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Capelli bianchi, sguardo vuoto e imperscrutabile, la bambina senza nome fugge stringendo ai suoi seni un uovo. Il fruscio del vento, il volto dell’inquietudine sembra affacciarsi dalle finestre delle case abbandonate lungo una città in rovina, la bambina scappa, l’uovo è al caldo, lei lo accarezza. Un futuro tetro, un luogo ove il sole non osa addentrarsi, l’ombra di un’astronave si staglia in cielo; il motore del velivolo grida, ai suoi piedi un uomo armato di un fucile a forma di croce.

“Tenshi no Tamago” è un’opera dannatamente complessa. Mamoru Oshii racchiude in questo film tutto il suo estro, confezionando un prodotto tanto personale quanto introspettivo. Tra tutti è forse il lungometraggio che lo rappresenta meglio. C’è chi considera “L’uovo dell’angelo” un capolavoro allegorico e chi invece un mero esercizio di stile, personalmente lo collocherei a metà tra l’esistenzialismo di Bergman e il cinema muto di Fritz Lang, con evidenti rimandi all’Andrej Tarkovskij di “Solaris” e “Stalker”.

Tecnicamente siamo allo stato dell’arte. Il chara di Yoshitaka Amano è qualcosa di incredibile. L’opera è targata 1985 e visivamente l’impatto è tutt’oggi impressionante, la cura per i dettagli è maniacale e ogni scena è degna di un quadro. L’ambientazione distopica e tenebrosa si amalgama alla perfezione al graffiante tratto dei personaggi. Nonostante il film sia piuttosto statico e poco movimentato, risultano ottime anche le animazioni, intervallate da lunghi fermi immagine di chiaroscuri impreziositi da un’avanguardista regia di Oshii. Il comparto sonoro è da brividi: inquietanti cori biblici e drammatiche note di pianoforte scandiscono i passi della bambina.

L’ermetismo di “Tenshi no Tamago” è tutto nel suo criptico simbolismo. Così numerosi i riferimenti alla religione cristiana che risulta difficile coglierli tutti. L’arma cruciforme, l’arca, il diluvio universale, informi pescatori che come mossi da un’unica coscienza cercano disperatamente di afferrare delle gigantesche ombre di pesce. Ma non c’è mano che tocchi l’intangibile, e l’essere umano mai potrà afferrare certi misteri, proprio come i pescatori mai afferreranno quelle ombre. E qui si ritorna ai fotogrammi iniziali, in cui le mani della bambina stringono qualcosa di invisibile, per poi trasformarsi in mani da uomo e distruggere quel qualcosa. Dov’è Dio? Oshii sfoggia un nichilismo di zarathustriana memoria, e il fatto che si sia avvicinato al cristianesimo, per poi allontanarsene poco prima la realizzazione del film, è espresso con una decadenza tale, da portarci a un’unica inconfutabile risposta: Dio è morto. Questa pellicola non va vista, ma osservata, vissuta e interpretata. “L’uovo dell’angelo” è acqua. L’acqua prende forme diverse a seconda dell’oggetto che la contiene, cosi come “Tenshi no Tamago” prende forme diverse a seconda degli occhi di chi lo guarda.

La mia personalissima interpretazione è che l’uovo custodito dalla bambina rappresenti la sua verginità. La scena in cui l’uomo rompe l’uovo con il fucile mentre la fanciulla dorme, sta ad indicare la profanazione della purezza. La bambina quindi, vittima di stupro, si risveglia gridando, per poi suicidarsi gettandosi da un burrone.

“Tenshi no Tamago” è un unicum, un’opera la cui esegesi non può considerare fattori quali storia o caratterizzazione dei personaggi. Piuttosto bisogna soffermarsi sulla linea che intercorre tra significato e significante, rischiando anche di sovrainterpretare. Il sodalizio tra Oshii e Amano è un meraviglioso connubio di stili e idee. E, se vi stavate chiedendo a chi o cosa si fosse ispirato Hidetaka Miyazaki con il personaggio di Filianore in “Dark Souls 3: The Ringed City”, ora avete una risposta.

Voto: 8,5