Wuchang: Fallen Feathers – La Recensione a sei mani: Quando l’ispirazione non basta

Il soulslike cinese ci prova, ma vuole troppo senza stringere nulla

di DannyK

Nel panorama ormai affollatissimo dei soulslike, ogni nuovo titolo deve fare qualcosa di più che imitare la formula di FromSoftware. Wuchang: Fallen Feathers, sviluppato dal team cinese Leenzee Games e pubblicato da 505 Games sceglie invece una strada completamente diversa, optando per creare una specie di clone in salsa cinese, senza però cogliere appieno ciò che ha reso famosa la saga dei souls, oppure facendolo fuori tempo massimo. In questa recensione a sei mani e tre cervelli, che abbiamo avuto il tempo di scrivere approfittando di un codice arrivatoci in ritardo, cercheremo di capire cosa funziona, cosa è migliorabile e cosa manca, in questo action RPG ambientato nella Cina della tarda dinastia Ming, tra folklore, spade e piume maledette.
 
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La storia ci mette nei panni di Bai Wuchang, una piratessa guerriera colpita da amnesia e da una misteriosa piaga chiamata Pteromorfosi, che trasforma lentamente gli infetti in creature folli e mostruose, ma che incredibilmente la protagonista riesce a controllare (pur subendo l'amnesia). Il suo viaggio, tra rovine, villaggi e templi dimenticati, è un pretesto per esplorare un mondo decadente e affascinante, visivamente ispirato e ricco di richiami alla mitologia e alla cultura cinese. Ma, come siamo ormai abituati, la narrazione si segue a fatica, soffrendo la frammentazione tipica delle informazioni chiave, affidate a descrizioni di oggetti o dialoghi opzionali, rendendo difficile seguire la trama e capire la lore, se non si ha molta voglia e molto tempo. Il punto più critico della gestione trama è paradossalmente, proprio Bai Wuchang, nonostante il suo nome sia addirittura titolo: l'avatar taciturno e passivo va bene quando si tratta di un "comune" senzaluce, o un non morto prescelto come tanti altri. Se invece l'identità del/della protagonista è ben definita, si dovrebbe quantomeno dare una caratterizzazione che in qualche modo restituisca una tridimensionalità a quella che altrimenti resta un pupazzo in balia di eventi e di npc che le dicono cosa fare. Una scelta molto strana.
 
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Il gameplay segue le regole (e le ambientazioni, una mancanza di originalità che torna spesso in questo genere di titoli) classiche del genere: esplora, sopravvivi, uccidi boss, sali di livello, ripeti. I combattimenti offrono un buon mix di attacchi leggeri, pesanti e tecniche speciali, con un sistema chiamato Battibaleno che premia le schivate perfette con energia da spendere in magie o abilità potenti. Sulla carta, è un’ottima trovata. Nella pratica però il sistema è sbilanciato: le abilità attive risultano troppo incisive rispetto ad altre opzioni (come la magia), e spesso ci si ritrova costretti a giocare in modo difensivo per ricaricare risorse invece di buttarsi nell’azione. Il rischio è che, soprattutto nei combattimenti più lunghi, il ritmo ne risenta. Detto questo, i boss sono - quasi tutti - senza dubbio tra gli elementi più riusciti del gioco: impegnativi ma non impossibili, visivamente ispirati, e capaci di regalare quell’adrenalina (e la soddisfazione di averli battuti) che ogni soulslike cerca di evocare. La componente RPG è davvero troppo infarcita di contenuti, per riuscire a darsi una linea. Oltre a quanto già detto ed all'immancabile loot, abbiamo la gestione della pteromorfosi, della follia (una meccanica anche carina), le varie magie con gli onnipresenti effetti di stato, la personalizzazione degli alberi di abilità, dei potenziamenti passivi e degli attacchi speciali delle armi, il gioco introduce così tante meccaniche da rischiare di soffocare sé stesso ed alla fine porta il giocatore ad appoggiarsi alle basi, più l'unica abilità dell'arma con cui ci si trova bene (nel mio caso, il parry). Chiudiamo con l'ormai totalmente anacronistica assenza del salto, presente fin dal primo Dark Souls (anche si in maniera abbozzata e particolare); non parliamo sicuramente di una feature game changer, ma ad oggi la sua totale assenza fa davvero storcere il naso (e non aiuta nella sospensione dell'incredulità).
 
