Aichaku, l'amore per il Giappone visto dagli occhi di uno straniero LGBTQ+: intervista

Un incontro col produttore, attore e sceneggiatore Christopher McCombs, il cast principale e lo staff del film su Prime Video e GagaOOlala. Un'accorata e approfondita analisi tra storia, temi e personaggi.

di zettaiLara

Di legami preziosi e luoghi amati, ma anche di nodi socio-culturali e tematiche LGBTQ+, oltre che di prospettive che aprono o serrano orizzonti: è una parte di ciò che narra il film Aichaku, pellicola nipponica distribuita in streaming in diversi Paesi dallo scorso aprile 2025, approdata infine su Prime Video e su GagaOOlala anche in Italia dal mese di luglio.
Appare davvero complesso schiudere le svariate sfaccettature di un film che sottende uno sguardo internazionale, o per meglio dire "straniero", di chi appartiene per di più a una minoranza sessuale.

AICHAKU cover
 
L'incontro di AnimeClick con il produttore, sceneggiatore e attore protagonista Christopher McCombs ha fatto scaturire la possibilità di condurre una multi-intervista a diversi membri del cast e allo staff tecnico del film. Un'occasione di cui non solo siamo oltremodo grati, ma che crediamo consenta inoltre di sollevare uno a uno i tanti peculiari strati di cui si compone il film, focalizzando lo sguardo anche su problematiche spinose e le opportunità per il futuro di un Giappone ancora fortemente bisognoso di dialogo, di incontri e scontri, di crescita e apertura.

Per la versione completa in lingua inglese dell'articolo, cliccare QUI.

 
Recensione breve
 
“Ognuno di noi ha la sua ‘cosa’, che sia un oggetto, un luogo o una persona. Come esseri umani ci affezioniamo istintivamente a qualcosa che ci fa sentire al sicuro o ci rende felici” (Michael Williams, regista).
 
Il primo legame che stringiamo dopo la nascita è quello con la madre.
 
“Poi, crescendo, queste relazioni si espandono fino a includere l'attaccamento alle cose’, l'attaccamento ai luoghi’ e l'attaccamento a persone speciali” (Raito Nishizaka, regista).


La parola giapponese aichaku esprime proprio l’attaccamento che si prova verso cose, luoghi o persone e non a caso è stata scelta come titolo per un film che parla di legami affettivi e dell’importanza che questi hanno nel corso della nostra vita.
Ambientato in una cittadina nella campagna di Chiba, Aichaku racconta infatti diverse forme di amore: l’amore fra Lucas e Ken, un expat americano che insegna in una piccola scuola di inglese e un giapponese di origini miste che ancora non sa che direzione dare alla sua vita; l’amore di Lucas per il Giappone e per un vecchio locale abbandonato; i legami profondi di entrambi con i membri della famiglia.
È un film che parla di relazioni, di desideri e scelte di vita, di cosa significhi vivere da stranieri in un Paese che non sempre sa essere accogliente, ma a cui sentiamo in qualche modo di appartenere.
I due temi principali che l’autore (Christopher McCombs) e i registi hanno sottolineato a più riprese sono proprio l’amore omosessuale e l’attaccamento al Paese in cui si è scelto di vivere; temi che sono stati sviluppati con in mente un pubblico internazionale. Per questo motivo l’aspetto linguistico è fondamentale ed è trattato in modo interessante e sorprendente.
Anche la colonna sonora gioca un ruolo importante: le canzoni sono state scritte appositamente per il film e contribuiscono a raccontare quello che sta accadendo.
 
Christopher McCombs e Christopher Nishizawa

Ogni aspetto è curato nei minimi dettagli, dalla recitazione impeccabile alla splendida fotografia.
Le interpretazioni degli attori sono tutte eccellenti e ciascun personaggio è decisivo per lo sviluppo della storia. Anche nei ruoli secondari troviamo delle piccole perle.
I due protagonisti sono individui molto diversi, ma la chimica che si crea fra loro è così intensa che trascina lo spettatore nel loro universo emotivo.
Lucas è un ragazzo gentile e sensibile (a cui si addice perfettamente la voce dolce di McCombs), ma allo stesso tempo è determinato e ha le idee chiare su quello che vuole realizzare.
Ken, apparentemente più macho sia nel fisico che nel carattere, è in realtà molto fragile e attraversa un momento delicato della vita in cui si sente smarrito.
Le giornate dei due uomini procedono in parallelo, finché un incontro casuale fa scattare fra i due un’immediata connessione.
Il rapporto che si sviluppa nell’arco di tre giorni porterà entrambi a una maggiore consapevolezza di sé e a scelte importanti per il futuro.
Christopher McCombs, sceneggiatore, produttore e interprete di Aichaku, ammette di aver sentito a lungo la mancanza di opere a tema LGBTQ+ che avessero un lieto fine e di averne tenuto conto nel realizzare un film che rappresentasse queste istanze in Giappone.
Che abbia o meno un lieto fine starà a voi scoprirlo, ma sicuramente Aichaku trasmette molte emozioni positive, nonostante non manchino momenti di angoscia, conflitto e scoraggiamento di fronte alle difficoltà della vita quotidiana.
È un’opera che diverte ed emoziona, che incuriosisce su temi e luoghi che non a tutti sono familiari e che lascia con un senso di speranza nelle possibilità della vita e nella forza dei legami.
Autore: BeneS
 
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Intervista

 
Partecipano all'intervista i registi Raito Nishizaka e Michael Williams, gli attori protagonisti Christopher McCombs (che è anche produttore e sceneggiatore dell'opera) e Christopher Nishizawa, le attrici Cynthia ChestonKaori TakeshitaYayoi Fujiwara e l'attore Koichi Sakaguchi.

