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Un viaggio, o per meglio dire, IL viaggio. Un viaggio verso il posto più lontano dell'universo. Il viaggio che ha il sapore e il profumo agrodolce di una sfida; quella che ognuno di noi, volente o nolente, si trova davanti in un non troppo precisato momento della propria vita ma che comunque tende a presentarsi nella sua primavera, la gioventù, l'adolescenza, quando siamo sicuri di tutto e consapevoli di niente, forti delle migliori intenzioni, manchevoli della semplice quanto fondamentale esperienza di vita. È un viaggio che avviene all'interno più che all'esterno e per compierlo ci sono numerose strade da prendere: chi decide di non muoversi dal suo nido, chi decide di partire per l'Antartide. Perchè alla fine non importa dove, conta solamente andare.

Trama: Mari Tamaki è una studentessa liceale del secondo anno che vuole trarre il massimo dalla sua giovinezza, sente la mancanza di un qualcosa, una qualunque cosa, ma sente anche la paura dell'incombente fallimento dovuto alla possibilità di non essere all'altezza. L'incontro con Shirase prima e Hinata e Yuzuki poi sarà fondamentale in questo senso, sarà quella spintarella tanto delicata quanto decisa che la accompagnerà fuori dalla porta.

Non siamo di fronte ad un capolavoro, non siamo nemmeno di fronte ad un'opera memorabile. Siamo di fronte ad un'idea, ad un messaggio. Galleggiando vistosamente tra realtà e fantasia, o ancora meglio tra regolatezza e sregolatezza, "A Place Further than the Universe" si veste da messaggero e forte di un copione emozionalmente valido si propone di trasmetterlo. Come anime non ha niente di particolarmente caratterizzante: un'idea di base fortemente strampalata e apparentemente nosense che costringe tutti gli altri elementi tecnici ad adeguarsi ad essa. Per quanto realisticamente fattibile infatti, non è cosa di tutti i giorni vedere (o essere) un liceale che di punto in bianco fa le valigie e parte per andare in Antartide. Il fragile e barcollante castello di carte ha più probabilità di vedersi spazzare via anche dalla più flebile brezza estiva piuttosto che mostrare di saper puntare i piloni e resistere ai gelidi venti antartici. Ma ecco che "A Place Further than the Universe", tornando alle carte, cala la sua mano, un formidabile poker d'assi, quattro pinguine piene di energia che l'Antartide potrebbero sollevarlo, altro che farcisi un paio di foto.

La forza di "A Place Further than the Universe" sono loro: Mari, Shirase, Hinata (soprattutto Hinata) e Yuzuki.
Mari è la sregolatezza. É il simbolo della mancata coscienza di quella realtà che ci porta a decidere di compiere finalmente il passo, quel passo che mentre tocca il finish stacca lo start, quel passo che fa da mediazione tra l'uno e l'altro io che siamo noi. Si vive una volta sola, e l'unica certezza che sentiamo di avere è che una non è abbastanza. Mari cresce, compie il passo, l'ultimo di tanti, il primo di altrettanti, perchè anche i passi indietro sono pur sempre passi, e non sia mai detto che la direzione sia sbagliata. Se si vive una volta sola tanto vale camminare ora, o domani sarà tardi. Mari è un messaggio per tutti i giovani d'oggi: non è sbagliato vivere entro la sicurezza degli schemi, ma uscire da essi è altrettanto giusto, e magari è pure divertente. Mari è "Perchè no?"
Shirase è la determinazione. Lei è l'unica ad avere un vero motivo per andare in Antartide. Sa quello che vuole e sa come ottenerlo. Non vuole ritrovare sua madre, la speranza che sia ancora viva non è altro che una maschera, dietro ad essa è forte la consapevolezza che quella speranza rimarrà sempre e solo una speranza. Lei vuole semplicemente conoscerla, sua madre; in gioventù ne ha sentita più la mancanza che la presenza. Vuole ripercorrere i suoi passi, scoprire cosa aveva quel luogo tanto lontano di così attraente oltre alle affascinanti aurore boreali e ai teneri pinguini, tutto bello certo, ma niente a che vedere con una figlia. Shirase è un grido, IL grido.
Yuzuki è la fragilità. Come un diamante è dura, ma è anche fragile; appare intoccabile, ma alla fine basta toccarla per mandare tutto in pezzi. Yuzuki è il simbolo della cruda realtà che governa i rapporti umani. È sufficiente avere qualcosa ed ecco che arrivano numerosi scarafaggi e poche farfalle. Gli uni, gli scarafaggi, vorranno un autografo, gli altri, le farfalle, vorranno un po' di affetto. Come distinguerli? Per non sbagliare si sceglie troppo spesso la via più semplice e più nefasta: si fa di tutta l'erba un fascio, si erge uno scudo intorno a sé che non ci permetta di essere toccati, e quindi infranti. Ed è un peccato, perchè le farfalle vivono un solo giorno. Yuzuki ci insegna che non bisogna giudicare in base alle apparenze, meglio non giudicare in alcun caso, che l'amicizia vien da sé. Yuzuki è "allora, amici?"
Hinata è la purezza. Lei non si vergogna, lei è quello che è, con i suoi pregi (tanti) e i suoi difetti (e dove?). Caratterizzata da un forte senso di responsabilità e anche da una vistosa maturità delle quattro spicca come quella che del viaggio in Antartide forse non ne ha davvero bisogno, lei quel viaggio l'ha già fatto, ma ha incontrato Mari e si è domandata "perchè no?" Si potrebbe dire che per lei l'Antartide rappresenti un passo indietro piuttosto che in avanti, perchè quel viaggio magari lo ha già fatto, magari però l'ha fatto da sola; lei lo sa, insieme è più bello, ed è comunque un viaggio, è comunque crescere. Si cresce ogni giorno, persino l'ultimo. Hinata è il simbolo di un'esperienza maturata attraverso gioie e dolori; che dopo un po' bisogna sapersene fare una ragione, ma allo stesso tempo che non si è mai troppo maturi per prendere a pugni un cuscino. Hinata è "ma vaff*****o!"

"E' pericoloso, Frodo, uscire dalla porta. Ti metti in strada, e se non dirigi bene i piedi non si sa dove puoi finire spazzato via.." - Bilbo Baggins
Non importa dove, conta solamente andare. Fa parte di noi l'istinto di portare un piede davanti all'altro, senza magari sapere dove andare, o senza sapere il perchè, eppure alla fine andiamo. Le risposte attendono noi e le pinguine sulla via del ritorno a casa.
La storia di un viaggio, non di un luogo da raggiungere, ma di un viaggio, un viaggio sia esterno che interno. Con tutto quel che comporta: domande più che risposte. "Perchè proprio l'Antartide?" "Un posto come un altro, solo il più lontano di tutti. Così il viaggio è più lungo.."