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Il problema più grosso di Wuchang è che prende troppo e troppo palesemente da altri titoli, in particolare da Dark Souls, ma anche da Nioh, Black Myth: Wukong e persino Sekiro. E non lo fa sempre bene, perché come dice il titolo, l’ispirazione - da sola - non basta. Molte aree sembrano versioni meno riuscite di zone iconiche dei FromSoftware, tra cui un’ambientazione chiaramente ispirata a Blighttown, piena di trappole, imboscate e status negativi. Ma se in Dark Souls questi elementi erano oculatamente dosati per sorprendere e insegnare al giocatore a restare vigile, in Wuchang diventano la norma – fino a risultare frustranti e ripetitivi, cadendo nell'errore che più di dieci anni fa fu di Dark Souls 2: la difficoltà fine a sé stessa. 

Sul piano tecnico, Wuchang: Fallen Feathers è ben realizzato: ho provato il gioco su Xbox Series X, approfittando del fatto che i miei due colleghi lo hanno entrambi giocato su PC. Sia in modalità qualità che performance il gioco è abbastanza fluido e non ci sono cali di framerate durante gli scontri, mentre invece soffre il dettaglio sulla distanza, con un aggressivo effetto LoD, per colpa del quale si notano facilmente animazioni a framerate ridotto per gli NPC appena fuori dal primo raggio di vista. Artisticamente le ambientazioni sono curate ed i nemici ben modellati. La Cina leggendaria rappresentata da Leenzee ha un’identità visiva distinta e affascinante, ed è forse la componente più riuscita dell’intera esperienza.
 
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L'altro elefante nella stanza è però il level design, fiore all'occhiello dei giochi da cui si è presa ispirazione, non all’altezza in questo caso specifico: i livelli sono labirintici e spesso privi di ricompense significative, rendendo l’esplorazione più una fatica che un piacere. E senza una mappa o un vero senso di progressione, ci si perde facilmente in un mondo che sembra grande, ma soltanto inutilmente complesso, oltre che poco generoso. Venendo da Clair Obscur è facile vedere come una buona progettazione spaziale può facilmente sopperire all'assenza di una mappa, mentre in questo caso ci ritroviamo a vagare alla cieca per molti minuti, subendo imboscate e continuando a bruciare cure, senza avere la minima idea di dove trovare un "falò", termine ormai universale per indicare un checkpoint in questi giochi. Spesso alla morte non riusciamo neanche a ricordare quale delle tante diramazioni abbiamo preso, per poi scoprire di aver perso magari tutte la nostra exp in un binario morto senza senso.
 
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Conclusione
Wuchang: Fallen Feathers è un soulslike con alcune idee interessanti, un’ambientazione affascinante e boss fight convincenti, ma afflitto da una progettazione confusionaria, un’identità debole e un’eccessiva voglia di imitare. È un gioco che tenta di essere tutto e finisce per non eccellere in nulla, rimanendo sempre un passo indietro rispetto ai grandi del genere. Non è un brutto gioco, ma è un gioco del 2015 uscito nel 2025, che non ha saputo cogliere ciò che ha reso grande Dark Souls, limitandosi a pensare che più (soprattutto più frustrante) sia sempre meglio. In un’epoca in cui persino il pubblico è assolutamente disposto a dare fiducia a soulslike derivativi (vedi Lies of P), Wuchang sembra una copia scolorita, che può divertire i fan del genere ma che manca di una voce propria. Adesso vi lascio alle opinioni dei miei due esimi colleghi.


