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Piccola premessa: ho sempre amato questo film. Ho scoperto recentemente che i primi dieci minuti, a cui riserverò una sezione a parte, sono stati tagliati dalla versione originale ad opera della 4Kids. Ho così deciso di riguardarlo per intero e, colto da un forte senso di nostalgia, mi accingo a recensirlo.

Trama: Mewtwo è il pokémon più potente del mondo. Lui è il clone, la versione migliorata dell'altrettanto potente Mew, realizzato e portato alla vita dal team di scienziati del dr. Fuji, il quale lavorava da anni sulla clonazione per fini personali. Giovanni viene a sapere dei suoi studi e gli offre i finanziamenti per portarli avanti in cambio della creazione di Mewtwo, che si conclude con successo. Mewtwo però comprende che gli scienziati e Giovanni, e gli umani in generale, vedono i pokémon come inferiori e non al loro pari. Fugge dal laboratorio eliminando gli scienziati ed elabora un piano di conquista del mondo ai danni degli umani stessi, contro i quali cerca vendetta, piano che lo metterà sulla stessa strada di Ash, Misty e Brock.

"La vita. Il suo grande miracolo e il suo grande mistero"
In questa introduzione è racchiuso il tema centrale del film. Sebbene possa sembrare il contrario per certi versi, Mewtwo ha piena coscienza del suo stato di costrutto, e fa di questo suo malessere esistenziale, volente o nolente, il suo più grande potere. Perché, armato delle sue immense capacità psichiche, non vi era alcun bisogno che umani o pokémon entrassero in relazione con lui, lasciando che scaturissero conseguenti sentimenti ed emozioni che non avessero origini negative, a lui era sufficiente controllarli, e loro non avrebbero avuto modo di opporsi.
Sembrava cosa buona e giusta che lui, concepito come il male ultimo del mondo, ne divenisse invece il signore assoluto, sia degli umani, malvagi manipolatori degli ingenui pokémon, sia degli ingenui pokémon stessi, fragili al punto da condannarsi alla più dura delle esistenze, quella di schiavi surrogati. Lui, sfoggiante l'etichetta del liberatore e del salvatore dei pokémon, fondatore di quella che era nei suoi piani di conquista una nuova generazione di pokémon, questa volta liberi di vivere sotto la sua ala protettiva.
E cosa buona e giusta lo sarebbe anche stata, se non gli si fosse poi palesata la possibilità che tra i molti umani malvagi e tra i molti pokémon ingenui ce ne fossero alcuni capaci addirittura di amarsi. Perché quel concetto di amicizia tanto mistico nei suoi pensieri, che con tanta semplicità la piccola Amber gli aveva insegnato senza nemmeno volerlo, perché l'amicizia non si insegna, l'amicizia si prova, si supporta, si desidera, ma non si mistifica, è insito in ognuno di noi, seppur nascosto a volte negli angoli più remoti del nostro cuore.
E che umani e pokémon sono capaci di amarsi glielo ha insegnato Ash, tanto testardo quanto determinato nel ruolo inedito dell'eroe, che, dinnanzi a una minaccia mondiale che potrebbe sancire l'estinzione dell'umanità, non ha dubbi su quale sia la cosa più importante per lui: il suo Pikachu, il suo amico più intimo. Perché Ash ha avuto modo di conoscere i sentimenti di affetto che a Mewtwo sono stati negati nella sua condizione di strumento. Ash gli ha insegnato che gli umani possono provare sentimenti di amicizia nei confronti dei pokémon, persino nei confronti di Mewtwo, se mai egli sarà disposto a contraccambiarli, ignaro del fatto che lo aveva già fatto in passato.
E che i pokémon possono contraccambiare glielo hanno insegnato i pokémon stessi, così come i suoi cloni, tanto potenti quanto umani nel loro soffrire per la perdita di una vita, che sia umana o pokémon. Dimostrazione assoluta agli occhi di Mewtwo sono le loro lacrime che, come narra la leggenda, possono dare, o restituire se vogliamo, la vita. E Mewtwo piano piano, tra uno scontro e l'altro con il piccolo Mew, comincia a comprendere. Comprende che, nel bene o nel male, facciamo tutti parte di questo mondo, e che per di più siamo solo di passaggio.
"La stessa terra, la stessa aria, lo stesso cielo. Forse, se cominciassimo a considerare quello che ci accomuna, invece di mettere in risalto le differenze, un giorno, chissà..." Concetto tanto semplice quanto universale nel suo essere.

"Ma io chi sono? Qual è la vera ragione della mia esistenza?" Come giusto che sia, Mewtwo vuole conoscere il suo posto nel mondo, ma alla fine comprende che "è ciò che fai del dono della vita che stabilisce chi sei...", ed ecco che la risposta gli giunge finalmente chiara, che prima di sapere per cosa vivi, devi vivere, che tra l'altro è più importante (e divertente).

Tutto questo Mewtwo lo sapeva, lo aveva solo dimenticato; ad insegnarglielo era stata Amber, che per prima gli aveva detto: "Tu puoi essere quello che vuoi." Nel cortometraggio più toccante della storia, il quale ci insegna la veridicità assoluta dello Yin Yang, come dal bene scaturisca il male e viceversa, il personaggio di Mewtwo cresce plasmato da Amber che, nel suo essere bambina, in lui vede per prima cosa un compagno di giochi, pur essendo a conoscenza del suo stato di clone. E del suo stato ne parla col sorriso sulle labbra, con quella semplicità che Mewtwo aveva e gli è stata però portata via. Perché nell'essere cloni non vi è nulla di sbagliato, si è semplicemente un -two.