Digimon Story: Time Stranger - La Recensione
I mostri digitali tornano su console di nuova generazione in un JRPG ricco ed impegnativo
di Nightcore-X
Quando un gioco rimane in sviluppo per quasi otto anni subendo continui rinvii e cambi di rotta, si rimane sempre pervasi da un senso di dubbio ed incertezza riguardanti le reali qualità e la bontà del progetto. Nella storia dei videogiochi esempi del genere sono innumerevoli e tra questi c'è sicuramente Digimon Story: Time Stranger, titolo sviluppato da Media.Vision. La nuova interazione videoludica del famoso franchise di Bandai Namco era infatti stata annunciata nel 2017 come titolo molto vicino ai due precedenti Cyber Sleuth, per poi sparire dai radar ritornando solo nei rumors riguardanti problemi di produzione, fino all'annuncio di un cambio di producer nel bel mezzo del progetto. Con questi presupposti le possibilità che le cose potessero finire molto male erano elevate, ma dopo innumerevoli ore passate in compagnia degli amati mostri digitali possiamo confermarvi di poter tirare un sospiro di sollievo: Digimon Story: Time Stranger ha dissipato dopo poco tutti i nostri dubbi e si è rivelato un JRPG Monster Collector di assoluto valore.

In questa avventura impersoneremo un agente (maschile o femminile a scelta) di ADAMAS, società segreta impegnata a combattere le anomalie che invadono il nostro mondo. Ritrovatoci improvvisamente coinvolti nel conflitto apocalittico tra umani, macchine e Digimon saremo misteriosamente catapultati otto anni nel passato; Il nostro obbiettivo sarà quello di cambiare il futuro e prevenire il cataclisma grazie all'aiuto dei nostri Digimon, in una vicenda che ci vedrà viaggiare alternativamente tra la moderna Tokyo e Iliad, il mondo digitale governato dagli Olympos XII. Ad accompagnarci troveremo la giovane studentessa Inori Misono, l'infantile Aegimon e la combattiva Minervamon, insieme ad un folto cast di comprimari. Preferendo non addentrarci troppo nei risvolti della trama, riconosciamo il tentativo degli autori di volersi impegnare in una storia più matura e complessa rispetto ai titoli precedenti, ma risulta evidente in molti aspetti che tale ambizione sia riuscita a concretizzarsi solo in parte, andando a scontrarsi irrimediabilmente con le limitazioni del franchise di riferimento.
A peccare nella narrazione è indubbiamente la fase iniziale: il prologo lascia il giocatore completamente in balia degli eventi, con decine d'informazioni comunicate una dietro l'altra senza il tempo di assimilarle correttamente; Al contrario la sezione introduttiva che segue è incredibilmente lenta e prolissa, richiedendo al giocatore di pazientare diverse ore prima che la trama inizi ad ingranare. Superato questo scoglio ciò che ci si ritrova davanti è una storia che di certo conquista l'interesse ed è piacevole da seguire, ma che non cerca (o non può) discostarsi dal classico canovaccio dei JRPG nipponici di stampo anime con personaggi archetipici e stereotipati.

Il gameplay consiste principalmente nell'esplorazione con visuale in terza persona di mappe e dungeon, quest'ultimi con un level design composto principalmente da lunghi ed estesi corridoi popolati da nemici, ostacoli e scatole da lootare senza alcuna peculiarità distintiva e quindi non dissimile dalla media di molti altri JRPG. Tali sezioni sono però secondarie rispetto al vero fulcro dell'esperienza: l'allevamento ed il combattimento con i Digimon, rimasti non troppo dissimili da quelli dei precedenti due Cyber Sleuth. Il gameplay degli scontri è infatti quello di un classico combattimento a turni dove il giocatore schiera fino a tre Digimon in campo, con altri tre in riserva, potendo decidere se attaccare direttamente, parare per difendersi diminuendo il danno o sfruttare abilità (divise in offensive e passive) al prezzo di punti appositi. I turni sono segnati comodamente nella parte destra dello schermo e, al contrario di altri titoli simili, il giocatore ha la possibilità di attuare più azioni per singolo turno, come utilizzare strumenti o cambiare creature in campo prima di attaccare. Novità sono le Arti Incrociate, tecniche attivabili dal giocatore con il riempimento di una barra apposita, dipendenti dal team usato in quel momento e con effetti variabili che vanno da aumenti di statistiche, debuff ai nemici, fino ad attacchi ad area.

Alla base del sistema di combattimento sta ovviamente l'intricata gestione di debolezze e resistenze tra i diversi Digimon: Nel gioco ogni creatura fa parte di uno dei sette attributi diversi mentre gli attacchi sono a loro volta suddivisi in 11 elementi. Ogni creatura può possedere molteplici resistente ma anche molteplici debolezze, creando un sistema elementale incredibilmente complesso da centinaia di combinazioni, dove un singolo attacco può anche raggiungere il 400% di potenza e che, immaginiamo, anche i giocatori veterani impiegheranno del tempo a padroneggiare. A fare da contraltare agli impegnativi scontri c'è l'allevamento dei Digimon: In Digimon Story: Time Stranger ne sono disponibili 450 (un record per la serie), in gran parte ottenibili attraverso l'acquisizione dei dati in combattimento. Più della stessa specie si sconfigge più una barra dati apposita si alza; raggiunto il 100% la creatura diverrà evocabile, ma per poter avere un esemplare con statistiche e mosse ancora migliori sarà necessario arrivare al tetto del 200%.

