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“Che senso ha una vita senza morte?”

“Edgar e Allan Poe - Il clan dei Poe” è passato alla storia come uno dei primissimi shojo manga raccolto in volumi. Era il lontano 1972 quando Moto Hagio deliziava il Giappone con “Poe no Ichizoku”, opera che nel 1976 venne premiata con lo Shogakukan Manga Award.

“Poe no Ichizaku” racconta le vicende del clan dei Poe; Edgar e Marybell Portsnell sono due innocenti orfanelli quando vengono adottati dalla famiglia Poe, un’antichissima casata di vampiri. Una volta obbligati a compiere il rito di vampirizzazione, gli infanti vedranno il loro tempo fermarsi all’adolescenza, e onde evitare che il terribile segreto venga scoperto data la mancata crescita e il conseguente immutabile aspetto, saranno costretti a continui spostamenti. Obbligati dai genitori adottivi a non proferire parola alcuna sulle origini della famiglia Poe, i due fratelli si ritroveranno imprigionati in un oblio di solitudine. Oblio che li porterà inevitabilmente ad amarsi, vivendo indissolubilmente l’uno per l’amore dell’altra. I legami che stringeranno Edgar e Marybell con le altre persone nei vari luoghi che abiteranno saranno sempre circoscritti dai fantasmi di quell’improrogabile addio che giorno dopo giorno si avvicina; la consapevolezza che in un arco temporale massimo di due anni dovranno di volta in volta cambiare abitazione li porta a relazionarsi con dispatia e freddezza. Almeno fino all’arrivo di Allan Twilight. Allan, all’inizio perdutamente ammaliato dal fascino di Marybell e vigilato dal gelido e geloso sguardo di Edgar, dopo la tragica morte della fanciulla (preceduta dalla dipartita dei loro genitori adottivi), verrà invitato da un persuasivo Edgar a diventare anch’egli un membro dei Poe, andando a sostituire a tutti gli effetti (senza mai cancellare però), la figura di Marybell. Il clan dei Poe, ormai composto soltanto da Edgar ed Allan, muoverà i suoi passi nella Germania occidentale del secondo dopo guerra, per poi far ritorno a quella Londra tanto cara ai ricordi di Edgar e la sua amata sorella.

“Edgar e Allan Poe - Il clan dei Poe” è un manga che si discosta sia dagli stereotipi dello shojo classico sia da quelli dei romanzi vampireschi. Un’opera, come si evince dallo stesso titolo, intrisa di citazionismo alla letteratura ottocentesca europea; l’autrice omaggia i suoi ispiratori, da Edgar Allan Poe a Bram Stoker, senza lasciarsi sfuggire la monumentale eredità letteraria lasciata da un certo William Shakespeare. “Poe no Ichizoku” presenta una timeline irregolare, ulteriormente spezzettata da una struttura episodica che non aiuta il lettore ad immedesimarsi fino in fondo; l’opera di Moto Hagio piuttosto, stimola una lettura attenta e distaccata, metaforizzando, simile al modo in cui Edgar è solito rapportarsi con il genere umano.

Un’anima secolare intrappolata nel corpo di un quattordicenne bello di una falsa giovinezza, quanto può soffrire? I vampiri della Hagio si nutrono di sangue e rose, temono le croci e diventano polvere se il loro petto è trapassato da un paletto di frassino, ma più che sugli stilemi classici l’autrice si concentra sul lato psicologico ed introspettivo dei suoi personaggi. Permeandoli di una malinconia che una lunga e triste vita ha radicato in loro. I fratelli Portsnell vivranno per sempre nelle memorie di chi li ha incontrati segnandone indelebilmente l’anima: c’è chi racconta di un villaggio di rose, chi in un diario li descrive come entità eteree, chi li ricorda affascinato dalla loro struggente bellezza, chi si domanda se ciò che ha visto fosse vero o solo frutto di fantasia.

La Hagio permea i personaggi di mistero grazie ad un tratto spesso dissolvente che si sposa perfettamente con il mood dell’opera.
L’autrice si dimostra eccezionale nella raffigurazione di disegni statuari, i primi piani lasciano a bocca aperta tanto è espressivo il volto dei personaggi, tuttavia, non risulta altrettanto abile nella realizzazione di scene d’azione in cui la dinamicità la fa da padrona, tanto che talvolta si fa fatica a capire bene cosa stia accadendo sulle pagine. Nonostante ciò, guadagna meritatamente il titolo di “artista completa” grazie alla sua talentuosa mano da scrittrice. La sceneggiatura infatti è intessuta molto bene, forse una narrativa più convenzionale avrebbe alleggerito un po’ la lettura, tuttavia non mi sento di biasimare una scelta tanto coraggiosa ed originale.

Quella della Hagio è una storia malinconica, drammatica, autoriale, un racconto triste a tinte scure delicato nella sua forma tanto quanto è delicato l’incestuoso e chimerico amore tra Edgar e Marybell.
Per palati fini.

Voto: 7,5