 
Il tema dei "gaijin" e la situazione LGBTQ+

Animeclick: salve e grazie innanzitutto per averci concesso questa intervista.
Possiamo osservare fin da subito che uno dei temi principali del film è la difficoltà per uno straniero di costruirsi una vita in Giappone, sia dal punto di vista burocratico che per i pregiudizi che permeano la vita quotidiana.
Come McCombs ha affermato in una precedente intervista, i film BL non sono noti per trasmettere forti messaggi sociali; tuttavia in Aichaku troviamo un buon equilibrio fra le atmosfere romantiche e il senso di frustrazione e isolamento che il protagonista sperimenta.

AC: come è stato accolto il film dal pubblico giapponese? L’atteggiamento nei confronti degli stranieri è qualcosa di cui si ha consapevolezza, e ritenete che il film abbia contribuito a sensibilizzare il pubblico su questo tema?


Christopher McCombs: penso che, nel complesso, il film sia stato accolto molto bene in Giappone. Abbiamo ricevuto una risposta molto calorosa sia dalla comunità Boys’ Love che dai mass media LGBTQ+. Quest’anno sono andato al Tokyo Gay Pride con i membri del cast e della troupe del nostro film, e sono rimasto molto toccato da quante persone mi si sono avvicinate e mi hanno abbracciato dopo avermi detto che avevano visto Aichaku. Ho lavorato qui in televisione per molti anni e le persone spesso sono molto cordiali, ma distaccate quando ti salutano. Probabilmente è perché si tratta di un film se le persone reagiscono in modo diverso, ma io credo che sia perché c’è qualcosa nella pellicola che le ha emozionate. Spero che sia per questo. 
In generale, penso che, se non si è mai vissuto in un altro Paese, è difficile capire cosa voglia dire essere un forestiero. È veramente complicato comprendere la fragilità di un visto e, di conseguenza, di come ci si possa sentire instabili se non si ha mai avuto bisogno di possederne uno.
Non sono sicuro che sia semplice rendere le persone nel mondo più consapevoli riguardo a cosa significhi essere uno straniero, ma questo non significa che noi dovremmo smettere di provarci!


AC: qual è il punto di vista del regista Raito Nishizaka e dei membri giapponesi del cast al riguardo?

Christopher McCombs: con Aichaku siamo stati molto fortunati ad avere due registi. Michael Williams è inglese ed è profondamente connesso con le difficoltà riguardanti il visto e i problemi di Lucas, tanto che essi sono basati sulla sue esperienze personali qui. Durante le audizioni, siamo stati anche così fortunati da trovare Emika Kamieda e Yayoi Fujijwara che hanno entrambe avuto esperienze nel vivere da straniere in un altro Paese. Era molto importante per me, raccontando la storia dal punto di vista di Lucas, avere membri del cast e dello staff che potessero comprendere, almeno in parte, cosa volesse dire questa esperienza. 
Oltre a questo, i membri del nostro cast e dello staff che non avevano vissuto questa vicenda erano molto curiosi di chiedere come ci si sentisse e vogliosi di informarsi a proposito di come è avere un visto e vivere in Giappone. Sono rimasto molto colpito dalle domande di Raito Nishizaka e Christopher Nishizawa durante le prove e le riprese del film.

 
Emika Kamieda

AC: un altro tema importante è quello dell’amore omosessuale e della sua accettazione.
Il piano escogitato da Marie per risolvere allo stesso tempo il problema del visto e il bisogno di vivere liberamente la propria sessualità è molto interessante, perché sembra voler presentare allo spettatore l'idea che sia necessario ideare degli stratagemmi per piegare le regole del mondo ai propri bisogni finché il mondo non si dimostrerà capace di un cambiamento reale.
Sulla base delle vostre esperienze, questa è una situazione che accade spesso nella vita reale?
Avete avuto modo di raccogliere testimonianze di persone che si sono trovate obbligate da necessità a prendere questo tipo di decisioni?


Christopher McCombs: certamente! Conosco diverse coppie in cui uno dei due è un membro della comunità LGBTQ+ e l’altro è eterosessuale oppure entrambi sono LGBTQ+, sia negli USA che in Giappone. Non è così insolito anche nel 2025, soprattutto dal momento che non si hanno opzioni comprensibili e legittimanti per coppie dello stesso sesso, SOPRATTUTTO in Giappone.
A essere onesti, sono stato un po’ sorpreso da come alcune recensioni abbiano trovato irrealistica la soluzione di Marie e Lucas ai loro problemi riguardanti l’immigrazione in Aichaku. Pur considerando questo, se non si conosce nessuno che si sia trovato in quella situazione, posso capire come si possa trovare sorprendente che questo tipo di matrimoni di convenienza avvenga ancora… vogliamo quindi brindare a un futuro in cui non siano più necessari!


AC: signor McCombs, lei vive e lavora in Giappone da 16 anni. Potrebbe raccontarci com’è nato il suo amore per questo Paese e com’è stato per lei integrarsi in quanto straniero e membro della comunità LGBTQ+?

