My Hero Academia Final Season: La fine di un'era - Recensione

Plus Ultra

di ingiro

** La recensione contiene Spoiler**

Dopo quasi un decennio, il lungo e spesso travagliato viaggio di My Hero Academia giunge alla sua conclusione. La serie, uscita nel 2016 e tratta dal manga di Kōhei Horikoshi, ha attraversato fasi alterne: una prima stagione dal ritmo lento ma animata da una regia magistrale nelle scene d’azione, seguita da una seconda e dalla prima metà della terza stagione di altissimo livello, un lungo tratto centrale più dispersivo e ripetitivo, fino a una netta risalita qualitativa con la sesta e la settima stagione. L’ottava e ultima serie corona questo ritorno in grande stile, offrendo un finale ipercarico di azione ed emozioni che, pur con alcune imperfezioni, chiude il cerchio in modo ampiamente soddisfacente.
 


Per chi non conoscesse la serie, My Hero Academia è ambientata in un futuro prossimo, in cui la maggior parte dell’umanità nasce con poteri speciali, i cosiddetti Quirk. In questo mondo nasce Izuku Midoriya (Deku), uno dei pochi individui privi di poteri, che sogna comunque di diventare un eroe come All Might. Il destino gli offre un’opportunità straordinaria: eredita One For All, il potere del suo idolo, e si iscrive alla U.A. High School, l’accademia per aspiranti eroi. Da questo punto prende forma una storia fatta di crescita personale, scontri ideologici e conflitti sempre più complessi, che culminano nello scontro finale con All For One e il suo tragico successore, Tomura Shigaraki.

L'ottava stagione riparte subito dagli eventi della settima, catapultandoci nel pieno della Guerra Finale. Eroi e villain sono allo stremo, fisicamente ed emotivamente; la società degli eroi è sull’orlo del collasso, la fiducia del pubblico è spezzata e il futuro del mondo è appeso a un filo. Il tono è cupo e spesso disperato, ma la serie non racconta la fine del mondo: mostra invece come un mondo ferito possa tentare di ricostruirsi.



L’azione che parla: ogni pugno conta
 
L’intera stagione si sviluppa come un crescendo continuo di tensione e spettacolarità, dove ogni scena d’azione porta con sé peso emotivo e significato narrativo. Studio Bones realizza sequenze fluide, dinamiche e leggibili, con momenti memorabili che rimangono impressi nello spettatore. Ogni scontro mette in luce il carattere dei personaggi e le idee opposte di eroismo, altruismo e responsabilità. 

Se c’è una cosa che la stagione finale dimostra con chiarezza, è che nonostante gli anni, la serie non ha perso la sua capacità di emozionare. L’animazione dà il meglio di sé nei momenti chiave: i combattimenti sono coreografati con precisione cinematografica, le espressioni dei personaggi trasmettono la profondità emotiva della vicenda, e persino nei pochi momenti più semplici la fluidità resta convincente. La stagione non si limita a stupire: valorizza il dramma, la tensione e il peso morale delle azioni degli eroi, creando un equilibrio magistrale tra spettacolo e introspezione.

La Final season si apre nel pieno della battaglia contro All For One e Shigaraki, con gli eroi impegnati in una lotta disperata contro un nemico apparentemente invincibile. I primi episodi costruiscono con efficacia la tensione narrativa, mettendo in scena lo sforzo estremo di All Might nel guadagnare tempo a favore di Midoriya. L’arrivo di Stain e la sua morte improvvisa aggiungono ulteriori strati di dramma, ma è il ritorno di Bakugo, letteralmente “risorto dalla tomba”, a segnare uno dei momenti più memorabili dell’intera stagione. Il suo intervento salva All Might e la successiva battaglia contro All For One ne consolidano il ruolo centrale nello scontro finale, testimoniando una crescita personale ormai compiuta: Bakugo passa definitivamente da bullo arrogante a eroe disposto al sacrificio totale, capace di mostrare lacrime, paura e una determinazione incrollabile.
 
 

All Might: il culmine emotivo del Simbolo della pace
 
Lo scontro finale tra All Might e All For One non è solo fisico: è la materializzazione dei valori che All Might ha incarnato per anni. Nonostante la sua condizione fisica compromessa, affronta il nemico con una determinazione assoluta: ogni pugno, ogni gesto, è un messaggio e un esempio per il mondo, per Deku e per tutti i suoi allievi.

