine, bucolico epilogo compreso.
A ben vedere è sempre Mori, però, a rubare l'attenzione più di ogni altra cosa: e dal suo "bere del sangue invaso dalla nicotina è come buttare nel cesso del Romanée-Conti (uno dei vini più rari e costosi al mondo, ndr)" al "quando trovi il tuo oshi (la 'cosa preferita', ndr), la vita si rimette in moto ♥", come potergli dare torto?

Voto complessivo: 85
Autore: zettaiLara
 
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Ci sono molti modi di approcciarsi a un’opera giapponese, soprattutto se adattata su diversi media come manga, anime e live action.
Nel caso di Baban Baban Ban Vampire, in Italia sono usciti di recente sia l’anime (gennaio 2025) che il film live action (settembre 2025), entrambi tratti da un manga che purtroppo è ancora inedito da noi.
Se mi sono interessata al live action è perché avevo già visto l’anime e, con alti e bassi, mi aveva divertito. Nonostante io non ami molto la comicità demenziale, infatti, sono una grande fan dei vampiri e, a quanto pare, lo sono anche gli autori giapponesi. Quindi mi sono avvicinata a questo film mossa da un duplice interesse e con un occhio allo stesso tempo curioso e critico.

Innanzitutto trovo molto positivo il fatto che l’opera sia stata adattata anche in formato live action, perché questo può permettere a un pubblico più vasto, fatto anche di persone che non amano anime e manga, di godersi una storia davvero particolare e divertente.
Si tratta di una commedia che parla di amore vampiresco, in cui l’attrazione romantica si intreccia e si confonde con la brama di sangue vergine, fra equivoci esilaranti, batticuori adolescenziali e riflessioni sul senso della vita e della morte.

Rispetto alla versione animata, il film presenta fin da subito alcune differenze. A livello narrativo l’ordine degli eventi non sempre è lo stesso, ma ritengo che le scelte fatte siano efficaci nell’economia del film. La scena iniziale, per esempio, cattura subito l’attenzione, mostrandoci un Ranmaru morente che si trascina sotto il sole nei pressi del bagno pubblico gestito dalla famiglia di Rihito.
È una scena molto intensa, in cui la performance di Ryo Yoshizawa fa letteralmente mancare il respiro. Anche posizionare il matsuri al centro del film anziché alla fine, trasformando quell’evento nel catalizzatore di equivoci e intrecci amorosi, è stata un’idea ben riuscita.
 
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L’aspetto che invece ritengo più critico paragonando anime e live action è l’estrema condensazione che caratterizza quest’ultimo.
Nei 12 episodi dell’anime facciamo una graduale conoscenza dei personaggi e del loro passato, e vengono approfonditi temi come il rapporto di Ranmaru con la Shinsengumi o la sua trasformazione in vampiro. Ci sono personaggi che nel film sono stati tagliati (con cambiamenti significativi nell’evoluzione della storia) e le varie relazioni si sviluppano in modo più organico, anche attraverso eventi marginali che danno spessore alla narrazione. Anche la giostra degli equivoci è molto più intricata.
Per chi non ha visto l’anime tutto questo è irrilevante, ma forse si potrebbero non comprendere appieno alcuni passaggi fondamentali.

Un elemento che invece è stato aggiunto, andando almeno in parte a compensare i tagli e ad accentuare il lato comico dell’opera, sono le canzoni che fungono da presentazione dei personaggi principali.
Si tratta di motivi orecchiabili e divertenti che in pochi secondi ci danno un identikit del protagonista e, senza mai sconfinare nel musical vero e proprio, fanno anche da cerniera fra i vari blocchi della narrazione.
A completare le presentazioni ci sono scene paradossalmente ancora più assurde rispetto alla versione animata, come la pila di delinquenti tramortiti dopo essere stati menati da Franken.
Per quanto riguarda l’universo vampiresco, sia l’anime che il live action rimangono fedeli a certi aspetti imprescindibili (bere sangue, evitare il sole, non entrare nelle case senza invito) e allo stesso tempo abbracciano interpretazioni più moderne (l’aglio e il crocifisso non funzionano) che danno adito a ulteriori fraintendimenti e colpi di scena. Non mancano i combattimenti, molto ben realizzati e suggestivi.

In conclusione, Baban Baban Ban Vampire è un film particolare e divertente, a tratti esilarante ai limiti del demenziale, a tratti più serio e malinconico.
I dialoghi che trasmettono questo lato riflessivo, già presenti nell’anime, sono stati mantenuti anche nel film, e bilanciano in modo efficace le parti più leggere. La comicità a volte può risultare eccessiva, ma non è mai stupida, banale o volgare.
Trovandomi a ridere di gusto dall’inizio alla fine, mi sono detta che questo film è particolarmente adatto a essere guardato in compagnia. Lo vedrei bene anche al cinema, dove potrebbe attirare un pubblico di varie fasce di età. Chi già conosce la versione animata avrà modo, come ho fatto io, di mettere le due trasposizioni a confronto; chi invece non ne sapeva nulla potrà apprezzare il film come opera a sé stante, scoprendo un lato forse ancora poco conosciuto della filmografia nipponica.

Voto complessivo: 90
AutoreBeneS
 
 
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