Christopher McCombs: nel mio caso, la mia storia d’amore con il Giappone è cominciata ben dopo essere arrivato qui, non necessariamente prima. Quando ero piccolo, mio padre era appassionato di tecnologia e comprò un Super Famicom, molti anni prima che il Super Nintendo fosse disponibile negli Stati Uniti. Ho dei ricordi molto cari di mio padre, mio fratello Matthew ed io seduti a giocare a Final Fantasy V e Seikendensetsu 3 (Trials of Mana) in giapponese, con un dizionario di giapponese davanti a noi, cercando di capire il significato dei caratteri. Mi sono davvero innamorato della scrittura e del mistero che si celava dietro i kanji, lo hiragana e il katakana.
Quando ho iniziato a lavorare come modello a Las Vegas, ho usato i soldi che stavo guadagnando per cominciare a studiare il giapponese, in modo da realizzare quel desiderio d’infanzia. All’inizio ho preso delle lezioni private, poi sono tornato al college per avere una qualificazione ufficiale. Dopo circa un anno di studi, ho ricevuto un’offerta da una rivista per cui avevo fatto il modello: si trattava di andare a Tokyo come reporter, in quanto avevano bisogno di qualcuno che parlasse un po’ di giapponese. Dopo appena una settimana trascorsa qui in Giappone, ho capito che a Tokyo potevo lavorare bene e ho trovato un’agenzia che mi rappresentasse. Non molto più tardi mi sono trasferito definitivamente. Non sapevo molto sul Giappone prima di arrivare qui, e in questo senso il mio amore per il Paese e per la sua cultura si è formato organicamente nel tempo. È stato bello scoprire il Giappone senza pregiudizi. Sento che questo mi ha permesso di averne un’immagine chiara, nel bene e nel male. Mi ha anche aiutato con alcuni problemi di integrazione, in quanto non sapevo davvero nulla al di là di alcune nozioni di lingua, e pertanto ho dovuto semplicemente reimparare tutto da capo, come farebbe un bambino. Per quanto riguarda l’appartenenza alla comunità LGBTQ+, sono stato molto aperto sulla mia sessualità fin dal mio arrivo qui e ho fatto coming out nel mio primo lavoro televisivo regolare come reporter, in un notiziario in diretta chiamato “Go Ji Ni Muchuu”. Di conseguenza ho avuto qualche problema con i casting e ho perso un lavoro o due, ma questa è un’altra storia.


AC: signor McCombs, qual è stato il suo pubblico di riferimento per Aichaku?
Ha pensato in primo luogo ai membri della comunità LGBTQ+, tutt’ora poco rappresentati nelle produzioni cinematografiche, oppure aveva in mente un pubblico più ampio, allo scopo di sensibilizzare su questi temi e normalizzare la rappresentazione dell’amore omosessuale?


Christopher McCombscosì come per tutti i lavori portati avanti dalla Tokyo Cowboys, volevamo davvero che quante più persone possibili si sentissero invitate a guardare Aichaku.
Volevamo che i membri della famiglia LGBTQ+ avessero il loro posto, ma che anche la comunità Boys’ Love si sentisse accolta, così come chiunque avesse un interesse per la cultura giapponese in generale.
Inoltre speravamo di poter raggiungere altri espatriati o persone interessate a cosa significhi vivere da stranieri in un altro Paese. Avevamo visto molte storie di stranieri in difficoltà ambientate in America, ma non avevamo mai sentito la storia di un americano che, provando a vivere in un altro Paese, avesse problemi con l’immigrazione.
 
Christopher McCombs e Christopher Nishizawa

AC: signor McCombs, abbiamo notato che, nel descrivere il film Aichaku, lei lo definisce allo stesso tempo “film gay” e “film BL”. Soprattutto per quanto riguarda le opere giapponesi, viene spesso sottolineata la differenza fra queste due terminologie, contrapponendo le opere LGBTQ+ (create da e per persone appartenenti a questa comunità) a quelle di genere BL / Yaoi (create spesso da donne per un pubblico femminile).
Come sottolineato anche nella video-recensione di Boys Love Folie, Aichaku sembra appartenere di diritto alla prima categoria, ma allo stesso tempo raggiunge un buon equilibrio fra la poesia un po’ ingenua dei BL e il realismo di un film LGBTQ+.
Lei che cosa ne pensa? Ritiene che i due generi si stiano in effetti avvicinando o pensa che sia importante mantenere questa distinzione?


Christopher McCombs: la mia interpretazione della differenza fra un film “gay” e un film “Boys’ Love” è che il primo tratta di temi sociali e culturali, mentre l’altro è permeato di fantasia e romanticismo. Per me questi due aspetti non devono essere separati. Nessuno vuole ingoiare una pillola amara, e Aichaku racconta le parti più amare della storia con un rivestimento dolce. Le risate e l’amore spesso circondano le avversità nella vita reale, e credo che la storia d’amore di Lucas e Ken suoni vera perché ha lo stesso tipo di equilibrio fra amarezza e dolcezza.
Ci saranno persone insoddisfatte su entrambi i lati dell’equazione? Sì. Non credo che ci siano scene abbastanza esplicite per certi fan del “cinema gay” e probabilmente ci sono troppi messaggi sociali per alcuni fan dei “BL”. Però alla fine credo che Aichaku venga visto come una “commedia romantica” dalle persone che si posizionano fra i due generi, e questo mi rende molto felice.