La battaglia, simbolo di ideali contrastanti, definisce il vero significato del Simbolo della Pace. La grandezza di All Might si rivela nel sacrificio finale, quando trasmette agli altri gli ideali che ha portato avanti per tutta la vita. Essere un eroe, per lui, significa proteggere e ispirare, anche a costo della propria vita. La sua stessa esistenza rappresenta l'intera era di pace che ha saputo costruire, un obiettivo a cui ha aspirato e lottato sin dalla giovinezza. Questo momento epico chiude magistralmente il suo arco narrativo, fondendo spettacolarità visiva e profondità emotiva.
 

Dalla battaglia corale che vede coinvolti All Might, Bakugo e All for One, il climax narrativo si sposta progressivamente su Deku e Shigaraki, il cui scontro finale rappresenta il culmine della crescita dei personaggi. Il viaggio nel subconscio di Shigaraki, attraverso i ricordi traumatici della sua infanzia e le cicatrici lasciate da anni di manipolazione e abbandono, permette di comprendere fino in fondo le radici del suo odio. In questo contesto emerge con forza la compassione di Deku, capace di vedere oltre il “villain” e riconoscere il dolore della persona che si cela dietro la distruzione. La possibile “redenzione” di Shigaraki e il sacrificio estremo di Deku, che arriva a rinunciare al proprio Quirk, ribadiscono il messaggio centrale della serie: la vera forza di un eroe non risiede nel potere, ma nella volontà di tendere la mano e salvare anche chi sembra irrecuperabile. Una battaglia di tale portata non poteva che concludersi con un ultimo Smash, sfolgorante e spettacolare, che funge da degna sintesi visiva ed emotiva dell’intero percorso del giovane protagonista.
 


Dal sogno alla realtà: il cerchio di Deku

Uno dei punti di forza di questa stagione finale è il parallelo tra inizio e fine. All’inizio, il giovane Deku riceve da All Might la promessa che può diventare un eroe anche se privo di poteri: gli viene offerto un momento di speranza e fiducia. La stagione finale chiude quel cerchio: Deku, adulto e senza il proprio Quirk, diventa insegnante e punto di riferimento per i più giovani. Una delle ultime scene, in cui Deku incoraggia un giovane con un Quirk debole e apparentemente inadatto a diventare un eroe, simboleggia perfettamente il passaggio: ciò che iniziò con All Might che disse “Anche tu puoi diventare un eroe” si chiude ora con Deku che, ripetendo le stesse parole, offre sostegno e speranza alla nuova generazione.

Gli ultimi episodi fungono da epilogo riflessivo: il mondo non è perfetto, ma sta guarendo; gli eroi sono adulti e molti hanno pagato un prezzo irreversibile. La sequenza finale mostra inoltre cosa fanno i membri della Classe 1-A dopo otto anni: Deku diventa insegnante alla U.A., mentre All Might gli consegna la propria armatura, simbolo di un nuovo inizio. L’ultimo episodio dell’anime, anch’esso intitolato "My Hero Academia", adatta fedelmente il capitolo 430 del manga, trasmettendo molte delle stesse emozioni e chiarendo che il mondo della serie è cambiato per sempre. Pur lasciando aperti alcuni fili narrativi, la frase conclusiva “La nostra storia continua” suggerisce chiaramente che l’eredità degli eroi sia destinata a perdurare. In questa direzione si inserisce anche l’annuncio dell’episodio speciale "More", in uscita il 2 maggio, che adatterà in animazione il capitolo 431, incentrato sull’evoluzione del rapporto romantico tra Deku e Uraraka.

L’ultima scena, in cui Bakugo tende la mano a Deku, suggella la conclusione della loro storia condivisa, ribaltando il gesto iniziale in cui era Deku a porgere la mano a Bakugo. Non si tratta solo di un simbolo: questo semplice atto racchiude l’evoluzione completa dei due personaggi e il superamento di un rapporto iniziato tra rivalità e incomprensioni. In questo gesto si racchiude l’essenza dell’eroismo secondo My Hero Academia: essere presenti per gli altri, tendere la mano quando serve e costruire legami che trasformano chi li riceve. La mano di Bakugo verso Deku diventa così un simbolo tangibile di redenzione, amicizia e continuità.
 
