Non siamo più vivi: tra fumetto e denuncia sociale, gli zombie parlano sempre più coreano

Netflix ci propone un teen drama in salsa zombie capace di intrattenere grazie a un sapiente mix che attinge a piene mani dall'immaginario pop contemporaneo

di Ironic74

Non lo nego, sono un fan degli zombie movies! Film o serie tv che sia, a me non scappa nulla, in una costante ricerca di qualcosa di divertente ma al contempo innovativo che diventa sempre più difficile dopo anni di uso e abuso di questo filone. Non potevo quindi non adocchiare "Non siamo più vivi", la zombie serie coreana nuova di zecca che arriva direttamente doppiata su Netflix sulla scia di quel sorprendente successo planetario che è stato Squid Game. Dal trailer già si provava quella sensazione di Dejà Vu che un titolo basato su un'apocalisse zombie si porta sempre dietro, ma quello che ha davvero destato la mia curiosità era che il "già visto" fosse riferito anche alle mie letture fumettistiche.

 
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Mi direte: "Niente di nuovo!", l'universo seriale coreano ha moltissime ispirazioni manga, ne abbiamo parlato anche qui per lo stesso Squid Game, eppure tanto è bastato per indurmi alla visione, pur con un certo scetticismo. Questo nonostante da fan io non abbia mai negato che uno dei titoli migliori e che più mi hanno divertito di questo filone negli ultimi anni sia Train to Busan, diventato ormai un vero cult del genere, sdoganando in parte anche da noi il cinema di intrattenimento coreano. Divertente che proprio questa pellicola venga citata in questa serie: "Gli zombie dovrebbero rimanere nei film".
Questo è il mood di Non siamo più vivi, dove un gruppo di studenti intrappolato in un liceo cerca di sopravvivere come può in attesa di soccorsi, senza cibo, acqua o Internet, dopo essere stati abbandonati dal governo nel pieno di una pandemia zombie partita proprio dalla loro scuola.

 
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Tratto da un webtoon, Now at Our School (nota anche con il titolo di School Attack), che ha conquistato i lettori in Corea sulla piattaforma Naver e poi in Indonesia, Thailandia e a Taiwan, questo titolo non potrà non risvegliare in noi il ricordo di manga come Highschool of the Dead di Daisuke Satō come anche di School-Live! della coppia  Norimitsu Kaihō/Sadoru Chiba, non solo per l'ambientazione scolastica e determinati clichè ma anche per la regia e le inquadrature, per le interazioni e la scelta dei tempi che rendono questa serie molto più vicina al mondo degli anime/manga che alle serie horror americane.
Questo, a mio modesto avviso e conscio di essere di parte in quello che dico, funziona! Da anni gli americani, almeno nella grande produzione seriale mainstream, cercano di portare (non riuscendoci) nuova linfa al filone zombie dopo i grandi fasti delle prime serie di Walking Dead, serie che ha perso milioni di fan anno dopo anno e che si sta spegnendo nel silenzio generale con la sua ultima stagione su Disney+. "Non siamo vivi" invece riesce dove "World Beyond" aveva fallito. Lo spin off teen di Walking Dead destinato a portare i più giovani sul brand è stato infatti l'ennesimo buco nell'acqua di idee stantie e trama che stenta a decollare. Forte di un background già conosciuto invece a quel pubblico a cui sono diretti, i coreani costruiscono in 12 puntate una storia apprezzabile e credibile, ovviamente nei limiti del genere, con ritmi adeguatamente dosati che vanno dal momento concitato all'immancabile siparietto leggero, utile a smorzare la tensione.

Il tutto prendendosi i propri tempi visto che le puntate sono infatti mediamente molto lunghe, superando il più delle volte la durata di un'ora e questo, soprattutto nella seconda parte, sembra a dire il vero qualche volta pesare. 
 
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Pur restando però un'opera di intrattenimento, non manca quella critica sociale che dai tempi del grandissimo Romero amiamo apprezzare in queste storie. Gli zombie come metafora degli errori umani, di una società che nasconde i veri mostri dietro una patina di perbenismo e falsità. Lo vediamo anche qui, anzi è la vera ragione del perchè si scatena la devastazione. La storia infatti non parte subito dalle orde di zombie insanguinati, come sarebbe facile immaginare, ma ci mostra lo spaccato di una scuola dove la piaga del bullismo è imperante, coperto per motivi di interesse dalla dirigenza scolastica e da un corpo insegnanti che preferisce girare la testa dall'altra parte, come lo è il classismo verso chi è meno fortunato e magari sotto sussidio per poter avere il suo sacrosanto diritto allo studio.
Il virus nasce proprio per l'errore di un genitore, preso dalla totale disperazione di non poter proteggere il proprio figlio da tutto questo odio e questa prevaricazione del branco verso il più debole. Il cataclisma zombie proprio per questo però non sarà visto da tutti come "la fine", anzi saranno proprio alcuni, vittime di eterni soprusi fino al giorno prima, a vederla come una nuova esaltante opportunità.
 
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In tutto questo dicevamo, uno sparuto gruppo di giovanissimi sopravvissuti dovrà cercare di portarsi in salvo combattendo non solo gli zombie, ma anche le proprie paure e la delusione di vedersi abbandonati da quegli stessi adulti che avevano sempre creduto essere il loro scudo e la loro protezione. Siamo di fronte quindi a un "teen drama" che non si nasconde dietro un dito, ma capace di offrire molti risvolti interessanti che non possono non essere presi in considerazione nella valutazione generale di un'opera comunque capace di dar forma e immagine a quelle paure ancestrali che da anni sono la fortuna di questo filone, paure rese ancora più attuali con una pandemia globale più che reale e non a caso citata più volte anche nelle corso delle puntate.

 
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Tutto questo permette una visione piacevole sia al fruitore come me, piu smaliziato e fan di questo tipo di intrattenimento, che a quello occasionale, che si sofferma solo qualche volta su questo tipo di titoli, cercando in primis un semplice svago.
Devo dire in effetti che nell'ultimo periodo ho visto diversi titoli coreani di genere horror/sovrannaturale e rimango ogni volta sorpreso della loro capacità di prendere vari elementi della cultura pop e a saperli miscelare con mestiere senza però mai far riferimento eccessivo ad un brand o titolo in particolare. Sembra essere davvero questa la  la mossa vincente, unita a tempi e stile di recitazione molto vicini a quelli occidentali, che li sta portando a conquistare il mondo dell'intrattenimento casalingo nell'epoca di Netflix.
 
"Non siamo più vivi" è un mix di letture manga, videogiochi, animazione, serie e film tv, romanzi a tema zombie che riesce ad amalgamare tutte le sue anime in una storia avvincente, capace di lasciarti ad ogni fine puntata con il desiderio di passare a quella dopo e regalandoti momenti di ottimo intrattenimento per ogni età,  pur nella sua natura di teen drama (che potrebbe far allontanare un target più adulto) e pure nella a volte eccessiva lunghezza di ogni puntata. Da apprezzare il tentativo di fotografare diverse storture della società contemporanea e l'incapacità attuale di molti adulti di proteggere e tutelare le nuove generazioni, situazioni che possiamo ritrovare anche senza spostarci troppo lontano da casa nostra.
Tra inseguimenti, combattimenti tipici da battle shonen, lanci di frecce alla fine c'è anche il tempo di farci la domanda classica che non passa mai di moda: non sarà che i veri mostri sono proprio i vivi?


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