 
Regia e sceneggiatura

AC: abbiamo apprezzato molto la scelta di far scorrere le scene parallele, con i personaggi principali che si svegliavano un giorno dopo l'altro.
L'abbiamo trovata molto poetica. Come vi è venuta l'idea? L'avete pensata fin dall'inizio così come è stata realizzata alla fine, o avete apportato modifiche in corso d'opera?


Christopher McCombs: gli inizi di ogni giornata in parallelo erano parte della prima bozza di Aichaku e sono molto contento che abbiano resistito fino alla fine. Ci sono due ragioni per cui li abbiamo mantenuti. Innanzitutto volevamo dare una leggera sensazione di “pagina manga” con quelle inquadrature, per strizzare un occhio alla nascita del genere Boys’ Love in forma di manga. Per quanto riguarda poi la struttura della storia, volevamo mettere in evidenza velocemente alcuni tratti della personalità e delle differenze tra Ken e Lucas. E in più, mi piace davvero molto come le loro mattinate cambino velocemente nel corso del film. Soprattutto nella terza e nella quarta giornata! Amo davvero le canzoni che abbiamo scelto per quelle mattine. Tre di quelle canzoni sono state scritte da un’artista che amo, di nome Ananda Jacobs, appositamente per il nostro film… e in più suo padre canta proprio la canzone del secondo giorno!

AC: abbiamo apprezzato anche la colonna sonora originale, che, come da voi detto in interviste precedenti, "ha contribuito a creare l'atmosfera vissuta e familiare che caratterizza molte delle location" e, allo stesso tempo, valorizza i momenti di riflessione e interazione silenziosa tra i personaggi.
Nello stesso tempo, abbiamo notato che molte scene sono state lasciate con la sola interazione dei personaggi sullo schermo, senza musica di sottofondo. Nel complesso, questo trasmette un senso di introspezione , ma allo stesso tempo aggiungere un po' di musica avrebbe potuto favorire il coinvolgimento emotivo degli spettatori.
È stata una scelta intenzionale? Potreste raccontarci di più a riguardo?


Christopher McCombs: c'è stato un momento, quando eravamo alla ricerca delle location adatte, nel quale una vecchia radio stava suonando da qualche parte in lontananza e vi risuonava una canzone familiare degli anni ‘50. In quel momento ho realizzato che quello specifico stile e atmosfera erano adatti per l’ambientazione di Aichaku in una vecchia città. Gli edifici sono fatiscenti, i mobili sono usurati, la vernice si sta scrostando… e tuttavia la sensazione è di qualcosa di familiare e confortevole allo stesso tempo, quando viene associato al sound di quell’epoca. Penso anche che la familiarità con quel tipo di musica abbia aiutato alcune persone che non sarebbero state necessariamente a loro agio con i temi di Aichaku a sentirsi a loro agio in questo mondo. Davvero, devo molto a Takahiro Nomiya, Ananda Jacobs, DJ L Spade, Klassixjones e a tutti i musicisti che ci hanno aiutato così tanto!
Alcune delle conversazioni più intense che abbiamo nella nostra vita sono definite dai suoni dell’ambiente nel quale ci troviamo in quello specifico momento, e in Aichaku non volevamo sottrarci a questo aspetto.
La campagna giapponese ha una sua meravigliosa musica caratteristica, soprattutto in estate. Le scene che non hanno musica sono state lasciate intenzionalmente alla musicalità naturale della location e della situazione nella quale si svolgono.

 
Aichaku - Christopher McCombs e Christopher Nishizawa
© Fotografo Yusuke Arai

AC: la storia si svolge in un arco di tempo molto breve, il che significa che i protagonisti principali riescono ad aprirsi completamente l'uno con l'altro sulle proprie vite in un solo giorno di conversazione. Connessioni così forti possono verificarsi anche nella vita reale, ma sono piuttosto rare da trovare. Questa scelta temporale è stata ispirata da una o più storie d'amore realmente note all'autore, o è dovuta solo alla necessità di condensare gli eventi in un arco di tempo così breve?

Christopher McCombs: Tokyo è strana per il fatto che, nonostante sia una città così grande, spesso ci si trova a girare ripetutamente per gli stessi posti. Il risultato è che ci si trova a incontrare le stesse persone, ma senza avere mai una possibilità di parlare con loro. Ogni tanto, può capitare che mi trovi nella situazione di dover parlare all’improvviso con una di queste persone che ho visto in giro ed è come spalancare una diga: ho avuto coscienza di loro e loro hanno avuto coscienza di me per così tanto tempo, ma di fatto non sappiamo nulla l’uno dell’altro per davvero. È una sensazione frenetica e intensa, quella di cercare di rimediare a tutto il tempo perso nel quale avremmo potuto essere amici. Quando stavo scrivendo la sceneggiatura, ho immaginato che probabilmente Ken e Lucas si fossero visti l’un l’altro molte, moltissime volte, ma che semplicemente non si fossero mai scambiati una parola fino a quel fatidico giorno, nel parcheggio di fronte alla scuola di lingua.
Non c’era una necessità pratica di condensare il film in quei quattro giorni. Semplicemente la sensazione era che fosse il giusto lasso di tempo per trasmettere il tipo di connessione che Ken e Lucas hanno avuto.

