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Lei sembra Aurora, lui ha la sindrome di Dorian Gray. Un’amore così tormentato che per preservarlo potrebbe essere necessario morire. Atmosfera opprimente e angosciante bagnata da un’oscurità gotica particolarmente suggestiva. Le premesse per il gioiellino c’erano tutte, eppure in “Le portrait de Petit Cossette” che avrebbe dovuto essere “ Le portrait de la Petit Cossette”
di sbagliato non c’è solo il titolo. È sbagliata la scelta di spalmare la storia in 3 OAV da circa 33 minuti l’uno (sarebbe stato più funzionale un solo film anime standard) ed è sbagliata l’impronta narrativa sperimentale annacquata da una sceneggiatura ermetica dal dubbio simbolismo.

“Le portrait de Petit Cossette” (letteralmente “Il ritratto di Cossette"), è la storia di Eiri, un giovane studente di belle arti la cui vita cambia quando un giorno, nel negozio d’antiquariato dove lavora part-time, scorge tra gli oggetti un quadro incompiuto ritraente una bellissima fanciulla, tale Cossette. Eiri, ossessionato dalla fanciulla del quadro, se ne innamora perdutamente. Cossette si materializza chiedendo aiuto al ragazzo: vuole infatti che Eiri spezzi la maledizione che la tormenta. Quale terribile maleficio si nasconde dietro quel volto angelico?

“Le portrait de Petit Cossette” di stile ne ha da vendere. A livello registico/visivo sono molti gli spunti degni di nota da parte di Akiyuki Shinbo. L’impattante immaginario dark-gotico a tinte prevalentemente rosse e nere e la buona realizzazione tecnica sono indubbiamente punti a favore dell’opera, peccato poi il tutto si riveli niente più di un coraggioso esercizio di stile, minato da una sceneggiatura forzatamente sperimentalista. La storia è raccontata molto lentamente, il ritmo è blando, a tratti soporifero. È tutto molto fermo, si alternano piani-sequenza a più repentini cambi di inquadrature, ma le immagini che si susseguono ritraggono personaggi statici, incollati ai fondali, che muovono giusto giusto le labbra quando parlano.

La vicenda si snocciola stringata da violenti vortici onirici, e se all’inizio i tunnel oscuri di Shinbo, fatti di vetrate e scalinate scoscesi, ammaliano e coinvolgono, dopo un po’ diventano ridondanti, assumendo una funzione quasi riempitiva. Gran parte di quello che vediamo serve a poco ai fini del messaggio finale, ed una buona mezz’ora dei 105 minuti totali si potrebbe tranquillamente tagliare senza che se ne accorga nessuno.

“Le portrait de Petit Cossette” è una favola contenutisticamente molto violenta, ma mitigata nella sua forma a tratti fiabesca e poetica. Ove i fiumi di sangue che scorrono su schermo bonificano il più oscuro di tutti gli amori. Adornando uno scenario cupo ma mai disturbante.
La seguente parte contiene spoiler
Ad un certo punto si scopre che Cossette era l’amante di Marcello Orlando, il pittore del quadro, che l’ha assassinata quando era ancora una fanciulla per immortalarla in tutta la sua bellezza, senza che lo scorrere inesorabile del tempo potesse in alcun modo affievolirla. Cossette ha imprigionato l’anima di Orlando nel corpo di Eiri, così da torturarlo per vendicarsi del destino riservatogli. Quella a cui assistiamo dunque è la vendetta di una fanciulla depredata della sua vita, un vero e proprio desiderio sadico di ritorsione. Fine spoiler .
La storia non ha nulla di incomprensibile, anzi, alla fine nella sua risoluzione si è rivelata anche piuttosto banalotta. Se “Le portrait de Petit Cossette” è catalogata come opera criptica è dovuto esclusivamente ai due piani narrativi: quello reale e quello onirico; Il problema è che non sono minimamente amalgamati tra loro e non confluiranno mai per tutto l’arco narrativo, risultando uno la nemesi dell’altro. Decifrare il simbolismo delle immagini non serve a comprendere la trama, in realtà non serve a niente se non a frugare i dubbi di chi ha una curiosità invidiabile, decisamente male per un prodotto che vorrebbe fare dell’interpretazione il suo vessillo. La “storia d’amore” tra Eiri e Cossette funzionerebbe anche senza tutto quel popo di criptici fotogrammi che ci vengono sbattuti in faccia ogni due per tre. “Le portait de Petit Cossette” è una storia semplice raccontata in modo inutilmente difficile.

È quindi chiaro che siamo dinnanzi ad un esperimento fallito. Un flusso di immagini inconsistente e innegabilmente povero nel suo intreccio, capace di coinvolgere a pieno solo nei primi minuti. Peccato perché amo le fiabe a tinte fosche e l’incipit aveva creato in me ottime aspettative, ampiamente deluse. Se vi piacciono le cose ermetiche guardate “Tenshi no tamago”. Altrimenti guardate “Tenshi no tamago”.

Voto: 4