Ottenuta la creatura e giunto il momento di allenarla, il gioco apre ad un ulteriore stratificazione delle meccaniche offrendo al giocatore un ampio ventaglio di possibilità: è possibile ottenere esperienza in modo classico grindando con i nemici nei dungeon oppure sfruttando la Digifattoria.
Per la prima opzione viene in aiuto il digiattacco, ovvero un attacco preventivo liberamente lanciabile sui nemici nell'overworld, che eliminerà istantaneamente quelli troppo deboli, un po' come avviene con la meccanica "mandare avanti" introdotta in Pokémon Scarlatto e Violetto. La Digifattoria funge invece da minigioco gestionale ambientato in un globo personalizzabile dal giocatore con l'aggiunta di biomi e attrezzature dove far crescere in autonomia i propri Digimon potenziando le loro statistiche e le loro abilità.
Quando un Digimon raggiunge determinati requisiti può finalmente digievolversi cambiando forma: tale crescita non segue un percorso lineare predefinito ma funziona a ramificazione multipla in base alla libera scelta del giocatore. Ad aggiungere un ulteriore strato di complessità al sistema c'è la personalità che ogni Digimon possiede e può venire modificata gradualmente con l'azione del giocatore, come ad esempio parlandoci durante le esplorazioni dei dungeon o con la Digifattoria. La personalità è un fattore fondamentale che determina la crescita e la digievoluzione del Digimon, ed è a sua volta legato all'attivazione delle Abilità Agente, ovvero cinque alberi delle abilità suddivise per personalità che offrono bonus vari e sono vincolanti per le digievoluzioni.

Come facilmente intuibile dalla sua complessità Digimon Story: Time Stranger non è un gioco che è possibile approcciare alla leggera, ma che al contrario è in grado di dimostrarsi una sfida impegnativa già a modalità normale, richiedendo una capacità di comprensione delle meccaniche e di min maxing di un certo livello (in poche parole se ne venite da Pokémon preparatevi a tornare a scuola). Per tutti quelli che invece potrebbero sentirsi sopraffatti da tutta questa bulimia meccanica viene in soccorso una modalità facilitata per chi è interessato solo a seguire la storia, ridimensionando notevolmente la componente degli scontri.
Al di fuori della trama principale, l'offerta contenutistica è arricchita ulteriormente da un nutrito numero di missioni e attività secondarie, uno su tutti il GiocoMon, un minigioco di carte collezionabili a tema Digimon con la quale è possibile sfidare NPC in giro per le mappe con difficoltà crescente. Per potenziarsi ed arricchire il proprio mazzo, similmente a come accadeva per esempio col Triple Triad di Final Fantasy VIII, si potranno ottenere carte attraverso missioni secondarie, comprandoli dai venditori e soprattutto sconfiggendo mob specifici più forti del normale. Per chiunque vorrà completare tutti i set, questa attività da sola può aggiungere ulteriori decine di ore di gioco ad un esperienza ludica già estremamente longeva.

Il comparto tecnico risulta essere la vera nota dolente del titolo: per quanto il gioco esteticamente sfoggi uno stile anime di tutto rispetto, anche grazie al character design di Suzuhito Yasuda (già illustratore di Durarara!! e Danmachi), e ad un ottima regia delle cutscene, è impossibile non soffermarsi sulla resa degli ambienti. Essi risultano per la maggior parte spogli, con una conta poligonale dei modelli scarsa e molto spesso con delle texture che tradiscono in maniera evidente gli otto anni travagliati di sviluppo. Tutto ciò viene leggermente attenuato nelle mappe del mondo digitale di Iliad, dove una componente artistica ispirata riesce in parte a migliorare il colpo d'occhio, ma senza soprassedere su tutti i limiti di una produzione iniziata con gli standard della scorsa generazione. Per quel che riguarda il sound design, alle musiche di Masafumi Takada (storico compositore dei Danganrompa) va una decisa nota di merito, mentre il doppiaggio di buona qualità è disponibile sia in giapponese che in inglese. Per tutti i poco avvezzi con la lingua d'Albione non preoccupatevi: i testi di gioco sono completamente localizzato in italiano.

Abbiamo giocato Digimon Story: Time Stranger su Playstation 5, console dove gira con frame rate bloccato a 30 FPS e senza il supporto all'HDR. Le prestazioni sono risultate solide per gran parte del giocato, tralasciando qualche isolato caso di scattering e bug minori che non hanno però mai inficiato sull'esperienza complessiva e che crediamo saranno tutti risolti con la patch del day one.
GIUDIZIO FINALE
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