 
Location e legami

AC: la storia ha luogo in un piccolo centro e il film è stato girato in campagna, fuori dalle atmosfere caotiche delle grandi città nipponiche. Ci viene da pensare che si voglia così rappresentare il concetto che vivere nelle zone rurali, per uno straniero, presenti difficoltà maggiori rispetto alle opportunità che può fornire una metropoli come Tokyo.
E’ una supposizione esatta, oppure per uno straniero è ugualmente complicato lavorare e mantenersi in Giappone, indipendentemente da dove sceglie di voler vivere?


Michael Williams: per gli stranieri la vita può essere una sfida ovunque in Giappone, ma è certamente più ardua nelle zone rurali. Una volta che si va fuori dalle città, per strada si diventa piuttosto riconoscibili. Ho parlato con persone che lavorano come insegnanti di lingua inglese in campagna e me lo descrivono come 'essere osservati 24 ore su 24, sette giorni su sette'. Qualcuno aggiungeva anche di come si fosse recato al lavoro e lì fosse stato rimproverato di aver bevuto in un giorno feriale, semplicemente per il fatto che qualcuno lo aveva visto comprare un pacco di birra al supermercato, e in un istante si era sparsa la voce che 'lo straniero si stava ubriacando'.
Se a tutto questo si aggiunge l'appartenenza alla comunità LGBTQ+, la pressione aumenta ulteriormente. Il Giappone rimane a tutt'oggi un Paese piuttosto conservatore, essendo l'unica nazione del G7 che non ammette il matrimonio tra omosessuali. Essere gay è sicuramente qualcosa che potrebbe essere motivo di emarginazione per una persona che si ritrova in un paesino, circondato solo da generazioni più anziane.
Quando si tratta di appuntamenti, il bacino potenziale è assai più limitato, soprattutto quando si cercano relazioni LGBTQ+, a causa delle dimensioni della popolazione. Nelle città ci sono comunità e club dove è possibile trovare persone, ma vivere in campagna costringe invece a doversi spostare nella città più vicina ogni fine settimana, per sfuggire a occhi indiscreti e trovare un partner.


AC: tra i messaggi più forti del film troviamo anche quello legato al titolo, “aichaku”: quella connessione viscerale che il protagonista Lucas sente anche nei confronti del Giappone, il senso di appartenenza, l’idea di essere “dove devi, in questo posto che ami da impazzire, e credi che un giorno esso possa ricambiare il tuo amore.”
Senza svelare se Lucas verrà o meno ricambiato in questo, ci piacerebbe chiedere il vostro pensiero a riguardo: ben più di uno straniero viene a vivere in Giappone o vorrebbe farlo, mosso da una connessione davvero intima e profonda nei confronti della sua cultura, della sua lingua e delle sue tradizioni. Che cosa ne pensano i giapponesi? Ne sono consci, e se sì fino a che punto?
Quanta strada ritenete ci sia ancora da fare da parte delle istituzioni e della società, affinché questo tipo di amore possa scorrere maggiormente libero da vincoli?


Michael Williams: penso che, in generale, le persone giapponesi non si rendano conto delle svariate sfide che esistono per gli stranieri che vivono e vogliono continuare a vivere qui. La richiesta del visto e il sistema del suo rinnovo è qualcosa di davvero complicato a cui pensare, a causa dei diversi documenti che vengono richiesti. Una delle cose di cui ho avuto esperienza e che ha sorpreso le persone giapponesi sono i problemi con le banche. Al momento a Tokyo servono due mesi per le procedure di rinnovo dei visti. Però, se la tua tessera scade prima che la nuova venga emessa, allora molto semplicemente tutte le banche bloccano all’istante i tuoi conti, fino a che non potrai dimostrare loro che hai una richiesta di visto in corso. L’altro grande problema riguarda le case. Tecnicamente è illegale negare un alloggio a uno straniero, ma non c’è nessuna penale associata a questa legge. Di conseguenza, quando si cerca un nuovo appartamento, spesso i proprietari rifiutano immediatamente la richiesta e non c’è niente che si possa fare per impedirlo.
Quando stavo cercando l’appartamento in cui vivo attualmente, l’impiegato dell’agenzia immobiliare ha telefonato al proprietario e ha detto “E’ uno straniero…” ed è stato immediatamente zittito da un velocissimo “NO”. Quindi l’agente ha replicato “No, no, non è cinese o vietnamita. Viene dall’Inghilterra.” Con un grugnito, il proprietario ha infine risposto “Okay, forse.” Questo tipo di razzismo e xenofobia così esplicito è comune, tuttavia non ritengo che in generale le persone giapponesi si rendano conto che questo sia un problema. Basandosi sull'attuale clima politico, la sensazione è anche che un sacco di giapponesi non si rendono nemmeno conto che gli stranieri pagano le tasse, le pensioni e i contributi per il sistema del welfare nipponico. Ciononostante, penso che sia possibile per le  persone sentire ricambiato il proprio amore.
Sono stato molto fortunato durante i miei dieci anni in Giappone, perché ho potuto fare un sacco di belle cose. Un po’ di anni fa ho collaborato con la città di Kawasaki per tenere un seminario nel loro centro internazionale e apparire sul loro magazine locale come uno straniero di spicco che abitava in città. Ho avuto occasioni in abbondanza in cui mi sono sentito accettato e integrato nella società, ma poi ogni tanto ci sono quei momenti in cui le cose semplicemente si rivoltano dall'altra parte. Nessun Paese è perfetto, e dunque finché si è preparati per tutto ciò che vi potrebbe accadere, si può essere sicuramente pronti anche a sentire quell’amore venire reciprocato.