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La recensione di Marcello Ribuffo
 
Arrivare alla conclusione di Wuchang è stata un'impresa, non tanto per la sua difficoltà ma per come i ragazzi di Leenzee hanno impacchettato il tutto. Come detto da Danilo, questo titolo possiede la struttura classica di un soulslike ma in questo caso, lo è fin troppo. La voglia di emulare il caposaldo del genere come Dark Souls ha finito per svilire tutto il progetto. Partiamo dal presupposto che il lavoro FromSoftware ha sul groppone ben 15 anni ed è così per come lo conosciamo grazie a un'incredibile serie di fortunati eventi. I tanti tagli subiti durante lo sviluppo hanno in qualche modo impreziosito di magia un lavoro che, nella maggior parte dei casi, sarebbe stato disastroso. Forse nemmeno FromSoftware si capacita del suo successo. Replicarne la formula, dunque, sembra davvero difficile.

Eppure, eccoci qua, con un titolo che forza la mano praticamente su tutto, e mi dispiace dirlo, ma l'essenza di Dark Souls qui non esiste. È come se il team cinese avesse giocato a fondo tutti i lavori From senza capire davvero cosa li renda grandi. Le famose interconnessioni presenti infatti, sono per lo più forzate e spesso anche inutili. Imboscate in sequenza senza poterle intravedere o per lo meno renderle intellegibili. Per non parlare poi dei boss: qui sono abbastanza in disaccordo col collega. Tutti i boss presenti sono realizzati solo e soltanto per spingere il giocatore ad aggirare l'ostacolo più che sfidarlo. Si assiste a uno squilibrio spesso indecente, esacerbato da animazioni con qualche frame di troppo, come quelle della caduta e della cura. 

Insomma, per quanto mi riguarda è un progetto appena sufficiente. In qualche modo ci prova, anche con qualche trovata interessante ma i problemi sono talmente tanti e spesso anche gravi, che difficilmente si può premiare un titolo del genere. Speriamo che futuri update possano migliorare la situazione.

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La recensione di Klarth Curtiss

Premetto fin da subito che la mia sarà una "mezza-recensione", in quanto mi trovo tutt'ora nel bel mezzo del mio playthrough (a circa 15 ore di gioco), tuttavia, pur non avendo ancora terminato il titolo, i difetti evidenziati dai colleghi sono più che evidenti.

La struttura di gameplay ci sarebbe anche alla base di Wuchang, in quanto l'albero delle abilità dedicato alle varie armi è ben curato e permette di personalizzare il proprio stile di gioco, tuttavia le buone intenzioni vanno a farsi benedire quando si viene messi di fronte alle tristi realtà del titolo: moveset e abilità delle armi fin troppo sbilanciati in certi casi (la parata uber alles, che in molte situazioni trivializza completamente gli scontri grazie a frame di invulnerabilità che definire "generosi" sarebbe riduttivo), il sistema di cariche di potenza celeste che dovrebbe incentivare la schivata perfetta ed è invece completamente rompibile investendo in qualche abilità qua e là e così via, la lista è lunga.
Quando si guarda poi il concetto di sfida proposto dallo studio cinese siamo su livelli veramente senza senso: imboscate completamente imprevedibili senza essere passati almeno una volta da un determinato punto, distanza tra i vari "falò" che rasenta l'indecente ed è capace di farci girare anche per un quarto d'ora buono senza riparo sicuro, scorciatoie completamente folli e poco intuitive che non accorciano quasi di nulla il percorso, un'IA dei nemici altalenante, che o si presenta iper aggressiva o si può completamente rompere anche con un semplice tavolino e il concetto della follia che sulla carta risulta anche carino ma all'atto pratico ha lo stesso livello di frustrazione della tendenza di Demon's Souls.

Non aiuta il quadro completo il fatto che la protagonista sia al pari di un NPC qualunque (e quando dai il nome al gioco questa cosa è abbastanza grave) e che il titolo su PC risulti essere veramente un mattone.

Considerato che appena un anno fa Game Science ha saputo regalarci quella perla di Black Myth: Wukong, attingendo dalla stessa identica mitologia e ambientazione, non capiamo come sia possibile un disastro del genere. Non è tutto da buttare, sia chiaro, ma probabilmente consiglierei lo sconto ben oltre la metà prima del recupero.
 


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