 
Se l’animazione rappresenta la forza visiva della stagione, la colonna sonora di Yuki Hayashi ne costituisce l’anima emotiva. Ogni tema musicale accompagna con precisione la tensione delle battaglie, amplifica i silenzi carichi di pathos e concede respiro ai momenti più intimi e riflessivi. Le musiche storiche, ormai parte dell’identità della serie, si fondono armoniosamente con le nuove composizioni, confermando ancora una volta come il comparto sonoro sia sempre stato uno dei pilastri di My Hero Academia e come, anche nella sua stagione finale, non tradisca le aspettative.

L’opening, "The Revo" dei Porno Graffitti, la stessa band della prima, iconica sigla "The Day", unisce energia e nostalgia in un efficace gioco di rimandi. Questo richiamo alle origini della serie crea un ponte ideale tra passato e presente, mentre le sequenze animate catturano immediatamente lo sguardo e anticipano la tensione e la drammaticità degli scontri della stagione finale. L’ending, "I" dei Bump of Chicken, sceglie invece un registro più delicato e introspettivo, chiudendo ogni episodio con un tono malinconico e contemplativo: un addio misurato, elegante e profondamente sentito.
 
 
Pur non compromettendo l’impatto complessivo, alcune criticità vanno sottolineate. Il ritmo verso la fine della stagione risulta spesso affrettato: momenti chiave e scontri emotivamente significativi vengono talvolta relegati a montaggi rapidi, privando lo spettatore della possibilità di assaporare appieno la tensione. Alcuni archi secondari restano poco sviluppati: Shoji e Spinner ottengono spazi significativi solo in brevi sequenze, senza permettere un approfondimento completo delle loro storie e dei temi che rappresentano, come la discriminazione. Allo stesso modo, l’epilogo dello scontro tra Uraraka e Toga offre spunti emotivamente devastanti e mette in luce i limiti strutturali del sistema degli eroi nel gestire il disagio sociale e mentale di chi non riesce a conformarsi, ma resta anch’esso appena accennato, lasciando la sensazione di un’occasione solo parzialmente colta.

Certe scelte narrative, pur coerenti con il percorso dei protagonisti, appaiono talvolta prevedibili o leggermente forzate, come la manipolazione della vita di Shigaraki da parte di All For One. Alcune sottotrame romantiche o dinamiche interpersonali rimangono appena accennate, lasciando la sensazione che la serie avrebbe potuto approfondire ulteriormente i legami tra i giovani eroi.

Nonostante questi limiti, la stagione mantiene un equilibrio tra spettacolarità visiva e profondità emotiva, garantendo che le criticità non oscurino la potenza narrativa complessiva della conclusione.
 
 
La Final Season di My Hero Academia celebra non solo la fine di una storia, ma il cuore pulsante della serie: crescita, sacrificio e ideali che trascendono il semplice concetto di superpotere. L’arco di Bakugo, il sacrificio personale di Deku, il sostegno ai nuovi aspiranti eroi e la leggendaria battaglia di All Might contro All For One incarnano il nucleo emotivo e tematico della serie. Il finale dimostra che l’eroismo non si misura in forza o Quirk.

Nei momenti più cupi, la stagione lascia spazio alla speranza: i protagonisti diventano testimoni di un mondo che, pur segnato dal conflitto, può guarire e crescere. L’epilogo suggerisce che le storie degli eroi non finiscono mai davvero e che la loro influenza continua attraverso le generazioni future.

La serie coniuga spettacolarità visiva e introspezione emotiva, raccontando con coerenza l’evoluzione dello shōnen contemporaneo e offrendo un messaggio riflessivo sul vero significato dell’eroismo: volontà, compassione e responsabilità.

In definitiva, l’ultima stagione conferma My Hero Academia come una serie capace di superare i confini del genere: un’opera che emoziona, fa riflettere e lascia un’impronta indelebile nella cultura anime contemporanea e nella memoria dei suoi spettatori.
Plus Ultra!

 

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