 
Kaori Takehashi e Yayoi Fujiwara
 
Figure materne

AC: il film ci presenta due figure materne molto forti che non si lasciano trasportare dai pregiudizi, ma che sono sempre dalla parte dei figli. Come mai questa scelta? Come riferimento è stato preso un rapporto madre-figlio in particolare?

Christopher McCombs: non posso parlare a nome di tutto il Giappone, ma durante i miei sedici anni trascorsi qui, ho incontrato alcuni genitori comprensivi e molto solidali. La cosa principale che vogliono per i loro figli è la felicità, che loro siano gay, etero, sposati, single o in qualsiasi altra situazione. Nel contempo, ho anche una madre incredibile e molto comprensiva, che è tanto veloce a risolvere i problemi con logica quanto con i suoi “cerotti emotivi”, spesso usando entrambi insieme per districare una situazione problematica. Desideravo sinceramente che le madri in Aichaku fossero lo specchio di questo aspetto, e sono molto orgoglioso di entrambe, sia di Cynthia che di Kaori.
Abbiamo conosciuto Kaori (Yoshiko) tramite le audizioni e lei assomigliava così tanto a Yayoi (Marie) che era impossibile non scritturarla per il ruolo della madre. Circa a metà della sceneggiatura, mi sono reso conto che stavo scrivendo il ruolo di Chathy per Cynthia Cheston, perché lei aveva già interpretato il ruolo di mia madre in precedenza e abbiamo lavorato diverse volte insieme. (Lei ha anche ottenuto l’ambito marchio di approvazione dalla mia vera madre. Ahahah!) Ho offerto direttamente la parte a Cynthia davanti a un caffè e dei pancake in un café a Nakano.
La adoro per aver avuto così tanta fiducia in me da accettare senza neanche chiedere di leggere prima la sceneggiatura.


AC: signora Takeshita, com’è stato per lei interpretare il ruolo di Yoshiko? Si è ispirata a esperienze personali?

Kaori Takeshita: mi sono concentrata sul costruire uno stretto legame con Yayoi Fujiwara, che recita nella parte di mia figlia Marie. Abbiamo parlato a lungo durante le pause e gli spostamenti per le riprese, e ho sinceramente cercato di essere una stretta confidente nella sua vita di tutti i giorni. Durante le riprese, dal momento che Yayoi parla fluentemente l’inglese, ho fatto costantemente affidamento su di lei, ed è stato come percepire la medesima relazione che c’è tra noi nel film.
Per quanto riguarda la mia interpretazione di Yoshiko, un po’ di tempo fa sono stata male un po’ di tempo fa dopo aver subito un’operazione chirurgica. Dopo l’operazione non avrei più potuto avere figli. Quando lo dissi a mia madre, mi sentivo un fallimento come donna e una disgrazia per i miei genitori. Lei mi ha risposto, “Per dei genitori, anche solo avere la propria figlia viva e in buona salute è sufficiente.” Sono sicura che anche Yoshiko sente che anche solo il fatto di avere Marie viva e che sta bene sia abbastanza, per lei. Questo pensiero mi ha aiutato a dare ispirazione alla mia performance.


AC: potremmo dire che Cathy, interpretata da Cynthia Cheston, si trova a svolgere in un certo senso anche il ruolo della madre di Ken.
Signora Cheston, pensa che sia stata giusta la decisione di Ken riguardo all'incontro con la sua vera madre? Se Ken avesse chiesto a Cathy un consiglio, gli avrebbe suggerito di provare a incontrarla?


Cynthia Cheston: interpretare Cathy è stata un’esperienza entusiasmante. Lei incarna la forza, l’amore, l’apertura e la franchezza di una vera madre, condividendo la sua saggezza così che la nuova generazione non ripeta gli stessi errori del passato. Ho sentito come il suo percorso abbia aiutato Ken a ridurre la distanza con la sua famiglia, il che sottolinea l’importanza di ricucire quei legami. Christopher McCombs scrive sempre parti che riflettono l’evoluzione di una donna nella vita e Cathy ha trovato riscontro con il mio stesso percorso.
 
Yayoi Fujiwara

AC: Marie è una figlia difficile con cui avere a che fare: ha un carattere forte e pensa di essere sempre un passo avanti alla madre Yoshiko, interpretata da Kaori Takeshita, quando lei in realtà ha capito più di quanto sembri. È stato divertente recitare questa parte? Aveva in mente situazioni di vita reale a cui ispirarsi?

Kaori Takeshita: è stato molto divertente interpretare la parte della cospiratrice!
Non penso di essere stata in nessun modo simile a Marie come figlia, ma mia madre assomiglia a Yoshiko. Lei è ficcanaso, sonda e prepara sempre il terreno anche quando non le viene chiesto. In un certo senso, si potrebbe dire che lei è più come una tipica zia giapponese che una madre.

 
Il personaggio di Ken

AC: signor McCombs, lei dice di aver scritto la parte di Ken appositamente per Nishizawa.
Può raccontarci com’è nata questa collaborazione e com’è stato lavorare insieme? Nel film la chimica tra i protagonisti è pazzesca, quindi sarà stato fondamentale avere una buona intesa sul set.


Christopher McCombs: ho incontrato Christopher Nishizawa durante un pranzo conoscitivo in un periodo nel quale stavo valutando diversi progetti verso la fine del 2022. Con mia sorpresa, abbiamo finito per parlare per circa quattro ore e ho capito che avrei voluto creare qualcosa che prevedesse il suo coinvolgimento. Dopo quell’incontro, mi ci sono voluti circa sei mesi, trascorsi a intervistare persone in diverse parti del Giappone, prima di trovare la giusta storia per noi e per la Tokyo Cowboys.
In realtà all’inizio volevo davvero lavorare a un cortometraggio, ma considerando la chimica naturale che io e Chris abbiamo, ho abbandonato quell’idea abbastanza velocemente, in favore di un film vero e proprio. Sia io che lui siamo entrambi persone fisiche e tattili, molto orientati ad agire piuttosto che a parlare di qualcosa fino allo sfinimento. Anche se questo era il primo ruolo da protagonista di Chris, penso che Ken e Lucas siano molto naturali in Aichaku perché la connessione tra noi c’era già da molto prima che iniziassimo a prepararci a girare la pellicola.

 
Onsen

AC: signor Nishizawa, da quanto ci risulta, questo per lei è stato il primo ruolo da attore protagonista in un film. Come si è sentito a interpretare un personaggio così sfaccettato? E com’è stato recitare insieme a McCombs?

Christopher Nishizawa: è stata una grande sfida! A dire il vero, per la maggior parte del tempo ero molto preoccupato nel pensare se lo stessi facendo bene o meno. Comunque ho fatto un po’ di domande e ho fatto del mio meglio quando era il momento di imparare ciò che ancora non sapevo.
Chris mi ha davvero aiutato nella fase preliminare, nelle prove e durante le riprese. Mi ha offerto un sacco di supporto nel portare Ken alla vita e gli sono grato sotto molti punti di vista.


AC: il suo personaggio è taciturno e cela dentro di sé diverse emozioni che esplodono solo in determinati momenti. Come interpreta questo atteggiamento di Ken? Si rispecchia, almeno in parte, nel personaggio?

Christopher Nishizawa: io sono una persona molto diretta. A dire il vero, la personalità chiusa e indiretta di Ken è stata molto frustrante per me. In ogni caso, c’è stato un periodo nella mia vita in cui ho avuto difficoltà a esprimermi e non riuscivo a comunicare molto bene con le persone. Penso in questo modo di essere riuscito a comprendere i sentimenti di Ken.

AC: nonostante Ken sia piuttosto ombroso, la recitazione riesce a far trasparire le sue emozioni anche attraverso quel velo di silenzio che lui impone a sé stesso.
Come ci si prepara a trasmettere sentimenti profondi quando non si possono utilizzare le parole ma solo lo sguardo e le pose del corpo? È stato difficile?


Christopher Nishizawa: recitare in quel modo è stato molto difficile! Ricordo di aver chiesto “Così andava bene?” un sacco di volte dopo le riprese sul set. In ogni caso, Chris e il team mi hanno aiutato a recitare sempre meglio di volta in volta!
 
Il personaggio di Marie

AC: il personaggio di Marie ha portato forse al plot-twist più divertente e affascinante del film, rinforzando il tema sociale con il tema del suo patto con Lucas.
Yayoi Fujiwara, lei come ha percepito l'importanza del suo ruolo all'interno del film? Le ha fatto piacere?


Yayoi Fujiwara: penso che Marie sia stata essenziale nelle vicende narrate perché senza il suo supporto, l’amore che nutre per le persone alle quali tiene sinceramente, e la sua naturale sfrontatezza, la storia non sarebbe sembrata completa. Specialmente Lucas, Marie lo capisce per davvero, appartenendo anch’essa a una minoranza come orientamento sessuale, lei è passata per situazioni simili alle sue: vivere in ambienti in cui si è spesso incompresi quando si è diversi, avere a che fare con il (pre)giudizio o la mancata accettazione da parte della società, avere paura che i tuoi cari possano non accettare il vero te stesso. Queste esperienze la rendono ragionevolmente consapevole delle lotte altrui riguardanti l’identità e l’accettazione. All’inizio può sembrare misteriosa, addirittura un po’ distaccata, ma in realtà è davvero empatica ed è una grande osservatrice. Non ha paura di compiere azioni coraggiose per aiutare chi le sta intorno, e questo aggiunge davvero una certa energia e imprevedibilità alla storia.
Mi sono divertita davvero molto a interpretare Marie perché la sua personalità ha talmente tante sfaccettature; la sensazione è stata quasi quella di recitare nella parte di più personaggi diversi allo stesso tempo. Più esploravo la sua persona, più mi innamoravo di lei per la sua unicità e profondità.
Mi sento davvero onorata di aver potuto impersonare un personaggio così importante in questo film.

 
Christopher McCombs e Yayoi Fujiwara

AC: si è parlato della possibilità di un sequel sulla vita di Marie. Quali sviluppi le piacerebbe vedere per il suo personaggio?

Yayoi Fujiwara: amerei alla follia vedere Marie scoprire di più su se stessa in Aichaku 2, compresi i suoi desideri romantici, la sua espressione di sé, e la sua prospettiva sulla vita in generale. Dopo ciò che ha compiuto in Aichaku, penso che in un sequel si sentirebbe più libera e meno costretta. Tornare negli USA -dove la gente valuta l’individualità personale e l'espressione di se stessi- per inseguire ciò che vuole davvero potrebbe renderla ancora più forte e sicura di sé.
E’ eccitante immaginarla aprirsi a nuove relazioni ed esperienze, lasciandosi andare ad essere vulnerabile mentre allo stesso tempo affronta le sfide che incontra lungo la sua strada. Vederla crescere in questo modo -mentre allo stesso tempo conserva la sua forza e l’acume del suo carattere- sarebbe di un'ispirazione incredibile, e sarei così elettrizzata di vedere questo lato di lei!

 
Il personaggio di Nobu

AC: a parte il padre di Ken, che pesa con la sua assenza, Nobu è l'unica figura paterna nel film.
Inizialmente può sembrare antipatico allo spettatore, ma poi si riesce davvero a percepire il suo lato umano e si comprende che i suoi modi bruschi verso Ken erano causati dal desiderio profondo di vedere il nipote felice.
Diversi sono i fattori che rendono l'espressione dei propri sentimenti piuttosto complessa nella cultura giapponese.
Signor Sakaguchi, qual è il suo pensiero in proposito, anche alla luce del personaggio da lei interpretato?


Koichi Sakaguchi: in Giappone c’è un genere teatrale chiamato Noh. Il Noh prevede di indossare maschere e costumi, limitare le espressioni facciali e i movimenti, così da trasmettere l’energia universale agli spettatori che guardano esclusivamente con il cuore. È questa l’essenza di questo stile di spettacolo.
Credo che i giapponesi possiedano una forma di comunicazione che fa percepire il cuore, al di là delle semplici parole o degli atteggiamenti.
I concetti di “honne” (dai kanji 本音, letteralmente ‘vero suono’, ovvero ciò che una persona pensa veramente, ma non può affermare pubblicamente, ndt) e “tatemae” (建前, costruire davanti, nel senso di ciò che si decide di mostrare o dire pubblicamente, ndt) hanno sicuramente influenzato la mia interpretazione di Nobu.


AC: la sua interpretazione di Nobu è stata molto efficace, considerando la profondità del personaggio.
È stato difficile per lei, e come si è preparato a questo ruolo?


Koichi Sakaguchi: sì, lo è stato, e come preparazione per la sfida ho recitato tenendo a mente questo: “Voglio insegnare a Ken cosa significhi essere una persona per bene, e trasmettergli che lo faccio come tributo a mio fratello scomparso”. Allo stesso tempo mi sono chiesto a lungo se questo avrebbe davvero reso felice Ken. Questo conflitto interiore è stato la mia principale risorsa nell’interpretare Nobu e anche la sfida che il personaggio ha dovuto superare.

 
Aichaku ~ Trailer completo


 
AC: il padre di Ken, schiacciato dal peso della propria sofferenza, non è riuscito a rimanere accanto a suo figlio.
Qual è secondo lei l'opinione di Nobu sui sentimenti che hanno spinto il fratello fino a quel punto?
Come sarebbe cambiata la vita di tutti loro se il padre di Ken avesse avuto la forza di star loro accanto?


Koichi Sakaguchi: credo che qualche volta le persone scelgano la morte in nome dell’amore. Questo non è né un bene né un male. L’amore ha davvero un impatto così profondo su di noi. Io prego che ogni amore, in qualunque forma, porti a qualcosa di positivo e meraviglioso.
Se questo tragico evento con il padre di Ken non fosse accaduto, Nobu forse non avrebbe mai compreso un amore così profondo. Credo che Ken e il conflitto interiore di Nobu abbiano reso ancora più profonda la comprensione che Nobu ha dell’amore.

 
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AC: come da voi affermato in precedenti interviste, i film a tematica LGBTQ+ un tempo solevano avere più spesso un finale tragico o generalmente non felice. Sebbene negli ultimi tempi si sia assistito a un aumento della letteratura LGBTQ+ con lieto fine, questa è incentrata principalmente su adolescenti e storie di formazione.
L'aspetto interessante di film come Aichaku è che si concentrano su trame più adulte e realistiche, includendo anche temi complessi oltre alla storyline romantica.
Lo apprezziamo molto e speriamo che possiate continuare a girare film di questo tipo in futuro.


Christopher McCombs: grazie mille per aver messo in luce Aichaku. Siamo davvero felici di aver avuto la possibilità di stabilire una connessione con voi e con i vostri lettori! Se poi ci fosse qualcuno che desideri sostenerci ulteriormente, per favore lasciate una recensione qui su AnimeClick, oppure su IMDB o Letterboxd dopo aver visto il film! Anche poche parole sarebbero di enorme aiuto per noi!


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Note:
Tutti i diritti delle immagini appartengono ai rispettivi proprietari.

Ringraziamenti:
Si ringraziano Christopher McCombs, Tokyo Cowboys, lo staff e cast al completo di Aichaku per la disponibilità concessa per l'intervista e il materiale grafico fornito.
Si ringraziano inoltre Benedetta, Debora, Alice e Luciano per la collaborazione nella stesura e nella traduzione dell'intervista.

 


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